La valutazione complessiva delle componenti del danno non patrimoniale

Giuseppe Davide Giagnotti
23 Settembre 2022

Il danno biologico è la lesione dell'integrità psico-fisica della vittima, comprensiva delle alterazioni psico-fisiche, sia temporanee che permanenti e della loro incidenza sullo svolgimento delle funzioni della vita e sugli aspetti dinamico-relazionali. Esso viene accertato mediante criteri medico-legali e valutato in punti percentuali di invalidità permanente, il cui valore monetario cresce proporzionalmente al crescere della percentuale d'invalidità.

Al fine della liquidazione unitaria del danno biologico, il danno da invalidità permanente e quello da invalidità temporanea, ovvero l'inabilità temporanea totale o parziale, devono essere oggetto di autonoma valutazione. La liquidazione complessiva del danno non patrimoniale, invece, dev'essere effettuata tenendo conto delle sofferenze morali soggettive, patite dalla vittima del sinistro.

Con la sentenza n. 27380, depositata il 19 settembre 2022, la Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, ha affrontato il tema dei criteri di liquidazione e quantificazione del danno biologico e precisamente il quesito se le conseguenze anatomo-fisiologiche della lesione della salute debbano essere tenute in considerazione, nella determinazione del grado percentuale di invalidità permanente o della personalizzazione del risarcimento.

Il fatto. All'origine della fattispecie processuale c'è l'investimento di un pedone, da parte di un'autovettura e il conseguente procedimento giudiziale, instaurato inizialmente dalla vittima e dopo il suo decesso, proseguito dai suoi eredi, per ottenere il riconoscimento e la conseguente liquidazione di tutti i danni, patrimoniali e non.

In primo grado gli attori vedevano rigettata la propria domanda, per carenza di prova sull'an. tale pronuncia veniva da essi impugnata, innanzi alla corte d'appello, che riformava la sentenza di primo grado, accogliendo parzialmente le richieste risarcitorie degli attori, ma liquidandole sulla scorta di una valutazione parziale del danno biologico, operata in primo grado dal nominato CTU.

Avverso la sentenza di secondo grado gli eredi del pedone investito proponevano ricorso, innanzi alla Corte di Cassazione.

L'evoluzione della nozione unitaria di danno non patrimoniale. La Terza Sezione della Corte ha costruito il proprio ragionamento partendo dal presupposto che la nozione unitaria di danno non patrimoniale, elaborata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26972/2008, al fine di evitar le duplicazioni risarcitorie, si è nel tempo evoluta e pur mantenendo la finalità iniziale, ha recuperato le varie componenti del danno non patrimoniale, con le loro autonome caratteristiche e con i loro autonomi criteri risarcitori.

La struttura del danno biologico e di quello non patrimoniale. Il principio di diritto, richiamato dalla Corte, afferma che il danno biologico è la lesione dell'integrità psico-fisica subita da una persona, comprensiva delle alterazioni psico-fisiche, temporanee o permanenti e della loro incidenza sullo svolgimento delle funzioni della vita e sugli aspetti dinamico-relazionali. Esso viene accertato mediante criteri medico-legali e valutato in punti percentuali di invalidità permanente, il cui valore monetario cresce proporzionalmente al crescere della percentuale d'invalidità.

Al fine della liquidazione unitaria del danno biologico, il danno da invalidità permanente e quello da invalidità temporanea, ovvero l'inabilità temporanea totale o parziale, devono essere oggetto di autonoma valutazione. La liquidazione complessiva del danno non patrimoniale, invece, dev'essere effettuata tenendo conto delle sofferenze morali soggettive, patite dalla vittima del sinistro.

La valutazione autonoma della componente dinamico-relazionale. Secondo la Corte, la nozione unitaria di danno biologico comprende sia le alterazioni nella fisiologia della vittima del sinistro, sia le conseguenze che queste ultime hanno, nel compimento di atti ella vita quotidiana. Pertanto, le conseguenze di una lesione particolarmente grave o complessa devono essere valutate unitariamente e confluire nella quantificazione della percentuale di invalidità permanente, che si fonda tanto sull'apprezzamento medico degli esiti fisici permanenti, quanto sulle conseguenti limitazioni nella vita della persona.

La componente dinamico-relazionale del danno biologico, quindi, dev'essere valutata autonomamente, dal punto di vista medico ed essere inglobata all'interno del danno biologico e non può essere appiattita all'interno della liquidazione del danno morale, inteso come dolore e sofferenza psicologica scaturenti dalla lesione subita.

Il danno morale soggettivo, dal canto suo, dev'essere oggetto di un'autonoma valutazione e liquidazione, poiché ontologicamente differente dal danno biologico e non suscettibile di accertamento medico-legale, dato che la sofferenza interiore del danneggiato non può incidere soltanto sulla personalizzazione del danno biologico (sentenze n. 27482/2018, 7126/2021 e 9006/2022).

(Fonte: dirittoegiustizia.it)

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