Valida la clausola di risoluzione del contratto di locazione dopo il primo rinnovo tacito

Katia Mascia
05 Settembre 2022

Il Tribunale di Massa, con la sentenza in commento, si occupa del caso in cui le parti, nello stipulare un contratto di locazione, abbiano inserito una clausola di non rinnovabilità dello stesso dopo il primo rinnovo tacito.
Massima

È valida la clausola con la quale le parti stabiliscono la non rinnovabilità del contratto di locazione alla scadenza del termine fissato, purchè formulata in modo tale da far conoscere inequivocabilmente al conduttore che il rapporto locatizio cesserà anche in mancanza di ulteriore disdetta.

Il caso

Il locatore di un immobile adiva il Tribunale di Massa al fine di ottenere la convalida della licenza per finita locazione, con conseguente conferma dell'ordinanza provvisoriamente esecutiva di rilascio dell'immobile emessa precedentemente. Chiedeva altresì la condanna del conduttore alla refusione delle spese sostenute. Il conduttore si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea, sostenendo che era intervenuta la rinnovazione del contratto di locazione per mancata comunicazione della disdetta, da parte del locatore, nel termine di legge. Insisteva, quindi, per la revoca dell'ordinanza provvisoria di rilascio dell'immobile.

La questione

Si tratta di capire se è lecita la clausola negoziale, inserita nel contratto di locazione, con la quale si prevede di risolvere di diritto il vincolo, al termine del primo periodo di rinnovo tacito, senza la necessità di intimare la disdetta.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Massa ritiene fondata la domanda di risoluzione del contratto di locazione, per scadenza del termine, e la accoglie. Conferma pertanto il contenuto dell'ordinanza ex art. 665 c.p.c. e condanna il convenuto alla refusione delle spese in favore dell'attore.

Osservazioni

La materia delle locazioni è in continuo fermento, non tanto sotto il profilo normativo, ancorato nell'insieme alla disciplina dettata dalla l. n. 392/1978 e l. n. 431/1998, quanto sotto quello dei principi giurisprudenziali che integrano e interpretano il dettato normativo vigente.

Osserva il giudice toscano che funzione primaria della disdetta è quella di rendere edotto il conduttore che, ad una certa data, il contratto si risolverà definitivamente: ciò deve avvenire, ex lege, con congruo anticipo, proprio per consentirgli di predisporre senza nocumento un diverso assetto della propria attività imprenditoriale/professionale.

Si tratta di un atto unilaterale e recettizio, espressione di diritto potestativo attribuito ex lege, concretantesi in una manifestazione di volontà diretta ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locatizio. Nel caso di locazioni di immobili adibiti ad uso abitativo essa deve essere inviata almeno sei mesi prima della scadenza del rapporto (artt. 2 e 3 della l. 9 dicembre 1998, n. 431), mentre per le locazioni non abitative almeno dodici o diciotto mesi prima (art. 28 della l. 27 luglio 1978, n. 392).

Ad avviso di parte della dottrina, la normativa dettata in tema abitativo e commerciale tutela la stabilità del conduttore nella casa di abitazione o nel luogo di svolgimento della propria attività. La fissazione di una durata minima del rapporto rappresenta senz'altro uno degli elementi portanti. Pertanto, immaginare la predisposizione di una disdetta contestuale alla stipulazione del contratto, assimilata ad una clausola di non rinnovabilità della locazione, inciderebbe negativamente sul perfezionamento della fattispecie di rinnovazione tacita e finirebbe altresì per modificare, nell'esercizio di una pretesa autonomia negoziale, il contenuto inderogabile della locazione previsto e voluto dalla legge.

La clausola di non rinnovabilità finirebbe per sottrarre al comportamento omissivo delle parti la significatività normativa di rinnovazione tacita e perciò derogherebbe ai tipi legali voluti dalla l. n. 392/1978 e l. n. 431/1998.

Il Tribunale di Massa ritiene, in concreto, non immeritevole di tutela l'atto di autonomia negoziale che, in sede di stipulazione del contratto, consenta al conduttore di conoscere, fin da quel momento, la volontà del locatore di non voler rinnovare il contratto alla seconda scadenza, in conformità allo schema di una disdetta anticipata.

La ratio della disciplina vincolistica è contemperare la disponibilità dei beni di proprietà con le esigenze di tutela di chi, in virtù del contratto, affida a quei beni la sussistenza di diritti primari quale l'abitazione o il lavoro. In sostanza il giudice toscano ritiene che la predisposizione di una disdetta contestuale alla stipulazione del contratto, ovvero, di una clausola di non rinnovabilità della locazione, non serve soltanto ad impedire la rinnovazione del rapporto, producendo una vicenda estintiva dello stesso, ma provvede altresì a programmare convenzionalmente il contemperamento dei reciproci interessi e comportamenti propri del locatore e del conduttore, collegati al momento della cessazione della locazione. In dottrina, si è affermata la compatibilità della clausola di non rinnovabilità, purchè informata, ove intervenga alla prima scadenza, ai parametri di tassatività previsti dagli art. 29 della l. n. 392/1978 e dall'art. 3 della l. n. 431/1998.

Ai sensi del citato art. 29, il diniego della rinnovazione del contratto alla prima scadenza è consentito al locatore in una serie tassativa di casi (come, ad esempio, se egli intenda adibire l'immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, o all'esercizio di una delle attività indicate nell'art. 27, oppure abbia l'intenzione di demolire l'immobile per ricostruirlo ovvero procedere alla sua integrale ristrutturazione o completo restauro ecc.), in presenza dei quali, a pena di decadenza, egli deve dichiarare la propria volontà di conseguire, alla scadenza del contratto, la disponibilità dell'immobile locato. Tale dichiarazione deve essere effettuata almeno 12 o 18 mesi prima della scadenza (rispettivamente per le attività indicate nei commi 1 e 2 dell'art. 27 e per le attività alberghiere). Nella comunicazione deve essere specificato, a pena di nullità, il motivo, tra quelli tassativamente indicati, sul quale la disdetta è fondata. La ratio di questa previsione è quella di consentire al conduttore, e semmai al giudice qualora sorga un contenzioso, di verificare la fondatezza delle motivazioni. A mente del succitato art. 3 della l. n. 431/1998, le motivazioni per la disdetta anticipata dal contratto di locazione da parte del locatore sono espressamente indicate nel comma 1 (per esempio, se locatore intende destinare l'immobile ad uso abitativo, commerciale, artigianale o per un suo uso professionale, oppure all'esercizio di finalità pubbliche, sociali, mutualistiche, cooperative assistenziali, culturali o di culto, o qualora l'immobile si trovi in uno stabile del quale è prevista l'integrale ristrutturazione ecc).

Ci si è domandati in passato se fosse valida la clausola con la quale i contraenti, in sede di conclusione del contratto, decidano che, una volta sopraggiunta la scadenza, la locazione non si rinnovi, nè tacitamente, nè in altro modo. Qualcuno, sostenendo l'invalidità di una siffatta clausola, ha affermato che la previsione di una disdetta contestuale alla formazione del contratto equivale sostanzialmente a modificare il tipo contrattuale adottato dal legislatore, attraverso un artificio formale che riconduce la locazione al tipo negoziale a tempo determinato tout court non prescelto dallo stesso. Una clausola contrattuale di non rinnovabilità alla prima scadenza avrebbe l'effetto di alterare il contenuto della locazione che, secondo il modello legale tipico ed inderogabile, deve caratteriazzarsi per un doppio ciclo di durata minima ed uniforme. Viceversa, con riferimento ad una clausola di non rinnovo del contratto alla seconda scadenza contrattuale, il Tribunale di Salerno (29 ottobre 2010) - cui si uniforma sostanzialmente il giudice toscano con la sentenza in esame - si è pronunciato per la validità. Ha, infatti, affermato che deve essere considerata valida la clausola con la quale le parti stabiliscono nel contratto locatizio che, alla scadenza legale successiva al primo rinnovo, esse non intendono rinnovarlo, sempre che la stessa sia formulata in modo da far conoscere inconfondibilmente al conduttore che il rapporto locatizio sarebbe cessato anche in mancanza di ulteriore disdetta.

Va riconosciuta alle parti la facoltà, nello stipulare il contratto di locazione, di disporre sui modi della cessazione del rapporto, essendo l'efficacia dell'atto di disdetta correlata soltanto alla sua efficacia notificativa (ovvero alla sua idoneità ad assicurare l'effettiva conoscenza, da parte del conduttore, della futura cessazione del rapporto alla sua scadenza). In mancanza di un divieto formale, ovvero di contrasto con gli assetti di interesse tutelati dalla legislazione speciale, appare infondata l'asserzione che postuli una disdetta necessariamente successiva al perfezionamento del contratto.

Si afferma, in dottrina, che una siffatta clausola non avrebbe l'effetto di derogare al ciclo di durata minima garantita dalla legge speciale, quanto piuttosto alla disciplina dettata dall'art. 1597 c.c., che, agli effetti dell'esclusione della rinnovazione del contratto, esige il preventivo invio della disdetta. In difetto di tempestiva disdetta, l'effetto della non rinnovazione del contratto sarebbe direttamente ricollegabile a tale clausola, legittimando l'instaurazione del procedimento di sfratto per finita locazione.

Riferimenti

Masoni, L'estinzione del rapporto di locazione. Profili sostanziali e processuali, Milano, 2011, 343;

Masoni, La clausola di non rinnovo alla seconda scadenza della locazione, in Immob. & diritto, 2011, fasc. 2, 45;

Izzo, La disdetta contestuale al contratto di locazione, in Giust. civ., 1995, I, 2381.

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