Giudizio di separazione e ordine di pagamento diretto

27 Ottobre 2022

Con quali modalità deve avvenire l'ordine di pagamento diretto all'esito del giudizio di separazione?
Massima

Nei procedimenti ex art. 156, comma 6 c.c., il Tribunale è chiamato unicamente a verificare, data l'obbligazione posta da un provvedimento giudiziale a carico di uno dei coniugi/genitori, la sussistenza dell'inadempimento quale presupposto previsto dall'art. 156 comma 6 c.c., essendo onere del convenuto obbligato fornire la prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento, secondo i principi generali in tema di onere della prova in punto di adempimento/inadempimento delle obbligazioni.

Le decisione giudiziale non risolve una controversia sulla esistenza del diritto all'assegno, diritto che ne costituisce un presupposto, ma piuttosto attiene alle modalità di attuazione del diritto stesso e ha una funzione di garanzia rafforzata del credito.

Il caso

Tizia ha adito il Tribunale per chiedere che fosse disposto il pagamento diretto in suo favore, da parte dell'Inps, della somma stabilita dalla sentenza di separazione quale contributo al suo mantenimento.

A fondamento delle domande avanzate, Tizia ha lamentato e provato il mancato versamento da parte del marito, percettore di pensione, dell'assegno di mantenimento dovuto e posto a suo carico dal provvedimento giudiziale emesso l'anno prima.

Il marito è rimasto contumace nel procedimento incardinato da Tizia, nonostante avesse ricevuto regolare notifica del ricorso e fosse, quindi, stato messo a conoscenza del procedimento e del suo oggetto.

Il Tribunale ha accolto la domanda di Tizia e disposto ex art. 156,VI comma, c.c. l'ordine di pagamento diretto, ordinando all'Inps di pagare alla stessa la somma prevista dalla sentenza di separazione detraendola dalla pensione del marito.

La questione

Come si richiede l'ordine di pagamento diretto una volta concluso il giudizio di separazione? Quale rito è applicabile?

Quali sono gli accertamenti che deve compiere il Giudice investito della richiesta ex art. 156,VI comma, c.p.c. ? Quale onere probatorio è tenuta ad assolvere in giudizio la parte che richiede l'ordine pagamento diretto?

Le soluzioni giuridiche

Con la decisione in commento il Tribunale, richiamando i principi consolidati elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in materia, ha fornito preliminarmente alcuni chiarimenti di natura processuale riguardo la natura del rito applicabile alla domanda avanzata ex art. 156, IV comma c.c. per poi soffermarsi ad inquadrare l'attività di indagine che è tenuto a compiere il Giudice nei procedimenti ex art. 156,VI comma, c.c. nonché gli oneri probatori posti a carico delle parti.

La forma della domanda e il rito applicabile

L'art. 156, comma VI c.c., attribuisce espressamente al Giudice, in caso di inadempimento dell'obbligo di versare l'assegno di mantenimento previsto da un provvedimento giurisdizionale, il potere di ordinare ai terzi che sono tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato - come il datore di lavoro appunto- che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto.

L'istituto si colloca nel quadro degli strumenti normativi di “garanzia” delle pretese creditorie, presuppone l'intervento giudiziale e consente all'avente diritto all'assegno di percepire l'intera somma stabilita a suo favore, tramite distrazione dagli importi dovuti dal terzo al debitor debitoris.

Per poter richiedere e ottenere l' ordine di pagamento occorre l'esistenza di un titolo esecutivo di formazione giudiziaria, che fissi l'importo dell'assegno mensile dovuto per il coniuge e/o per i figli: può trattarsi dell'ordinanza presidenziale, dell'ordinanza del Giudice Istruttore, di una sentenza di separazione, del verbale di separazione omologato, o anche di un decreto di modifica delle condizioni di separazione.

Alcuni Tribunali hanno, poi, riconosciuto la possibilità di richiedere l'ordine di pagamento diretto previsto dall'art. 156 comma 6 c.c., anche a fronte dell'inadempimento degli obblighi sanciti in un accordo di separazione raggiunto attraverso una convenzione di negoziazione assistita ai sensi dell'art. 6 d.l. n. 132/2014 così come convertito dalla l. 10 novembre 2014 n. 162. (Cfr. Trib. Torino 18 dicembre 2017 Trib. Como 3 luglio 2013

Le particolari forme di tutela di cui all'art. 156 c.c. possono essere richieste con una semplice istanza innanzi al giudice istruttore del procedimento della separazione, laddove sia ancora pendente, ma anche tramite un ricorso autonomo laddove il giudizio di merito (come nel caso affrontato dal Tribunale con la pronuncia in commento) sia oramai concluso.

La relativa richiesta può essere proposta per la prima volta anche nel corso del giudizio di secondo grado, trovando applicazione il c.d. principio rebus sic stantibus, purché risulti sempre rispettato il principio del contraddittorio, a garanzia del diritto di difesa del coniuge obbligato in sede di accertamento della sua inadempienza (Cass. Civ., 19 dicembre 2003, n. 19527).

La sentenza in commento chiarisce che la domanda può essere proposta con ricorso anche successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di separazione. In tal caso è competente il Tribunale, individuato ai sensi degli artt. 18, 20 c.p.c, che deciderà in composizione collegiale, con la forma del rito camerale ex art. 737 c.p.c.

Il procedimento in camera di consiglio, quale disciplinato nelle e norme di cui agli artt. 737 – 742 cod. proc. civ. è strutturalmente connotato da requisiti che ne fanno uno strumento di accesso alla giurisdizione duttile e semplificato, oltre che meno dispendioso per le parti, sottratto di per sé a scansioni e limiti ai poteri istruttori del giudice, cui è affidato il compito di regolare l'intero svolgimento del processo nel modo che egli ritiene più opportuno rispetto alla materia trattata e agli obiettivi di celerità sottesi alla stessa scelta del rito.

Tale rito, come ribadito anche dal Tribunale nella decisione in commento, assicura comunque l'instaurazione del contraddittorio nonché il diritto di difesa, dovendo il ricorso presentato essere notificato alla parte convenuta (il soggetto obbligato a corrispondere l'assegno di mantenimento in forza di un provvedimento giudiziario esistente) per metterla nelle condizione di contestare la pretesa avversaria attraverso il deposito della memoria difensiva.

Infatti, nei procedimenti camerali attivati su istanza di parte, il giudice adito è tenuto a fissare con decreto l'udienza di comparizione con termine per la notifica del ricorso e del decreto alle controparti (Cfr. Cass. 8 luglio 2005, n. 14390).

La parte convenuta è quindi messa nelle condizioni di costituirsi in giudizio eccependo, mediante memoria difensiva ed in pieno rispetto dei principi generali in tema di onere della prova, l'eventuale intervenuto pagamento di quanto richiesto.

Legittimato ad agire per richiedere l'ordine di pagamento diretto è, ovviamente, il coniuge avente diritto alla percezione dell'assegno, sia esso stato disposto per il mantenimento suo o dei figli con esso conviventi.

Il terzo, invece, pur non essendo parte del procedimento, pur non dovendo essere citato all'udienza e non avendo neppure facoltà di intervento, deve comunque essere individuato esattamente nel ricorso presentato dal momento che l'ordine di pagamento, laddove disposto, sarà a lui rivolto e notificato.

Fra i terzi che possono essere obbligati al pagamento a favore del coniuge creditore, sono ricompresi non solo il datore di lavoro dell'obbligato (sia esso pubblico o privato), ma anche gli enti pubblici o privati che erogano trattamenti pensionistici - come nella fattispecie oggetto della decisione in commento nonché ogni altro terzo, tenuto a prestazioni periodiche o una tantum.

I cespiti aggredibili possono essere, infatti, stipendi, indennità, somme comunque dovute dal datore lavoro, trattamenti pensionistici (Cass. Civ. n.13630/1992; Cass. Civ 27 gennaio 2004 n.1398, in Famiglia e Diritto,), ogni altra somma comunque dovuta dal terzo all'obbligato, anche diversa dal credito da retribuzione (Trib.Napoli, ord. 2 aprile 2012, Famiglia, persona e successioni; 5, 2012, pag 392.), le somme dovute quale Reddito di cittadinanza (Trib. Trani ord. 30 gennaio 2020, in Quot. Giuridico, Leggi d'Italia, 2020.).

Il Tribunale decide con decreto motivato, dopo aver sentito l'inadempiente e il Pubblico Ministero, e aver raccolto le informazioni del caso.

Pare utile ricordare che, anche in pendenza del giudizio di divorzio, trova ancora applicazione la misura di cui all'art. 156 c.c., fino a quando non viene emessa la sentenza di divorzio. Ciò perché l'assegno riconosciuto al coniuge mantiene la natura di assegno di mantenimento. (Cfr. Cass. civ. 22 aprile 2013, n. 9671).

Anche per la tutela dei crediti derivanti da assegno di mantenimento riconosciuto con provvedimento presidenziale provvisorio in pendenza del procedimento di divorzio, lo strumento cui fare ricorso resta ancora quello di cui all'art. 156, VI comma, c.c.

Viceversa, il passaggio in giudicato della sentenza non definitiva sullo status comporta il venir meno della natura di assegno di separazione con la conseguenza che, in caso di inadempimento, si dovrà ricorrere al diverso strumento di cui all'art. 8 L. 898/1970 (Cfr. Cass.civ. 24 gennaio 2011, n. 1613).

I presupposti per la concessione dell'ordine di pagamento diretto. L'accertamento compiuto dal Giudice

Con la pronuncia in commento il Tribunale ha evidenziato altresì che la decisione giudiziale non risolve una controversia sull'esistenza del diritto all'assegno” – essendo lo stesso già accertato e consacrato nel titolo – riconoscendo così che nel giudizio promosso ex art. 156 c.c. il Giudice è tenuto unicamente verificare, data l'obbligazione posta a carico di uno dei coniugi/genitori da un provvedimento giudiziale già esistente, la sola sussistenza dell'inadempimento lamentato.

La richiesta di pagamento diretto avanzata quando non è ancora instaurazione il giudizio di separazione è infatti inammissibile mancando il titolo (sul punto v. G. Servetti, Le garanzie patrimoniali della famiglia, a cura di M. Dogliotti, Giuffrè, 2013)

Il presupposto oggettivo e unico, per l'emissione del provvedimento in esame è, pertanto, il semplice inadempimento all'obbligazione economica prevista dal provvedimento dell'Autorità giudiziaria. Il Giudice dovrà di conseguenza verificare oltre all'esistenza del provvedimento giudiziale a carico di uno dei coniugi, il mancato ottemperamento da parte della parte obbligata agli obblighi economici previsti da detto provvedimento.

L'ordine può essere concesso in presenza di un ritardo o di un inadempimento che faccia temere il ripetersi di pagamenti inesatti, o irregolari anche per le rate successive (Cfr. Cass.Civ. 22 aprile 2013 n.9671)

Parte della giurisprudenza ritiene però che un solo ritardo, magari minimo o avvenuto per pura dimenticanza, non sia sufficiente per concedere l'ordine in assenza di allegazioni precise circa il pregiudizio arrecato al coniuge e figli (Cfr. Trib. Milano, decreto 11 febbraio 2014, in Quot. Giuridico, 2014).

Deve trattarsi, in altre parole, di un ritardo ripetuto nel tempo, non dettato da mera disattenzione, e tale, tenuto conto delle circostanze del caso, da suscitare ragionevoli dubbi circa l'esattezza e la regolarità del futuro adempimento. (sul punto vedi anche Simeone A., Garanzie: ordine di pagamento diretto, in IlFamiliarista, 24 marzo 2015).

La giurisprudenza è intervenuta a più riprese sulla questione chiarendo, inoltre, che il Giudice;

- non deve neppure approfondire le ragioni dell'inadempimento del soggetto obbligato né tanto meno accertare se detto inadempimento sia o meno intenzionale (Cass. civ. 2 dicembre 1998, n. 1220;

- né deve effettuare la comparazione tra le ragioni dell'avente diritto e quelle dell'obbligato (Cass. Civ. 6 novembre 2006 n.23668.

L'art. 156, sesto comma, c.c. offre uno strumento che funge da garanzia rafforzata del credito e postula una valutazione di opportunità che prescinde da qualsiasi comparazione tra le ragioni poste a fondamento della richiesta avanzata e quelle addotte a giustificazione del ritardo nell'adempimento, implicando esclusivamente un apprezzamento in ordine all'idoneità del comportamento dell'obbligato a suscitare dubbi circa l'esattezza e la regolarità del futuro adempimento, e quindi a frustrare le finalità proprie dell'assegno di mantenimento (Cfr. Cass. 6 novembre 2006 n. 23668).

L'onere della prova

La pronuncia in commento offre, da ultimo importanti indicazioni anche anche per quanto concerne la ripartizione dell'onere della prova nei procedimenti aventi ad oggetto richieste di pagamento diretto ex art. 156 c.c.

La parte richiedente deve provare solamente la fonte del suo diritto (il titolo che consacra il diritto all'assegno) nonché l'inadempimento del soggetto obbligato. Al riguardo è sufficiente allegare, ad esempio, eventuali richieste di messa in mora e/o l'eventuale notifica di atti di precetto, etc.. La stessa dovrà da ultimo indicare in maniera precisa il terzo (debitor debitoris), anche se questi non è parte del giudizio e non deve essere citato.

Spetta invece alla parte convenuta fornire la prova in giudizio di aver adempiuto all'obbligazione economica posta a suo carico.

E' principio ormai pacifico in giurisprudenza quello per cui nel procedimento ex art. 156 c.c. comma 6, l'onere della prova circa l'avvenuto e regolare pagamento dell'assegno di mantenimento contenuto in un provvedimento giudiziale spetta al convenuto obbligato, essendo il Giudice chiamato unicamente a verificare la sussistenza o meno dell'inadempimento che non può neppure giustificarsi per effetto di pretese e inammissibili compensazioni tra il credito derivante dell'assegno ed eventuali controcrediti del soggetto obbligato. (Cfr. Trib. Milano 19 febbraio 2020; Cass. civ., sez. VI, 14 maggio 2018, n.11689; Cass. civ., sez. VI, 18 novembre 2016, n. 23569; Trib. Milano, 8 marzo 2012).

Osservazioni

La pronuncia in commento è estremamente esaustiva nel delineare i presupposti per la concessione della misura prevista dall'art. 156,VI comma c.c., nonché le funzioni della stessa e lascia ben intendere come la stessa sia improntata a criteri di estrema severità nei confronti del coniuge obbligato.

Secondo l'orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità e di merito, per poter richiedere l'ordine di pagamento diretto, non occorre che l'inadempimento denunciato sia “grave” posto che l'unico obiettivo della previsione normativa è solo quello di non vedere frustrate le finalità dell'assegno di mantenimento, e quindi rendere tempestivo ed efficace l'obbligo di mantenere il coniuge bisognoso e, soprattutto, la prole (Cfr. Corte Cost. 258/1996).

Il Tribunale deve unicamente accertare la sussistenza dell'inadempimento del genitore-debitore, essendo onere di quest'ultimo fornire la prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, secondo il regime probatorio in materia di adempimento delle obbligazioni positive (Cfr. Cass. civ., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533)

La norma prevista dall'art. 156, VI comma, c.c. si inserisce dunque nel quadro degli strumenti normativi predisposti dal legislatore al fine di assicurare una tutela privilegiata dei crediti di mantenimento.

Si tratta infatti di uno strumento considerato fra i più efficaci a garantire il soddisfacimento di un credito periodico come quello derivante dall'obbligo di mantenimento, in quanto consente di “oltrepassare” agevolmente l'inerzia dell'obbligato. Il c.d. ordine di pagamento diretto, se concesso, permette , del resto, di ricevere quando dovuto a titolo di mantenimento con un effetto molto simile a quello risultante da un pignoramento (presso terzi), pur avendone caratteristiche differenti.

La misura è volta a “rafforzare” la garanzia dell'adempimento degli obblighi di mantenimento nascenti dalla separazione legale tra coniugi che regolamenta, di fatto, una sorta di ingiunzione di pagamento rivolta direttamente ad un soggetto terzo - debitore (per qualsivoglia titolo) dell'obbligato al mantenimento - a favore del beneficiario dell'assegno di mantenimento.

E' importante precisare da ultimo, a ulteriore conferma dell'efficacia della garanzia prevista d'art. 156 c.c., VI comma c.c., che il Giudice della separazione non incontra alcun limite quantitativo nella determinazione dell'entità della quota della retribuzione da pagare in favore del beneficiario.

Nonostante la norma preveda che oggetto dell'ordine sia “una parte” delle sommeche il terzo, cui l'ordine è diretto, deve versare al soggetto gravato del pagamento dell'assegnodi mantenimento, la giurisprudenza ha ribadito che può essere legittimamente disposto il pagamento diretto dell'intera somma dovuta dal terzo quando realizzi pienamente l'assetto economico determinato in sede di separazione (Cass. civ. 2 dicembre 1998, n. 12204; Cass. civ. 6 novembre 2006, n. 23368).

Riferimenti

Servetti G., Le garanzie patrimoniali nella famiglia. Corresponsione diretta, sequestro, ipoteca, Milano, 2013;

Simeone A., Garanzie: ordine di pagamento diretto, in IlFamiliarista, 24 marzo 2015.

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