Utilizzabili a favore dell'imputato i tabulati telefonici illegittimi

Fabrizio Demartis
29 Settembre 2022

In tema di dati esterni del traffico telefonico e telematico, le acquisizioni effettuate, con provvedimento del pubblico ministero, prima dell'entrata in vigore del d.l. 30 settembre 2021, n. 132, conv. con mod. dalla l. 23 novembre 2021, n. 178, possono essere sempre utilizzate dal giudice come prove a favore dell'imputato.
Premessa

Dopo varie pronunce successive all'entrata in vigore della novella in materia di tabulati, la Corte di cassazione torna ad occuparsi dei dati di traffico e di ubicazione.

Sebbene il provvedimento in epigrafe preceda l'ultima sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea in materia di data retention (Corte giust. U.E., Grande Camera, 5 aprile 2022, G.D. contro Commissioner of An Garda Síocána, Minister for Communications, Energy and Natural Resources, Attorney General) – che, di fatto, ha ulteriormente limitato la portata di detto strumento investigativo, così rendendo necessario un nuovo intervento da parte del legislatore al fine di adeguare la disciplina nazionale ai paradigmi europei – risulta particolarmente interessante laddove afferma il principio secondo cui i tabulati acquisiti, prima dell'entrata in vigore dell'ultima novella, dal pubblico ministero e senza autorizzazione del giudice, possono essere utilizzati a favore dell'imputato.

Per quanto riguarda le altre due questioni affrontate, che attengono alla disciplina transitoria di cui al comma 1-bis dell'art. 1 d.l. 30 settembre 2021, n. 132, conv. con mod. dalla l. 23 novembre 2021, n. 178, il supremo Collegio, in buona sostanza, ribadisce le tesi, già espresse in altri precedenti del medesimo segno (cfr. Cass. pen., sez. V, 13 gennaio 2022, n. 1054), secondo cui non vi sarebbe alcun contrasto tra la legislazione italiana e la disciplina europea in materia di tabulati. Ma su questi ultimi punti la sentenza mostra una certa obsolescenza, poiché non tiene conto dei più recenti assestamenti della giurisprudenza europea.

Il caso

La vicenda in esame si radica nel sottosistema della giustizia penale minorile. Per quel che rileva ai fini della presente analisi va detto che la difesa dell'imputato (un minorenne accusato del reato di violenza sessuale di gruppo, ex artt. 609-bis e 609 -octies c.p.) ha eccepito l'inutilizzabilità dei tabulati telefonici, poiché i dati del traffico sarebbero stati acquisiti in violazione dei divieti stabiliti dalla legge (art. 191 c.p.p.), sia con riguardo ai “casi” che ai “modi”.

Quanto al primo aspetto, viene ribadito dalla difesa che la Corte di giustizia U.E. ha circoscritto l'accesso delle autorità pubbliche ai dati relativi al traffico telefonico e all'ubicazione delle apparecchiature è ammesso al solo «scopo di lotta contro le forme gravi di criminalità o la prevenzione di gravi minacce alla sicurezza pubblica». Secondo il ricorrente, il delitto di cui all'art. 609-octies c.p. non rientrerebbe in nessuna di queste due categorie e, pertanto, l'acquisizione dei tabulati non rispetterebbe il principio di proporzione.

Con riferimento al secondo aspetto, la difesa lamenta l'assenza di un'autorizzazione da parte di un giudice o di una autorità amministrativa indipendente, poiché i tabulati sono stati acquisiti con provvedimento del pubblico ministero. Ciò determina una violazione dell'art. 15, par. 1, della Direttiva 2002/58/CE, che, secondo l'interpretazione dominante offerta dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, esige un'autorizzazione da parte di un giudice o di un'autorità amministrativa indipendente per poter acquisire i dati relativi al traffico e all'ubicazione i dati relativi al traffico ed all'ubicazione devono essere acquisiti da un giudice connotato da terzietà e neutralità o da un'autorità amministrativa indipendente (Cfr. Corte giust. U.E., Grande Camera, 2 marzo 2021, H.K./ Estonia, ossia la pronuncia della Corte di giustizia U.E. più recente al momento della presentazione del ricorso). Con motivi aggiunti di ricorso, le medesime argomentazioni vengono estese alla disposizione transitoria di cui all'art. 1, comma 1-bis, d.l. 30 settembre 2021, n. 132, conv. con mod. dalla l. 23 novembre 2021, n. 178, secondo cui i tabulati telefonici acquisiti prima del 30 settembre 2021 possono essere utilizzati a carico solo per l'accertamento dei reati più gravi (per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni) o nei casi di gravi minacce, molestie o disturbo alle persone con il mezzo del telefono, e solo unitamente ad altri elementi di prova.

La Corte di cassazione, pur avendo rigettato tutti i motivi di ricorso riguardanti la materia dei tabulati, ha ribadito alcuni importanti principi di diritto in materia di data retention, tra i quali spicca quello della loro utilizzabilità a favore dell'imputato, sebbene siano stati acquisiti in assenza dell'autorizzazione di un giudice.

I principi di diritto affermati

Anzitutto, la Corte rigetta la tesi difensiva secondo cui la disciplina intertemporale di cui al comma 1-bis dell'art. 1 d.l. 30.9.2021, n. 132, conv. con mod. dalla l. 23.11.2021, n. 178, non soddisferebbe il principio affermato dalla Corte di giustizia U.E. relativo all'acquisizione mediante il giudice terzo o un'autorità amministrativa indipendente.

Infatti, la sentenza annotata cita il par. 43 della sentenza della Corte giust. U.E., Grande Camera, 2.3.2021, H.K. / Estonia, la quale, richiamando la precedente sentenza della Grande Camera, 6.10.2020, La Quadrature du Net e altri/Francia e Belgio, ha affermato che il principio di effettività, in relazione all'ammissibilità e all'utilizzabilità delle informazioni e degli elementi di prova ottenuti in modo illegittimo, può essere attuato dalle norme nazionali in diverso modo: «non solo mediante un divieto di utilizzare informazioni ed elementi siffatti, ma anche mediante norme e prassi nazionali che disciplinino la valutazione e la ponderazione delle informazioni e degli elementi di prova, o addirittura tenendo conto del loro carattere illegittimo in sede di determinazione della pena».

Osserva la Suprema Corte che il legislatore italiano ha seguito, tra le tre possibili, la seconda strada emanando una previsione che ammette l'utilizzabilità dei dati personali illegittimamente acquisiti solo a determinate condizioni: i tabulati telefonici acquisiti prima del 30 settembre 2021 possono essere utilizzati a carico solo per l'accertamento dei reati più gravi (per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni) o nei casi di gravi minacce, molestie o disturbo alle persone con il mezzo del telefono, e solo unitamente ad altri elementi di prova.

Si tratta di soluzione corretta e condivisibile, quasi scontata, non essendo la previsione di inutilizzabilità dei dati personali illegittimamente acquisiti l'unica via obbligata per il legislatore, che però mal si concilia con i principi enunciati, da ultimo, dalla Corte di Lussemburgo, secondo cui la conservazione dei dati relativi al traffico e all'ubicazione, per finalità di prevenzione o di repressione di gravi reati, deve essere “mirata” - ossia «delimitata, sulla base di elementi oggettivi e non discriminatori, in funzione delle categorie di persone interessate o mediante un criterio geografico, per un periodo temporalmente limitato allo stretto necessario, ma rinnovabile» - o “rapida”, realizzata cioè «mediante un provvedimento dell'autorità competente soggetto a un controllo giurisdizionale effettivo [che ingiunga ai gestori] di procedere, per un periodo determinato, alla conservazione rapida (quick freeze) dei dati relativi al traffico e dei dati relativi all'ubicazione di cui detti fornitori di servizi dispongono» (cfr. Corte giust. U.E. 5 aprile 2022, G.D. contro Commissioner of An Garda Síocána, Minister for Communications, Energy and Natural Resources, Attorney General, punto 67. V. anche F. Resta, Dalla conservazione generalizzata a quella irata e rapida: la Corte di giustizia ridelinea i contorni della data retention, inwww.giustiziainsieme.it).

In altri termini, il problema sta a monte, nel senso che i gestori, non sono più autorizzati a conservare i dati relativi al traffico e all'ubicazione per lunghi periodi di tempo. Com'è noto, invece, la legislazione italiana ammette una conservazione fino a 72 mesi, ossia 6 anni.

Inoltre, non può trascurarsi che, mentre la disposizione transitoria di cui all'art. 1, comma 1-bis, l. n. 178/2021 specifica che i tabulati, il cui rilascio sia avvenuto in base alla previgente normativa, «possono essere utilizzati a carico dell'imputato solo in presenza di altri elementi di prova», nessuna indicazione viene data in merito ai criteri di valutazione dei tabulati rilasciati secondo la procedura imposta dalla novella.

Emerge, pertanto, che i tabulati già acquisiti possono essere valutati dal giudice, quali elementi a carico dell'imputato, solo in presenza di ulteriori riscontri, mentre per i tabulati rilasciati secondo la nuova procedura, nel silenzio del legislatore, si concretizza il rischio che questi, in base al principio del libero convincimento del giudice, possano da soli essere posti alla base di una decisione di merito.

Ci auspichiamo che la giurisprudenza rifugga dal dare seguito a tale ultima prospettazione, dal momento che i tabulati, di per sé, non risultano idonei a fondare la responsabilità penale di un soggetto, potendo semmai dare indicazioni solo in merito agli intestatari delle utenze del chiamato e del chiamante e alla localizzazione dei dispositivi utilizzato, ma non sull'effettiva identità del soggetto coinvolto nelle comunicazioni.

La decisione del giudice dovrà, quindi, necessariamente basarsi su elementi acquisiti aliunde, poiché dalle informazioni ricavabili dai tabulati non promana alcuna concludenza probatoria (v. in tal senso Cass. pen., 16 marzo 2022, n. 8968).

Una seconda questione, sulla quale la sentenza prende posizione, riguarda l'“equità” del processo. La Corte di cassazione afferma che la normativa intertemporale soddisfa anche l'altra condizione posta dalla citata sentenza della Grande Camera 2 marzo 2021 e cioè il rispetto del principio del contraddittorio e dunque il diritto ad un processo equo, potendo le parti esercitare il contraddittorio sui dati acquisiti.

In effetti, un contraddittorio, successivo all'acquisizione dei dati personali, è sempre possibile, sia mettendo in discussione la loro autenticità o il loro significato, sia producendo altri mezzi di prova o di ricerca della prova che li smentiscano. Il principio di effettività sarebbe invece vulnerato nel caso in cui la prova fosse acquisita, ad esempio, con un accertamento tecnico irripetibile ma precluso all'indagato, il quale si troverebbe in tal modo privato delle prerogative difensive di cui all'art. 6 Conv. e.d.u. e dunque in violazione dell'”equo processo”, come riconosciuto anche dalla Corte di giustizia C.E. (Corte giust. C.E. 10 aprile 2003, Steffensen, C-276/01, in una fattispecie nella quale il ricorrente era stato sanzionato in sede amministrativa sulla base di un'analisi condotta unilateralmente dall'organo accertatore senza che il sig. Steffensen fosse ammesso a parteciparvi; v. sul punto A. Chelo, Tabula rasa sui tabulati? Riflessioni a margine della recente giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, in Cass. pen., 2022, in corso di pubblicazione).

(Segue) Un obiter dictum da non tralasciare

Ma assai più importante, anche se confinato in un obiter dictum, è invece il riconoscimento del principio secondo cui «i tabulati telefonici acquisiti prima delle modifiche apportate nel 2021 possono essere utilizzati sempre a favore».

Infatti, l'utilizzabilità in bonam partem, cioè a favore dell'imputato, è sempre possibile, perché la Costituzione pone la tutela dei diritti inviolabili dell'uomo ad obiettivo fondamentale dell'ordinamento, per cui, nel processo penale l'innocenza e comunque la minore responsabilità dell'imputato devono poter sempre essere accertate. Pertanto, deve ritenersi che le prove conferenti all'assoluzione o alla minore responsabilità sottostanno ai soli sindacati di esistenza e di attendibilità, non anche a quello di conformità al modello legislativo, e quindi non possono mai essere dichiarate inutilizzabili.

Il problema dell'utilizzazione in bonam partem dei risultati delle intercettazioni inutilizzabili va dunque risolto distinguendo a seconda dei casi: infatti quando l'inutilizzabilità è dettata a tutela dell'attendibilità dell'accertamento probatorio (ad es. confessione estorta con la tortura) è evidente che nemmeno le informazioni a favore dell'imputato possono essere utilizzate, essendo anch'esse minate dal sospetto dell'inattendibilità; ma quando la sanzione dell'inutilizzabilità è prescritta a protezione dei diritti fondamentali dell'inquisito (ad es. acquisizione di dati non autorizzata dal giudice), sarebbe veramente assurdo che la prova viziata da una violazione di legge consumata dal pubblico ministero o dal giudice ma favorevole all'imputato non potesse essere valutata pro reo: si arriverebbe all'assurdo di condannare consapevolmente un innocente solo perché la prova che lo scagiona non è valutabile in utilibus per un errore della pubblica autorità.

La migliore giurisprudenza riconosce che la sanzione della inutilizzabilità, disciplinata dall'art. 191 c.p.p., è essenzialmente posta a garanzia delle posizioni difensive e colpisce le prove illegittimamente acquisite contro divieti di legge, quindi in danno del giudicabile e in ogni caso come prove a carico. Ne consegue che l'istituto non può essere applicato per ignorare elementi di giudizio astrattamente favorevoli alla difesa che, invece, pur quando l'atto che li contenga risulti affetto da inutilizzabilità, devono essere valutati e, quindi, "utilizzati", alla stregua dei canoni logico-razionali propri della funzione giurisdizionale (Si vedano, tra le molte, Cass. pen., sez. II, 19 aprile 2018, n. 17694, Rv. 272894; Cass. pen., sez. VI, 15 gennaio 2018, n. 1422, Rv. n. 271974; Cass. pen., sez. III, 11 maggio 2016, n. 19496, Rv. 266792; Cass. pen., sez. un., 16 maggio 1996, n. 5021, Rv. 204644. Con specifico riguardo alla materia dei tabulati, escludono che il limite operi quando il dato probatorio è a favore dell'imputato: F. R. Dinacci, L'acquisizione dei tabulati telefonici tra anamnesi, diagnosi e terapia: luci europee e ombre legislative, in Proc. pen. e giust., 2022, 301 s; L. Filippi, Tabulati telefonici e telematici e rispetto della vita privata, in www.dirittodidifesa.eu; A. Natalini, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2021, n. 132, recante misure urgenti in materia di giustizia (legge 23 novembre 2021, n. 178), Rel. n. 67/2021, 8, in www.sistemapenale.it.)

Anche le Sezioni Unite Carpanelli del 1997 avevano chiarito che le dichiarazioni favorevoli al soggetto che le ha rese e ai terzi restano al di fuori della sanzione di inutilizzabilità sancita dall'art. 63, comma 2, c.p.p., alla stregua della ratio della disposizione, ispirata al diritto di difesa (Cass. pen., sez. un., 13 febbraio 1997, Carpanelli, in Dir. pen. e proc., 1997, p. 602).

In conclusione

Il supremo Collegio, dopo aver ripercorso i recenti interventi legislativi da cui è scaturita l'ultima novella in materia di tabulati, affronta alcune questioni in materia di data retention, risolvendole in maniera conforme rispetto ad altri precedenti giudiziari del medesimo segno. Come evidenziato, però, la decisione è stata adottata prima che la Corte di giustizia dell'Unione europea intervenisse nuovamente sulla materia dei tabulati, andando a censurare non soltanto il procedimento per il loro rilascio, ma anche, più in generale, la loro conservazione generalizzata e indifferenziata da parte dei gestori, che, invece, deve essere “mirata” e “rapida” (Corte giust. U.E., Grande Sezione, 5 aprile 2022, C-140/20).

Tuttavia, la pronuncia in epigrafe risulta assolutamente innovativa e va salutata con favore laddove ribadisce l'utilizzabilità, a favore dell'imputato, dei dati già acquisiti sulla base della previgente disciplina, ossia in assenza di un provvedimento adottato da un giudice.

Ed infatti, se l'inutilizzabilità è posta a presidio dell'imputato in quanto evita – com'è ovvio che sia – che la decisione di colpevolezza possa basarsi su atti assunti in violazione di divieti probatori stabiliti dalla legge, sarebbe paradossale se tale patologia potesse ritorcersi contro l'inquisito, precludendo al giudice di valutare quelle prove che, pur essendo illegittime, sono a lui favorevoli.

Riferimenti
  • L. Filippi, La Corte di Lussemburgo ribadisce lo stop ai tabulati: una fine annunciata, in www.penaledp.it;
  • G. Spangher, I tabulati: il regime transitorio...in attesa degli effetti generati dallo tsunami della nuova sentenza della Corte di Giustizia, in www.giustiziainsieme.it.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario