L'impugnazione del decreto di liquidazione del compenso dell'ausiliario del g.e.

15 Settembre 2022

La nota tratta il tema della natura (e dei conseguenti rimedi impugnatori) dei provvedimenti con i quali il giudice dell'esecuzione liquida i compensi ai professionisti delegati.
Massima

Il decreto di liquidazione del compenso in favore del notaio delegato per la vendita, nell'ambito della procedura esecutiva immobiliare, ha natura giurisdizionale e non amministrativa e, pertanto, può essere modificato solo a seguito di opposizione ex art. 170 del d.P.R. 115/2002, mentre non può essere revocato d'ufficio.

Il caso

La pronuncia n. 36340/2021 in commento si segnala per il pur sintetico richiamo di alcuni principi cardine in tema di provvedimento che liquida il compenso degli ausiliari del giudice dell'esecuzione.

Nel caso affrontato dalla Corte il giudice dell'esecuzione aveva liquidato il compenso al delegato e poi, senza alcuna formale istanza, aveva revocato il proprio provvedimento e proceduto ad una nuova liquidazione. Il Presidente del Tribunale, adìto dal creditore ai sensi dell'art.170 d.P.R. 115/2002 (T.U. spese di giustizia) aveva confermato il provvedimento, sembra di capire ritenendo la decisione come motivata dall'errore che viziava il precedente provvedimento e del “buon senso”. Inoltre lo stesso aveva respinto l'istanza di integrazione del contraddittorio nei confronti del debitore e dell'aggiudicatario.

La questione

E' evidente che la questione attiene alla possibilità di procedere alla revoca di un decreto di pagamento in favore dell'ausiliare, il che dipende dalla natura stessa – se meramente amministrativa o decisoria – del provvedimento di liquidazione. Con l'occasione pare a chi scrive opportuno anche procedere ad una verifica in ordine alla tipologia degli strumenti impugnativi utilizzabili avverso il provvedimento, e ciò selezionandoli partendo dal petitum dell'impugnazione.

Le soluzioni giuridiche

Come noto spetta al giudice dell'esecuzione la liquidazione dei compensi in favore dei propri ausiliari, in base al principio generale per cui la liquidazione compete esclusivamente al giudice che ha nominato gli stessi e presiede al procedimento in cui si esplica la relativa attività.

In linea di principio la decisione della S.C. è interessante anzitutto laddove, nel solco di un orientamento ormai piuttosto consolidato, afferma la natura decisoria del provvedimento che liquida l'ausiliare.

Tale natura discende dal fatto che il provvedimento in parola dirime un virtuale conflitto di interessi ed incide su posizioni di diritto soggettivo (Cass. n. 11662/1998, la quale pur riferita alla liquidazione del compenso di un commissario giudiziale in ambito di concordato preventivo, esprime un principio applicabile anche alla fattispecie dell'ausiliare del giudice dell'esecuzione).

In tal senso l'orientamento del S.C. è costante nel tempo (cfr. ex multis Cass. n. 22010/2007).

Dunque la decisorietà del provvedimento sottrae il decreto di liquidazione al principio della generale revocabilità di cui all'art. 177 c.p.c., proprio invece dei provvedimento ordinatori non soggetti ad impugnazione o reclamo (del pari sarebbero sempre liberamente revocabili i provvedimenti di natura latamente amministrativa dallo stesso emanati).

Si sottrae dunque il nostro provvedimento anche al potere di revoca, finché il provvedimento non abbia avuto esecuzione, proprio degli atti del giudice dell'esecuzione, di cui all'art. 487 c.p.c.

Non è invece pertinente alla nostra materia l'altro principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità (ancora Cass. n. 11662/1998), della definitività del provvedimento di liquidazione, posto che nel caso del decreto di pagamento in favore degli ausiliari esiste – a differenza del decreto di liquidazione in materia concorsuale, cui la appena richiamata pronuncia si riferiva espressamente – uno strumento impugnatorio specifico, rappresentato appunto dall'opposizione a decreto di pagamento di cui all'art.170 d.P.R. 115/2002. Peraltro tale differenza non incide minimamente sul potere di revoca, ed anzi rafforza la conclusione circa la natura decisoria del provvedimento.

Osservazioni

Una volta disposta la liquidazione dunque, si consuma definitivamente in capo al g.e. il relativo potere, con la conseguenza che unico rimedio esperibile è costituito dall'opposizione prevista dall'art. 170 d.P.R. 115/2002, salvo quanto si dirà infra, escludendosi che il giudice possa, d'ufficio o su richiesta o anche sollecitazione della parte, procedere non solo alla revoca, ma anche alla modifica dello stesso.

La consumazione del potere opera peraltro non solo in ipotesi di suo esercizio, ma a maggior ragione quando il processo esecutivo si sia concluso, per estinzione o per altro, senza che il giudice abbia provveduto.

In proposito merita a parere di chi scrive tuttora consenso la decisione che ha stabilito che la liquidazione del compenso agli ausiliari del giudice, dovendo essere effettuata dal giudice davanti al quale il processo pende, una volta dichiarata l'estinzione del processo va esclusa, essendo venuto meno anche qui il relativo potere. A quel punto infatti, non tanto il professionista perde il diritto al compenso, ma per ottenerlo dovrà promuovere un autonomo giudizio ordinario o per ingiunzione (Cass. n. 18204/2008), quest'ultimo possibile peraltro soprattutto ove esista una tabella per la esatta determinazione dei compensi formulata dal tribunale

Precisa la stessa giurisprudenza peraltro che in tal caso, la liquidazione ciononostante effettuata dal giudice dopo l'estinzione del processo è viziata ma non costituisce un provvedimento abnorme, e dunque è reclamabile entro venti giorni dinanzi al capo dell'ufficio cui appartiene il giudice che l'ha pronunciato, mentre non è ricorribile per cassazione "ex" art. 111 della Costituzione.

Soluzione che appare praticabile anche nel caso che occorre, di improprio esercizio del potere di liquidazione consumato in corso di processo.

Pare invece extra ordinem la soluzione “pratica” talora adottata dai provvedere all'estinzione con “riserva” di stabilire in un secondo tempo alla liquidazione, magari in attesa della relativa istanza. Il tutto infatti avverrebbe a processo estinto da parte di un giudice che non è più assegnatario della causa, laddove il potere di liquidazione dopo la chiusura è limitata è attribuito da norme di natura eccezionale, come quella prevista in sede di fallimento in caso di revoca, tra l'altro limitandolo alla mera liquidazione (senza dunque ordine di pagamento).

Quanto ai rimedi avverso il decreto di liquidazione, va sottolineato che gli stessi non sono costituiti sempre e comunque dall'opposizione ex art. 170 d.P.R. 115/2002.

A parte l'ipotesi della liquidazione in sede fallimentare, soggetta al ricorso in Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost. (cfr. per tutte Cass. n. 1394/2019), il ricorso al rimedio di cui all'art.170, esperibile nel termine perentorio di trenta giorni, si applica nel solo caso in cui vengano in rilievo questioni attinenti al "quantum" della liquidazione.

Viceversa, laddove le contestazioni attengano all'individuazione della parte tenuta al relativo pagamento, o la stessa sussistenza del potere del giudice di procedere alla liquidazione dei compensi per motivi inerenti allo svolgimento o all'esito della procedura, ma aggiungerei sempre se esiste il collegamento della liquidazione con un provvedimento che definisce il processo, si dovranno utilizzare strumenti differenti, ed in particolare: 1) il reclamo ex art. 630 c.p.c. per contestare i provvedimenti di estinzione (per causa tipica) e quelli consequenziali (emessi contestualmente o successivamente) aventi ad oggetto la regolamentazione e la liquidazione delle spese del processo estinto nei rapporti tra le parti dello stesso; 2) l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. per contestare i provvedimenti dichiarativi della improcedibilità o di chiusura anticipata del processo esecutivo, nonché i provvedimenti consequenziali adottati dal giudice, compresi quelli inerenti alla liquidazione delle spese (Cass. n. 21874/2021).

In altri termini è la tipologia del provvedimento che definisce il procedimento esecutivo (appunto di estinzione o improcedibilità) – dal quale discende e consegue il provvedimento liquidatorio - a definire anche la natura del rimedio impugnatorio da utilizzarsi, se si discuta appunto del soggetto obbligato al relativo pagamento o, appunto, della possibilità stessa di procedere alla liquidazione, mentre lo strumento previsto dal testo unico è riservato all'ipotesi in cui si ponga in discussione l'entità della liquidazione.

L'ipotesi affrontata dalla decisione in commento era nella specie prospettata come inerente il quantum (la seconda liquidazione era decisamente più elevata della prima) in relazione poi alla precedente alla revoca, ma senza alcun legame con un provvedimento di definizione del processo, e dunque si giustifica il ricorso allo strumento di cui all'art.170 più volte richiamato.

A proposito delle questioni in ordine al soggetto tenuto al pagamento, nella giurisprudenza di merito, sebbene il caso non sia mai stato affrontato in provvedimenti editi, è spesso oggetto di contestazione che il provvedimento di estinzione per rinuncia comporti (non solo il definitivo carico ma anche) l'emissione del decreto di liquidazione nei confronti del solo creditore rinunciante (anziché in via solidale di tutti, che così sarebbero tutti tenuti nei riguardi dell'ausiliare) - facendosi richiamo al principio di cui all'art. 306 c.p.c. come richiamato dall'art. 629 stesso codice - sebbene appaia evidente che debba essere così proprio in relazione alla stessa natura del processo esecutivo ove la sua attività non in favore di entrambe le parti, ma del solo creditore il cui diritto doveva essere coattivamente realizzato. Infatti avendo egli rinunciato alla tutela coattiva del credito, non potrà che subire l'onere del compenso dell'ausiliare (evidente la differenza col caso del processo di cognizione in cui il consulente d'ufficio svolge un'attività di interpretazione tecnica del materiale probatorio in favore di entrambe le parti).

Proprio la richiamata posizione delle parti nell'ambito del processo esecutivo comporta che la soluzione sia spesso del tutto simile anche nelle altre ipotesi di estinzione del processo.

Va poi chiarito che i principi sopra esposti si applicano a tutti gli ausiliari del giudice, dunque delegato, esperto e custode (cfr. in tal senso Cass. n. 9048/2020).

Dai principi espressi dall'orientamento di cui l'ordinanza in commento è espressione, si ricava anche la fondatezza della decisione in base alla quale, in caso di omessa comunicazione del decreto di liquidazione del compenso spettante all'ausiliario, quest'ultimo dovrà far ricorso al procedimento monitorio (o ad azione ordinaria) per munirsi di un titolo esecutivo, e il creditore potrà contestare secondo le regole ordinarie, non solo l'"an" ma anche il "quantum" del credito azionato perché, in assenza di una valida comunicazione del menzionato decreto, non decorre il termine previsto dall'art. 170 del d.P.R. 115/2002 (Cass. n. 2703/2019).

Sempre dai principi suesposti, e questa volta in particolare dal carattere giurisdizionale del provvedimento liquidatorio, si trae la conseguenza che in realtà il titolo esecutivo costituito dal decreto di pagamento, nonostante alcune incertezze talora avutesi in giurisprudenza, deve essere qualificato come titolo giudiziale, con tutte le conseguenze in tema di sua limitata contestabilità in sede esecutiva.

Sotto il profilo delle questioni pregiudiziali poi, appare corretta la decisione del tribunale, non affrontata poi per evidenti ragioni dal S.C. nella propria ordinanza, in quanto il contraddittorio nel giudizio di opposizione di cui all'art. 170 cit. non deve essere esteso al debitore e tantomeno all'aggiudicatario, dal momento che gli unici soggetti interessati sono l'ausiliare, rispetto al quale il decreto di liquidazione costituisce titolo esecutivo utile per la relativa riscossione coattiva, e il creditore obbligato.

Riferimenti
  • Costa, voce Custodia di beni sequestrati o pignorati, in ED, XI, Milano, 1964, 564 ss;
  • Montanaro, Artt. 559-560, in AA.VV., Commentario alle riforme del processo civile, a cura di Briguglio e Capponi, 2007, 288;
  • Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, 2019, 1500 ss;
  • Ghedini - Crivelli - Mazzagardi, Il custode e il delegato alla vendita nel processo esecutivo immobiliare, 2021, 212 ss; 270 ss.;
  • Cass. 19 novembre 1998, n. 11662, in Fall., 1999, 1098;
  • Cass. 19 ottobre 2007, n. 22010;
  • Cass. 3 luglio 2008, n. 18204;
  • Cass. 18 gennaio 2019, n. 1394 (ord.);
  • Cass. 30 gennaio 2019, n. 2703;
  • Cass. 18 maggio 2020, n. 9048 (ord.);
  • Cass. 30 luglio 2021, n. 21874.

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