La responsabilità del collegio sindacale per le operazioni straordinarie
13 Settembre 2022
Premessa
La responsabilità del Collegio sindacale per le c.d. “operazioni straordinarie” sta diventando uno dei temi più controversi del diritto societario e di quello fallimentare, nel cui ambito spesso approdano le azioni di responsabilità aventi origine, sovente remota, nelle attività sociali. In verità, è un altro di quei temi in cui si sommano ambiguità del legislatore, processi evolutivi giurisprudenziali legati anche alla mobilità delle sensibilità sociali e degli interessi processuali e alla debolezza dei corpi sociali (operatori professionali, amministratori di società) su cui si scaricano gli effetti di questa magmatica instabilità. Si aggiunga l'ormai evidente pulsione dell'attività giurisdizionale da un lato a valorizzare l'aspetto pretorio del libero convincimento del giudice e dall'altro – in simmetrico contrasto – quello della Suprema Corte di affermare, sub specie di indicazione nomofilachica, il diritto del precedente di derivazione anglosassone per delineare un quadro che molto preoccupa coloro che in concreto si trovano ad esercitare la delicata funzione del controllo sindacale d'impresa. In verità, la diposizione generale che individua la funzione e i doveri del collegio sindacale (art. 2403 c.c.: “Il collegio sindacale vigila sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione (art. 2623, n. 3, c.c.) ed in particolare sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile (artt. 2423, 2432 c.c.) adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento) unita a quella successiva (art. 2403 bis c.c.), che ne indica i poteri, sembra fare riferimento ad un controllo di legalità e di adeguatezza generale e non ad un controllo di merito sulle scelte che rimarrebbero di esclusiva competenza e responsabilità degli amministratori.
(Fonte: IlFallimentarista.it)
Gli orientamenti della giurisprudenza
Tuttavia, come da più parti evidenziato (M. Cavanna, Commento alla normativa, in Giur. it., 2020, 959), la giurisprudenza ha sempre più ampliato l'area della responsabilità e dei doveri del Collegio sindacale, dapprima con timidezza e più di recente anche con alcune pronunce della Suprema Corte assai severe. Se infatti il Tribunale di Roma, con una sentenza del 20 febbraio 2012, già faceva presente che “benché non possa ritenersi compito del collegio sindacale verificare la correttezza delle valutazioni poste in essere dagli amministratori, si deve tuttavia ritenere che rientri nei poteri e dei doveri dei sindaci verificare che le valutazioni predisposte a supporto di operazioni straordinarie siano conformi ai criteri dettati dal legislatore, verifica, questa, che può essere condotta attraverso richieste di integrazione della documentazione posta a supporto di dette operazioni. Va, inoltre, precisato che la vigilanza del collegio non deve limitarsi alla verifica dell'esistenza fisica dei documenti relativi all'operazione straordinaria, ma deve estendersi alla idoneità dei medesimi a fornire quel livello minimo di qualità e quantità informativa necessarie a valutare la correttezza dell'intera operazione farebbe pensare ad un controllo che, se non meramente formale, dovrebbe ritenersi un controllo di legalità e di adeguatezza, sena alcuna possibile ingerenza sul merito stretto delle scelte che fanno capo direttamente ed esclusivamente agli amministratori”; molto più incisive appaiono le valutazioni del Tribunale di Milano, Sezione seconda penale, in una sentenza del 15 ottobre 2020, in cui – probabilmente anche per la natura della società oggetto di indagine - vengono diffusamente formulati nei confronti del Collegio sindacale principi di attiva e responsabile partecipazione alle decisioni societarie e più in generale alla verifica della congruità dell'organizzazione aziendale e societaria in relazione a particolari obbiettivi fissati dagli amministratori. E, del resto, anche le norme di comportamento del Collegio sindacale tuttora vigenti a partire dal 2012 per gli appartenenti all'ordine dei Commercialisti (che, mancando analoghe disposizioni per gli avvocati, debbono considerarsi vigenti anche per tale categoria, o almeno assimilabili ad indirizzi di comportamento) non solo non prevedono affatto un controllo di merito da parte dei sindaci, singoli o riuniti in Collegio, ma, questione non irrilevante mai sufficientemente valutata, prevedono specifiche disposizioni di condotta per ciascuna delle più rilevanti operazioni straordinarie (aumenti e diminuzioni di capitali, scissioni e fusioni) tanto che può dirsi analiticamente tracciata la linea di comportamento che il sindaco deve tenere in ogni singola fattispecie. Altro particolare poco tenuto in considerazione è che gli effetti delle singole operazioni straordinarie sono a loro volta previsti in maniera analitica dalle diposizioni codicistiche (ad esempio, rispetto alla fusione, nella scissione è previsto un ulteriore strumento di tutela dei creditori, sussistendo una responsabilità solidale delle società nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto a ciascuna assegnato o rimasto per i debiti della scissa non soddisfatti, tanto è vero che sono ormai pacificamente ritenute ammissibili anche le azioni revocatorie) che rendono ancor meno logico il controllo di puro merito che sempre più frequentemente si indica come dovere del collegio sindacale. In verità, il Collegio sindacale dovrebbe svolgere istituzionalmente il controllo di gestione, mentre, come noto, il controllo contabile è ormai residualmente riservato alle ipotesi in cui ricorrano le condizioni di cui all'art. 2409-bis comma 2 c.c.. Per il controllo sulla corretta amministrazione, sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo, la dottrina qualifica come improntata a ragionevolezza la valutazione che deve svolgere il collegio. Non a caso, fra le sentenze che più hanno contribuito ad ampliare il quadro delle responsabilità del Collegio sindacale si cita spesso Cass. 5 settembre 2018, n. 21662 che giunge ad affermare che il Collegio dispone fra l'altro di ampi mezzi di tutela effettiva, fra cui la denuncia al tribunale ex art. 2409 c.c. Affermazione che meriterebbe approfondimento, in quanto l'astratta possibilità, ora estesa direttamente al Collegio, di provocare sostanzialmente una grave crisi d'impresa appare non solo foriera di rischi enormi, ma ipotizzabile non come scelta discrezionale nel disaccordo con le opinioni degli amministratori, ma praticabile solo qualora si individuino gravi e reiterate violazioni di legge e quando il giudizio prognostico sui loro effetti sia tale da non consentire nessuna azione riparatoria da parte dell'amministrazione aziendale. Anche l'adeguatezza degli assetti deve essere indagata in ragione della loro legittimità e non del merito delle scelte che competono agli amministratori e per essi eventualmente al management, mentre l'esistenza di poteri/doveri informativi, ispettivi e di controllo, che sono tipici anche della funzione di verifica della legittimità, non è connaturata alla esistenza di un controllo di merito. L'attività di controllo si specifica nella vigilanza dell'adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili e presuppone uno stretto rapporto di confronto e condivisione di informazioni con l'organo cui in prima battuta compete l'istituzione di quegli assetti adeguati, vale a dire quello amministrativo. In particolare, quest'ultimo organo, nella definizione dei suddetti assetti, svolge attività programmatica e di indirizzo, mentre il collegio sindacale prende in considerazione l'idoneità degli assetti sotto il profilo della loro legittimità. Si afferma che il nuovo Codice della crisi d'impresa - che indica anche i sindaci fra i soggetti che devono “lanciare l'allarme” sull'esistenza delle condizioni di crisi - rafforza la tesi che il controllo dei medesimi sia di merito e non (più) soltanto di legittimità. Tuttavia, a parte la tuttora magmatica evoluzione delle disposizioni in materia di crisi d'impresa, che anche su questo punto non ha raccolto consensi molto convinti, resta il fatto che sembra più ragionevole limitare il controllo dei sindaci alla congruità e razionalità delle scelte ed alla loro astratta compatibilità finanziaria, piuttosto che al loro merito o alla possibile futura incidenza sull'andamento aziendale e strettamente economico. Si deve ritenere, peraltro, che la verifica si estenda alla adeguatezza degli stessi controlli posti in essere dai sindaci, pur nel silenzio del Codice civile, ma come previsto dalle Norme di comportamento del collegio sindacale del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili. Tale funzione è stata del resto ultimamente enfatizzata dal Codice della crisi di impresa e dell'insolvenza, che ha attribuito ai sindaci il dovere di verificare che l'organo amministrativo valuti se l'assetto organizzativo dell'impresa collettiva sia adeguato e sussista l'equilibrio economico finanziario, con obbligo di segnalare allo stesso organo amministrativo l'esistenza di fondati indizi della crisi. Se quest'ultimo organo non si attiva tempestivamente, i sindaci dovranno informare senza indugio l'organismo di composizione della crisi. Molto difficile da dipanare è la questione del nesso di causalità che deve esistere nel caso di concorso della condotta asseritamente antidoverosa fra amministratori e sindaci, in quanto – a parte le fattispecie penali che qui non esaminiamo partitamente, e per le quali occorre un concorso doloso – anche nella responsabilità di rilievo civilistico la responsabilità del sindaco deve ritenersi sussistente solo se la sua condotta – anche se con ragionamento ipotetico – avrebbe evitato l'illecito e/o scongiurato il danno, mentre non sarebbe rilevante ove la condotta non fosse causalmente legata all'evento. (Cfr. Cass. civ., Sez. I, 11/12/2020, n. 28358 e la gemella Cass. civ., Sez. I, 11/12/2020, n. 28357: “Per affermare la responsabilità del collegio sindacale occorre, oltre alla illegittimità della condotta, sotto forma di inerzia rispetto ai doveri di controllo, anche la prova da parte della procedura attrice del nesso causale fra la condotta ed il danno, consistente nella dimostrazione che l'attivazione dei poteri di controllo avrebbe ragionevolmente evitato o limitato il pregiudizio occorso”). Va ricordato che la giurisprudenza ha equiparato ad inerzia sostanziale (e quindi non escusatoria) le mere dimissioni dei sindaci, quando le stesse non siano accompagnate da concreti atti volti a contrastare, porre rimedio o impedire il protrarsi degli illeciti (cfr. Cass., 11 dicembre 2019, n. 32397). A noi pare che in tali casi vada valutata la condotta complessiva e la possibilità di porre in essere misure riparatorie, usualmente essendo invece adeguata alla causa di giustificazione la espressa segnalazione delle criticità all'organo amministrativo seguita dalle dimissioni. Dovendo per brevità tralasciare gli aspetti della relazione fra controllo dei sindaci e controllo di revisione, ove esercitato da distinti soggetti, che è sicuramente uno dei temi da sviluppare ulteriormente, si deve segnalare che continua il lavorio della giurisprudenza anche di legittimità nel confermare la specialità del concorso nelle fattispecie penali (Cass. pen., Sez. V, 17 marzo 2021, n. 20867: “Il concorso dei componenti del collegio sindacale nei reati commessi dall'amministratore della società può realizzarsi anche attraverso un comportamento omissivo del controllo sindacale, poiché tale controllo non può e non deve esaurirsi in una mera verifica formale o in un riscontro contabile della documentazione messa a disposizione dagli amministratori, ma deve ricomprendere il riscontro tra la realtà e la sua rappresentazione ovvero estendersi al contenuto della gestione sociale, a tutela non solo dell'interesse dei soci ma anche di quello concorrente dei creditori sociali. Occorre tuttavia che emergano puntuali elementi sintomatici, dotati del necessario spessore indiziario, in forza dei quali l'omissione del potere di controllo – e, pertanto l'inadempimento dei poteri doveri di vigilanza il cui esercizio sarebbe valso ad impedire le condotte distrattive degli amministratori – esorbiti dalla dimensione meramente colposa per assurgere al rango di elemento dimostrativo di dolosa partecipazione, sia pure nella forma del dolo eventuale, per consapevole volontà di agire anche a costo di far derivare dall'omesso controllo la commissione di illiceità da parte degli amministratori”). La Suprema Corte sembra però introdurre, se non una limitazione, una specificazione nel ritenere che la responsabilità vada valutata per singoli periodi di bilancio, come in relazione ai compensi, irrogati di norma annualmente [cfr. Cass. civ., Sez. VI - 1, Ordinanza, 4 marzo 2021, n. 6027: “L'obbligazione di controllo che l'ordinamento pone, ex art. 2403 c.c., in capo ai sindaci per l'intera durata del loro ufficio non è considerabile unitaria e globale, quanto al riscontro dell'inadempimento, ma appare invece suscettibile (anche secondo i principi desumibili dagli artt. 1458 e 2402 c.c.) di essere considerata partitamente, tempo per tempo, e quindi anno per anno, in relazione alla durata dell'esercizio sociale]. Rafforza la valutazione di forte responsabilità del collegio sindacale Cass. civ., Sez. II, Sentenza 26 gennaio 2021, n. 1602 (“In tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, la complessa articolazione della struttura organizzativa di una società di investimenti non può comportare l'esclusione od anche il semplice affievolimento del potere-dovere di controllo riconducibile a ciascuno dei componenti del collegio sindacale, i quali, in caso di accertate carenze delle procedure aziendali predisposte per la corretta gestione societaria, sono sanzionabili a titolo di concorso omissivo "quoad functione", gravando sui sindaci, da un lato, l'obbligo di vigilanza - in funzione non soltanto della salvaguardia degli interessi degli azionisti nei confronti di atti di abuso di gestione da parte degli amministratori, ma anche della verifica dell'adeguatezza delle metodologie finalizzate al controllo interno della società di investimenti, secondo parametri procedimentali dettati dalla normativa regolamentare Consob, a garanzia degli investitori - e, dall'altro lato, l'obbligo legale di denuncia immediata alla Banca d'Italia ed alla Consob.”), che sicuramente tiene conto delle particolari competenze e funzioni che deve svolgere un collegio sindacale nell'ambito di una attività che, come la sentenza evidenzia, postula il compimento di complesse attività finanziarie e correlative adeguate speciali competenze. In conclusione
Vengono poi spesso dimenticate alcune questioni rilevanti invece per gli operatori pratici, dall'inadeguatezza dei compensi in relazione alle responsabilità di funzione, che spingono sempre più i professionisti qualificati a rinunciare ad incarichi di tale natura, alla complessità delle coperture assicurative effettive per tali prestazioni, alla luce non solo della valutazione dei rischi, ma della sempre più limitata operatività delle polizze per il diffondersi delle clausole claims made e di altre formule di sostanziale limitazione dell'applicazione delle polizze, comprese franchigie sempre più elevate. Quella che, certamente inappropriatamente, era un tempo una sorta di gradita sinecura caratterizzata da relativo impegno e responsabilità, si sta trasformando in una attività di elevata complessità che ha talora, nel caso di società che svolgono funzioni economiche rilevanti, una evidente sproporzione rispetto al rischio professionale e all'organizzazione di cui si deve disporre per svolgere compiti di questa natura. Un intervento normativo chiarificatore sui limiti della funzione sindacale nelle situazioni patologiche e di crisi e nelle operazioni straordinarie, unitamente ad un maggior coordinamento con le funzioni di revisione e le altre forme di controllo societario, non è più ormai rinviabile. |