Richiesta di termine per il deposito di memorie su questione rilevata d'ufficio ex art. 73, comma 3 (da verbalizzare) (art. 73)

Roberto Chieppa

Inquadramento

Nel corso dell'udienza di discussione – che rappresenta l'ultimo momento di contraddittorio delle parti prima della decisione della causa – il giudice può indicare alle parti la rilevanza ai fini della decisione da assumere di una questione non esaminata dalle parti (c.d. “terza via”). In tale evenienza l'art. 73, comma 3, impone al giudice di indicare alle parti in udienza tale questione, dandone atto a verbale. A fronte di tale indicazione, le parti possono dunque articolare le proprie deduzioni, sia verbalmente in udienza, sia chiedendo al giudice un termine per la produzione di memorie sulla questione specifica. Tale richiesta va presentata in udienza e indicata nel verbale.

Formula

[da inserire nel verbale d'udienza]

RICHIESTA DI TERMINE PER IL DEPOSITO DI MEMORIA DIFENSIVA

UDIENZA DI DISCUSSIONE DEL .... RICORSO R.G. N. ....

VERBALE DI UDIENZA

Alla pubblica udienza del .... (o alla camera di consiglio del ....), in relazione al ricorso R.G. n. ...., chiamato alle ore .... e per il quale il Collegio giudicante è composto dai seguenti magistrati: ...., sono presenti per le parti ....

[ ....]

L'Avv. ...., che rappresenta e difende ...., giusta procura speciale agli atti, a fronte della indicazione da parte del Collegio, resa nel corso dell'udienza, di una questione rilevabile d'ufficio idonea ad essere posta a fondamento della decisione, consistente in [indicare sinteticamente la questione], chiede che il Collegio voglia riservare la decisione, assegnando un termine alle parti al fine di esercitare il proprio diritto al contraddittorio su detta questione, mediante la produzione di memorie e documenti, ai sensi dell'art. 73, comma 3, c.p.a.

Commento

La finalità di garantire sempre il pieno esercizio dei diritti di difesa delle parti è resa ancora più evidente dal terzo comma dell'art. 73 c.p.a., che codifica l'obbligo del giudice di segnalare alle parti eventuali questioni rilevabili d'ufficio emerse dopo la chiusura dell'istruttoria se queste debbano essere poste alla base della sentenza. L'obbligo è assolto o tramite la indicazione verbalizzata in udienza o, se la questione emerge in camera di consiglio dopo il passaggio in decisione della causa, attraverso l'assegnazione con ordinanza alle parti di un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie per replicare sulla questione.

Lo scopo è quello di evitare decisioni a sorpresa (dette anche della “terza via”), conformemente a quanto previsto dal c.p.c., dove la controversia è decisa sulla base di una questione non discussa in contraddittorio dalle parti. Assume quindi rilievo centrale l'obbligo al giudice di segnalare alle parti ogni questione che ritenga di rilevare d'ufficio, anche nel corso della stessa udienza di discussione, assicurando così su di essa un effettivo contraddittorio, secondo i casi orale o scritto. L'indicazione a verbale della questione rilevata d'ufficio in udienza realizza formalmente il contraddittorio nei confronti di tutte le parti, comprese quelle che abbiano scelto di non presenziare all'udienza.

In tal caso è opportuno che la parte, qualora ritenga di dover approfondire e articolare le proprie tesi sulla questione indicata in udienza, richieda un termine per la produzione di memorie vertenti sulla stessa (non superiore a trenta giorni), al contempo chiedendo di riservare la decisione successivamente al deposito delle memorie (v. Formula “Memoria su questione rilevata d'ufficio dal giudice”). In tal modo, si assicura in ogni caso un'appendice di contraddittorio scritta. Si rileva tuttavia che, secondo un orientamento restrittivo, tale facoltà non spetta alla parte, alla quale la norma concede solo il diritto alla discussione orale della questione rilevata d'ufficio dal Collegio (Cons. giust. amm. Sicilia I, n. 721/2012; Cons. giust. amm. Sicilia I, n. 356/2013).

La necessità di chiedere un termine a difesa sussiste anche quando una eccezione è sollevata dalla controparte in udienza (Cons. St. III, n. 3337/2018, che ha ritenuto che, per garantire un effettivo contraddittorio, la parte ha diritto ad un congruo termine per replicare alla eccezione di inammissibilità del proprio ricorso, dedotta dalla parte resistente solo nel corso della discussione orale della causa, nonostante che la notifica del ricorso risalisse a molti mesi addietro).

Qualora la questione emerga dopo l'udienza di discussione, la norma impone al collegio di riservare la decisione, assegnando con ordinanza alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie per replicare sulla questione e poi decide senza lo svolgimento di una ulteriore udienza. La soluzione ora codificata era stata già indicata dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (Cons. St., Ad. plen., n. 1/2000).

In funzione della sua formulazione, la norma è idonea a ricomprendere tutte le questioni rilevabili d'ufficio e in concreto rilevate, sulle quali non si sia sviluppato il contraddittorio processuale. Si deve trattare di una questione nuova, rilevata d'ufficio (e quindi non affrontata dalle parti nelle loro difese), capace di dirimere la lite (Cons. St. VI, n. 18/2015). Se tuttavia la questione posta alla base della decisione era già stata espressamente sollevata dalle difese delle parti, non rileva ai fini del dovere del giudice di cui all'art. 73, comma 3, la diversa qualificazione che quest'ultimo dà della questione (ad esempio, in termini di nullità, anziché annullabilità dell'atto; v. Cons. St. IV, n. 3364/2015, secondo cui, in tal caso, non sussiste un obbligo di previo avviso alle parti, trattandosi di esercizio del potere attribuito al giudice di apprezzare le conseguenze giuridiche dei fatti sottoposti alla sua attenzione).

La disposizione si pone in linea anche con il novellato art. 101 c.p.c., modificato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (modifica entrata in vigore il 28 febbraio 2023) con il seguente nuovo secondo comma: “il giudice assicura il rispetto del contraddittorio e, quando accerta che dalla sua violazione è derivata una lesione del diritto di difesa, adotta i provvedimenti opportuni. Se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti giorni e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione”.

Al riguardo si è chiarito che ai fini dell'indicazione alle parti prescritta dall'art. 73 c.p.a., non ogni considerazione effettuata dal giudice motu proprio rappresenta una questione rilevata d'ufficio, specie avuto riguardo ad una questione di puro diritto, come può essere quella concernente l'indicazione delle norme risolutive della controversia. L'accertamento dell'esistenza della norma invocata dalle parti, così come la sua interpretazione, nonché la verifica della sua applicabilità alla specie, esulano, dunque, dall'ambito della regola di cui all'art. 73, comma 3. Quest'ultima deve ritenersi applicabile alla sola rilevazione d'ufficio di “fatti” (sostanziali processuali) ulteriori rispetto a quelli comunemente detti “costitutivi” della pretesa che è stata azionata attraverso ciascun motivo di ricorso (Cons. St. IV, n. 3680/2017).

La necessità di garantire in siffatto modo il contraddittorio è richiamata anche dall'art. 123, comma 2, per le sanzioni ulteriori che il g.a. può irrogare nel processo in materia di appalti.

La violazione della disposizione di cui all'art. 73, comma 3, in primo grado costituisce un vizio del contraddittorio e, quindi, una ipotesi di rimessione al T.A.R. ai sensi dell'art. 105 c.p.a. Alcuni esempi emersi nella prassi, in cui si è censurata la violazione della disposizione in commento, hanno riguardato la mancata deduzione della improcedibilità del ricorso (Cons. St. IV, n. 2175/2013; Cons. St. III, n. 1127/2013), della irricevibilità del ricorso (Cons. St. V, n. 1462/2011); dell'inammissibilità del ricorso (Cons. St. V, n. 4251/2012), l'illegittima costituzione in giudizio di un ente pubblico (Cons. St. IV, n. 2518/2014), nonché la rilevazione della prescrizione della pretesa di parte ricorrente (Cons. St. IV, 3372/2017).

Analogamente, si è ritenuta violazione del diritto di difesa, rilevabile d'ufficio ex art. 73 comma 3, porre a fondamento della sentenza di primo grado una questione rilevata d'ufficio, quale la perenzione del giudizio, senza previa indicazione in udienza o assegnazione di un termine per controdedurre al riguardo, con conseguente obbligo per il giudice di appello di annullamento della sentenza stessa e rimessione della causa al giudice di primo grado ai sensi dell'art. 105 comma 1 (Cons. St. IV, n. 1808/2016; Cons. St., n. 1438/2015).

Anche se la norma si riferisce alla sola udienza pubblica di discussione del ricorso, questioni rilevabili d'ufficio possono emergere anche in sede cautelare o nei procedimenti camerali. Anche in tal caso appaiono applicabili le garanzie previste, essendo espressione del principio generale del contraddittorio (art. 2). In tal senso depone anche la possibilità che la fase cautelare del procedimento si trasformi in fase di merito con sentenza immediata, circostanza che rende evanescente il confine tra camera di consiglio e udienza pubblica, come dimostra anche il fatto che la rubrica dell'art. 60 parla di udienza cautelare. Si è pertanto affermato che l'obbligo per il giudice, che intenda porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio, di informarne le parti, dandone atto a verbale, è applicabile anche in sede cautelare, trattandosi di prescrizione dettata a tutela del diritto di difesa e del contraddittorio tra le parti, ogni qual volta il giudice deve adottare una decisione, nonché manifestazione del principio del giusto processo (Cons. St. V, n. 5956/2013).

La ratio della previsione di cui all'art. 73 comma 3, nello stabilire che “se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice la indica in udienza dandone atto a verbale”, non prevede la necessaria presenza dei difensori nella sede dibattimentale, è quella di offrire ai difensori delle parti, in piena attuazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost., la possibilità di controdedurre, alla quale, non presenziando in udienza ovvero in camera di consiglio, il procuratore rinuncia (T.A.R. Campania (Napoli) VI, n. 215/2011).

La formula contiene la verbalizzazione dell'istanza e, pur non essendo previsto dall'art. 73, l'istanza può avere ad oggetto in via principale il rinvio dell'udienza e, in via subordinata, l'assegnazione di un termine per il deposito di memorie.

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