Adulterio e successivo perdono: puo' configurarsi addebito della separazione?

Alberto Figone
09 Settembre 2022

Il perdono, o la tolleranza, verso l'adulterio dell'altro coniuge, non ha efficacia “sanante” nei confronti di altri e successivi comportamenti adulterini?

In buona sostanza, e per quanto qui interessa, la Corte d'appello di Firenze, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva liquidato un consistente assegno di mantenimento in favore della moglie di quell'imprenditore, dopo aver respinto la domanda di addebito della separazione a suo carico, che il tribunale aveva ritenuto inammissibile. Secondo la Corte territoriale, la tolleranza mostrata dal marito verso comportamenti lesivi del dovere di fedeltà, tenuti dalla consorte anni prima della domanda giudiziale, avrebbe escluso la possibilità di far valere, quale causa di addebito, analoghi comportamenti reiterati dalla stessa in epoca successiva.

La Corte di Cassazione, adita dal marito in via principale, accoglie il primo motivo del ricorso, dopo aver compiuto un ampio excursus sui rapporti tra adulterio ed addebito della separazione. Come è noto, l'infedeltà, coma altre condotte contrastanti con i doveri derivanti dal matrimonio ex art. 143 c.c., può comportare la pronuncia di addebito della separazione, ove sia provata la sussistenza di un nesso di causalità tra la relazione extraconiugale e l'intollerabilità della convivenza. Sta di fatto che sovente si aggiunge che l'infedeltà costituisce una violazione talmente grave da comportare ex se l'addebito della separazione, salvo che la controparte non riesca a comprovare come la crisi matrimoniale fosse già in atto, senza essere stata indotta dall'adulterio.

Dopo aver rammentato i criteri di riparto dell'onere della prova fra le parti, la Cassazione tiene a rimarcare come la tolleranza manifestata dal ricorrente nei confronti della relazione extraconiugale intrapresa alcuni anni prima della proposizione della domanda in tanto potesse impedirgli di far valere la violazione del dovere di fedeltà, in quanto fosse stato dedotto e dimostrato che la predetta relazione non aveva costituito causa della crisi coniugale, all'epoca già in atto sanata ovvero che la stessa era rimasta un episodio isolato, eventualmente dovuto ad un temporaneo appannamento del vincolo affettivo tra i coniugi”. Nel caso di specie, al contrario, il ricorrente aveva chiesto di provare che, dopo la prima relazione extraconiugale della consorte, perdonata, ne erano seguite altre che, secondo la propria tesi, avrebbero determinato la crisi di coppia.

La Suprema Corte, nel cassare parzialmente la sentenza impugnata, rinvia gli atti alla Corte d'appello per una nuova valutazione dei fatti di causa. Può pertanto dirsi che il perdono, o la tolleranza, verso l'adulterio dell'altro coniuge, non ha efficacia “sanante” nei confronti di altri e successivi comportamenti adulterini, dovendosi accertare, con una valutazione di esclusiva competenza del giudice di merito, se detti comportamenti abbiano dato causa alla crisi di coppia o se anch'essi, ove esistenti, fossero stati tollerati dal coniuge “fedele”

Nel contempo, pur essendo la definizione del capo sull'addebito, propedeutica rispetto alla questione circa la spettanza dell'assegno ex art. 156 c.c., per ragioni di economia processuale, la Cassazione esclude l'assorbimento del secondo motivo del ricorso con cui il ricorrente aveva censurato la cospicua liquidazione dell'assegno ad opera della Corte d'appello. Osserva infatti la pronuncia in questione come, nei caso in cui la Corte territoriale confermasse l'assegno (nell'importo ormai intangibile) “la questione circa il secondo motivo diverrebbe nuovamente rilevante”, non potendosi escludere l'interesse delle parti all'esame del motivo medesimo, “il cui esito resta tuttavia condizionato a quello del riesame delle domande di addebito”. Conferma quindi la misura dell'assegno (ossa il quantum debeatur), non ravvisando vizio di sorta nella pronuncia impugnata, pur essendo ancora sub judice l'an debeuatur.

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