Riduzione del canone di locazione commerciale da parte del conduttore durante l'emergenza da covid-19

28 Settembre 2022

Lasciata alle spalle la normativa eccezionale da Covid-19, è il momento di tornare a riflettere non solo sulla produzione giurisprudenziale che ha fornito un prezioso aiuto nella comprensione e gestione della trascorsa situazione emergenziale nazionale, ma anche a volgere uno sguardo critico sulle scelte inopportune a volte percorse da coloro che avevano in essere un contratto di locazione ad uso commerciale.
Massima

Lo scioglimento del contratto di inadempimento, salvo che la risoluzione operi di diritto, consegue ad una pronuncia costitutiva, che presuppone da parte del giudice la valutazione della non scarsa importanza dell'inadempimento stesso, avuto riguardo all'interesse dell'altra parte; in nessun caso, il conduttore è legittimato ad interrompere la corresponsione dei canoni di locazione, in quanto ciò determina automaticamente l'esposizione alla possibilità di subire una intimazione di sfratto per morosità.

Il caso

Gli istanti intimavano sfratto per morosità con riferimento ad un contratto di locazione ad uso commerciale, lamentando l'inadempimento della resistente (ristorante) all'obbligo di pagamento dei canoni di locazione da giugno 2020 a dicembre 2021, per una morosità complessiva pari ad € 189.936,20 e, conseguentemente, chiedendo la convalida dello sfratto, oltre al pagamento dei canoni maturati e maturandi sino alla data del rilascio effettivo.

Parte intimata si opponeva alla convalida e veniva disposto il mutamento del rito; non veniva emessa ordinanza provvisoria di rilascio dell'immobile locato in quanto una parte della morosità si era concretizzata durante il periodo di emergenza sanitaria da Covid-19.

Parte ricorrente insisteva, quindi, nelle proprie deduzioni, chiedendo: la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento della conduttrice, ovvero anche ex art. 1456 c.c.; la condanna al rilascio immediato dell'immobile libero da persone e cose; la condanna al pagamento dei canoni di locazione dei mesi arretrati, già dedotti gli acconti ricevuti e tenuto conto delle riduzioni apportate, oltre ai canoni a scadere e/o indennità di occupazione ex art. 1591 c.c. per ogni mese fino all'effettivo rilascio e interessi; nel denegato caso in cui la conduttrice vantasse un credito nei confronti dei locatori, chiedeva la compensazione del credito fino al pari importo.

Parte intimata si opponeva alla richiesta di risoluzione del contratto di locazione in quanto la morosità era dipesa da eventi eccezionali ed imprevedibili, determinati dalla emergenza sanitaria legata al Covid-19 e non imputabile a colpa; chiedeva la riduzione del canone di locazione e la condanna di parte ricorrente al risarcimento del danno emergente, lucro cessante e di immagine, in relazione alla presenza di ponteggi presenti da diversi mesi per il rifacimento della facciata ed insistenti sul plateatico dell'attività commerciale.

Il Tribunale, con ordinanza riservata su richiesta dei ricorrenti, emetteva ordinanza ex art. 186-quater c.p.c. disponendo l'immediato rilascio dell'immobile locato, fissando l'udienza di discussione orale della causa ex art. 281-sexies c.p.c. all'esito della quale accoglieva le domande formulate dai ricorrenti, condannando la resistente alla rifusione delle spese processuali.

La questione

Si tratta di procedere alla determinazione delle motivazioni a sostegno della pronuncia di risoluzione del contratto di locazione ad uso commerciale, e conseguentemente del rilascio dell'immobile, che fondano la loro legittimità sulla valutazione della non scarsa importanza dell'adempimento, avuto riguardo al duplice criterio fondato sulla valutazione del parametro oggettivo (pregiudizio subito dal contraente) e sugli eventuali elementi di carattere soggettivo (condotta delle parti) che, in relazione alla fattispecie concreta, possono o meno mitigare il giudizio di gravità dell'organo giudicante.

Le soluzioni giuridiche

A seguito di intimazione di sfratto per morosità, il Tribunale di Verona accoglieva la domanda di risoluzione del contratto di locazione ad uso commerciale stipulato fra le parti per il mancato versamento dei canoni di locazione maturati, accertando così un inadempimento di non scarsa importanza della conduttrice.

Nonostante la rilevanza della prestazione contrattuale mancata o ritardata, la valutazione del Tribunale si fondava sulla analisi di un duplice criterio determinato da un parametro oggettivo - che verifichi l'incidenza dell'inadempimento in misura apprezzabile nell'economia del rapporto contrattuale - e da un parametro soggettivo – determinato dalla condotta assunta da entrambe le parti.

Sul punto, il giudice di prime cure evidenziava che:

  • la resistente non contestava la sussistenza di una ingente morosità (€ 189.936,20) ma deduceva la necessità di ridurre l'importo dei canoni di locazione a seguito dell'emergenza sanitaria;
  • la resistente lamentava il parziale godimento dell'immobile locato, a causa della presenza di ponteggi collocati per il rifacimento della facciata dell'immobile, tali da nuocere alla visibilità ed all'immagine della attivitá di ristorazione, senza fornire alcuna prova dei lamentati danni;
  • viceversa, i canoni di locazione da giugno 2020 a giugno 2021 venivano ridotti unilateralmente dai locatori nella misura dal 30% al 50%;
  • dopo la fine del lock down nazionale, il ristorante non riapriva al pubblico nonostante gli altri ristoranti presenti sulla medesima piazza avessero sempre lavorato, anche in presenza dei ponteggi.

Alla luce delle sopra esposte motivazioni, il Tribunale scaligero riteneva ampiamente provate le domande dei ricorrenti ed il grave inadempimento della conduttrice, pronunciava la risoluzione del contratto per inadempimento della conduttrice, confermava l'ordinanza rilascio dell'immobile ex art. 186-quater c.p.c. e condannava la parte intimata al pagamento della somma di € 189.936,20, oltre ai canoni a scadere fino al rilascio effettivo con gli interessi dalla domanda al saldo e la rifusione delle spese di causa.

Osservazioni

La pronuncia in esame ripercorre il ragionamento logico che assiste il giudice in tutti quei casi in cui si trova a valutare e decidere in ordine alla legittimità della richiesta di una parte locatrice di una pronuncia di risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento del conduttore.

Essa si inserisce nel complesso scenario della emergenza epidemiologica che ha investito il nostro Paese e che, ancora oggi, raccoglie gli strascichi di tutte le misure restrittive adottate dal Governo che hanno minato la stabilità delle attività commerciali.

Non viene, ovviamente, posto in discussione l'obbligo del pagamento del canone di locazione da parte del conduttore, che costituisce grave inadempimento ai sensi dell'art. 1453 c.c.; l'inadempimento che legittima la risoluzione è quello imputabile e grave, “di non scarsa importanza”, avuto riguardo all'interesse dell'altra parte ex art. 1455 c.c.

In alcune pronunce di legittimità, si afferma che la gravità dell'inadempimento deve ritenersi implicito quando è relativo ad obbligazioni primarie ed essenziali del contratto come, ad esempio, il mancato pagamento dei canoni dovuti nell'ipotesi della locazione (Cass. civ., sez. III, 17 settembre 2013, n. 21156; Cass. civ., sez. III, 18 novembre 2005, n. 24460).

Al contrario, invece, in altre statuizioni, la Suprema Corte ha ritenuto che la gravità dell'inadempimento non debba ritenersi sussistente automaticamente, solo perché ricadente su una delle obbligazioni primarie scaturenti dal contratto, ma che deve essere invece accertata in concreto, in relazione alla sua idoneità a pregiudicare in modo rilevante l'interesse contrattuale del locatore “sconvolgendo l'intera economia del rapporto e determinando un notevole ostacolo alla prosecuzione del medesimo” (così Cass. civ., sez. III, 12 maggio 1999 n. 4688).

Nelle pronunce più recenti, la giurisprudenza di legittimità si è orientata verso questa ultima interpretazione ovvero una valutazione del giudizio di gravitá rimesso alla discrezionale valutazione del Giudice e maggiormente aderente alla particolarità del singolo caso concreto.

In considerazione di ciò, l'importanza dell'inadempimento deve essere indagata anche alla stregua di indicatori differenti rispetto alla rilevanza della prestazione mancata o ritardata.

Infatti, la Suprema Corte è concorde nell'affermare che, “in tema di risoluzione per inadempimento, il giudice, per valutarne la gravità, deve tener conto di un criterio oggettivo - avuto riguardo all'interesse del creditore all'adempimento della prestazione attraverso la verifica che l'inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto (in astratto, per la sua entità e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all'altro contraente), così da comportare uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale - nonché di eventuali elementi di carattere soggettivo, dati dal comportamento di entrambe le parti (come un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione, ad opera dell'una, un reciproco inadempimento o una protratta intolleranza dell'altra), che possano in relazione alla particolarità del caso attenuarne l'intensità” (così, ex multis, Cass. civ., sez. III, 27 novembre 2015, n. 24206).

L'analisi del parametro oggettivo si incentra sulla verifica dell'inadempimento tale da gravare in maniera rilevante sulla economia del rapporto contrattuale: in astratto, per quanto concerne l'ammontare e, in concreto, per quanto riguarda il concreto pregiudizio patito dal contraente adempiente.

Sicchè, valutati i gravi continuati e reiterati ritardi di pagamento da parte della conduttrice - la cui entità è quantificata in € 189.936,20 - risulta d'evidenza che il comportamento della parte inadempiente (conduttrice) non sia proporzionato alla buona fede contrattuale, e abbia inciso in modo assai significativo sul sinallagma contrattuale, in relazione al concreto interesse della parte adempiente (locatrice) all'esatta e tempestiva prestazione.

L'indagine sulla sussistenza degli elementi di carattere soggettivo, invece, consiste nella valutazione delle condotte assunte da entrambe le parti del rapporto contrattuale (come, ad esempio, il comportamento incolpevole o la immediata riparazione di una parte, un reciproco inadempimento o una prolungata disponibilità dell'altra parte, ecc.) che siamo in grado di mitigare la valutazione complessiva operata dal giudicante.

Nel caso di specie, la parte locatrice si era resa ampiamente disponibile - non essendo per la stessa un obbligo - a rivedere l'importo del canone di locazione, accordando alla conduttrice in difficoltà una riduzione nella misura dal 30%al 50%; dal canto suo, invece, la parte conduttrice, anziché evidenziare questo aspetto, aveva avanzato una richiesta di risarcimento del danno, infondata e non supportata probatoriamente.

Come ribadito anche dal Tribunale di Verona, in nessun caso la conduttrice sarebbe legittimata ad interrompere la corresponsione dei canoni di locazione - e ad autoridursi il canone concordato - in quanto detta condotta la esporrebbe, senza dubbio, ad una probabile e legittima azione di intimazione di sfratto per morosità.

Allo stesso modo, il conduttore non può ridursi il canone di locazione nel caso in cui lamenti un uso ridotto del bene.

Precisamente, ad avviso della recente giurisprudenza di legittimitá, in tema di locazione, “al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore […] la sospensione totale o parziale dell'adempimento dell'obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un'alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti” (così Cass. civ., sez. VI 26 gennaio 2015, n. 1317; conforme Cass. civ., sez. VI, 23 giugno 2011, n. 13887).

Nel caso di specie, la conduttrice aveva lamentato il patimento di numerosi danni diversamente qualificati (danno emergente, lucro cessante, danno da immagine) per la presenza di ponteggi collocati sul plateatico del ristorante, tali da limitare la visibilità dell'esercizio commerciale e, quindi, di riflesso la sussistenza di un pregiudizio economico.

Parte intimata non forniva alcuna prova atta a fondare la dedotta condizione di inerzia dell'attività commerciale e, quindi, la fondatezza della richiesta di risarcimento danni, ragione già di per sé bastevole e sufficiente al rigetto della domanda.

Invece, nell'ambito di quella opera ermeneutica affidata al Giudicante, questi ha comunque appurato, da un verso, che la presenza di ponteggi non aveva prodotto un pregiudizio all'attività di ristorazione, tanto più che le altre attività presenti nella piazza avevano sempre lavorato e che, anzi, si erano avvantaggiate dalla situazione per occupare il plateatico lasciato libero dall'odierna conduttrice, posizionandovi altri tavoli e sedie.

Il “nuovo” contesto commerciale ha pertanto indotto il Tribunale a valutare la presenza dei ponteggi come una condizione non ostativa allo svolgimento dell'attività commerciale, né limitante.

La sospensione totale o parziale dell'adempimento alla obbligazione di pagamento è ammissibile solo a fronte di una totale assenza della controprestazione da parte del locatore, mentre i supposti vizi lamentati dalla conduttrice - ancorché non provati - sono eventualmente da reputarsi lievi e, comunque, tali da non impedire il godimento del bene, ma semmai da determinarne l'uso in misura ridotta, potendo eventualmente giustificare una riduzione del canone proporzionata all'entità del mancato godimento secondo il principio inadimplenti non est adimplendum (Cass. civ., sez. III, 25 giugno 2019, n. 16918).

La pronuncia in esame si sofferma, indaga e chiarisce una volta in più l'imprescindibilità di un principio cardine presente nel nostro ordinamento, ovvero che non è rinvenibile un potere di autotutela del credito da parte del conduttore il quale, a fronte dell'inadempimento del locatore, decida autonomamente di non corrispondere i canoni dovuti.

Guida all'approfondimento

Bordolli, La morosità nelle locazioni durante il lockdown: si può parlare sempre di grave inadempimento?, in Diritto.it, 27 settembre 2021;

Crotti, Covid-19, sopravvenienze e locazioni commerciali, in Condominioelocazione.it, 15 settembre 2020;

Luppino, I canoni di locazione ai tempi del Coronavirus, Rimini, 2020, 11;

Manni, Locazione commerciale: sfratto per morosità e rilevanza dell'adempimento del conduttore, in Altalex.com, 5 luglio 2018.

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