Opposizione alla concessione di errore scusabile (art. 37)

Roberto Chieppa

Inquadramento

Con l'istanza di concessione dell'errore scusabile, la parte chiede al giudice di volerlo rimettere in termini per l'osservanza di un termine da cui è decaduta, allegando che il suo mancato rispetto è dipeso da causa a lei non imputabile. Si tratta di un principio processuale noto anche al codice di rito (art. 153 c.p.c.) che si applica in caso di termini perentori. Tra le ragioni che possono giustificare la rimessione in termini possono annoverarsi la sussistenza di obiettive ragioni di incertezza su questioni inerenti l'applicazione o l'interpretazione di una norma, oppure circostanze di fatto che hanno determinato l'impossibilità di rispettare il termine. Le altre parti processuali possono nondimeno eccepire l'insussistenza dei presupposti per la concessione dell'errore scusabile, così stimolando il giudice ad una più attenta valutazione dei requisiti richiesti dalla norma. Con riferimento al deposito tardivo di memorie e documenti, disciplinata dall'art. 54, v. il commento alla Formula “Istanza di autorizzazione al deposito tardivo di memorie e documenti”.

Formula

[da inserire nell'atto difensivo con cui si eccepisce la tardività dell'attività processuale della controparte o in una eventuale memoria con cui il giudice sottopone alle parti la specifica questione in merito alla sussistenza dell'errore scusabile; l'opposizione può anche essere verbalizzata in udienza]

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL [ ... ] [1]

SEZ. ...

Ricorso R.G. ... - Udienza del ...

MEMORIA

[ ... ]

Si eccepisce preliminarmente la tardività con cui la parte ha proceduto a [indicare l'atto processuale rilevante], atteso il decorso dei perentori termini di legge che assistono il compimento di tali atti.

Neppure sussistono nel caso di specie i presupposti per la concessione dell'errore scusabile, come previsti dall'art. 37 c.p.a.

Richiamata innanzitutto la natura di stretta interpretazione di tale norma, come riconosciuta da costante giurisprudenza, si rappresenta che:

- non sussiste alcuna situazione di obiettiva incertezza giuridica, poiché ... [indicare gli elementi in base ai quali è possibile concludere che la fattispecie all'esame del giudice non presenta margini di oggettiva incertezza o difficoltà interpretativa; cfr. da ultimo Cons. St. V, n. 2192/2017];

- non si versa neppure in una situazione di impedimento in fatto ... [indicare gli elementi a sostegno della tesi]

P.Q.M.

Pertanto, si chiede che codesto giudice voglia rigettare l'istanza di concessione dell'errore scusabile e, per l'effetto, dichiarare irricevibile e/o inammissibile il menzionato atto.

[ ... ]

Luogo e data ...

Firma Avv. ... [2]

DEPOSITO INFORMATICO

Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [3].

1. L'atto è indirizzato al T.A.R. adito per il ricorso principale.

2. Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di PDF nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dal d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il Modulo Deposito Atto; v. art. 6, all.to 2).

3. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. Ai fini del deposito telematico, il ricorrente dovrà utilizzare gli appositi moduli presenti sul sito istituzionale della Giustizia Amministrativa. È stato definitivamente abrogato l'obbligo di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi (cfr. art. 4 d.l. n. 28/2020).

Commento

L'art. 37 generalizza la rimessione in termini per errore scusabile, che è subordinata alla presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto. Ciò analogamente a quanto previsto nel processo civile dall'art. 153, comma 2, c.p.c., che prevede - con norma, anch'essa generale, introdotta dalla legge n. 69 del 2009 - che «la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini». Il rimedio della rimessione in termini, in sintesi, presuppone il riconoscimento di un errore scusabile, cui è equiparabile l'esistenza di gravi impedimenti di fatto, da considerare applicazione settoriale processuale del generale principio giuridico ad impossibilia nemo tenetur.

Se è vero che è spesso la parte a chiedere con istanza autonoma – o direttamente in sede di memoria – la rimessione in termini, l'errore scusabile può essere concesso anche d'ufficio.

I presupposti e il suo carattere eccezionale

L'art. 37 indica in maniera specifica i presupposti per potersi ricorrere a tale istituto, stabilendo che «il giudice può disporre, anche d'ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto». Peraltro, anche art. 11, comma 5, di disciplina della traslatio iudicii, contiene uno specifico riferimento all'istituto della rimessione in termine, ritenendolo applicabile, «ove ne ricorrano i presupposti», nei «giudizi riproposti» a seguito di una decisione sulla giurisdizione.

La giurisprudenza formatasi anteriormente al codice considerava la rimessione in termini per errore scusabile un istituto di carattere eccezionale (Cons. St. IV, n. 6599/2008), posto che esso delinea una deroga al principio cardine della perentorietà dei termini di impugnativa. Tale principio vale anche per l'attuale art. 37, considerato dalla plenaria una norma di stretta interpretazione, dal momento che un uso eccessivamente ampio della discrezionalità giudiziaria che essa presuppone, lungi dal rafforzare l'effettività della tutela giurisdizionale, potrebbe alla fine risolversi in un grave vulnus del pariordinato principio di parità delle parti (art. 2, comma 1), sul versante del rispetto dei termini perentori stabiliti dalla legge processuale (Cons. St., Ad. plen., n. 3/2010; Cons. St., Ad. plen., n. 32/2012).

Il Codice reca, quindi, un'espressa e generale disciplina dell'istituto della rimessione in termini per errore scusabile, per la cui applicazione richiede la presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o gravi impedimenti di fatto.

Altra speciale attuazione della rimessione in termini è costituita dalla previsione di cui all'art. 44, comma 4, secondo cui, nei casi in cui sia nulla la notificazione e il destinatario non si costituisca in giudizio, il giudice, se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, fissa al ricorrente un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza. Il Codice ha in tal modo abrogato l'art. 49, comma 24, della l. n. 69/2009 («Il primo comma dell'articolo 291 del codice di procedura civile si applica anche nei giudizi davanti ai giudici amministrativi e contabili»), eliminando così la appena introdotta regola della rinnovazione della notificazione nulla, che invece va ora disposta solo se l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, che equivale a ritenere l'errore scusabile.

Tra i presupposti si registra nella prassi anche l'errore determinato dall'incertezza derivante dall'entrata in vigore di una nuova disciplina, più volte ritenuta causa di errore scusabile. Ciò è avvenuto, ad esempio, in tema di processo amministrativo telematico (v. T.A.R. Calabria (Catanzaro) I, 9 febbraio 2017 n. 50, che ravvisa le condizioni per la rimessione in termini per errore scusabile, ai sensi dell'art. 37, in considerazione delle comprensibili e oggettive incertezze riscontrabili nel caso in cui la notificazione del ricorso è stata effettuata quando ancora non erano vigenti le norme in materia di processo amministrativo telematico, mentre il deposito ha avuto luogo successivamente all'entrata in vigore delle norme richiamate; v. anche T.A.R. Abruzzo (L'Aquila) I, 20 aprile 2016, n. 248, in un caso di notifica via PEC in assenza di prescritta autorizzazione ex art. 52 c.p.a.), nonché con l'introduzione di una nuova disciplina in merito alla abbreviazione dei termini a seguito dell'entrata del c.p.a. (atteso che la nuova regola del dimezzamento dei termini endoprocessuali, fissata dall'art. 87 comma 2, per i giudizi in camera di consiglio, rappresentava una radicale innovazione rispetto al sistema previgente; cfr. Cons. St. III, n. 1578/2011). Deve in ogni caso trattarsi di un quadro normativo solo da poco assestatosi e di un orientamento giurisprudenziale ancora in via di consolidazione (Cons. St. V, n. 1381/2009; Cons. St. VI, n. 1574/2012).

Le ragioni di incertezza su questioni di diritto o i gravi impedimenti di fatto devono riferirsi all'esercizio della potestà processuale che è stata persa per effetto dell'inutile scadenza del termine perentorio entro il quale avrebbe dovuto essere esercitata, e non anche a profili diversi. Posto, infatti, che l'errore rispetto al quale dev'essere accertata la scusabilità è quello relativo all'omessa, tempestiva attivazione di un potere processuale, non v'è dubbio che le ragioni che l'hanno impedita devono riferirsi a difficoltà interpretative della normativa di riferimento circa i presupposti, le modalità, i termini o gli effetti dell'esercizio della potestà in questione ovvero a cause di forza maggiore che hanno materialmente impedito l'adempimento processuale scaduto (Cons. St., Ad. plen., ord. n. 33/2014). Deve nella sostanza trattarsi di ostacoli assoluti; altrimenti tutti i termini processuali, ancorché formalmente perentori, sarebbero resi elastici ed opinabili, a danno di quelle esigenze di celerità, certezza, etc., che ispirano le disposizioni che li dettano (Cons. St. III, n. 3911/2013).

In tale prospettiva, è stato riconosciuto il beneficio della rimessione in termini per errore scusabile, ai sensi dell'art. 37 in favore dell'impresa ricorrente che ha notificato il ricorso avverso l'affidamento di una concessione dopo la scadenza del termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art. 120, comma 5, ma nel rispetto di quello, ordinario, di sessanta giorni (Cons. St., Ad. plen., n. 22/2016).

L'art. 37 subordina la rimessione in termini per errore scusabile alla presenza di gravi impedimenti di fatto, fra i quali non rientra il disguido postale nel quale è incorso il difensore nel comunicare con il suo assistito, atteso che la scelta del mezzo di comunicazione è libera; di conseguenza, non essendo imposto l'utilizzo del servizio postale, la comunicazione in questione poteva essere veicolata anche con forme diverse, essendo rimessa alla diligenza delle parti l'uso anche di mezzi ulteriori, per assicurarsi, precauzionalmente, circa il corretto transito delle informazioni (Cons. St. V, n. 2243/2014).

In caso di sussistenza di una situazione di oggettiva incertezza in ordine all'individuazione del giudice fornito di giurisdizione, che abbia indotto il ricorrente in un errato giudizio circa l'esistenza e l'attualità dell'onere dell'impugnazione in sede giurisdizionale amministrativa, sono da ritenersi integrati i presupposti per la rimessione in termini dei ricorrenti per errore scusabile.

Con riferimento agli errori di notifica nel caso di impugnazioni, qualora ciò sia derivato da erronea indicazione contenuta nella sentenza appellata e dalla mancata attivazione della parte interessata a richiedere la correzione dell'errore materiale, è stato riconosciuto l'errore scusabile, che può essere dichiarato anche a prescindere da una domanda di parte e comporta di conseguenza la rimessione in termini per la rinnovazione della notifica dell'appello (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 22 aprile 2005, n. 278). Così anche nel caso in cui nelle more del termine per la proposizione del ricorso in appello il difensore domiciliatario della parte appellata muti il proprio indirizzo (Cons. St. VI, n. 3666/2000).

Nel caso in cui l'amministrazione non abbia inserito un indirizzo PEC nell'elenco tenuto dal Ministero della giustizia, di cui all'art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012, deve essere riconosciuto l'errore scusabile ex art. 37 c.p.a. se la notifica per via telematica del ricorso è stata effettuata all'indirizzo PEC tratto dall'elenco pubblico IPA (T.A.R. Napoli VIII, ord., 15 marzo 2018, n. 1653; in senso analogo, pur riferito al deposito del ricorso in appello presso la segreteria del consiglio di stato nel contenzioso elettorale, Cons. St. III,  n. 744/2018, secondo cui dall'eventuale assenza nell'elenco ufficiale dell'indirizzo PEC di una pubblica amministrazione non possono derivare preclusioni processuali per la parte privata; Cons. giust. amm. reg. Sicilia, n. 216/2018, secondo cui nel caso in cui una p.a. non abbia inserito un indirizzo PEC nell'elenco tenuto dal Ministero della giustizia, deve essere riconosciuto l'errore scusabile ex art. 37 c.p.a. se la notifica del ricorso - proposto dopo l'entrata in vigore del processo amministrativo telematico (1° gennaio 2017) – è stata effettuata ad un'Amministrazione all'indirizzo PEC tratto dall'elenco pubblico IPA e non con le tradizionali modalità cartacee).

Con riguardo al l'omessa indicazione, in calce al provvedimento amministrativo, del termine e dell'autorità cui ricorrere, questo rappresenta una mera irregolarità, la quale può costituire presupposto per il riconoscimento dell'errore scusabile, solo previo accertamento, caso per caso, dei rigorosi presupposti e, quindi, in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto (Cons. St. VI, n. 422/2104; T.A.R. Sicilia (Catania), IV n. 2345/2016; T.A.R. Puglia (Lecce) III, 22 giugno 2017, n. 1022).

Con riferimento all'applicazione dell'istituto nel caso di deposito degli atti processuali con modalità telematiche in presenza di problematiche tecniche che impediscono al deposito di andare a buon fine malgrado la tempestività delle attività del difensore, v. il commento alla formula “Istanza di rimessione in termini per mancato perfezionamento del deposito a mezzo PEC”.

Riti speciali ed errore scusabile

In diversi casi si è posta la questione relativa all'applicabilità dell'istituto dell'errore scusabile in presenza di una proposizione tardiva dell'appello e del mancato rispetto delle regole che presiedono alla disciplina del rito speciale in primo grado da parte del giudice. In altre parole la questione è se l'errore del giudice di primo grado - consistente nell'applicare il rito ordinario in luogo di quello speciale - possa far considerare consequenziale e scusabile l'errore della parte che propone appello rispettando i termini del rito ordinario anziché quelli del rito speciale. Al riguardo, la Plenaria – dopo aver ricordato che l'applicazione del rito è doverosa ed oggettiva, e non vi è spazio per una scelta del rito, o sua disapplicazione, ad opera delle parti o del giudice – afferma che se la parte non rispetta i termini del rito speciale incorre in un errore processuale che determina decadenza, salva la ricorrenza dell'errore scusabile. Parimenti, se il giudice di primo grado non rispetta il rito speciale, incorre in un errore che, se del caso, può dar luogo a vizio della sentenza contestabile con i rimedi impugnatori che l'ordinamento appresta (Cons. St., Ad. plen., n. 32/2012).

Soprattutto in caso di riti speciali la giurisprudenza si è dimostrata rigorosa bel concedere l'errore scusabile, in quanto i termini in generale, e quelli dei riti speciali abbreviati in particolare, sono stabiliti dal legislatore per ragioni di interesse generale e hanno applicazione oggettiva. I presupposti per la concessione dell'errore scusabile sono, quindi, individuabili esclusivamente nella oscurità del quadro normativo, nelle oscillazioni della giurisprudenza, in comportamenti ambigui dell'amministrazione, nell'ordine del giudice di compiere un determinato adempimento processuale in violazione dei termini effettivamente previsti dalla legge, nel caso fortuito e nella forza maggiore (Cons. St. IV, n. 5066/2018).

Rilevabilità d'ufficio dell'errore scusabile

Viene infine confermato quanto già affermato dalla giurisprudenza circa la possibilità di concedere l'errore scusabile anche d'ufficio, in assenza di una istanza di parte (Cons. St., Ad. plen., n. 2/1996; Cons. St. VI, n. 3323/2006; Cons. St., V, n. 2192/2017, T.A.R. Puglia (Lecce) III, 22 giugno 2017, n. 1022). Nel sistema processuale la rilevabilità d'ufficio di una questione non significa che tale questione possa essere decisa d'ufficio senza essere sottoposta al contraddittorio delle parti e, di conseguenza, a fronte di una eccezione di irricevibilità del ricorso e dell'assenza di una istanza di concessione dell'errore scusabile, qualora il giudice intenda disporre d'ufficio la rimessione in termine, lo stesso deve ai sensi dell'art. 73, comma 3, indicare la questione in udienza dandone atto a verbale o assegnando alle parti un termine per il deposito di memorie se la questione emerge dopo il passaggio in decisione.

In tal caso il contenuto della formula in commento va inserito appunto nella memoria ex art. 73, comma 3 e anzi va espressamente chiesta l'assegnazione di tale termine se non ci si vuole limitare a replicare oralmente in udienza; qualora nel corso della discussione orale venga introdotta anche dalla controparte per la prima volta la questione della concessione dell'errore scusabile, va fatto rilevare che sulla questione non si è svolto il contraddittorio e che qualora il giudice intenda valutare tale questione, è necessario poter contraddire anche attraverso un termine per la memoria in modo analogo a quanto previsto dall'art. 73, comma 3.

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