Il terzo chiamato in garanzia è litisconsorte necessario processuale in fase di appello

Sergio Matteini Chiari
10 Ottobre 2022

La chiamata in garanzia determina una situazione di litisconsorzio necessario processuale tra il terzo chiamato e le parti originarie, con conseguente inscindibilità delle cause ex art. 331 c.p.c.
Massima

La chiamata in garanzia determina una situazione di litisconsorzio necessario processuale tra il terzo chiamato e le parti originarie, con conseguente inscindibilità delle cause ex art. 331 c.p.c., sicché l'attore che impugna la sentenza a sé sfavorevole è tenuto ad evocare nel giudizio di appello, oltre che il responsabile, anche il garante, e ciò anche quando il chiamato non abbia contestato la fondatezza della domanda proposta dall'attore nei confronti del proprio chiamante e l'attore (appellante) non abbia proposto domande nei confronti del chiamato.

Quando il terzo chiamato, dopo aver partecipato al giudizio di primo grado a seguito di tale chiamata, non abbia preso parte a quello di appello, si configura una violazione dell'art. 331 c.p.c., rilevabile anche d'ufficio nel giudizio di legittimità, nel quale va disposta la cassazione con rinvio per nuovo esame previa integrazione del contraddittorio.

Il caso

La società AAA conveniva in giudizio BBB per sentirlo condannare al pagamento della provvigione per l'attività di intermediazione svolta con riguardo alla compravendita di un appartamento, di cui BBB si era reso acquirente.

Il convenuto chiamava in causa il venditore CCC per essere da questo manlevato in caso di condanna ed il terzo chiamato rimaneva contumace.

Il Tribunale adito respingeva la domanda attorea.

Tale sentenza, gravata (nei confronti del solo BBB) dalla soccombente società AAA, veniva riformata dalla Corte territoriale, con condanna di BBB a prestare la richiesta provvigione.

Avverso tale pronuncia, BBB proponeva ricorso per cassazione.

La questione

La Corte Suprema di Cassazione è stata chiamata a stabilire a) se il terzo che abbia partecipato al giudizio di primo grado a seguito di chiamata in causa ad istanza di parte rivesta la figura di litisconsorte necessario processuale nella successiva fase di gravame; b) quali dovessero essere le conseguenze, sul piano processuale, della mancata notifica dell'atto di appello al suddetto terzo.

Le soluzioni giuridiche

i) Relativamente alla prima delle questioni esposte nel precedente paragrafo, la S.C. ha affermato che, pur se la domanda di condanna avanzata dal mediatore per il pagamento della provvigione «contro ciascuna delle parti» dell'affare concluso in ragione del suo intervento dà luogo ad un'ipotesi di litisconsorzio facoltativo per comunanza di titolo, con conseguente scindibilità delle cause in sede di gravame, tuttavia, essendo stata la chiamata effettuata in garanzia («per quanto impropria»), in sede di impugnazione, ai fini dell'applicazione dell'art. 331 c.p.c., deve comunque ravvisarsi un'ipotesi di litisconsorzio necessario processuale fra il garante e il garantito, così che l'attore che impugna la sentenza a sé sfavorevole è tenuto ad evocare entrambi nel giudizio di appello.

Non essendo ciò avvenuto, la Corte territoriale avrebbe dovuto ordinare l'integrazione del contraddittorio, fissando il termine per la notificazione dell'impugnazione al chiamato.

ii) Con riguardo allaseconda delle questioni esposte nel precedente paragrafo, la S.C., previa sottintesa adesione alla tesi secondo cui anche nei casi di litisconsorzio necessario processuale la mancata integrazione del contraddittorio nel giudizio di appello determina la nullità dell'intero procedimento di secondo grado e della sentenza che lo ha concluso, ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte territoriale in diversa composizione, affinché la stessa esaminasse nuovamente la causa dopo aver ripristinato l'integrità del contradditorio.

Osservazioni

i) L'istituto della chiamata ad istanza di parte è previsto dall'art. 106 c.p.c.

La norma individua due differenti presupposti della chiamata, la comunanza di causa oppure un rapporto di garanzia, ricorrendo l'uno o l'altro dei quali un terzo può essere immesso nella vicenda processuale in corso, acquistando la qualità di parte.

E', invero, indiscusso che colui che viene fatto intervenire nel processo (sia che ciò avvenga ad istanza di parte, sia che ciò avvenga per ordine del giudice) assume, per il solo fatto di essere stato chiamato, la qualità di parte. Dal che discende che il provvedimento di definizione della causa avrà efficacia anche nei suoi confronti, sia che abbia partecipato attivamente al giudizio sia che sia, invece, rimasto contumace.

ii) Mediante la chiamata in garanzia, viene evocato in causa un terzo affinché risponda in luogo del chiamante oppure affinché sia condannato a rispondere di quanto il chiamante sarà eventualmente tenuto a prestare all'altra parte, oppure affinché su di lui vengano prodursi le eventuali conseguenze negative a carico del chiamante in una causa promossa per ottenere l'esazione di un credito o per conseguire il risarcimento di un danno o per l'accertamento della proprietà di un bene.

iii) A seconda del fatto giuridico assunto a fondare il rapporto di garanzia, la giurisprudenza di legittimità ha sempre, sino a tempi recenti, distinto, per vari effetti sul piano processuale, tra garanzia c.d. «propria» e garanzia c.d. «impropria».

La garanzia del primo tipo ricorre quando la domanda principale e quella di garanzia abbiano lo stesso titolo oppure sussista una connessione oggettiva tra i titoli delle due domande oppure quando sia unico il fatto generatore della responsabilità prospettata con l'azione principale e con quella accessoria (ex multis: Cass. civ., sez. III, ord. 24 gennaio 2007, n. 1515; Cass. civ., S.U., 15 marzo 2007, n. 5978; Cass. civ., sez. lav., 16 aprile 2014, n. 8898).

La garanzia del secondo tipo si configura nelle ipotesi in cui il chiamante (di norma, la parte convenuta) tenda a riversare su un terzo le conseguenze del proprio inadempimento o comunque della lite in cui è coinvolto, in base ad un titolo diverso ed autonomo rispetto a quello assunto a fondare la domanda principale, oppure in base ad un titolo connesso al rapporto principale solo in via occasionale o di fatto (ex multis: Cass. civ., sez. II, 29 luglio 2009, n. 17688; Cass. civ., sez. lav., 16 aprile 2014, n. 8898).

iv) Sul piano processuale, fra l'altro in tema di qualificazione del litisconsorzio processuale nelle fasi di impugnazione, se necessario (art. 331 c.p.c.) o facoltativo (art. 332 c.p.c.), sono state offerte, sino a tempi recenti, soluzioni differenti, a seconda del ricorrere dell'una o dell'altra delle due suddette ipotesi di garanzia.

Secondo l'orientamento più risalente, ma ancora, sia pure episodicamente, seguito, l'ipotesi di inscindibilità delle cause e quindi di litisconsorzio necessario processuale deve ritenersi configurabile unicamente nei casi di chiamata in garanzia «propria», instaurandosi, in tal caso, fra domanda principale e domanda di garanzia, quanto meno un vincolo di dipendenza (v. Cass. civ., sez. II, 5 ottobre 2009, n. 21240; Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 2012, n. 17482).

Viceversa, nel caso di chiamata in causa in garanzia «impropria»,l'azione principale e quella di garanzia, essendo fondate su due titoli diversi, con l'assunzione da parte del chiamato della posizione di interveniente adesivo dipendente, debbono ritenersi distinte e scindibili (Cass. civ., sez. III, 4 giugno 2007, n. 12942; Cass. civ., sez. III, 4 febbraio 2010, n. 2557; Cass. civ., sez. III, 25 luglio 2013, n. 18044 Cass. civ., sez. VI, ord. 28 aprile 2014, n. 9369; Cass. civ., sez. II, 17 dicembre 2019, n. 33422).

In particolare, è stato affermato che nel caso in cui il convenuto chiami in giudizio un terzo, esperendo nei suoi confronti una domanda di garanzia «impropria», deve escludersi in appello l'inscindibilità delle cause ai fini dell'integrazione del contraddittorio nelle fasi di impugnazione, allorché il chiamato non abbia contestato la fondatezza della domanda proposta contro il proprio chiamante e l'attore non abbia presentato domande verso il chiamato (Cass. civ., sez. II, 24 ottobre 2013, n. 24132; Cass. civ., sez. II, ord. 5 ottobre 2018, n. 24574; Cass. civ., sez. VI, ord. 6 ottobre 2020, n. 21366).

v)Un altro orientamento - attualmente dominante e seguito anche dalla sentenza in commento -, inaugurato dalle Sezioni Unite con la sentenza 4 dicembre 2015, n. 24707, afferma in via generale l'inscindibilità delle cause in sede di gravame e la sussistenza di un litisconsorzio necessario c.d. processuale (Cass. civ., sez. VI, ord. 11 settembre 2017, n. 21098; Cass. civ., sez. III, ord. 31 ottobre 2017, n. 25822; Cass. civ., sez. VI, ord, 12 marzo 2018, n. 5876; Cass. civ., sez. VI, ord. 11 novembre 2021, n. 33481; Cass. civ., sez. III, 21 marzo 2022, n. 9013), tenuto conto che la regola di litisconsorzio applicabile in sede di gravame si correla e dipende dal dato, comune e sempre ricorrente in ogni fattispecie di chiamata del terzo garante, dell'efficacia estensiva della legittimazione del garante rispetto all'accertamento del rapporto principale. Efficacia estensiva che acquista valore di dato determinante ai fini della regola del litisconsorzio e degli effetti dell'impugnazione e che connota tanto le ipotesi di garanzia propria che quelle di garanzia impropria.

Per quanto rileva in questa sede, con la sentenza appena sopra citata, le S.U. hanno affermato a) che la distinzione tra garanzia «propria» ed «impropria», non essendo assistita da alcunché sul piano normativo, conserva un valore meramente descrittivo ed è priva di conseguenze giuridiche; b) che la chiamata in garanzia – ininfluente restando la suddetta distinzione - dà luogo, in sede di gravame, ad un litisconsorzio processuale necessario, stante il nesso di pregiudizialità-dipendenza esistente tra domanda principale e domanda di garanzia.

vi) Seguendo il secondo dei ricordati orientamenti (cui, come ricordato, ha dato adesione la sentenza in commento) e ribadito che la chiamata in garanzia - irrilevante sul piano processuale dovendo ritenersi la distinzione fra garanzia «propria» e garanzia «impropria» - determina una situazione di litisconsorzio necessario c.d. «processuale» tra il terzo chiamato e le parti originarie e dà luogo alla formazione di una causa inscindibile, con conseguente inscindibilità della causa principale e la causa di garanzia, nelle fasi di impugnazione deve essere applicata la disciplina (integrazione del contraddittorio) prescritta dall'art. 331 c.p.c.: il giudizio di impugnazione deve svolgersi nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato alla precedente fase; ciò al fine di garantire l'unitarietà della decisione ed onde evitare giudicati contrastanti nella stessa materia e tra soggetti già parti del giudizio.

Di guisa che l'attore che impugna la sentenza a sé sfavorevole è tenuto ad evocare nel giudizio di appello oltre che il responsabile anche il garante, e ciò anche quando il chiamato non abbia contestato la fondatezza della domanda proposta dall'attore nei confronti del proprio chiamante e l'attore (appellante) non abbia proposto domande nei confronti del chiamato [si vedano in tal senso le pronunce citate mel precedente punto v), in particolare Cass. civ., sez. III, ord. 31 ottobre 2017, n. 25822 e Cass. civ., sez. III, 21 marzo 2022, n. 9013]; dovendo il giudice, in caso contrario, disporre l'integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 331, comma 1, c.p.c.

La mancata osservanza di tale disposizione comporta violazione dell'art. 331 c.p.c. rilevabile d'ufficio nel giudizio di legittimità, nel quale va disposta la cassazione con rinvio per nuovo esame, previa integrazione del contraddittorio si vedano in tal senso la sentenza in commento, nonché, ex multis, Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2008, n. 2901; Cass. civ., sez. V, 17 febbraio 2010, n. 3717 e Cass. civ., sez. I, 6 maggio 2016, n. 9131).

Nel cassare la sentenza gravata, la S.C. ha disposto che il giudice del rinvio dovrà esaminare nuovamente la causa dopo aver ripristinato l'integrità del contradditorio

In proposito, merita rammentare che, secondo l'orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, il litisconsorzio meramente processuale, che si verifica in caso di chiamata in causa, per ordine del giudice, di un terzo cui è ritenuta comune la controversia, impone la presenza in causa del terzo anche nei successivi gradi di giudizio, ma non comporta che a tale soggetto debbano ritenersi automaticamente estese le domande e le conclusioni formulate nei confronti di altri soggetti processuali, occorrendo a tal fine un'espressa manifestazione di volontà al riguardo (v., in tal senso, Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2008, n. 7901 e Cass. civ., sez. VI, 19 luglio 2019, n. 19605).

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