E' ammissibile l'impugnazione del lodo per violazione del divieto di patto commissorio?

03 Novembre 2022

La questione in esame è la seguente: nell'ipotesi di mancato riconoscimento dell'esistenza di un patto commissorio, il lodo sarà impugnabile per contrarietà all'ordine pubblico ex art. 829, comma 3, c.p.c.?
Massima

In tema di impugnazione del lodo per contrarietà all'ordine pubblico, deve escludersi che la decisione arbitrale possa essere impugnata per violazione del divieto del patto commissorio, poiché il disposto dell'art. 2744 c.c., pur trattandosi di una norma imperativa, non esprime in sé un valore insopprimibile dell'ordinamento, ma è posto a tutela del patrimonio del contraente, tant'è che lo stesso legislatore ha previsto casi in cui tale divieto non si applica ex art. 6 del d.lgs. 170/2004.

Il caso

In sede arbitrale, la Soc. Alfa Srl agiva nei confronti dei falliti Caio, Sempronio e Mevia al fine di ottenere l'accertamento della nullità di un atto di compravendita immobiliare con il quale i predetti falliti avevano trasferito la proprietà di un bene immobile alla Soc. Beta SpA, unitamente alla nullità del successivo contratto di locazione finanziaria concluso tra la predetta società acquirente Beta SpA e la Soc. Gamma Srl (le cui quote erano di proprietà dei falliti Caio, Sempronio e Mevia) ed avente ad oggetto il medesimo bene immobile.

Nella sostanza la Società attrice denunciava che l'intera operazione negoziale in apparenza di sale and leaseback configurasse in realtà una violazione del divieto di patto commissorio ex art. 2744 c.c. essendo stato garantito il finanziamento erogato mediante la cessione di un bene immobile.

Il Collegio arbitrale rigettava la predetta domanda ed avverso il lodo la Soc. Alfa Srl proponeva impugnazione denunziando che il mancato riconoscimento della violazione dell'art. 2744 c.c. dovesse essere considerato motivo di nullità del lodo per contrarietà con l'ordine pubblico ex art. 829, comma 3, c.p.c..

La Corte di Appello rigettava l'impugnazione ritenendo che l'art. 2744 c.c. dovesse considerarsi quale norma imperativa ma non rientrante nell'odine pubblico escludendo così l'applicazione del terzo comma dell'art. 829 cpc.

Avverso questa sentenza proponeva ricorso principale la Soc. Alfa Srl.

La questione

La questione in esame è la seguente: nell'ipotesi di mancato riconoscimento dell'esistenza di un patto commissorio, il lodo sarà impugnabile per contrarietà all'ordine pubblico ex art. 829, comma 3, c.p.c.?

Le soluzioni giuridiche

Dichiarate infondate le eccezioni di inammissibilità sollevate dal resistente, il Supremo Collegio affronta il merito della questione provvedendo ad una ricostruzione sistematica dei due fattori dell'equazione ovvero da una parte l'art. 2744 c.c. e dall'altra l'art. 829, comma 3, c.p.c..

Quanto alla prima disposizione, la Corte evidenzia come la stessa esprima un «divieto di risultato» per cui l'illecito potrà essere integrato sia da un qualsiasi negozio che da plurimi negozi tra loro collegati ogni qual volta la preminente funzione economica risulterà essere quella di garanzia consistente nel trasferimento del bene in capo al creditore nel caso di inadempimento del debitore (Cass. Civ. n. 27362/2021, Cass. Civ. n. 23553/2020).

Dall'altra parte, il Collegio accoglie l'interpretazione restrittiva di ordine pubblico inteso come «rinvio alle norme fondamentali e cogenti dell'ordinamento» espressione dei «valori di fondo del sistema giuridico italiano» così disattendendo altro orientamento che si rifà ad una nozione «attenuata» di ordine pubblico tale cioè da comprendere tutte le norme imperative (Cass. Civ. n. 21850/2020, Cass. Civ. n. 25187/2021).

Premesso ciò, la Corte nega che la norma imperativa ex art. 2744 sia anche espressione dell'ordine pubblico. Il Collegio, infatti, ritiene che la ratio dell'art. 2744 c.c. debba essere ricercata nella difesa del debitore da illecite coercizioni del creditore a tutela del patrimonio del contraente più debole e non, come sostenuto da altro orientamento, nella salvaguardia dell'interesse fondamentale e generale della par condicio creditorum (Bianca, Patto commissorio, Novissimo Digesto Italiano, UTET, 1965, 717; Cass. Civ. n. 1611/1983).

La Corte rileva, peraltro, che ove la funzione di garanzia sia accompagnata da un patto marciano non sia in realtà configurabile alcuna illiceità mentre l'art. 6 del d.lgs. 170/2004 prevede una eccezione al divieto escludendo espressamente per i contratti di garanzia finanziaria l'applicazione dell'art. 2744 c.c. Ciò, continua il Collegio, non sarebbe possibile ove tale norma fosse espressione dell'ordine pubblico.

Pertanto, la Suprema Corte esclude che l'art. 2744 c.c., pur essendo norma imperativa, sia espressione dei valori fondamentali dell'ordinamento costituente l'ordine pubblico, con la conseguenza dell'inammissibilità dell'impugnazione del lodo ex art. 829, comma 3, c.p.c.

Osservazioni

Due gli aspetti interessanti della decisione in commento.

Sotto un primo profilo, è ribadito come la funzione di garanzia sia l'elemento principale che l'interprete dovrà accertare per affermare l'esistenza di un patto commissorio e sarà attuata mediante il trasferimento in favore del creditore della proprietà del bene in occasione dell'inadempimento del debitore.

Le parti potranno utilizzare qualsiasi negozio sia di natura obbligatoria o reale, sia con effetti traslativi immediati o condizionati, sia tramite l'utilizzo di determinati strumenti di attuazione della finalità di garanzia che in forza di negozi collegati, complessi o misti anche se stipulati da soggetti diversi (Cass. Civ. n. 27362/2021). Alcuna casistica giurisprudenziale: 1) contratto di vendita condizionato sospensivamente all'inadempimento del debitore nonché contratto di vendita risolutivamente condizionato all'adempimento del debitore (Cass. Civ. n. 23553/2020); 2) contratto di sale and leaseback avente, in luogo della causa concreta di leasing, quella di garanzia in favore del creditore, previo riscontro di alcuni elementi sintomatici quali: a) l'esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l'impresa venditrice utilizzatrice; b) le difficoltà economiche della società utilizzatrice; c) la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall'acquirente (Cass. Civ. n. 2219/2022); 3) contratto di vendita con patto di riscatto o di retrovendita nel caso in cui la somma corrisposta dal compratore non sia il corrispettivo per l'acquisto ma costituisca un mutuo a fronte del quale il trasferimento del bene costituisce garanzia provvisoria dell'adempimento del debitore (Cass. Civ. n. 4515/2018).

Qualora invece le parti abbiano inserito nel negozio un patto marciano non vi sarà violazione del divieto del patto commissorio (Cass. Civ. n. 844/2020).

Meno convincente la parte della decisione relativa all'interpretazione della nozione di ordine pubblico ex dall'art. 829, 3 comma, c.p.c. quale eccezione alla regola della non impugnabilità del lodo per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia. Tale statuizione, introdotta dal d.lgs. 40/2006, riprende la disciplina dell'arbitrato internazionale, caratterizzato da fattori soggettivi e/o oggettivi transnazionali, istituto già regolato dagli artt. 823-838 cpc ed abrogata dal predetto intervento normativo. Volendo assicurare maggiore tutela al lodo e quindi indirettamente alla volontà delle parti, si sono limitate le ipotesi di impugnazione per errores in iudicando. Nel riprendere, quindi, l'inversione tra eccezione e regola prevista per l'arbitrato internazionale ed estendendola all'arbitrato tout court, è stata positivizzata la clausola di salvaguardia per cui è sempre ammessa l'impugnazione del lodo per contrarietà all'ordine pubblico.

Come intendere il richiamo effettuato dall'art. 829 c.p.c. all'ordine pubblico? Secondo la Corte di legittimità tale nozione di ordine pubblico andrebbe intesa quale rinvio alle norme fondamentali e cogenti dell'ordinamento espressione dei principi etici, economici, politici e sociali che in un determinato momento storico caratterizzano il nostro ordinamento. Così si intendono i valori di fondo del sistema giuridico italiano costituenti il complesso di norme e principi che esprimono interessi e valori generalizzati dell'intera collettività dettati a tutela di interessi generali e, quindi, non derogabili dalla volontà delle parti.

Invero, per altro orientamento: 1) deve distinguersi tra ordine pubblico internazionale rilevante quando al merito del lodo sia applicabile una legge straniera ed ordine pubblico interno nel caso di applicazione della legge italiana 2) l'ordine pubblico interno va inteso quale insieme dei principi fondamentali dell'ordinamento statale sostanziandosi in norme di necessaria osservanza e quindi tali da limitare l'autonomia privata 3) in tal senso l'ordine pubblico interno andrebbe sostanzialmente a coincidere con le norme imperative 4) la contrarietà all'ordine pubblico va comunque valutata con riferimento al decisum, vagliando il risultato concreto dell'applicazione della norma e quindi se viene imposto ad una parte di tenere un comportamento contrario a norma imperativa o se è prevista una regola di condotta di per sé lecita ma che si pone in contrasto con quanto disposto nel caso concreto da una norma inderogabile (S. Menchini, Impugnazioni del lodo rituale, in La riforma della disciplina dell'arbitrato, Ed. Giuffrè, 2006, 179; Cass. Civ. n. 17349/2002). Invero, questo secondo orientamento appare maggiormente condivisibile. Ciò consentirebbe di assicurare un'applicazione uniforme delle norme imperative dell'ordinamento giuridico sia innanzi agli arbitri che al giudice statale evitando che controversie identica possano subire esiti opposti.

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