Atto di notificazione di una causa interruttiva del processo (art. 79)InquadramentoL'interruzione è vicenda anomala del processo, che ricorre in presenza di una delle cause disciplinate dal codice di procedura civile, in virtù del richiamo ad esso contenuto nell'art. 79 c.p.a. L'interruzione determina l'arresto dell'iter processuale al fine di assicurare piena ed effettiva tutela del contraddittorio e del diritto di difesa, al cospetto di eventi che determinano un pregiudizio o l'alterazione delle facoltà difensive della parte, con conseguente necessità di congelare il processo sino al ripristino della condizione di uguaglianza delle parti. Tale interruzione non può prolungarsi oltre il termine di 3 mesi (entro tale termine si dovrà riassumere o proseguire il processo interrotto), pena la sua estinzione. L'evento interruttivo, per assurgere a rilevanza nel processo in corso, deve essere rilevato nei modi e nelle forme di cui agli artt. 299 e ss. c.p.c. ossia, previa dichiarazione o notificazione dell'evento ad opera del procuratore costituito per la parte colpita dall'evento interruttivo, la quale è l'unica legittimata a dolersi dell'eventuale irrituale continuazione del processo, nonostante il verificarsi della causa interruttiva, talché la mancata interruzione non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, né essere eccepita dalla controparte. Dal momento di tale dichiarazione o notificazione il processo è interrotto, salvo che avvenga la costituzione volontaria o la riassunzione (v. Formula “Atto di riassunzione a seguito di interruzione del processo”). FormulaAL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL ... SEZIONE ... [1] GIUDIZIO R.G. N. ... NOTIFICA DI CAUSA INTERRUTTIVA DEL PROCESSO [2] Nell'interesse di [PARTE RICORRENTE/RESISTENTE/CONTROINTERESSATO], elettivamente domiciliato/a in ..., via/piazza ..., n. ..., presso lo studio dell'Avv. ..., che lo/la rappresenta e difende giusta procura speciale, in relazione al ricorso n. R.G. ..., proposto da ... contro ... e nei confronti di ... ; DICHIARA che in data ..., si è verificato ... [descrivere l'evento interruttivo che si vuole dichiarare, specificando la parte sui cui grava]; che tale evento è causa interruttiva del processo, ai sensi degli artt. 79 c.p.a. e 299 e ss. c.p.c., che con il presente atto si notifica ai sensi dell'art. 300 c.p.c. la causa interruttiva alle parti costituite nel ricorso in oggetto. Si depositano i seguenti documenti, comprovanti il riferito evento interruttivo. ... [ ... ]. Luogo e data ... Firma Avv. ... [3] RELATA DI NOTIFICA [Rinvio a Formula “Relata di notifica a persona fisica” e correlate formule di notifica] DEPOSITO INFORMATICO Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [4]. 1. Ai sensi dell'art. 136, comma 2, c.p.a., i difensori sono tenuti a depositare tutti gli atti e i documenti con modalità telematiche. A tal fine, il deposito avviene mediante l'utilizzo del modulo disponibile sul sito www.giustizia-amministrativa.it, da inviare via PEC alla segreteria del tribunale adito (vedi le relative istruzioni disponibili sul sito www.giustizia-amministrativa.it). 2. Ai sensi dell'art. 300 c.p.c., l'avveramento di una causa interruttiva può anche essere dichiarata a verbale in udienza dalla parte costituita per mezzo del procuratore. 3. Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di PDF nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dal d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il Modulo Deposito Atto; v. art. 6, all.to 2). 4. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. Ai fini del deposito telematico, il ricorrente dovrà utilizzare gli appositi moduli presenti sul sito della Giustizia Amministrativa. È stato definitivamente abrogato l'obbligo di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi (cfr. art. 4 d.l. n. 28/2020). CommentoL'interruzione del processo consiste nell'arresto dello stesso a causa di un determinato evento che compromette l'effettività del contraddittorio e, quindi, l'istituto dell'interruzione è proprio diretto a garantire l'integrità del contraddittorio e che eventi che colpiscono la parte o il suo difensore possano minare l'effettivo esercizio del diritto di difesa. L'art. 79 rinvia al codice di procedura civile per la disciplina dell'interruzione (artt. 299-305 c.p.c.). Il processo non è sospeso se coloro ai quali spetta di proseguirlo si costituiscano volontariamente (art. 299 e 300 c.p.c.), in conformità al generale principio del processo civile. Il provvedimento del giudice che dichiara la interruzione del giudizio ha natura meramente dichiarativa di effetti che si producono ope legis con decorrenze che variano a seconda del tipo di fatto interruttivo, con la conseguenza che il processo si interrompe anche a prescindere dal provvedimento del giudice che lo dichiara, provvedimento che ha natura non decisoria e come tale non è impugnabile (Cons. St. IV, n. 447/2020). Sulla base delle disposizioni del c.p.c. i casi di interruzione sono: a) morte o perdita della capacità prima della costituzione (art. 299 c.p.c.); b) morte o perdita della capacità della parte costituita o del contumace (art. 300 c.p.c.) c) morte o impedimento del procuratore (art. 301 c.p.c.). Sulla base di tali previsioni, va dichiarato interrotto il giudizio in caso di decesso del difensore di una delle parti, ma non dà luogo a interruzione la morte di uno dei procuratori costituiti per la stessa parte, salvo che essi abbiano l'obbligo di agire congiuntamente. L'evento interruttivo legato alla morte del difensore opera in modo automatico: tale evento infatti priva la parte dello ius postulandi e, quindi, di una adeguata attività difensiva, con connessa estinzione del mandato e della connessa elezione di domicilio (Cons. St. V, n. 3422/2016). Peraltro, non si verifica interruzione del processo ex art. 301 c.p.c. in caso di morte di uno dei difensori ai quali la parte abbia conferito mandato di rappresentarla in giudizio senza obbligo di agire congiuntamente. In tale caso è, infatti, salvaguardata l'esigenza di carattere pubblico, cui l'effetto interruttivo si ricollega, di non privare la parte del ministero del difensore, obbligatorio per legge, mentre l'interesse della parte a fruire di due rappresentanti tecnici è essenzialmente privato e non incide sulle vicende processuali (T.A.R. Catania (Sicilia) III, n. 1802/2009; Cass. I, n. 2577/2003). Va, inoltre, dichiarata l'interruzione del processo per sopravvenuta incapacità di stare in giudizio, allorché viene dichiarato che parte ricorrente è stata dichiarata fallita, atteso che la sentenza che dichiara il fallimento priva dalla sua data il fallito della disponibilità dei beni e fa subentrare allo stesso, in tutti i rapporti pendenti, anche processuali, il curatore; mentre l'ammissione all'amministrazione controllata non determina la perdita della capacità di stare in giudizio (art. 43, ultimo comma, del r.d. n. 267/1942, modificato dall'art. 41, comma 1, d.lgs. n. 5/2006). Si tratta di un'ipotesi di interruzione automatica del processo, che si verifica cioè senza la necessità di alcuna dichiarazione o presa d'atto non appena viene dichiarato il fallimento di una delle parti; il termine per effettuare la riassunzione del processo decorre dal verificarsi dell'evento interruttivo (dichiarazione di fallimento) per la parte che ne è colpita, ovvero dalla sua conoscenza per l'altra parte. (T.A.R. Lombardia (Brescia) I, 26 giugno 2014, n. 708). Anche nel caso di messa in liquidazione coatta amministrativa di una società si determina la perdita della sua capacità di stare in giudizio e conseguentemente, la perdita della capacità della parte dichiarata in udienza dal suo procuratore (o da essa notificata alle altre parti), comporta l'interruzione del processo, salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo, si costituiscano volontariamente, ovvero l'altra parte provveda a citarli in riassunzione (Cons. St. V, n. 1437/2014). Dichiarazione o notificazione dell'evento Un eventuale evento interruttivo, per assurgere a rilevanza nel processo in corso, comunque deve essere rilevato nei modi e nelle forme di cui agli artt. 299 e ss. c.p.c., la cui disciplina è implicitamente richiamata dall'art. 79 comma 2, c.p.a., ossia, previa dichiarazione o notificazione dell'evento ad opera del procuratore costituito per la parte colpita dall'evento interruttivo, la quale è l'unica legittimata a dolersi dell'eventuale irrituale continuazione del processo, nonostante il verificarsi della causa interruttiva, talché la mancata interruzione non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, né essere eccepita dalla controparte (Cons. St. VI, n. 5788/2011). Essendo le norme in materia di interruzione del processo preordinate alla tutela della parte colpita dall'evento, la stessa è l'unica legittimata a dolersi dell'irrituale continuazione del processo nonostante il verificarsi della causa interruttiva, sicché la mancata interruzione del processo non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, né essere eccepita dall'altra parte come motivo di nullità (Cass. I, n. 17199/2016). L'interruzione del processo per morte di una delle parti può essere dichiarata dal giudice esclusivamente su richiesta del procuratore della parte colpita dall'evento e non anche sulla base della certificazione depositata in atti dell'amministrazione o da altra parte costituita. (Cons. St. V, n. 421/1986). Secondo Cons. giust. Amm. Reg. Sic., n. 692/2022, in applicazione dell'art. 328, commi 1 e 3, c.p.c., la morte della parte dopo la pubblicazione della sentenza e durante il termine per impugnarla: a) è causa di interruzione del solo termine breve di impugnazione di cui all'art. 325 c.p.c.; b) è causa di proroga di tre mesi del termine lungo di impugnazione, solo se la morte si verifica dopo il decorso della prima metà del termine lungo di impugnazione ossia dal quarto al sesto mese del termine lungo di sei mesi. Il difensore di una parte non necessaria del giudizio non è legittimato a chiedere l'interruzione del processo per morte del suo assistito (Cons. St. V, n. 1407/1996, Cons. St., n. 1755/1996; T.A.R. Veneto, 26 gennaio 2017, n. 97). Tale principio è stato affermato in relazione, ad esempio, alla posizione di un interveniente, sulla base del fatto che l'istituto dell'interruzione mira ad assicurare che la pronuncia intervenga tra i titolari delle posizioni giuridiche azionate in giudizio. Ai sensi dell'art. 300 c.p.c. la comunicazione dell'avvenuto decesso del proprio assistito va fatta dal difensore o tramite notificazione alle altre parti o con dichiarazione in udienza, e quindi non anche con il mero deposito di dichiarazione presso la segreteria dell'ufficio giudiziario antecedentemente all'udienza e senza poi confermare in udienza l'evento con dichiarazione. Inoltre, il decesso della parte costituita in giudizio determina l'evento interruttivo del giudizio solo dal momento in cui è dichiarato all'altra parte (senza che possa avere alcuna rilevanza la conoscenza stragiudiziale dell'evento; cfr. Cons. St. VI, n. 536/1986; Cons. St. IV n. 3110/2014). Ai sensi degli artt. 299 e 300 c.p.c., l'interruzione del processo per morte di una delle parti deve esser disposta ipso jure nel caso in cui la parte deceduta non si sia costituita in giudizio, mentre se la costituzione sia stata effettuata l'interruzione presuppone la dichiarazione del decesso da parte del procuratore costituito; peraltro, deve aversi riguardo alla costituzione nelle singole fasi del processo, e in particolare se essa sia o meno avvenuta anche nel giudizio di appello, non potendosi ritenere che la costituzione in primo grado sia valida, a tali fini, anche per le ulteriori fasi del processo; pertanto, nel caso di decesso di parte costituita in primo ma non in secondo grado, il giudizio deve considerarsi automaticamente interrotto senza necessità di apposite dichiarazioni (Cons. St. IV, n. 960/1980, Cons. St., n. 1147/1980). Ai sensi dell'art. 79 c.p.a., l'interruzione del processo è disciplinata dalle disposizioni del codice di procedura civile; di conseguenza l'interruzione del processo per la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti, sopravvenuta prima della costituzione in giudizio, determina «ipso iure» l'interruzione del processo, rilevabile d'ufficio dal giudice, conformemente al dettato dell'art. 299 c.p.c.; invece la perdita della capacità della parte costituita in giudizio non determina l'automatica interruzione del processo, dovendo l'evento interruttivo essere dichiarato in udienza o notificato alle altre parti, secondo il regime giuridico apprestato dall'art. 300 c.p.c. (T.A.R. Marche (Ancona) I, 5 maggio 2014, n. 482). In caso di decesso del difensore della parte, la norma enucleabile dal combinato disposto degli artt. 299 e 301 c.p.c. è univoca nel senso della immediatezza dell'effetto interruttivo, a decorrere cioè dal decesso, e senza alcuna necessità di comunicazioni legali o declaratorie da parte del giudice; se il processo prosegue tutti gli atti successivi sono invalidi e il vizio può essere rilevato in appello. Eventi interruttivi e parti pubbliche Nel processo amministrativo possono essere frequenti i casi di estinzione di un ente con successione a titolo universale di altro ente. Se prima dell'entrata in vigore del Codice, l'orientamento costante della giurisprudenza amministrativa riteneva che il chiaro riferimento degli eventi interruttivi alle «parti private» presente nell'art. 24 l. T.A.R. determinasse l'esclusione dal campo di applicazione della norma delle «parti pubbliche» (tra gli altri, Cons. St. VI, n. 4553/2010, Cons. St., n. 5069/2009; Cons. St., n. 4928/2006, Cons. St., n. 5069/2009; Cons. St., n. 4928/2006), l'attuale rinvio al c.p.c. determina la sua applicabilità a tutte le parti, anche quelle pubbliche, con conseguente rilevanza di eventuali fenomeni di successione o soppressione. Al riguardo, l'orientamento costante della Corte di Cassazione è nel senso che «la soppressione ex lege di un ente pubblico con la successione allo stesso di un altro ente ( ...) dà luogo ad un fenomeno equiparabile alla morte o alla perdita della capacità di stare in giudizio della persona fisica» (così tra le tante, Cass. I, n. 18306/2007). Ne consegue che rientra nel campo di applicazione delle norme relative alla interruzione nel processo amministrativo anche il fenomeno successorio tra pubbliche amministrazioni (Cons. St. VI, n. 2384/2012). Anche in tal caso, se l'evento interruttivo che riguarda la parte pubblica si realizza prima della costituzione, l'effetto interruttivo è automatico, se, invece, si realizza dopo la costituzione la produzione dell'effetto produttivo è subordinata alla dichiarazione del difensore (Cons. St. VI, n. 2384/2012, che ha escluso l'effetto interruttivo in quanto la verificazione dell'evento interruttivo era avvenuta, prima dell'udienza di discussione ma pur sempre dopo la costituzione in giudizio e l'intervenuta estinzione dell'ente avrebbe dovuto essere oggetto di una espressa dichiarazione da parte del difensore, invece mancante con conseguente prosecuzione del processo tra le parti originarie). L'applicazione dei suddetti principi è stata, tuttavia, limitata e l'istituto dell'interruzione è stato ritenuto non applicabile in assenza di una successione a titolo universale e in presenza di una semplice successione nelle funzioni tra due autorità (v. Cons. St. VI, ord. n. 4630/2014; VI, Cons. St., n. 322/2015; VI, Cons. St., n. 2466/2015, con riguardo alla soppressione dell'Avcp e l'attribuzione dei relativi compiti e delle relative funzioni all'Anac, come un fenomeno di una c.d. 'successione nel munus', di pretta natura pubblicistica, connotata dal passaggio di attribuzioni fra amministrazioni pubbliche accompagnato dal trasferimento della titolarità sia delle strutture burocratiche sia dei rapporti amministrativi pendenti, ma senza una vera soluzione di continuità tra l'ente che si estingue e l'ente che subentra, con conseguente insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'istituto dell'interruzione del processo). Analogamente, si è affermato che non dà luogo a fenomeno di interruzione il mero riassetto di un apparato organizzativo necessario della p.a., relativo all'apparato pubblico previdenziale (Cons. St. VI, n. 3369/2014). Rinuncia al mandato e cancellazione dall'albo L' interruzione del processo amministrativo è prevista in caso non solo di morte, radiazione o sospensione del procuratore delle parti, ma più in generale di qualunque impedimento, materiale, ma anche giuridico formale, all'esercizio della difesa della parte, ivi compresa la volontaria cancellazione dall'albo. Con riferimento a quest'ultima ipotesi, superando un orientamento che in passato non era uniforme, le recenti posizioni si caratterizzano per ammettere, anche in tal caso, la ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 301 c.p.c. (Cons. St. n. 1177/2017; Cons. St. III, n. 925/2016; Corte cost., n. 147/2008; v. per la tesi opposta, Cass. I, n. 12376/2014; Cass. III, n. 22756/2013). La sola rinuncia al mandato da parte del difensore del ricorrente non determina, invece, l'interruzione né la sospensione del giudizio amministrativo pendente, essendo priva di effetti sino all'effettiva sostituzione del difensore (T.A.R. Lazio (Roma) III, n. 12785/2016). Ai sensi dell'art. 85 c.p.c., applicabile al processo amministrativo in virtù dell'art. 39 il difensore può sempre rinunciare alla procura, ma la rinuncia non ha effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore; in effetti la rinuncia al mandato alla lite del difensore del ricorrente non determina effetti interruttivi né sospensivi del processo e non impedisce il passaggio in decisione del ricorso, in quanto ai sensi del predetto art. 85 gli stessi difensori sono tenuti a svolgere la loro funzione fino alla loro sostituzione (Cons. St. V, n. 4791/2013, Cons. St. VI, n. 4853/2012). |