Il giudice minorile deve valutare l'applicazione del beneficio del perdono giudiziale in qualsiasi fase del processo

09 Settembre 2022

La questione di cui si è occupata la Corte di cassazione è la seguente: se, ogni volta che - anche in corso di causa - possa prospettarsi la presenza dei presupposti applicativi del perdono giudiziale, sussista in capo al giudice l'onere di esplicitare le ragioni sottese alla concessione o mancata concessione del beneficio medesimo.
Massima

Qualora sussista la possibilità di una diversa valutazione in relazione alla concessione del perdono giudiziale, la finalità di recupero del minore impone al giudice, ogni volta che, anche in corso di causa, possa prospettarsi la presenza dei presupposti applicativi, l'onere di esplicitare le ragioni sottese alla concessione o mancata concessione del beneficio medesimo.

Il caso

La Corte di Appello di Caltanissetta, sezione minorenni, confermava la decisione emessa dal Tribunale per i minorenni di Caltanissetta in data 6 giugno 2019 in relazione alla fattispecie di estorsione.

Avverso questa Sentenza l'imputato proponeva ricorso per Cassazione adducendo due motivi. In particolare, per quello che in questa sede interessa, deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione del perdono giudiziale. Il ricorrente rilevava che la pena finale irrogata dalla Corte di appello avrebbe potuto essere ritenuta compatibile con l'istituto del perdono giudiziale dovendosi per di più considerare che la stessa Corte d'appello aveva espresso un giudizio prognostico favorevole in ordine alla futura condotta del giovane imputato cui era stata anche concessa la sospensione condizionale della pena.

La Suprema Corte con la Sentenza di cui si tratta, ha accolto il ricorso sul punto.

La questione

La questione presa in esame è la seguente: se, ogni volta che - anche in corso di causa - possa prospettarsi la presenza dei presupposti applicativi del perdono giudiziale, sussista in capo al giudice l'onere di esplicitare le ragioni sottese alla concessione o mancata concessione del beneficio medesimo.

Le soluzioni giuridiche

La sentenza in commento ha dichiarato parzialmente fondato il ricorso annullando la sentenza impugnata limitatamente al diniego del perdono giudiziale, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Caltanissetta, sezione minorenni in diversa composizione e ha offerto la seguente interpretazione.

La Suprema Corte ha preso in esame i diversi istituti del perdono giudiziale ex art. 169 c.p. e della sospensione condizionale della pena ex art. 164 c.p., i quali sono connotati da uno stesso presupposto applicativo, essendo entrambi subordinati al fatto che il giudice presuma, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133 c.p., che l'imputato si asterrà dal commettere ulteriori reati. La sentenza in commento evidenzia che i due istituti hanno una medesima finalità, cioè quella di consolidare nel minore sia le controspinte psicologiche al reato sia le basi di un suo pieno recupero, ed entrambi comportano l'estinzione del reato, ma secondo una diversa scansione diacronica verificandosi questa, ove riconosciuto il perdono giudiziale, al momento del passaggio in giudicato della sentenza ovvero, ove concessa la sospensione condizionale della pena, all'esito dell'utile decorso del termine di legge (ovvero cinque anni dalla condanna per i delitti e due anni per le contravvenzioni).

La scelta di concedere l'uno o l'altro beneficio, avendo come presupposto l'apprezzamento di elementi di fatto, è rimessa al potere discrezionale del giudice il quale sceglierà lo strumento più utile per consolidare nel minore, come detto, sia le controspinte psicologiche al reato sia le basi di un suo pieno recupero.

Se però, proprio in ragione di tali caratteristiche e finalità, rimane la possibilità di una diversa valutazione in relazione all'uno e all'altro strumento, la finalità di recupero del minore, coessenziale alla stessa natura del procedimento minorile, impone che ogni volta che - anche in corso di causa - possa prospettarsi la presenza dei presupposti applicativi del perdono giudiziale, sussiste in capo al giudice l'onere di esplicitare le ragioni sottese alla concessione o mancata concessione del beneficio medesimo. In difetto di tale apparato motivazionale, si impone l'annullamento del provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di appello in diversa composizione.

Osservazioni

Con detta sentenza, la Suprema Corte, ritenendo che il giudice minorile sia tenuto a valutare l'applicazione del beneficio del perdono giudiziale in qualsiasi fase e grado del processo, ha applicato correttamente e compiutamente alcuni principi sui quali si fonda il processo minorile, ovvero minima offensività del processo, residualità della detenzione, de-stigmatizzazione, che mira a tutelare il minore, soggetto ancora in fase di sviluppo psichico, dagli effetti pregiudizievoli che potrebbero derivare dalla celebrazione dell'intero processo e da una conseguente condanna.

La Corte costituzionale, fin dai primi anni '90, aveva avuto modo di chiarire che il carattere e la specificità del processo penale minorile, rispetto a quello ordinario, è desumibile dagli amplissimi poteri di cui è dotato il giudice, informati all'esigenza primaria del recupero del minore, un soggetto dalla personalità ancora in formazione, per cui sono previste misure (perdono giudiziale; sospensione del processo e messa alla prova; sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto; applicabilità più larga delle sanzioni sostitutive) che, in vista di tale esigenza, possono portare a far concludere il processo in modi e con contenuti diversi da quelli propri del processo penale ordinario (Corte cost. n. 135/1995). In precedenza, la stessa Corte (Sent. n. 295 del 1986) aveva approfondito il rapporto tra perdono giudiziale e sospensione condizionale della pena, osservando che l'analogia tra gli istituti in discussione è generalmente offerta mediante il riferimento alla collocazione degli stessi istituti nel vigente codice penale: sia la sospensione condizionale della pena sia il perdono giudiziale per i minori degli anni diciotto sono, infatti, inclusi nel capo primo ("della estinzione del reato") del titolo sesto del libro primo del codice penale. Ma, secondo la Corte, la riconduzione di entrambi i benefici alla categoria generale della estinzione del reato può essere contestata, poiché non pochi Autori sono dell'avviso che la sospensione condizionale della pena vada inclusa fra le cause d'estinzione della pena e non del reato. Ed argomenti a favore della tesi ora citata non mancano: la sospensione condizionale dell'esecuzione della pena importa, per vero, una condanna con inflizione e determinazione della pena in concreto. La Corte ravvisa in altro le ragioni di “unità” dei due istituti del perdono giudiziale e della sospensione condizionale della pena: essi tendono, certamente, al raggiungimento di finalità rieducative o, in largo senso, di prevenzione speciale: in ciò i benefici in parola sono certamente accomunati. L'uguale presupposto richiesto dall'art. 164, comma 1 c.p. per la sospensione condizionale della pena e dell'art. 169, comma 1 c.p., per il perdono giudiziale (concessione dei benefici soltanto quando "avuto riguardo alle circostanze indicate dall'art. 133 c.p.", il giudice "presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati") chiaramente svela e conferma l'analogia delle finalità emendative perseguite dagli istituti in esame.

Ma se questi sono gli elementi comuni, molteplici sono le diversità strutturali. In primo luogo, il perdono giudiziale, anche quando viene concesso con sentenza dibattimentale, non presuppone una sentenza di condanna e tanto meno la determinazione della concreta pena da espiare, in conseguenza, il beneficiario di perdono non acquista la qualità di condannato. Ciò perché il legislatore ritiene che il minore, in condizioni di incensuratezza, agevolmente possa, nel superare le ragioni d'immaturità determinatrici dell'illecito, trovare in sé la forza per evitare la ricaduta nel medesimo. La funzione ammonitrice, insita nel perdono, è legislativamente ritenuta sufficiente all'autorieducazione del minore. La sospensione condizionale, invece, ha caratteri nettamente diversi da quelli ora esaminati: essa implica sempre una sentenza di condanna nonché la determinazione della pena in concreto; traduce, pertanto, la pretesa punitiva, la punibilità astratta, in concreta. Diversa è, benché in tutti i casi certa, la conclusione del giudizio prognostico nei due istituti qui a confronto: nel perdono il giudice ritiene che il minore si asterrà dal commettere ulteriori reati facendo leva, fondamentalmente, sulle proprie capacità d'umana maturazione, mentre in sede di sospensione il giudice conclude nel senso che la minaccia dell'esecuzione della pena, durante il tempo della sospensione condizionale, è indispensabile od almeno utile a trattenere il beneficiato dal tornare a delinquere. Diversi sono, in conseguenza, i risultati dei giudizi prognostici previsti dagli istituti in esame. Sono queste le argomentazioni che hanno indotto la Corte costituzionale, con la citata sentenza, a dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 169 c.p., nella parte in cui, diversamente da quanto previsto per l'affine istituto della sospensione condizionale della pena, preclude la reiterazione della concessione del perdono giudiziale anche nel caso in cui il cumulo delle pene non superi il limite previsto.

Sulla base di tali presupposti, pertanto, si è affermato che il diniego del perdono giudiziale contestuale alla concessione della sospensione condizionale non esprime alcuna contraddittorietà trattandosi di istituti che non si fondano sugli stessi presupposti e criteri (Cass. pen., sez. VI, n. 16017/2013).

Il beneficio del perdono giudiziale non costituisce oggetto di un diritto dell'imputato ma è rimesso - al pari della sospensione condizionale della pena - al potere discrezionale del giudice, il quale ha l'obbligo di motivare la propria scelta evidenziando, secondo i criteri indicati dall'art. 133 c.p., gli elementi di rilievo per la prognosi circa gli effetti che, in concreto, possono derivare dal beneficio (Cass. pen., sez. V, n. 19258/2019).

Il criterio di scelta del perdono giudiziale o della sospensione condizionale della pena non è suscettibile di scrutinio di legittimità, quando la scelta si riveli sorretta da una adeguata e congrua motivazione, scevra da vizi logici, che dia conto della ritenuta opportunità di rafforzare il progetto di ravvedimento dell'imputato grazie all'effetto deterrente indotto dal rischio di dover scontare la pena sospesa in caso di nuova condanna.

L'importanza della sentenza in esame va ravvisata nel punto in cui individua in capo al giudice l'obbligo non solo di motivare l'applicazione del beneficio della sospensione condizionale, ma anche di specificare, in qualsiasi grado o fase del processo, le ragioni della scelta dell'utilizzo di tale istituto in luogo di quello del perdono giudiziale. Infatti, qualora, invece, tale motivazione manchi, la Suprema Corte ha il dovere di annullare il provvedimento impugnato con rinvio alla Corte di appello che ha pronunciato l'impugnata sentenza ma in diversa composizione. Infatti, nel caso di annullamento con rinvio di una sentenza emessa dalla sezione per i minorenni della corte d'appello, competente alla celebrazione del giudizio di rinvio è la medesima corte d'appello in diversa composizione, salvo che l'ufficio giudiziario sia costituito da un'unica sezione, operando in tal caso la regola suppletiva di cui all'art. 623, comma 1, lett. c) c.p.p., che impone la trasmissione degli atti alla corte di appello più vicina (Cass. pen., sez. I, n. 13725/2019).

È vero che la concessione del perdono giudiziale è lasciata alla discrezionalità del giudice di merito in ogni fase e grado del processo, il quale, per accordarlo, oltre a valutare i criteri indicati dall'art. 133 c.p., deve presumere che l'infliggere una pena non contribuisca al recupero del minore e che in futuro questi adotterà e manterrà una buona condotta, ma è anche vero che l'obbligo a lui imposto di motivare compiutamente la concessione o meno, fa sì che tale beneficio, come altri, goda di una speciale tutela attuata attraverso il controllo da parte del giudice di legittimità che, in caso di violazione dell'obbligo di motivazione, potrà rimettere la decisione ad altro giudice di merito di pari grado.

Dalla lettura della commentata Sentenza, è evidente ancora una volta, che l'obiettivo primario è quello di tutelare il minore, anche se colpevole di aver commesso un reato, non solo accertando il fatto di reato ma anche facendo sì che venga seguito primariamente lo scopo di rieducare ed educare il minore e non quello di punirlo, dandogli così la possibilità di giovare del beneficio del perdono giudiziale in ogni stato e grado del processo a suo carico e avendo diritto a conoscere la motivazione che ha portato il giudice ad attuare una determinata scelta sia in senso positivo che in senso negativo.

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