Commenti offensivi via web sugli avvocati: la Camera Penale ha il diritto di querela

Paolo Grillo
09 Agosto 2022

Tra i soggetti passivi del delitto di diffamazione può esservi anche l'ente collettivo, nel caso in cui le espressioni dal contenuto lesivo offendano gli interessi dell'ente, ovvero quelli della categoria di soggetti che quest'ultimo rappresenta.

Ma pensa un po' sti avvocati di m... dove arrivano. Arrivano, in quanto categoria professionale, ad essere riconosciuti vittima di diffamazione grazie all'intervento della Camera Penale di Viterbo, verrebbe da rispondere all'ignoto estensore del commento poco lusinghiero “postato” in calce ad un articolo di giornale apparso sul web. Ma facciamo un passo indietro: dalla lettura dell'ordinanza comprendiamo che in seguito ad un fattaccio di cronaca – un'ipotesi di violenza sessuale piuttosto grave – il pubblico dei lettori, spinto dalla più che comprensibile ondata emozionale di riprovazione nei riguardi del gesto criminale, si scatenava (anche) contro i difensori dei soggetti coinvolti nelle indagini preliminari.

Come sempre avviene in questi casi, a fronte di chi si limita ad esternare il proprio pensiero magari anche con l'uso di espressioni sarcastiche o polemiche, vi era un folto numero di lettori che invece si abbandonava all'insulto e alla denigrazione. L'obiettivo delle offese erano gli avvocati in quanto tali, identificati – secondo un (mal)costume ideologico molto più diffuso di quanto non si pensi – come i più spregevoli conniventi, o peggio complici, dei soggetti coinvolti nelle vicende giudiziarie.

La Camera Penale di Viterbo, percependo che l'offesa era rivolta all'intera categoria forense, sporgeva querela per diffamazione contro ignoti, cui seguiva una richiesta di archiviazione fondata sulla sussistenza del diritto di critica, alla quale l'ente replicava con un'articolata opposizione.

La Camera Penale ha il diritto di sporgere querela a tutela della classe forense. Di particolare rilievo è la parte iniziale dell'ordinanza, dedicata alla disamina della sussistenza del diritto di sporgere querela (e quindi di opporsi alla richiesta di archiviazione) in capo ad un ente rappresentativo quale, nel caso che ci occupa, la Camera Penale. Afferma sul punto il GIP che gli enti collettivi possono ben rivestire il ruolo di soggetti passivi del delitto di diffamazione. La conclusione, supportata anche dalla giurisprudenza di legittimità (vi è una recente pronuncia emessa dalla Quinta Sezione nel 2021), si fonda sul rilievo che ogni fatto diffamatorio può ledere tre tipi di interessi: quello del singolo, quello dell'ente e quello della categoria soggettiva che l'ente stesso rappresenta. Sarà quindi compito del giudice – scrive il GIP – valutare volta per volta se nel caso concreto l'ente in quanto tale può qualificarsi come persona offesa, titolare del diritto di querela. Nel caso di specie, con tutta evidenza, i commenti offendevano la categoria degli avvocati penalisti genericamente intesa. E di questa aggregazione professionale la Camera Penale è da considerarsi un'espressione rappresentativa.

I limiti al diritto di critica. Secondo il GIP nel coacervo di insulti, invettive e contumelie varie non si ravvisano gli estremi della scriminante del diritto di critica che, in quanto forma di manifestazione del pensiero, può (talvolta, come vedremo) rendere lecite espressioni anche denigratorie. Il problema è, come sempre, l'individuazione delle caratteristiche che la critica deve possedere per risultare legittima. Non deve trasmodare in un gratuito attacco o nell'attribuzione di fatti non veri per far da pretesto alle censure. Può anche essere espressa in modo colorito, ma non sarà mai lecita se consiste nell'accostamento del “bersaglio” a oggetti spregevoli, ripugnanti oppure osceni. Su questi controlimiti alla manifestazione del pensiero, che quando consiste in una censura non è privo di filtri, come molti evidentemente immaginano, si sono versati fiumi di inchiostro. Nel caso che ci occupa, quindi, la figura del penalista viene fatta segno di una violenta aggressione denigratoria fine a se stessa. Secondo il GIP, in conclusione, sussistono tutti gli estremi del delitto di diffamazione.

La prosecuzione delle indagini. Detto ciò, il giudice – dopo aver rigettato la richiesta di archiviazione – disponeva la prosecuzione delle indagini preliminari. Il procedimento è contro ignoti, quindi il PM dovrà adoperarsi per identificare tutti gli autori dei commenti incriminati e, soltanto allora, risolversi esercitando l'azione penale o rivolgendo un'ulteriore richiesta di archiviazione per la quale, secondo il contenuto dell'ordinanza che vi proponiamo, non ci sarà però molto spazio.

*Fonte: DirittoeGiustizia

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