Prestazioni fatturate senza addebito di iva, perchè erroneamente ritenute “esenti”, e diritto di detrazione

Aurelio Cappabianca
16 Settembre 2022

Ai sensi dell'art. 168, lett. a, della direttiva 2006/112/Ce, deve essere interpretato nel senso che l'imposta sul valore aggiunto (IVA) non può ritenersi “dovuta” o “assolta” e non è, dunque, detraibile dal soggetto passivo, qualora quest'ultimo e il fornitore, a ciò indotti da un'inesatta interpretazione del diritto dell'Unione da parte delle autorità nazionali, abbiano, per errore, trattato l'intercorsa operazione come “esente” da IVA e non sia stata intrapresa, in tempo utile, alcuna iniziativa diretta al recupero dell'imposta.
Dispositivo

L'art. 168, lett. a), della direttiva 28 novembre 2006 n. 2006/112/CE del Consiglio, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (1), deve essere interpretato nel senso che l'imposta sul valore aggiunto (IVA) non può ritenersi “dovuta” o “assolta” e non è, dunque, detraibile dal soggetto passivo, se quest'ultimo e il fornitore, a ciò indotti da un'inesatta interpretazione del diritto dell'Unione da parte delle autorità nazionali, abbiano, per errore, trattato l'intercorsa operazione come “esente” da IVA (pur con espressa previsione dell'obbligo del committente di pagare l'imposta qualora l'imposta fosse risultata dovuta in merito ad alcune prestazioni), e se non sia stata intrapresa, in tempo utile, alcuna iniziativa diretta al recupero dell'IVA.

Osservazioni

La società inglese Zipvit Ltd. stipulò con Royal Mail un accordo individuale per una serie di servizi postali commerciali di spedizione. Il prezzo fu pattuito senza considerare l'IVA e, quindi, senza addebito di IVA in fattura (con una clausola che, tuttavia, obbligava la committente a pagare l'imposta, secondo “l'aliquota appropriata”, qualora l'imposta fosse risultata dovuta). Ciò sul presupposto che le prestazioni convenute dovevano considerarsi “esenti” in base alla normativa nazionale e alle linee guida dell'amministrazione finanziaria e doganale emesse in attuazione dell'art. 132, § 1 lett. a, della direttiva 2006/112/Ce (2).

Intervenuta decisione della Corte di giustizia 23 aprile 2009 in causa C-357/07, TNT Post UK, che ha puntualizzato che l'esenzione dall'Iva prevista dall'art. 132, § 1 lett. a, dir. 2006/112/Ce non si applica alle prestazioni effettuate dai servizi pubblici postali negoziate individualmente, Zipvit, postulando che i pagamenti effettuati a Royal Mail dovessero ritenersi comprensivi di IVA, ha richiesto il rimborso, a titolo di detrazione d'imposta, dei corrispondenti importi.

Esauritasi la fase amministrativa del contenzioso, con esito sfavorevole per la società contribuente, questa ha promosso ricorso giurisdizionale, respinto in primo e secondo grado. La Corte suprema del Regno unito, successivamente investita, ha promosso questione pregiudiziale, risolta dalla Corte di giustizia con l'affermazione del principio sopra riportato.

Premesso che, secondo la propria costante giurisprudenza, il diritto a detrazione previsto dagli art. 167 ss. della direttiva 2006/112 costituisce parte integrante del meccanismo dell'Iva e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni, purché ne risultino rispettati i requisiti e, in particolare, quello, previsto dall'art. 168, lett. a), della direttiva 2006/112, per cui l'IVA di cui si chiede la detrazione deve essere “dovuta o assolta” (3), la Corte di giustizia rileva che, in relazione alla fattispecie concreta, l'IVA non risultava né “assolta” né “dovuta”.

L'imposta non risultava “assolta”, giacché il contratto stipulato tra Royal Mail e Zipvit prevedeva esplicitamente che il prezzo della prestazione dei servizi postali era espresso al netto dell'Iva (con obbligo, poi, a carico di Zipvit di sostenerne il costo, ove l'imposta fosse risultata comunque dovuta), e come tale era stato fatturato; mentre Royal Mail, pur essendo nella giuridica facoltà recuperare da Zipvit l'importo dell'Iva erroneamente omessa, una volta acclarato che essa era dovuta, si era astenuta dal farlo, così come inerte era restata, ai fini del recupero, l'amministrazione finanziaria e doganale.

L'imposta non risultava nemmeno “dovuta” ai sensi dell'art. 168 lett. a) della direttiva 2006/112, giacché tale può considerarsi solo un debito tributario esigibile (4) e presuppone quindi la già intervenuta insorgenza in capo al soggetto passivo di un obbligo al versamento dell'importo IVA che intende detrarre in quanto imposta a monte (5); evenienza che non ricorre (6) quando una prestazione eseguita sia stata trattata come “esente” e, solo dopo, ne risulti la soggezione ad IVA, senza che al committente sia avanzata alcuna richiesta di versamento dell'imposta.

Nella motivazione, in dissenso dalle argomentazioni difensive di Zipvit, la Corte nega l'applicabilità alla fattispecie esaminata del criterio affermato dal precedente 7 novembre 2013 in cause riunite C-249/12 e C-250/12, Corina-Hrisi Tulică, secondo cui gli artt. 73 e 78 della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che, qualora le parti abbiano stabilito il prezzo di un bene senza nulla menzionare riguardo all'IVA e il fornitore sia la persona tenuta a versare l'imposta dovuta sull'operazione, il prezzo pattuito, nel caso in cui il fornitore non abbia la possibilità di recuperare dall'acquirente l'IVA riscossa dall'amministrazione tributaria, deve essere considerato come già comprensivo dell'imposta. Ciò perché - a differenza che nella fattispecie vagliata dal precedente (caratterizzata dall'assenza di qualsiasi indicazione in merito al fatto che il prezzo pattuito per la prestazione conglobasse o meno l'importo dovuto per l'IVA) - nel caso esaminato”, risultando per esplicito che il prezzo della prestazione era stato convenuto al netto dell'IVA, non vi era alcuna possibilità di ritenere che il prezzo fosse stato pattuito “IVA inclusa”.

Note

(1) L'art. 168 lett. a), della direttiva 2006/112/Ce recita: “Importi detraibili. Nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo ha il diritto, nello Stato membro in cui effettua tali operazioni, di detrarre dall'importo dell'imposta di cui è debitore gli importi seguenti:

a) l'IVA dovuta o assolta in tale Stato membro per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno resi da un altro soggetto passivo; …”.

(2) L'art. 132, §1 lett. a), direttiva 2006/112/Ce recita: “Esenzioni a favore di alcune attività di interesse pubblico.1. Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti: a) quando sono effettuate dai servizi pubblici postali, le prestazioni di servizi e le cessioni di beni accessori a dette prestazioni, esclusi il trasporto di persone e le telecomunicazioni; …

(3) Del resto, sul piano del diritto europeo, obbligo di riscossione e versamento dell'IVA, da un lato, e diritto alla detrazione dell'imposta, dall'altro, costituiscono le componenti di un binomio indissolubile, salvo che in carenza dei requisiti sostanziali del diritto e in ipotesi di frode (cfr. C.G.U.E. 9.12.2021, in C-154/20Kemwater ProChemie, 18 novembre 2021 in causa c-358/20, Promexor Trade , 11 novembre 2021 nella causa C‑281/20, Ferimet s.l. e C.G.U.E.).

(4) Posto che l'art. 167 della direttiva 2006/112, sotto il titolo “Diritto a detrazione” prevede che “il diritto a detrazione sorge quando l'imposta detraibile diventa esigibile”.

(5) Corte di giustizia U.e. 29 marzo 2012 in causa C-414/10, Véleclair, punto 20.

(6) Ancorché, ai sensi dell'art. 63 della direttiva 2006/112, “Il fatto generatore dell'imposta si verifica e l'imposta diventa esigibile nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi”.