Illegittimo allontanare l'imputato dall'aula in caso di rinnovazione istruttoria anche se non ha chiesto la trattazione orale

15 Settembre 2022

La questione affrontata dalla Suprema Corte involge il tema del diritto al contraddittorio, inteso quale declinazione del diritto di difesa oggetto di tutela costituzionale in relazione alla norma fondamentale di cui all'art. 24 Cost.
Massima

Nel giudizio penale di appello celebrato nella vigenza dell'art. 23 del d.l. 9 novembre 2020, n. 149 (abrogato a far data dal 24/12/2020), ove sia stata disposta la rinnovazione dell'istruttoria in accoglimento della richiesta della parte civile, è consentita la presenza in udienza dell'imputato, sicché è affetta da nullità a regime intermedio per violazione del diritto di intervento ex art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p. la sentenza emessa a seguito del provvedimento presidenziale che abbia disposto l'allontanamento dall'aula del predetto.

Il caso

Il giudice di appello, nel riformare la sentenza assolutoria di primo grado per mancanza dell'elemento psicologico del reato di violenza sessuale (art. 609-bis c.p.), accoglieva l'appello della parte civile, condannando l'imputato al risarcimento del danno, da liquidarsi in separata sede, concedendo una provvisionale immediatamente esecutiva.

Ricorrendo in Cassazione, la difesa dell'imputato si doleva della violazione del diritto di difesa, sotto il profilo del diritto al contraddittorio. Più nello specifico, all'udienza fissata per la rinnovazione dell'istruttoria disposta su richiesta di parte civile, il Presidente del collegio aveva ordinato all'imputato di allontanarsi dall'aula, non avendo richiesto di presenziarvi né personalmente né mediante il difensore ai sensi dell'art. 23 d.l. n. 149/2020.

Il provvedimento di allontanamento, secondo la difesa, era dunque da ritenersi viziato da nullità intermedia ex art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p. in quanto aveva impedito l'intervento dell'imputato e la sua partecipazione al processo.

In tal senso, sosteneva la difesa, l'art. 23 d.l. n. 149/2020, poi abrogato dall'art. 1, comma 2 l. n. 176/2020, prevedeva che il procedimento d'appello venisse trattato in camera di consiglio e senza l'intervento del P.G. e dei difensori, salvo richiesta, ma solo al di fuori dei casi di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale.

La Suprema Corte, nell'operare la ricognizione della disciplina normativa applicabile, ha ritenuto fondato il ricorso, annullando la sentenza d'appello con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello.

La questione

La questione involge il tema del diritto al contraddittorio, inteso quale declinazione del diritto di difesa oggetto di tutela costituzionale in relazione alla norma fondamentale di cui all'art. 24 Cost.

Ha diritto l'imputato che non abbia chiesto la trattazione orale del processo, in virtù della disciplina “antiCOVID”, ad essere presente nel giudizio d'appello in cui è stata disposta la rinnovazione istruttoria a seguito del ribaltamento della sentenza assolutoria di prima grado?

Ulteriori questioni collegate a quella principale:

In caso affermativo, di che tipo di nullità si tratta?

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione, nella vicenda in esame, ha ritenuto fondate le argomentazioni difensive.

In particolare, i Supremi Giudici hanno rilevato come nel testo in vigore dal 9 novembre 2020 al 24 dicembre 2020, l'art. 23 d.l. n. 149/2020 (Disposizioni per la decisione dei giudizi penali di appello nel periodo di emergenza epidemiologica da COVID-19) prevedeva che: «1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui al d.l. n. 19/2020, all'art. 1, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 35/2020, fuori dai casi di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, per la decisione sugli appelli proposti contro le sentenze di primo grado la corte di appello procede in camera di consiglio senza l'intervento del pubblico ministero e dei difensori, salvo che una delle parti private o il pubblico ministero faccia richiesta di discussione orale o che l'imputato manifesti la volontà di comparire.

2. Entro il decimo giorno precedente l'udienza, il pubblico ministero formula le sue conclusioni con atto trasmesso alla cancelleria della corte di appello per via telematica ai sensi dell'art. 16, comma 4 d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221/2012, o a mezzo dei sistemi che saranno resi disponibili ed individuati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati. La cancelleria invia l'atto immediatamente, per via telematica, ai sensi dell'art. 16, comma 4 d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l'udienza, possono presentare le conclusioni con atto scritto, trasmesso alla cancelleria della corte d'appello per via telematica, ai sensi dell'art. 24 d.l. n. 137/2020. 3. Alla deliberazione la corte di appello procede con le modalità di cui all'art. 23, comma 9 d.l. n. 137/2020. Il dispositivo della decisione è comunicato alle parti. 4. La richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal pubblico ministero o dal difensore entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell'udienza ed è trasmessa alla cancelleria della corte di appello attraverso i canali di comunicazione, notificazione e deposito rispettivamente previsti dal comma 2. Entro lo stesso termine perentorio e con le medesime modalità l'imputato formula, a mezzo del difensore, la richiesta di partecipare all'udienza. 5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei procedimenti nei quali l'udienza per il giudizio di appello è fissata entro il termine di quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 6. In deroga alla disposizione di cui al comma 4, nei procedimenti nei quali l'udienza è fissata tra il sedicesimo e il trentesimo giorno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la richiesta di discussione orale o di partecipazione dell'imputato all'udienza è formulata entro il termine perentorio di cinque giorni dall'entrata in vigore del presente decreto».

La l. 18 dicembre 2020, n. 176 ha disposto (con l'art. 1, comma 2) che «Il d.l. n. 149/2020, il d.l. n.154/2020 e il d.l. n. 157/2020, sono abrogati. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimid.l. 9 novembre 2020, n. 149, d.l. 23 novembre 2020, n. 154 e d.l. 30 novembre 2020, n. 157».

Il Supremo Collegio unite si è soffermato dunque sul contenuto della norma applicabile (ed applicata) al caso di specie, osservando come il caso della rinnovazione dell'istruzione dibattimentale costituiva dunque un'eccezione alla trattazione cartolare; la norma, dunque, contrariamente a quanto disposto dalla Corte di appello, consentiva all'imputato di essere presente al processo.

In questo senso, pertanto, il Presidente del collegio di appello aveva erroneamente disposto l'allontanamento l'imputato dall'aula ed aveva dunque violato il diritto dell'imputato ad essere presente ed a partecipare al processo a suo carico, per altro nell'udienza in cui si era proceduto alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale ex art. 603 c.p.p.

La risposta allo specifico quesito sottoposto ad esame è stata pertanto la seguente:

«nel giudizio penale di appello celebrato nella vigenza dell'art. 23 del d.l. 9 novembre 2020, n. 149 (abrogato a far data dal 24/12/2020), ove sia stata disposta la rinnovazione dell'istruttoria in accoglimento della richiesta della parte civile, è consentita la presenza in udienza dell'imputato, sicché è affetta da nullità a regime intermedio per violazione del diritto di intervento ex art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p. la sentenza emessa a seguito del provvedimento presidenziale che abbia disposto l'allontanamento dall'aula del predetto».

Al contempo la Suprema Corte ha affrontato un'ulteriore questione, definendola sulla base di corollari del principio affermato.

Tale questione riguarda in particolare l'individuazione delle conseguenze della violazione del diritto al contraddittorio nel caso di accertata lesione del diritto di difesa per l'erroneo allontanamento dell'imputato dall'aula di udienza.

Orbene, prendendo le mosse dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite (Cass. pen., sez. un., n. 35399/2010, F., CED Cass. 247836-01; Cass. pen. sez. un., n. 7635/2021, Costantino, CED Cass. 282806 - 01), la S.C. ha ricordato che il diritto alla partecipazione al processo è una declinazione del più generale diritto al contraddittorio nella dimensione dell'oralità, che trova la sua matrice sia nell'art. 111 Cost., che nell'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti umani. Di conseguenza, la violazione del diritto dell'imputato di essere presente e partecipare al processo a suo carico concretizza una nullità assoluta ed insanabile.

Osservazioni

Sono di particolare rilevanza alcuni aspetti sottesi al ragionamento della Suprema Corte nella decisione in esame:

  • La riaffermazione del diritto dell'imputato ad essere presente in udienza quale espressione del diritto al contraddittorio
  • La natura giuridica della nullità, come assoluta ed insanabile, derivante dalla mancata partecipazione all'udienza.

In relazione a tali argomenti, possono svolgersi alcune precisazioni a margine.

Il diritto al contraddittorio è riconosciuto sia a livello costituzionale (art. 111, Cost.) che a livello sovranazionale (art. 6 CEDU; artt. 47 e 48, Carta dei diritti fondamentali UE). In ambito penale, ogni persona accusata di un reato ha diritto a partecipare al giudizio per dimostrare la propria innocenza. In sintesi: il principio del contraddittorio si traduce nell'inviolabile diritto di partecipare al procedimento nel quale si ha un interesse diretto. Questo consente di convenire con l'approdo cui è pervenuta la sentenza della Cassazione nella vicenda qui esaminata, posto che la normativa emergenziale applicata nel periodo della pandemia cui si è fatto dianzi riferimento (e che ancora oggi trova applicazione, nel processo penale, almeno fino al 31 dicembre 2022, per effetto dell'art. 16, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, conv. dalla l. 25 febbraio 2022 n. 15), è stata ispirata, per esigenze riconnesse alla tutela della salute pubblica, alla necessità temporanea di limitare l'esplicazione del contraddittorio in forma orale, sostituendolo con una disciplina fondata sul contraddittorio cartolare che, tuttavia, è destinata a cedere di fronte all'esigenza di assicurare la partecipazione effettiva al processo nei casi, come quello esaminato di rinnovazione istruttoria dibattimentale in appello ex art. 603 c.p.p., in cui il contraddittorio nella formazione della prova si pone come imprescindibile al fine di garantire la piena esplicazione del diritto di difesa.

In secondo luogo, è assolutamente da condividersi la scelta, cui è pervenuta la Cassazione nel caso qui esaminato, di qualificare le conseguenze derivanti dalla violazione del diritto alla partecipazione del processo in termini di nullità assoluta ed insanabile. Ed invero, posto che l'art. 178, lett. c), c.p.p., qualifica come nullità di ordine generale l'osservanza delle disposizioni concernenti “l'intervento….dell'imputato”, il riferimento alla natura assoluta di tale nullità discende con immediata evidenza dal successivo art. 179 c.p.p. Tale soluzione, del resto, è stata fatta propria dalla giurisprudenza di legittimità che, ad esempio, ha, ritenuto che l'erronea indicazione della data dell'udienza nel decreto di citazione a giudizio notificato all'imputato determina una nullità di ordine generale, afferente all'intervento dell'imputato, che non può essere sanata dalla regolare notifica del decreto al suo difensore e dalla partecipazione dello stesso al giudizio (Cass. pen., sez. I, n. 37046/2010, CED Cass. 248575 – 01) o, ancora, con particolare riferimento alla disciplina emergenziale da pandemia COVID-19, ha affermato, in linea con la decisione qui commentata, che nel giudizio cartolare d'appello, è legittima la richiesta di partecipazione all'udienza formulata personalmente dall'imputato detenuto - e non a mezzo del difensore - non essendo sanzionata con l'inammissibilità o con l'irricevibilità la difformità dal modello legale di cui all'art. 23-bis, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. con modificazioni della legge 18 dicembre 2020 n. 176, sicché il mancato accoglimento della richiesta determina la nullità dell'udienza e della conseguente sentenza per violazione del diritto alla partecipazione, quale garanzia del giusto processo ex artt. 111 Cost. e 6, comma 3, lett. c), d) ed e), Convenzione EDU (Cass. pen., sez. VI, n. 15139/2021, CED Cass. 283143 – 01).

Riferimenti
  • Mangiaracina, Prove tecniche per la “soppressione” del giudizio di appello? in Arch. pen. (web), 15 novembre 2020;
  • Rafaraci, Nullità (dir. proc. pen.), in Enc. Dir., II Agg., Giuffrè, 1998.

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