È consentito aprire una friggitoria se tale attività non è espressamente vietata dal regolamento di condominio

Katia Mascia
07 Settembre 2022

Se all'interno del regolamento di condominio non c'è una clausola che vieti espressamente per un condomino la vendita per l'asporto di cibi (friggitoria), l'attività è ammessa se non pregiudica la tranquillità, l'igiene e il decoro del condominio.
Massima

Deve ritenersi affetta da nullità la delibera condominiale mediante la quale si dà mandato all'amministratore di condominio a diffidare un condomino dall'attivare, nell'immobile di sua proprietà, l'attività di produzione e vendita da asporto di cibi caldi e freddi (nella specie, friggitoria), non sussistendo, all'interno del regolamento condominiale, alcuna clausola che limiti o vieti lo svolgimento di una siffatta attività commerciale.

Il caso

L'attrice adiva il Tribunale di Cassino al fine di far dichiarare la nullità/annullabilità di una delibera condominiale con la quale - preso atto della volontà della donna di realizzare nell'immobile di proprietà un'attività di produzione e vendita da asporto di cibi caldi e freddi (in sostanza una friggitoria) - si dava mandato all'amministratore di condominio a diffidare la condomina dall'attivare una tale attività e a non alterare e deturpare la facciata esterna dello stabile attraverso l'installazione di strumentazioni invasive e di varia natura, nel rispetto di quanto stabilito dal regolamento di condominio.

L'attrice riteneva la realizzanda attività non in contrasto con il regolamento condominiale, il quale non prevedeva alcuna clausola limitativa dello svolgimento di attività commerciali all'interno del fabbricato condominiale, fatta eccezione per quanto previsto dall'art. 11, che considerava vietato destinare gli appartamenti per uso industrie rumorose, case sanitarie, gabinetti medici chirurgici per cure di malattie infettive, contagiose e veneree, agenzie di pegno, case di alloggio o comunque adibire i locali a uso contrario alla tranquillità, all'igiene, buon costume e decenza del fabbricato.

Si costituiva in giudizio il Condominio, il quale concludeva per il rigetto della domanda, ritenendo in particolare che l'attività da intraprendere fosse contrastante con il suddetto art. 11 del regolamento condominiale.

La questione

Si tratta di capire se possa sussista il diritto dell'attrice - proprietaria di un immobile il cui ingresso è adiacente a quello del fabbricato condominiale - di aprire una friggitoria, nell'ipotesi in cui la predetta attività commerciale non sia espressamente vietata dal regolamento condominiale.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Cassino, nell'accogliere la domanda attorea, dichiara la nullità della delibera condominiale ritenendo lecita l'apertura di una friggitoria (non essendo tale attività ricompresa tra quelle espressamente vietate dal regolamento) all'interno di un immobile il cui ingresso sia adiacente a quello del condominio, con area antistante destinata a consentire sia l'ingresso al fabbricato condominiale, sia al locale di proprietà dell'attrice. Condanna, altresì, il Condominio al pagamento delle spese processuali in favore di quest'ultima.

Osservazioni

L'assemblea condominiale, preso atto dell'intenzione dell'attrice di svolgere nel proprio immobile un'attività di friggitoria,aveva sostenuto l'insussistenza dei requisiti per lo svolgimento della stessa, in quanto contrastante con l'art. 11 del regolamento condominiale, secondo il quale era da intendersi vietata la destinazione degli appartamenti del fabbricato per uso industrie rumorose, case sanitarie, gabinetti medici chirurgici per cure di malattie infettive, contagiose e veneree, agenzie di pegno, case di alloggio o comunque ad un uso contrario alla tranquillità, all'igiene, buon costume e decenza del fabbricato stesso.

Ritenendo che la tipologia di attività da intraprendere da parte dell'attrice comportasse l'afflusso di pubblico in un'area condominiale privata, fin ad allora destinata esclusivamente al mero transito dei condomini per accedere al fabbricato, aveva affermato che la massiccia affluenza di pubblico in un'area esclusivamente al servizio del condominio avrebbe comportato una diminuzione della sicurezza dei condomini e una limitazione dei loro diritti di fruizione dello spazio comune condominiale.

La condomina ritiene la realizzanda attività non contrastante con il regolamento di condominio, il quale non contiene alcuna clausola limitativa dello svolgimento di attività commerciali all'interno del fabbricato condominiale, eccezion fatta per le “industrie rumorose, case sanitarie, gabinetti medici e chirurgici per cure di malattie infettive, contagiose e veneree, agenzie di pegno, case di alloggio”.

Per il giudice laziale, l'art. 11 del regolamento condominiale, essendo una disposizione che limita la destinazione della proprietà individuale, deve essere interpretata in termini rigorosi. Nella citata disposizione non è contenuto un esplicito divieto di destinare i locali ad attività commerciale di produzione e vendita di cibo da asporto. Sono state invece specificamente previste una serie di destinazioni precluse (laboratori medici, depositi, case di alloggio). Aggiunge il giudice che il regolamento consta di una previsione tassativa, solo nella prima parte, escludendo, nella seconda, in ogni caso, tutte quelle attività che comportano un uso contrario alla tranquillità, all'igiene, buon costume e decenza del fabbricato. Pertanto, la norma regolamentare deve essere interpretata nel senso che per le elencazioni non espressamente previste sono vietati gli usi delle proprietà individuali che in concreto, per le modalità in cui vengono poste in essere, pregiudicano la tranquillità, l'igiene e il decoro del condominio.

Ciò che preoccupa fondamentalmente il condominio è il fatto che l'area condominiale dalla quale si accede alle proprietà individuali possa essere utilizzata anche dagli avventori dell'attività commerciale per accedere alla friggitoria. Il Tribunale di Cassino rileva che, pur essendo vero che l'apertura di un'attività volta alla vendita di cibo da asporto è idonea a determinare un maggiore afflusso di persone nelle aree condominiali, tuttavia non è stato provato che le concrete modalità con le quali l'attrice intende esercitarla siano idonee a comportare una turbativa della tranquillità dei condomini, oltre i limiti della normale tollerabilità.

Per il Condominio, l'attrice, intraprendendo la suddetta attività commerciale, finisce per esercitare sull'area comune un uso più intenso e frequente rispetto agli altri condomini. Il giudice osserva, tuttavia, che ai sensi dell'art. 1102 c.c. ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

L'uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è sottoposto, a norma dell'art. 1102 c.c., a due limiti fondamentali, consistenti nel divieto di alterare la destinazione della cosa comune e nell'obbligo di consentirne un uso paritetico agli altri condomini. Quanto al primo limite, concernente il divieto di alterare la destinazione, da intendersi come quella specifica funzione che la cosa ha avuto sin dal suo inizio, ovvero che i condomini gli hanno impressa con la pratica, va inteso nel senso di impedire che il singolo condomino modifichi l'utilità che gli altri partecipanti al condominio hanno diritto di ricavare dal bene comune e, comunque, di impedire che il valore oggettivamente apprezzabile del bene subisca una trasformazione. Non è, pertanto, consentito alterare la destinazione per iniziativa del singolo condomino, laddove la modifica impedisca agli altri condomini di continuare a godere delle cose secondo il loro diritto. Quanto al secondo limite, la nozione di pari uso della cosa comune, cui fa riferimento l'art. 1102 c.c., non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, ossia in termini di assoluta identità di utilizzazione della cosa comune, poiché una lettura in tal senso, in una dimensione spaziale o temporale, comporterebbe il sostanziale divieto, per ciascun condomino, di fare qualsiasi uso particolare a proprio vantaggio della cosa comune.

Anche il pregiudizio lamentato al decoro del fabbricato non ha ragione di esistere se si pensa alla presenza nei locali del fabbricato, adiacenti all'area comune, di un ristorante munito di insegne e strutture finalizzate all'esercizio di attività di ristorazione.

Qualche anno fa, il Tribunale di Roma (sent. 18 gennaio 2017, n. 727) ha annullato una delibera condominiale che faceva divieto al proprietario esclusivo di utilizzare come bed & breakfast la sua unità abitativa, poichè il regolamento condominiale non lo vietava in maniera chiara e univoca. In particolare, il magistrato capitolino stabiliva che l'imposizione di limiti di destinazione alla facoltà di godimento dei condomini sulle proprietà immobiliari in esclusiva proprietà può avvenire mediante l'elencazione delle attività vietate, oppure con riferimento ai pregiudizi che si intendono evitare. Quanto alla prima ipotesi, il regolamento di condominio in quel caso conteneva una specifica inibizione soltanto con riferimento ad attività “ad uso di gabinetti di cura o ambulatori”, destinazione del tutto diversa da quella di bed & breakfast. Inoltre, anche nella parte in cui gli articoli del regolamento facevano riferimento al tipo di pregiudizio da evitare (usi contrari alla tranquillità, all'igiene, alla sicurezza, alla decenza, alla più rigida moralità ed al buon nome del condominio), non consentivano l'inibizione dell'attività oggetto di causa. Per avere tale valenza limiti e divieti devono, infatti, essere tali da escludere ogni possibilità di equivoco in una materia che attiene alla compressione di facoltà inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini ed essere quindi connotati dalla massima chiarezza con riferimento alle attività e ai correlati pregiudizi che la previsione regolamentare intende impedire (Cass. civ., sez. II, 1° ottobre 1997, n. 9564; Cass. civ., sez. VI/II, 11 settembre 2014, n. 19229).

Sempre il giudice capitolino, in un'altra pronuncia (Trib. Roma 10 gennaio 2018, n. 510), ha stabilito che il divieto posto da un regolamento condominiale e limitato all'attività di locanda o pensione rende non accettabile l'estensione di esso anche ad attività ad esse avvicinabili dal punto di vista della destinazione d'uso, ma sostanzialmente diverse, dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo, nel loro atteggiarsi in concreto (nella fattispecie, si trattava di destinazione a bed & breakfast).

Recentemente, poi, la Suprema Corte (sent. 6 dicembre 2021, n. 38639) è stata investita della questione relativa ad un condominio nel quale il regolamento contrattuale vietava l'adibizione delle unità destinate ad appartamento allo svolgimento di attività di carattere commerciale. In particolare, in quel caso si trattava di stabilire se l'utilizzazione di uno degli appartamenti facenti parte dell'edificio come casa di cura e di riposo per anziani rientrasse o meno nel campo di applicazione del divieto fissato dalla clausola regolamentare. Per i giudici di Piazza Cavour, le restrizioni alle facoltà inerenti al godimento della proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio, volte a vietare lo svolgimento di determinate attività all'interno delle unità immobiliari esclusive, costituiscono servitù reciproche e devono perciò essere approvate mediante espressione di una volontà contrattuale, e quindi con il consenso di tutti i condomini, mentre la loro opponibilità ai terzi, che non vi abbiano espressamente e consapevolmente aderito, rimane subordinata all'adempimento dell'onere di trascrizione. Nella fattispecie specifica sottoposta al proprio esame, i giudici di legittimità hanno ritenuto non consentito adibire la singola unità immobiliare a casa di riposo, stabilendo che il dato che le case di riposo per anziani debbano comunque possedere i requisiti edilizi previsti proprio per gli alloggi destinati a civile abitazione non contrasta con la diversa considerazione che le medesime case di riposo si connotano come strutture a ciclo residenziale, le quali prestano servizi socioassistenziali ed erogano prestazioni di carattere alberghiero.

In conclusione, ritornando nello specifico al caso oggetto del nostro esame, il Tribunale di Cassino giunge a ritenere possibile intraprendere l'attività di friggitoria, non essendo ricompresa tra quelle espressamente vietate dal regolamento condominiale, a patto che venga svolta con modalità tali da non pregiudicare la tranquillità, l'igiene e il decoro del condominio.

Riferimenti

Scalettaris, La clausola del regolamento condominiale limitativa dell'utilizzo dell'unità di proprietà esclusiva, in Immob. & proprietà, 2022, fasc. 7, 433;

Monegat, I divieti e i limiti del regolamento vanno interpretati restrittivamente, in Immob. & proprietà, 2009, fasc. 9, 591;

Mascia, Stop alla realizzazione della casa di riposo per anziani se il regolamento contrattuale lo vieta, in Immob. & proprietà, 2018, fasc. 8-9, 512.

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