Atti trasmessi via PEC al Tribunale della Libertà: illegittima la declaratoria di inefficacia della misura cautelare

Paolo Grillo
12 Agosto 2022

La questione affrontata nella sentenza riguarda l'idoneità della PEC ad essere utilizzata quale strumento per la trasmissione degli atti d'indagine da un ufficio giudiziario ad un altro.
Massima

La trasmissione degli atti a sostegno della misura cautelare in vista del giudizio di riesame può ben avvenire anche mediante invio degli stessi a mezzo di posta elettronica certificata (PEC).

Il caso

Nell'ambito di un giudizio di riesame avverso un'ordinanza applicativa della più rigorosa misura cautelare, il Pubblico Ministero trasmetteva gli atti “a sostegno” mediante posta elettronica certificata. Il Tribunale della Libertà, però, dava atto della indisponibilità degli atti al fascicolo cartaceo in suo possesso e, per tale ragione, emetteva ordinanza dichiarativa della perdita d'efficacia della cautela.

La Procura proponeva ricorso per cassazione sostenendo che la declaratoria di sopravvenuta inefficacia della misura custodiale fosse stata pronunciata fuori dai casi previsti dalla legge.

La questione

La questione affrontata nella sentenza riguarda l'idoneità della PEC ad essere utilizzata quale strumento per la trasmissione degli atti d'indagine da un ufficio giudiziario ad un altro.

Le soluzioni giuridiche

Il punto di partenza da cui muove il ragionamento svolto dalla Suprema Corte è semplice: la posta elettronica certificata costituisce senza alcun dubbio un mezzo idoneo per eseguire la trasmissione degli atti posti a sostegno di una misura cautelare, nel caso in cui questa debba essere sottoposta a riesame da parte del Tribunale della Libertà.

La conclusione cui pervengono i giudici di legittimità non è affatto arbitraria e, anzi, riposa su molteplici addentellati normativi. Innanzitutto, vi è da considerare che l'art. 100 delle disposizioni di attuazione del codice di rito consente la trasmissione degli atti a sostegno di una misura cautelare in originale o anche in copia. Significativo è che la trasmissione possa avvenire con qualsiasi mezzo, anche telematico o informatico.

E questa possibilità si ricava proprio dall'assenza di una esplicita preclusione sulla tipologia dei mezzi di trasmissione consentiti. Sulla stessa scia è il precedente art. 64, comma 3, disp. Att. c.p.p. che permette, quando gli atti contengono disposizioni concernenti la libertà personale, la loro trasmissione col mezzo più celere e, a norma del comma 4, con “mezzi tecnici idonei”. In tal caso è soltanto richiesto che il funzionario di cancelleria attesti in calce alla copia trasmessa che il testo corrisponde a quello del documento originale.

In ultimo si osserva che la sanzione processuale della sopravvenuta perdita d'efficacia della misura cautelare è comminata dall'art. 309, comma 10, c.p.p. soltanto nel caso di omessa trasmissione degli atti a sostegno della stessa e non anche nel caso in cui questi ultimi fossero comunicati parzialmente o in maniera difettosa (sul punto, è citato anche un precedente giurisprudenziale reso nel 2018 dalla medesima Sezione che ha pronunciato la sentenza in commento: Cass., sez. V, 27 giugno 2018, n. 39013).

Osservazioni

La decisione in commento si apprezza per una lettura “moderna” del codice di rito a prescindere dagli aggiustamenti compiuti dalla disciplina anticovid (e compendiata, quanto a potenza innovatrice, nel famoso “decreto Ristori” col quale sono cadute molte barriere formalistiche relativamente alla forma e al deposito degli atti giudiziari).

La vicenda che ci occupa, come del resto è sottolineato anche dagli Ermellini, era stata già oggetto di loro attenzione: nel 2019, quando il COVID era ancora al di là da venire, ci si era posti il problema se gli atti a sostegno della misura cautelare potessero trasmettersi, in caso di giudizio di riesame, anche mediante il ricorso a mezzi telematici.
La Quinta Sezione della Cassazione, con la sentenza n. 32019 del 14 marzo di quell'anno aveva fornito – coraggiosamente, dato lo stato dell'arte a quel tempo – risposta affermativa.

Ecco che, oltre agli indubbi e solidi agganci normativi, la sentenza in esame si giova anche di un precedente specifico in materia. Non possiamo quindi che salutare con favore il “nuovo corso” interpretativo che le magistrature penali di ogni ordine a grado stanno consolidando sugli argomenti che vanno raccolti sotto la variegata locuzione “processo penale telematico”.

Di fronte a queste soluzioni, oggi consacrate anche nelle norme emergenziali poi divenute stabile realtà, verrebbe da dire: non ci voleva in fondo così tanto per svecchiare il sistema. Ma col senno di poi, si sa, sono tutti bravi.

Fonte: ilprocessotelematico.it

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