Eredità: l'atto di notorietà può contenere una confessione stragiudiziale?

Redazione Scientifica
02 Settembre 2022

La Suprema Corte ha avuto modo di esprimersi su una controversia, avente ad oggetto l'accertamento dell'inefficacia della rinuncia all'eredità di alcuni fratelli.

M.M. chiamava in giudizio i fratelli e i nipoti (rappresentati dai genitori) accettanti l'eredità del padre/nonno ormai defunto, chiedendo l'accertamento dell'inefficacia della rinuncia, poiché intervenuta quando i chiamati avevano già accettato l'eredità in questione.

La domanda veniva accolta in quanto nell'atto di notorietà ricevuto dal notaio ai fini della successione, gli attestanti avevano dichiarato che i chiamati si erano immessi nel possesso dei beni acquistando così la qualità di erede ex art. 485 c.c. Il Tribunale avrebbe, inoltre, riconosciuto il valore di confessione stragiudiziale fatta alla parte, idonea nel provare il fatto che aveva determinato l'acquisto dell'eredità citata.

La Corte d'Appello confermava la pronuncia del giudice di prime cure.

Ed il motivo di doglianza di maggior rilievo di cui si è occupata la Suprema Corte è proprio quello di valutare lo scopo reale della dichiarazione resa dinanzi al notaio in sede di atto di notorietà.

Il Collegio ricorda che tale atto «designa la dichiarazione di scienza relativa a fatti che alcuni soggetti affermano essere notoriamente a conoscenza di una cerchia più o meno vasta di persone». E la sua efficacia probatoria, fino a querela di falso, riguarda solo «l'attestazione dell'ufficiale rogante di aver ricevuto le dichiarazioni in esso contenute dai soggetti indicati, previa loro identificazione. Viceversa, per quanto riguarda il contenuto delle dichiarazioni, all'atto di notorietà viene attribuita un'efficacia meramente indiziaria», salvo le ipotesi in cui la legge preveda diversamente (Cass. n. 29830/2011).

Inoltre, nell'atto in questione, diversamente dalla dichiarazione sostitutiva, «la dichiarazione non è resa dall'interessato, né rileva a questo fine l'attestazione del notaio rogante di aver dato lettura dell'atto ai richiedenti e agli attestati, che lo hanno approvato e sottoscritto, riconoscendolo conforme alla loro volontà». Ne consegue che «l'atto notorio non può contenere una confessione stragiudiziale liberamente valutabile ex art. 2735, comma 1, c.c.», come avviene per la dichiarazione sostitutiva (Cass. n. 19708/2020, n. 27042/2011).

Per tutti questi motivi il Collegio rinvia il caso alla Corte d'Appello di Napoli in diversa composizione.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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