Ricorso per cassazione con unica procura per parti in conflitto di interessi

Francesco Bartolini
03 Ottobre 2022

La Corte ha esaminato la questione concernente il conflitto di interessi tra soggetti rappresentati dallo stesso difensore, ritualmente sollevata dalla parte evocata con il ricorso per cassazione.
Massima

L'impugnazione proposta cumulativamente da più parti in conflitto di interessi tra loro in base a una procura conferita ad un unico difensore è inammissibile per violazione del principio del contraddittorio e del diritto alla difesa in giudizio; l'inammissibilità è peraltro limitata ai motivi di gravame contenenti censure il cui accoglimento comporterebbe un vantaggio per uno degli impugnanti a danno dell'altro.

Il caso

In primo grado l'attrice citò in giudizio il padre, il fratello e le nipoti per ottenere la divisione dell'eredità dismessa dalla sorella. Chiedeva inoltre che le nipoti dimostrassero di avere accettato l'eredità, sempre che ciò fosse avvenuto, in rappresentazione della loro madre, e che venisse dichiarata nulla una donazione effettuata a favore del fratello convenuto in causa. Nel costituirsi i convenuti non si opposero alla divisione ma eccepirono la proprietà esclusiva di un terreno e sostennero la validità della donazione; le nipoti dell'attrice dichiararono di avere accettato l'eredità per fatti concludenti. Il tribunale risolse variamente le questioni in fatto, procedette alla divisione e dispose la formazione di quattro quote. In appello, con sentenza non definitiva, fu dichiarato prescritto il diritto di accettare l'eredità delle nipoti dell'originaria attrice, con conseguente necessità di rimettere la causa in istruttoria per una nuova formazione delle quote. Avverso la pronuncia le parti hanno opposto reciprocamente ricorsi per cassazione e controricorsi.

La questione

Le impugnazioni hanno proposto plurimi motivi di gravame. Il dato ad essi comune è costituito dalla risoluzione di questioni in diritto dal cui esito sarebbe venuta a dipendere la ripartizione del compendio ereditario tra le parti contendenti. Era, infatti, contestata la pronuncia dichiarativa della prescrizione del diritto ad accettare l'eredità con la conseguente potenziale esclusione dall'eredità delle nipoti dell'originaria attrice, così come era rimasta a costituire oggetto di discussione la validità della donazione effettuata dalla de cuius a favore di uno solo degli eredi. In proposito alla Corte è stata sottoposta la questione della sussistenza di un conflitto di interessi tra le parti ricorrenti: che avrebbe determinato l'inammissibilità del ricorso perché cumulativamente proposto sulla base di un'unica procura rilasciata ad un unico difensore.

Le soluzioni giuridiche

La Corte ha dichiarato (disattendendo anche gli altri motivi di gravame) inammissibile il ricorso in quanto proposto da un medesimo difensore in rappresentanza cumulativa di soggetti in palese conflitto di interessi tra loro. Il collegio ha osservato che l'eventuale accoglimento del motivo volto a contrastare l'accertamento riguardante l'affermata prescrizione dell'accettazione dell'eredità avrebbe determinato un pregiudizio per alcuni condividenti, costretti a subirne l'effetto riduttivo della loro quota. Nello stesso modo, l'accoglimento della domanda di dichiarazione della validità della donazione avrebbe apportato un pregiudizio per coloro che avrebbero sopportato l'esclusione del bene donato dalla massa ereditaria e quindi dalle loro porzioni dei beni ereditari. L'evidenza della contrapposizione di interessi risultava materialmente dal confronto delle risultanze in fatto: il tribunale aveva diviso l'eredità in quattro quote; la corte di appello (con la sentenza definitiva) ne aveva formate tre, a seguito della dichiarata prescrizione del diritto di due condividenti ad accettare l'eredità.

Osservazioni

La questione concernente il conflitto di interessi tra soggetti rappresentati dallo stesso difensore era stata ritualmente posta dalla parte evocata con il ricorso per cassazione. La Corte ha però ricordato che tale questione era rilevabile anche d'ufficio, posto che lo svolgimento di attività difensiva in contemporaneo favore di soggetti portatori di interessi confliggenti nega il principio del contraddittorio e viola il diritto di difesa: valori, questi, anche costituzionalmente garantiti. In proposito la pronuncia cita Cass. sez. III, n. 15183/2015 secondo cui la costituzione in giudizio di più parti, eventualmente in conflitto tra loro, per mezzo di uno stesso procuratore cui sia stato conferito il mandato con unico atto sottoscritto da tutti, costituisce limite intrinseco al conferimento della procura, attesa l'impossibilità per il difensore di svolgere allegazioni, richieste e deduzioni nei reciproci rapporti a favore di taluno e contro altri. La violazione di tale limite è rilevabile d'ufficio dal giudice, atteso che essa investe il diritto di difesa ed il principio del contraddittorio, valori costituzionalmente tutelati. Il principio è consolidato in giurisprudenza: si vedano Cass. sez. III, ord., n. 1143/2020; Cass. sez. I, n. 22772/2018; Cass. sez. III, n. 7363/2018; Cass. sez. III, n. 8842/2004.

Nonostante non ve ne fosse stretta necessità ai fini della motivazione, la Corte ha ricordato che il conflitto può essere anche soltanto potenziale. Si è infatti ripetutamente affermato che, in tema di validità del mandato conferito da più parti al medesimo difensore, il conflitto d'interessi può essere non solo attuale ma anche potenziale e che tale potenzialità va intesa non come eventualità astratta, bensì in stretta correlazione con il concreto rapporto esistente tra le parti i cui interessi risultino suscettibili di contrapposizione (Cass. II, ord., n. 1530/2018; nello stesso senso Cass. sez. III, n. 20950/2017; Cass. sez. III, n. 14634/2015; Cass. sez. III, n. 8842/2004). Ha aggiunto che il conflitto va rilevato dal complesso delle risultanze di causa e che, proprio con riferimento al giudizio per cassazione proposto con unico ricorso, l'atto introduttivo deve essere valutato unitariamente nel suo contenuto al fine di verificare la sussistenza di un conflitto di interessi, dovendosi tenere conto non solo della posizione processuale attuale delle parti, ma anche di quella da loro rivestita nei gradi precedenti (così Cass. sez. III, ord., n. 20991/2020).

In motivazione è stata anche sottolineata una differenza tra la costituzione in giudizio e la proposizione di un gravame, quale avvenuta nella vicenda oggetto di ricorso. Come regola generale vale l'asserzione per cui qualora la difesa di due parti, tra loro in conflitto anche solo potenziale di interessi, sia stata affidata allo stesso avvocato, la parte che ha conferito per seconda la procura a quest'ultimo deve ritenersi non costituita in giudizio, perché un difensore non può assumere il patrocinio di due parti che si trovano o possono trovarsi in posizione di contrasto (Cass. sez. III, n. 14634/2015). E tuttavia, il difetto di rappresentanza processuale della parte può essere sanato in fase di impugnazione, senza che operino le ordinarie preclusioni istruttorie, offrendo la prova del potere rappresentativo; ma, qualora il rilievo del vizio in sede di legittimità non sia officioso e provenga invece dalla controparte, l'onere di sanatoria del rappresentato sorge immediatamente, non essendovi necessità di assegnare un termine, che non sia motivatamente richiesto, giacché sul rilievo di parte l'avversario è chiamato a contraddire tempestivamente (Cass. sez. un., n. 4248/2016).

Una volta escluso che nella vicenda di specie potesse avere operato una sanatoria, la Corte ha affrontato la questione degli effetti cagionati dal vizio di rappresentanza nelle parti ricorrenti sotto il profilo dell'instaurazione di un regolare giudizio di impugnazione. Anche su questo punto il Supremo Collegio ha seguito le affermazioni di pronunce precedenti in sede di legittimità: nel giudizio d'impugnazione, il conflitto di interessi tra parti difese dal medesimo procuratore non comporta necessariamente la nullità dell'intero atto di gravame, ma solo di quei motivi che contengono censure svolte in maniera tale che il loro accoglimento comporterebbe un vantaggio per uno degli impugnanti a danno dell'altro (così Cass. n. 15183/2015; Cass. n. 8842/2004). La nullità dei motivi di impugnazione si traduce nella loro inammissibilità; e in questo senso la Corte si è pronunciata.

La decisione può prestarsi ad una valutazione di rigorosità eccessiva. Essa ha recepito una regola di diritto non specificamente riferita alla situazione in cui versano più soggetti in conflitto di interessi tra loro (da considerare quindi come parti contrapposte) che conferiscono il mandato difensivo ad un procuratore comune: ma regola enunciata espressamente in plurimi ambiti dell'ordinamento, da quello della rappresentanza in genere (art. 1395 c.c.), alla rappresentanza genitoriale (art. 320 c.c.), alla tutela (artt. 347 e 360 c.c.) alla rappresentanza processuale (art. 78 c.p.c.). Il principio che ne risulta, se esaminato sotto il profilo delle ricadute in ordine allo sviluppo del contraddittorio e all'esercizio della difesa nel processo, indubbiamente conduce al risultato di inammissibilità di una contemporanea rappresentanza di parti aventi interessi confliggenti, come ha affermato la Corte. Si sarebbe potuto tuttavia sostenere che nella vicenda di specie questi diversi interessi venivano a comporsi nel perseguimento di uno scopo comune. I ricorrenti infatti chiedevano ai giudici la divisione di un compendio ereditario, accettandone preventivamente le valutazioni, in diritto e in fatto, occorrenti a pervenire alla formazione delle rispettive quote. I vantaggi e i pregiudizi conseguenti sarebbero stati aspetti necessari di una operazione voluta da tutti.

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