Il deposito telematico: fattispecie a formazione istantanea o progressiva?

Giuseppe Vitrani
30 Settembre 2022

Il deposito degli atti nel PCT è da sempre al centro delle riflessioni di dottrina e giurisprudenza. Gli interrogativi e le indagini si appuntano sugli aspetti patologici e cioè sulle conseguenze degli errori commessi in sede di preparazione della busta telematica, laddove questi impediscano l'accettazione da parte della cancelleria.
Il quadro normativo

Il quadro normativo che fa da sfondo alla fattispecie in analisi ha come primo riferimento l'art. 16-bis, comma 7 del d.l. 179 del 2012, ai sensi del quale “il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del ministero della giustizia. Il deposito è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna e' generata entro la fine del giorno di scadenza e si applicano le disposizioni di cui all' articolo 155, quarto e quinto comma, del codice di procedura civile”.

In analogia a siffatta disposizione, l'art. 13, comma secondo, del d.m. 44 del 2011 (recante, come noto, le regole tecniche sul processo telematico) prevede che “i documenti informatici di cui al comma 1 (atti processuali e documenti di parte, n.d.r.) si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia”.

Ad un livello inferiore nel sistema delle fonti si pongono invece le disposizioni del provvedimento DGSIA del 16 aprile 2014, meglio note come “specifiche tecniche sul PCT”, che all'art. 14 definiscono la struttura dei controlli automatici formali sulla busta telematica, che sono poi oggetto di comunicazione al soggetto abilitato esterno attraverso la cosiddetta “terza PEC” e definiscono anche l'esito finale della procedura di deposito telematico, disponendo che “il gestore dei servizi telematici, all'esito dell'intervento dell'ufficio, invia al depositante un messaggio di posta elettronica certificata contenente l'esito dell'intervento di accettazione operato dalla cancelleria o dalla segreteria dell'ufficio giudiziario destinatario” (art. 14, comma 10, specifiche tecniche PCT).

A fronte di tale quadro normativo, in dottrina e giurisprudenza si discute di come influisca il flusso documentale disegnato dal legislatore (che, lo si ricorda, prevede l'invio di quattro PEC) sulla tempestività del deposito telematico e più specificamente quali siano le conseguenze del rifiuto della busta telematica da parte della cancelleria dopo il regolare recapito della ricevuta di consegna (cd. seconda PEC).

Le teorie che si contendono il campo sono quelle descritte in appresso e che portano a qualificare la fattispecie del deposito telematico come fattispecie a formazione istantanea o progressiva.

La teoria del deposito come fattispecie a formazione progressiva

Secondo una prima e più risalente corrente dottrinaria e giurisprudenziale, la ricevuta di consegna attesta che il deposito telematico è regolarmente pervenuto alla casella di posta certificata dell'ufficio destinatario e ciò rileva ai fini della tempestività del deposito che si considera perfezionato in tale momento. Si determina pertanto un effetto anticipato e provvisorio rispetto all'ultima PEC, cioè subordinatamente al buon fine dell'intero procedimento di deposito, che è quindi fattispecie a formazione progressiva.

Pertanto, solo con l'accettazione definitiva del deposito da parte della cancelleria si consolida l'effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC e il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo così visibile alle controparti. (in tal senso, si veda ad esempio Cassazione sez. lavoro, sentenza n. 12422 dell'11 maggio 2021; Trib. Torino, sez. V, 6 maggio 2022; Trib. Salerno, 14 febbraio 2022, n. 541).

Secondo tale orientamento, il perfezionamento del deposito dell'atto processuale con la emissione della seconda PEC ha quindi effetto prenotativo e mira a scongiurare che gli eventuali termini perentori non siano rispettati a causa di ritardi nei controlli automatici e manuali, controlli che non dipendono dalla diligenza della parte e che non la possono quindi pregiudicare. Tale effetto risulta però vanificato laddove vengano riscontrati errori che impediscono l'accettazione da parte della cancelleria.

Le conseguenze di tale orientamento sono evidenti: in caso di rifiuto dell'atto da parte della cancelleria il deposito può essere senz'altro ripetuto ma gli effetti sulla tempestività dello stesso si determinano ex nunc; pertanto, nel caso frequente di intervento della cancelleria a termine perentorio scaduto, l'avvocato potrebbe effettuare un nuovo deposito ma incorrerebbe fatalmente in una decadenza che potrebbe essere sanata solo attraverso l'impervio (ed incerto) percorso dell'istanza di rimessione in termini.

La teoria del deposito come fattispecie a formazione istantanea

Negli ultimi tempi si sta per facendo strada una diversa teoria che configura il deposito telematico come fattispecie a formazione istantanea i cui effetti processuali si producono e stabilizzano già con il ricevimento della ricevuta di consegna della PEC; secondo i sostenitori di questa tesi il flusso documentale a valle del recapito del suddetto messaggio ha in realtà solamente lo scopo di rendere visibile l'atto al giudice e alle controparti, senza alcuna rilevanza sul piano processuale; si afferma infatti che l'eventuale esito negativo dei successivi controlli telematici e manuali non influisce sulla tempestività del deposito telematico, ma determina al più la necessità di rinnovare la trasmissione delle buste telematiche contenenti l'atto stesso o i suoi allegati (in tal senso si è espressa Cass. 12 luglio 2021, n. 19796).

In sostanza, con il ricevimento della cosiddetta seconda PEC la fattispecie “deposito telematico” sarebbe già perfezionata, con salvezza di eventuali decadenze, mentre dovrebbe giungere a compimento solo l'attività materiale di indirizzamento del deposito nel fascicolo corretto. Tale attività avrebbe però solo connotati accessori e non potrebbe mettere in discussione l'attività processuale svolta, neppure a seguito di rifiuto del deposito da parte della cancelleria.

Proprio seguendo tale orientamento, in tempi ancora più recenti la Suprema Corte ha affermato che il deposito (telematico) si perfeziona al momento della ricevuta di avvenuta consegna, non rilevando, invece, che a seguito del rifiuto della cancelleria la parte abbia indirizzato un secondo deposito al registro corretto; ciò in quanto il deposito telematico degli atti si perfeziona nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata, ai sensi dell'art. 16-bis, comma 7 del d.l. 179 del 2012 e non a seguito del messaggio di esito dei controlli manuali di accettazione della busta telematica della cancelleria.

È dunque consentito alla parte, in caso di rifiuto di un primo deposito, riprendere la procedura di deposito e condurla a buon fine senza incorrere in decadenza alcuna (in tal senso Cass. 24 agosto 2022 n. 25290).

In conclusione

Ad avviso di chi scrive, l'affermarsi della teoria del deposito come fattispecie a formazione istantanea va salutato con favore e con l'auspicio che vada ad affermarsi in misura sempre maggiore.

È ben noto che nella quasi totalità dei casi gli errori nel deposito sono imputabili a sviste o a meri errori materiali (es. numero di ruolo della causa, registro di competenza), che però sono riconducibili alla parte e rischiano di creare enormi difficoltà sul piano processuale. In tali casi è molto difficile invocare il rimedio della rimessione in termini, dal momento che presupposto per l'applicazione dell'art. 153, comma 2, c.p.c. è proprio la non imputabilità dell'errore.

La consapevolezza della tenuità della fattispecie, soprattutto se paragonata alla gravità delle conseguenze processuali che si verrebbero a creare, impone però una riflessione ulteriore.

Occorre infatti considerare che se si trattasse di deposito in forma cartacea, il più delle volte non si genererebbe alcuna conseguenza pregiudizievole, visto che sarebbe agevole procedere con rettifica ("correzione a mano") dell'atto in fase di deposito. Nel regime dei depositi telematici invece, qualora il cancelliere non intervenisse per forzare l'accettazione o non potesse intervenire per motivi tecnologici, la mera svista potrebbe portare ad una decadenza processuale.

La tesi del deposito come fattispecie a formazione istantanea andrebbe a sanare proprio tali fattispecie, stante che la ripetizione del deposito in maniera corretta sarebbe ininfluente ai fini della tempestività dell'incombente processuale e anzi si avrebbe una sanatoria ex tunc.

Naturalmente, occorre tutelare anche il diritto di difesa della controparte, che potrebbe risultare compromesso da una accettazione tardiva, magari a ridosso della data di udienza; in tali casi (per la verità ben poco frequenti nella pratica) potrebbe ben intervenire il giudice, disponendo la rimessione in termini a favore della parte incolpevole o, più semplicemente, riallineando la decorrenza dei termini di deposito con differimento dell'udienza (in tali termini si veda Trib. Torino, 8 novembre 2019, ord., G.I. dott. Ciccarelli).

Guida all'approfondimento

Per un approfondimento si consiglia la lettura delle seguenti pronunce:

  • Cassazione sez. Lavoro, 11 maggio 2021, n. 12422; Trib. Salerno, 14 febbraio 2022, n. 541 (ove si sposa la tesi della fattispecie a formazione progressiva);
  • Cass. 12 luglio 2021, n. 19796, che può essere letta su Dejure con il commento dello scrivente: Tempestività del deposito telematico anche in caso di rifiuto dell'atto da parte della cancelleria; Cass. 24 agosto 2022. n. 25290 (tutte sostenitrici della fattispecie a formazione istantanea)

(Fonte: ilprocessotelematico.it)

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