Ergastolo e seminfermità mentale: la preclusione del rito abbreviato è incostituzionale?

07 Ottobre 2022

Riguardo all'accesso al rito abbreviato, tra seminfermi di mente e minorenni non sussiste alcuna disparità di trattamento.

Le censure del giudice a quo. La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell'art. 438, comma 1-bis, c.p.p. (introdotto dalla l. n. 33/2019), nella parte in cui non prevede che l'imputato semiinfermo di mente, riconosciuto parzialmente incapace di intendere e di volere al momento del fatto con perizia svolta in incidente probatorio, sia ammesso al rito abbreviato per i delitti puniti con l'ergastolo.

Secondo il rimettente, la disposizione censurata disciplinerebbe in modo irragionevole le condizioni di accesso al giudizio abbreviato dell'imputato seminfermo di mente per delitti puniti con la pena dell'ergastolo, stabilendo una preclusione assoluta, a differenza di quanto avviene per l'imputato minorenne per i medesimi delitti, il quale, pur a fronte di un'analoga condizione di “ridotta rimproverabilità”, può sempre accedere a tale rito alternativo.

Ergastolo e giudizio abbreviato: il quadro normativo. La pronuncia in commento riassume brevemente il quadro normativo nel quale si inserisce la disposizione censurata. L'art. 438, comma 1-bis, c.p.p., nel testo introdotto dalla novella del 2019, prevede che non è ammesso il giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo. Tale disposizione è intervenuta a sancire una preclusione all'accesso al giudizio abbreviato per questa categoria di delitti, dopo che tale facoltà era stata implicitamente riconosciuta dalla legge n. 479/1999, che aveva inserito, nell'art. 442 c.p.p., un secondo periodo al comma 2, secondo il quale alla pena dell'ergastolo è sostituita quella della reclusione di anni trenta.

La modifica introdotta dalla disposizione censurata si inserisce nell'ambito di una riforma dei presupposti di applicabilità del giudizio abbreviato, finalizzata a escludere la possibilità di farne richiesta per gli imputati di delitti puniti con la pena dell'ergastolo. Nel quadro di tale intervento assumono rilievo, ai fini dell'odierna decisione, ulteriori disposizioni contenute nella richiamata l. n. 33/2019.

In particolare, è stato introdotto il nuovo comma 6-ter dell'art. 438 c.p.p., secondo cui, qualora la richiesta di giudizio abbreviato proposta nell'udienza preliminare sia stata dichiarata inammissibile ai sensi del comma 1-bis, il giudice, se all'esito del dibattimento ritiene che per il fatto accertato sia ammissibile il giudizio abbreviato, applica la riduzione della pena ai sensi dell'articolo 442, comma 2, c.p.p. Specularmente, il nuovo comma 1-bis dell'art. 441-bis c.p.p., introdotto dalla medesima legge del 2019, stabilisce che, se, a seguito delle contestazioni, si procede per delitti puniti con la pena dell'ergastolo, il giudice revoca, anche d'ufficio, l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato e fissa l'udienza preliminare o la sua eventuale prosecuzione.

Preclusione del rito abbreviato per i reati puniti con l'ergastolo: prevale lo speciale disvalore. La Consulta si è più volte pronunciata sulla legittimità costituzionale dell'art. 438, comma 1-bis, c.p.p., dichiarando inammissibili o non fondate le questioni sollevate nei suoi confronti.

In particolare, è stato affermato che il presupposto generale da cui muove il legislatore è che il giudizio abbreviato resti precluso quando l'imputato è chiamato a rispondere di una fattispecie di reato punita con la pena perpetua, perché ciò si traduce in un giudizio di speciale disvalore della figura astratta del reato (C. cost., n. 260/2020). Il giudice delle leggi, quindi, ha precisato, nella medesima pronuncia, che non può ritenersi in contrasto con il principio di parità di trattamento la circostanza per cui a beneficiare dello sconto di pena conseguente all'accesso al giudizio abbreviato sia l'imputato di omicidio nei cui confronti, in esito al giudizio ordinario, l'aggravante ostativa contestata venga esclusa, mentre allo stesso esito non può giungere l'imputato di omicidio nei cui confronti venga bensì riconosciuta la sussistenza in fatto della circostanza aggravante che determina l'astratta applicabilità dell'ergastolo, ma tale circostanza venga “elisa” ai fini sanzionatori da una o più circostanze attenuanti presenti nel caso di specie.

Ciò in quanto l'art. 438, comma 1-bis, c.p.p. mutua la “regola generale”» di cui all'art. 4 c.p.p., secondo cui, ai fini della determinazione della pena massima, si tiene conto delle sole circostanze aggravanti a effetto speciale, ma non delle circostanze attenuanti che possano egualmente concorrere nel caso concreto. Regola, questa, che, secondo la citata sentenza, è provvista di una “solida ragionevolezza”, perché il legislatore fa dipendere la possibilità di ricorrere a un determinato istituto – nel caso di specie, il giudizio abbreviato – dalla contestazione di una circostanza aggravante che, comportando l'applicazione di una pena di specie diversa dalla reclusione come l'ergastolo, esprime un giudizio di disvalore della fattispecie astratta marcatamente superiore a quello che connota la corrispondente fattispecie non aggravata; e ciò, aggiunge la medesima pronuncia, indipendentemente dalla sussistenza nel caso concreto di circostanze attenuanti, che ben potranno essere considerate dal giudice quando, in esito al giudizio, irrogherà la pena nel caso di condanna.

Ergastolo e rito abbreviato: il minorenne è avvantaggiato? Il rimettente incentra le sue censure essenzialmente sulla violazione dell'art. 3 Cost. e sulla disparità di trattamento che contrassegnerebbe la posizione del seminfermo di mente ai sensi dell'art. 89 c.p. (quale l'imputato nel giudizio a quo), rispetto all'imputato minorenne. Laddove, infatti, per entrambe queste categorie di imputati, gli artt. 89 e 98 c.p. stabiliscono un'analoga diminuzione di pena, da ricondursi alla comune condizione di “ridotta rimproverabilità” derivante dal minor grado di discernimento circa il disvalore della propria condotta e dalla minore capacità di controllo dei propri impulsi, diverse sarebbero le conseguenze dal punto di vista sanzionatorio, posto che l'impossibilità di accedere al giudizio abbreviato opererebbe unicamente in danno dell'imputato seminfermo di mente, e non anche del minorenne imputabile.

Minorenne e semi infermo di mente “pari non sono”. Per il giudice delle leggi, tuttavia, la rilevata disparità di trattamento non sussiste, perché l'elemento che vale ad impedire all'imputato seminfermo di mente di delitti puniti con la pena dell'ergastolo, e non anche all'imputato minorenne per gli stessi delitti, l'accesso al rito abbreviato non è da rinvenirsi nelle diverse conseguenze che discendono dalle rispettive attenuanti, quanto nella diversa regola di sistema – scaturente immediatamente dalla sentenza costituzionale n. 168/1994 – che impedisce di infliggere la pena perpetua al solo imputato minorenne, alla luce della necessità, in quella sede chiaramente affermata, di una incisiva diversificazione, rispetto al sistema punitivo generale, del trattamento penalistico dei minorenni.

Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale degli artt. 17 e 22 c.p. nella parte in cui non escludono l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore imputabile, contenuta nella sentenza da ultimo richiamata, si è, pertanto, venuta a determinare una sostituzione generalizzata della pena perpetua con quella temporanea per la sola categoria dei rei minorenni. E proprio il venir meno dell'astratta possibilità di applicare la pena dell'ergastolo agli imputati minorenni è l'elemento che consente a questi ultimi di accedere sempre al rito abbreviato, posto che, per essi, la preclusione stabilita dall'art. 438, comma 1-bis, c.p.p. non può operare in ragione della generale impossibilità di configurare, a loro carico, delitti puniti con la pena dell'ergastolo.

Sulla base di tali considerazioni, la pronuncia in commento dichiara non fondate le questioni sollevate dal giudice a quo.

*Fonte: DirittoeGiustizia

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