Suicidi in carcere: il DAP dirama una circolare per cercare di prevenirli

25 Agosto 2022

L'allarme dei suicidi in carcere è sotto gli occhi di tutti comincia ad assumere dimensioni drammatiche. Dopo l'ultimo caso dei giorni scorsi, di una detenuta di 36 anni che si è tolta la vita nell'istituto di pena femminile di Rebibbia a Roma, sono già 42 nel 2022 le persone che si sono tolte la vita in cella: uno ogni cinque giorni.

I dati di Antigone. Nella maggior parte dei casi, secondo i dati riportati dall'associazione Antigone, si tratta di giovani tra i 20 e i 30 anni, sia con poca esperienza detentiva alle spalle, cioè persone all'inizio della pena, ma anche detenuti ormai “navigati” e prossimi all'uscita. Ancora una volta, stando agli istituti di pena italiani in cui si registrano più casi, una delle problematiche più comunemente riscontrate è quella del sovraffollamento, con una grande quantità di detenuti con problemi particolari come dipendenze o patologie psichiatriche, e la cronica carenza di personale specializzato che se ne prenda carico.

I tentativi di suicidio. Per evitare i suicidi talvolta il fattore tempo assume rilievo decisivo quando il detenuto ha già manifestato la concreta volontà di farla finita. Gli allarmi talvolta vengono ignorati e viene così attivato il ricorso d'urgenza dinanzi alla Corte EDU (ai sensi dell'art. 39 del regolamento CEDU) proposto dai legali di detenuti che hanno già tentato il suicidio.

I provvedimenti ‘cautelari' della Corte EDU. I giudici europei si mostrano molto sensibili ad attivarsi in situazioni di imminente pericolo di tutela dei diritti dei detenuti. Il 7 aprile 2020, ad esempio, la Corte di Strasburgo ha adottato provvedimento cautelare in favore di un giovane paziente psichiatrico detenuto nel carcere di Rebibbia, ordinando al Governo italiano di provvedere al suo immediato trasferimento presso una struttura idonea ad assicurargli la fruizione di un trattamento adeguato alle sue condizioni di salute.

Le precedenti pronunce di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo. Sono diverse inoltre le sentenze nelle quali la protratta allocazione detentiva del ricorrente, per le conclamate problematiche psichiche, si traducono in una violazione del diritto alla vita e del divieto di tortura e di trattamento inumano o degradante (artt. 2 e 3 Cedu) considerate le condizioni detentive non adeguate rispetto alla patologia. È noto che vi sono casi di malati psichici i quali, nonostante siano destinati alle Rems – strutture che hanno sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziari – non vi sono posti ad accoglierli.

La sentenza sul caso Sy contro Italia. Il 24 gennaio 2022, la Corte EDU ha condannato l'Italia per aver trattato in modo inumano un detenuto con gravi problemi psichiatrici, in violazione dell'art. 3 CEDU, avendo continuato a tenerlo in una prigione ordinaria nonostante i tribunali nazionali, e poi anche la Corte stessa, ne avessero ordinato il trasferimento in un centro dove potesse essere curato. La sentenza ha stabilito che l'Italia dovrà versargli 36.400 euro per danni morali. Al centro di questa vicenda c'è un cittadino italiano nato nel 1994, che soffre di turbe della personalità e bipolarismo.

La sentenza sul caso Citraro e Molino. Altra importante pronuncia di condanna ai danni dello Stato italiano è quella pronunciata il 4 giugno 2020 nella causa Citraro e Molino contro l'Italia sul ricorso presentato dai genitori di un detenuto che nel 2001 fu rinvenuto impiccato a un lenzuolo nella sua cella del carcere di Messina dopo aver più volte posto in essere atti di autolesionismo – compresi dei tentativi di suicidio – e quando già, su richiesta dello psicologo dell'istituto, il magistrato di sorveglianza di Messina aveva autorizzato il suo trasferimento presso l'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, all'epoca ancora operativo prima della chiusura degli OPG disposta nel 2015. Ravvisata dai giudici europei la violazione dell'art. 2 perché lo Stato italiano non ha adottato le misure sufficienti per prevenire il suicidio del loro figlio in quanto la disposizione convenzionale implica anche un obbligo positivo, indirizzato agli Stati membri, che sono chiamati a introdurre tutte le misure necessarie ad assicurare la protezione della vita delle persone che sono sottoposte alla potestà organizzativa statale.

La circolare del DAP sulle linee guida di prevenzione. In questo quadro poco rassicurante, si comprende l'importanza della Circolare 8 agosto 2022, n. 3695/6145 – intitolata “Iniziative per un intervento continuo in materia di prevenzione delle condotte suicidiarie delle persone detenute” – indirizzata ai Provveditori Regionali dell'Amministrazione Penitenziaria, ai Direttori degli Istituti Penitenziari e ai Direttori Generali, avente ad oggetto “Iniziative per un “intervento continuo” in materia di prevenzione delle condotte suicidiarie delle persone detenute”.

Finalità della Circolare. L'obiettivo è quello di rinnovare, anche con il coinvolgimento delle Autorità sanitarie locali, gli strumenti di intervento e le modalità per prevenire tale drammatico fenomeno, che in questi mesi sta registrando un sensibile incremento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. All'uopo, si invitano i provveditorati a verificare con urgenza se nei loro distretti di competenza siano stati stipulati piani regionali di prevenzione e, in caso positivo, verificare se essi siano in linea con le previsioni del Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti, pubblicato il 27 luglio 2017. Analogamente, in conformità con quanto stabilito dal richiamato Piano nazionale, i Provveditori avranno cura di verificare se, in tutte le sedi, siano stati adottati i Piani locali di prevenzione promuovendone la sottoscrizione laddove essi siano mancanti e, nel caso in cui siano presenti, di riscontrare se essi siano effettivamente conformi alle Linee d'indirizzo generali e regionali, avendo cura, infine, di verificare se gli stessi siano effettivamente e pienamente attuati.

Il coinvolgimento di tutti gli atti del mondo penitenziario. Tali attività dovranno essere svolte con l'indispensabile coinvolgimento delle Istituzioni sanitarie, la cui organizzazione ed attività rientra nella diretta competenza del Ministero della Salute e soprattutto delle Regioni. Istituzioni sanitarie che, nella quotidianità penitenziaria, rappresentano degli attori imprescindibili, investiti di fondamentali responsabilità nel processo istituzionale di presa in carico delle persone detenute.

I punti di intervento in materia di prevenzione dei suicidi. La circolare focalizza alcuni punti in tema di prevenzione, con particolare riferimento agli “eventi sentinella”, i quali, se colti tempestivamente, possono essere fondamentali per entrare in contatto con le persone detenute ai fini che qui rilevano. Vengono indicati dettagliatamente i momenti potenzialmente critici:

1) l'ingresso e l'accoglienza;

2) i colloqui con i familiari;

3) i flussi di corrispondenza e le sue eventuali anomalie;

4) la fase pre-processuale e post-processuale, le reazioni alle notifiche, in aula, al rientro dalle aule di giustizia;

5) la comunicazione di eventi traumatici a carico della persona o dei suoi familiari;

6) i comportamenti anomali nell'ambito dell'ordinaria vita in sezione, la tendenza a auto-isolarsi, una reattività pronunciata ecc.;

7) l'approccio dedicato ai cd. «nuovi giunti» deve essere esteso anche alle persone detenute trasferite, in ragione del significato potenzialmente “stressogeno” che la movimentazione può assumere;

8) la prossima dimissione della persona che, in alcuni casi, viene vissuta come un passaggio di grave insicurezza di precarietà, di grave preoccupazione per il futuro.

L'attivazione della procedura di prevenzione suicidi. Tali eventi sentinella possono essere, di volta in volta, intercettati dai componenti dell'Ufficio matricola, dai Funzionari giuridico-pedagogici, dal Personale di Polizia penitenziaria operante nei reparti detentivi (al quale, tante volte, si devono i meritori interventi che riescono a salvare la vita di coloro che si erano determinati al gesto estremo), dagli Assistenti volontari, dagli Insegnanti e, più in generale, da chiunque operi a diretto contatto con la popolazione detenuta, ivi compresi i Garanti, comunque denominati.

Assegnazione e trasferimenti. In un'ottica di oculata gestione complessiva delle situazioni di disagio delle persone detenute, la Circolare ricorda che particolare attenzione deve essere riservata, dagli Uffici detenuti dei Provveditorati, al momento della assegnazione definitiva e alle richieste di trasferimento formulate dalle Direzioni degli istituti, privilegiando le strutture penitenziarie che, per l'adeguata offerta sanitaria e trattamentale, siano meglio in grado di soddisfare le esigenze di presa in carico delle problematiche di disagio personale dei soggetti ristretti.

Primo passo. La Circolare rappresenta un primo passo, purtroppo non decisivo. Si ricorda che sul versante europeo il livello di due diligence imposta all'amministrazione è molto più elevato dei parametri di valutazione adottati in sede domestica, tanto che la responsabilità dello Stato viene affermata nonostante la Corte riconosca che (come avvenuto nel caso Citraro e Molino contro l'Italia) la direzione penitenziaria fosse a conoscenza delle condizioni psichiche del detenuto e avesse adottato alcune cautele specifiche atte a prevenire eventuali condotte autosoppressive.

*Fonte: DirittoeGiustizia

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