Contratto di trasporto di persone: presunzione di responsabilità a carico del vettore e prova liberatoria

Pasquale Picone
Susanna Tellatin
14 Settembre 2022

Con il presente contributo intendiamo soffermarci sui temi giuridici sottesi alla domanda di risarcimento danni proposta dal trasportato all'interno dell'alveo del contratto di trasporto di persone. Ripercorrendo quelli che sono gli arresti giurisprudenziali, anche territoriali, sviluppatisi in materia, il focus intende sviluppare i temi sottesi all'onere probatorio con particolare riguardo alla prova liberatoria che deve offrire il vettore ed il suo assicuratore nell'ambito di un servizio di trasporto di persone. Più volte la Suprema Corte si è soffermata ad analizzare le domande risarcitorie proposte dai fruitori del servizio di trasporto pubblico locale, offrendo interessanti spunti di riflessione per superare la presunzione di responsabilità di cui agli artt. 1681 e 2054, primo comma, c.c.
L'onere probatorio del viaggiatore danneggiato

Di recente la Suprema Corte è tornata ad affrontare il tema del contratto di trasporto di persone (Cass. civ., sez. VI, n. 13958/2022) ricordando il principio a mente del quale il viaggiatore danneggiato ha l'onere di provare, oltre all'esistenza e all'entità del danno, anche il nesso esistente tra il trasporto e l'evento dannoso, mentre incombe al vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità, provare che l'evento dannoso era imprevedibile e non evitabile usando l'ordinaria diligenza.

La decisione segue quella di inizio anno (Cass. civ. sez. III, n. 1785/2022) in cui i Giudici di Piazza Cavour - analizzando la domanda svolta nei confronti della società che gestiva il servizio di trasporti locale, avanzata da un passeggero che allegava di essere caduto mentre scendeva dall'autobus - hanno ritenuto che la discesa dal pullman rientra sicuramente nell'attività tipica del trasporto ma hanno rigettato il ricorso perché il Giudice di merito, pur accertando la caduta, “non ha ritenuto provato il nesso di causa tra la caduta e una condotta addebitabile al conducente del veicolo e, quindi, alla società di trasporto”.

Sul tema la Suprema Corte ha ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale "In tema di trasporto di persone, la presunzione di responsabilità posta dagli artt. 1681 e 2054 c.c., a carico del vettore per i danni al viaggiatore opera quando sia provato il nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore e l'attività del vettore in esecuzione del trasporto, restando viceversa detta presunzione esclusa quando sia accertata la mancanza di una colpa in capo al vettore, come nel caso in cui il sinistro venga attribuito al fatto del viaggiatore”.

Concorrenza tra regime contrattuale e quello aquiliano

Il regime di responsabilità del vettore, regolato dal primo comma dell'art. 1681 c.c., si iscrive nell'alveo della fattispecie di responsabilità presunta. Dottrina e Giurisprudenza convengono nel ritenere applicabile, nelle ipotesi de quibus, una concorrenza tra il regime contrattuale e quello aquiliano. Ciò sulla scorta di un'indagine circa la lesione di due diversi interessi del creditore. Si sostiene, infatti, che, nelle ipotesi di morte o lesione del passeggero, si sia al cospetto di due distinti vulnera: l'uno afferente all'accordo contrattuale, l'altro inerente al diritto costituzionale di cui all'art. 32 Cost.

La Suprema Corte, infatti, sin dalla fine degli anni novanta e a partire dalla sentenza capostipite a firma del Dott. Amatucci, ha inteso estendere i profili solidaristici a tutela del trasportato danneggiato che aveva agito nei confronti del vettore ex art. 1681 c.c. ritenendo che “il trasportato, indipendentemente dal titolo del trasporto, può invocare i primi due commi della disposizione citata (id est, art. 2054 c.c.) per far valere la responsabilità extracontrattuale del conducente ed il terzo comma per far valere quella solidale del proprietario, che può liberarsi solo provando che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà ovvero che il conducente aveva fatto tutto il possibile per evitare il danno” (Cass. civ., sez. III, n. 10629/1998).

In tal modo il danneggiato può, appunto, estendere la propria domanda sia nei confronti del vettore che del proprietario del veicolo e della di lui Compagnia di assicurazione, tramite azione diretta ex art. 144 cod. ass. priv.

Pertanto, in caso di danni cagionati durante il trasporto, onde ottenere il risarcimento, il viaggiatore potrà agire sia a titolo di responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c. ed art. 1681 c.c. sia a titolo di responsabilità extracontrattuale ex art. 2054 c.c.

Come noto ai sensi del disposto di cui all'art. 2054 c.c.: “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno”. Detta norma prevede una presunzione di responsabilità a carico del conducente del veicolo, con conseguente obbligo per lo stesso di risarcire il danno causato durante la guida. In tema di circolazione stradale, ai fini dell'applicabilità della presunzione di colpa di cui all'art. 2054 c.c. è necessario che il danneggiato assolva all'onere probatorio avente ad oggetto il nesso causale tra la circolazione del veicolo e l'evento dannoso.

Dunque, una volta che il danneggiato ha assunto l'onere probatorio relativo all'esistenza di tale nesso causale, il conducente del veicolo, onde superare detta presunzione di responsabilità, dovrà provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.

La prova liberatoria

La prova liberatoria di cui all'art. 2054 c.c., nel caso di danni prodotti a persone o cose dalla circolazione di un veicolo, non deve essere necessariamente data in modo diretto, cioè dimostrando di avere tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del codice della strada, ma può risultare anche dall'accertamento che il comportamento della vittima sia stato il fattore causale esclusivo dell'evento dannoso, comunque non evitabile da parte del conducente, attese le concrete circostanze della circolazione e la conseguente impossibilità di attuare una qualche idonea manovra di emergenza. (Cass. civ., sez. III, n. 14064/2010. In senso conforme si vedano ad esempio Cass. civ., sez. III, n. 21249/2006; Cass. civ., sez. III, n. 7777/2014; Cass. civ., sez. III, n. 9620/2003).

Come già abbiamo detto, in tema di trasporto di persone la presunzione di responsabilità posta dagli artt. 1681 e 2054, comma 1°, c.c. a carico del vettore per i danni al viaggiatore opera quando sia provato il nesso causale tra sinistro e l'attività del vettore in esecuzione del trasporto, restando viceversa detta presunzione esclusa quando sia accertata la mancanza di una colpa in capo al vettore.

Al vettore, quindi, spetterà l'onere di fornire la prova positiva di aver adottato tutti i mezzi idonei atti a salvaguardare l'incolumità dei passeggeri.

Nel caso specifico del trasporto pubblico urbano, l'onere – seppur gravemente gravoso – potrebbe essere superato allegando e provando di aver attuato una gestione del trasporto affidabile sul piano della sicurezza tramite (i) una condotta di guida dei mezzi che tenga conto della situazione di fisica instabilità delle persone trasportate (donde il divieto di brusche accelerazioni e di immotivate brusche frenate) ovvero (ii) di una disciplina regolamentare dei passeggeri, facilmente fruibile, in entrata e in uscita durante le fermate (iii) di periodici controlli sulle compatibilità tra la massa dei passeggeri trasportati e la effettiva capienza del veicolo, (iv) l'effettiva vigilanza sulla osservanza, da parte dei passeggeri, delle regole di condotta (in questo senso cfr. Cass. civ., n. 4482/2009).

Ma la presunzione di colpa stabilita dall'art. 1681 c.c. e dal primo comma dell'art. 2054 c.c. a carico del vettore può essere superata anche indirettamente quando il sinistro è attribuibile al fatto stesso del viaggiatore, dal quale il vettore ha ragione di pretendere un minimo di diligenza, prudenza e senso di responsabilità. Trattandosi, infatti, di un bene a fruizione collettiva ciò impone al passeggero un comportamento accorto e prudente e rispettoso dei regolamenti e delle ordinarie regole di diligenza (cfr. Cass. civ. n. 1034/1964).

Infatti, “la presunzione di responsabilità a carico del vettore, ai sensi dell'art. 1681 c.c. e art. 409 cod. nav., opera quando sia provato il nesso causale tra il sinistro occorso al viaggiatore e l'attività del vettore nell'esecuzione del trasporto, restando esclusa quando sia accertata la mancanza di una sua colpa, come quando il predetto sinistro sia dovuto al fatto stesso del viaggiatore, dal quale il vettore ha ragione di pretendere un minimo di diligenza, prudenza e senso di responsabilità nella salvaguardia della propria incolumità (Cass. civ. sez. III, n. 3285/2006).

Pertanto, l'indagine che dovrà essere svolta dal vettore e dalla sua compagnia assicurativa sin dalla fase iniziale della gestione del sinistro dovrà essere volta a verificare l'adozione delle minime norme di (normale) prudenza da parte del danneggiato.

Così, ad esempio, si potrà sostenere l'inosservanza delle norme de qua “laddove se ne è rilevata la mancata debita desistenza dal salire sull'autobus, non essendole consentito l'accesso alla piattaforma per l'affollamento di altri passeggeri, e così la mancata rinuncia al viaggio, riscendendo a terra, che si imponeva alla Virzì allorché non poteva liberare l'area di scorrimento delle portiere per la sosta sul primo gradino, dovendosi riconoscere che la prova liberatoria incombente sul vettore in ordine all'approntamento di mezzi idonei a salvaguardare l'incolumità del passeggero con normale diligenza, non può escludere un ragionevole affidamento anche su un minimo di prudenza e di senso di responsabilità da parte di quest'ultimo” (Cass. civ. sez. III, n. 2020/1994).

Anche la giurisprudenza territoriale sembra fare buon governo dei principi summenzionati.
Qualche mese fa, ad esempio, il Tribunale capitolino ha avuto modo di ricordare che “in tema di trasporto di persone, è esclusa la presunzione di responsabilità posta dagli artt. 1681 e 2054 c.c. a carico del vettore per i danni al viaggiatore quando sia accertata la mancanza di una colpa in capo al vettore, come nel caso in cui il sinistro venga attribuito al fatto del viaggiatore” (Trib. Roma sez. XIII, sent. 30 novembre 2021, n. 18735).

Il comportamento imprudente del terzo viene positivamente valutato dalla Giurisprudenza di merito quale elemento da solo idoneo ad interrompere il nesso causale e tale da far venir meno la presunzione di responsabilità ex art. 1681 c.c.: “D'altra parte anche applicando le coordinate normative e giurisprudenziali di cui all'art. 1681 c.c., deve ritenersi operativa la presunzione di colpa del vettore sole ove provata la sussistenza del nesso causale tra l'evento trasporto e la caduta, ben potendo lo stesso comportamento imprudente dell'utente determinare ex se il fatto ed interrompere pertanto tale nesso causale.

Invero, trattandosi di bene a fruizione collettiva, il principio di autoresponsabilità impone al fruitore del servizio, comunque, un comportamento accorto e cauto nel rispetto dei regolamenti e delle ordinarie regole di diligenza, al fine di evitare danni. Nel caso di specie nessuno dei tre testimoni escussi ha assistito direttamente alla caduta della C., mancando di conseguenza proprio la prova che al momento del fatto parte attrice si stesse sorreggendo agli appositi sostegni di guisa da non perdere l'equilibrio al momento dell'avvicinamento della fermata” (Tr. Roma, sez. XIII, sent. n. 71803/2013).

La diminuzione del danno ex art. 1227 c.c.

Infine, si rileva che se il comportamento del trasportato non è idoneo da solo ad indentificare un esempio di caso fortuito che esclude la presunzione di responsabilità del vettore, questo comunque può assumere rilievo ai sensi dell'art. 1227 c.c. per diminuire il risarcimento.

Infatti, la presunzione di responsabilità posta a carico del vettore ex art. 1681 c.c. per i sinistri che colpiscono il viaggiatore durante il trasporto non opera in contrasto con la disciplina dell'art. 1227 c.c., non precludendo perciò l'accertamento del concorso di colpa del danneggiato: “Nel caso di specie il giudice di merito ha accertato il concorso di colpa di M.C. per non avere la stessa fatto uso dei supporti di sicurezza installati a bordo del bus al fine di tutelare i passeggeri che viaggiavano in piedi e per non aver tenuto un comportamento compatibile con le condizioni del viaggio, al fine di tutelare la propria incolumità fisica”. (Cass. civ., sez. III sent. n. 22603/2013).

In conclusione, si può ritenere che nel contratto di trasporto di persone, il viaggiatore danneggiato ha l'onere di provare, oltre all'esistenza ed all'entità del danno, il nesso esistente tra il trasporto e l'evento dannoso, mentre incombe al vettore, al fine di liberarsi della presunzione di responsabilità posta a suo carico dall'art. 1681 e dall'art. 2054, primo comma, c.c. la dimostrazione che l'evento dannoso era imprevedibile e non evitabile usando la normale diligenza, fermo restando la possibilità che l'eventuale condotta colposa del danneggiato assuma rilievo ai sensi dell'art. 1227 c.c. per invocare la diminuzione del danno.

Il caso particolare dei mezzi circolanti su rotaie

Menzione a parte meritano i casi in cui il sinistro veda coinvolto un mezzo circolante su rotaia. In caso in cui il sinistro veda coinvolto un tram, infatti, la presunzione stabilita dall'art. 2054, comma 1°, c.c. ai fini della valutazione delle responsabilità del conducente del veicolo coinvolto viene meno, dovendosi applicare al caso concreto la disciplina generale del risarcimento da fatto illecito ex art. 2043 c.c.

Con la conseguenza che graverà sull'attore danneggiato il relativo onere di prova (Cfr. Cass. civ., sez. III, n. 11192/2015).

Secondo la Suprema Corte, infatti, il dispositivo del primo comma dell'art. 2054 c.c., facendo espresso riferimento alla guida del veicolo “senza guida di rotaie”, esclude che la fattispecie possa essere estesa ai mezzi circolanti su rotaia. Spetterà quindi al danneggiato provare gli elementi costituitivi del fatto illecito, del danno ingiusto e del nesso di causalità tra il fatto e il danno oltre alla colpevolezza dell'agente e dell'imputabilità del fatto lesivo.

Conclusioni

In tema di trasporto di persone la presunzione di responsabilità posta dagli artt. 1681 e 2054, comma 1°, c.c. a carico del vettore per i danni subiti al viaggiatore opera quando il danneggiato provi il nesso causale tra il sinistro e l'attività del vettore in esecuzione del trasporto, restando viceversa detta presunzione esclusa quando il vettore provi di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.

La presunzione di responsabilità del vettore può essere superata sia fornendo la prova positiva di essersi attenuto al grado di gestione esigibile in ragione dell'attività professionale esercitata, sia indirettamente, quando si provi che il fatto che ha determinato direttamente l'evento sia stato posto in essere da un terzo ovvero dallo stesso passeggero.

La condotta del passeggero, qualora non sia così abnorme da poter essere letta quale causa eziologicamente efficiente a produrre l'evento, può rilevare ai fini della diminuzione del risarcimento ex art. 1227, comma 1°, c.c.

Discorso a parte, invece, meritano i sinistri che vedano coinvolto un tram perché secondo la Suprema Corte la presunzione di responsabilità di cui all'art. 2054, primo comma, c.c. non è applicabile ai mezzi circolanti su rotaie. In questo caso opera la disciplina generale del risarcimento ex art. 2043 c.c. e graverà sul danneggiato il relativo onere di provare gli elementi costitutivi del fatto illecito.

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