Atto di riassunzione a seguito di interruzione del processo (art. 80)InquadramentoL'interruzione è vicenda anomala del processo, che ricorre in presenza di una delle cause disciplinate dal codice di procedura civile, in virtù del richiamo ad esso contenuto nell'art. 79 c.p.a. (si tratta di eventi – come morte o perdita di capacità – che colpiscono la parte o il suo difensore, incidendo sul diritto di difesa). L'interruzione determina l'arresto dell'iter processuale al fine di assicurare piena ed effettiva tutela del contraddittorio e del diritto di difesa, al cospetto di eventi che determinano un pregiudizio o l'alterazione delle facoltà difensive della parte, con conseguente necessità di congelare il processo sino al ripristino della condizione di uguaglianza delle parti. Tale interruzione non può prolungarsi oltre il termine di 90 giorni. Entro tale termine, il processo – se non è proseguito dalla parte nei cui confronti si è verificata la causa interruttiva (che a tal fine dovrà proporre una istanza di fissazione dell'udienza; v. formula “Istanza di fissazione di udienza per la prosecuzione del processo interrotto”) – dovrà essere riassunto dalle altre parti che, acquisita la conoscenza legale dell'evento interruttivo, dovranno notificare apposito atto di riassunzione. In difetto di tali incombenti, il giudizio si estingue. Si ricorda che l'evento interruttivo, per assurgere a rilevanza nel processo in corso, deve essere rilevato nei modi e nelle forme di cui agli artt. 299 e ss. c.p.c. ossia, previa dichiarazione o notificazione dell'evento ad opera del procuratore costituito per la parte colpita dall'evento interruttivo (v. formula “Atto di notificazione di causa interruttiva del processo”). FormulaAL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL .... SEZIONE .... [1] ATTO DI RIASSUNZIONE Nell'interesse di [PARTE RICORRENTE/RESISTENTE/CONTROINTERESSATO], elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avvocato ...., che lo/la rappresenta e difende giusta procura speciale, in relazione al ricorso n. r.g. ...., proposto da .... contro .... e nei confronti di ....; FATTO E DIRITTO 1. In data .... è stato proposto dinnanzi a codesto Giudice il ricorso indicato in epigrafe - che si allega al presente atto e si trascrive di seguito – avente come oggetto .... [indicare sinteticamente oggetto del ricorso] 2. A seguito dell'evento interruttivo [indicare l'evento], come conosciuto in data [ ....] a seguito di [indicare le modalità con cui si è acquisita la conoscenza legale della causa interruttiva], il processo si è interrotto. 3. Ciò premesso, con il presente atto, notificato alle altre parti come da relate in calce, nell'interesse della [PARTE ISTANTE], si intende riassumere il processo ai sensi e per gli effetti dell'art. 80, comma 3, c.p.a. Di seguito si trascrive il ricorso qui riassunto: .... (trascrivere l'originario ricorso). Con il presente atto si riassume il giudizio. Si allega: 1) Ricorso R.G. .... 2) Istanza di fissazione di udienza. DICHIARAZIONE AI FINI DEL CONTRIBUTO UNIFICATO Non è dovuto contributo unificato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002, non trattandosi di nuovo ricorso ma di riassunzione ai sensi dell'art. 80, comma 3, c.p.a. Luogo e data .... Firma Avv. [2] .... RELATA DI NOTIFICA [V. formula “Procura speciale alle liti rilasciata a singolo avvocato” e formule correlate] DEPOSITO INFORMATICO Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [3] . [1]Ai sensi dell'art. 136, comma 2, c.p.a., i difensori sono tenuti a depositare tutti gli atti e i documenti con modalità telematiche. A tal fine, il deposito avviene mediante l'utilizzo del modulo disponibile sul sito www.giustizia-amministrativa.it, da inviare via PEC alla segreteria del tribunale adito (vedi le relative istruzioni disponibili sul sito www.giustizia-amministrativa.it). [2]Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di pdf nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dall'art. 6 delle Specifiche tecniche del PAT di cui all'all.to 2 del d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il modulo denominato “Modulo Deposito Atto”). [3]Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. Ai fini del deposito telematico, il ricorrente dovrà utilizzare gli appositi moduli presenti sul sito della Giustizia Amministrativa. È stato definitivamente abrogato (cfr. art. 4 d.l. n. 28/2020) l'obbligo di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi, v. la formula “Attestazione di conformità della copia autentica del ricorso e degli scritti difensivi depositati con modalità telematiche”. CommentoL'art. 80 reca una disciplina specifica della prosecuzione o riassunzione del processo interrotto, prevedendo che, in caso di giudizio interrotto, se la parte nei cui confronti si è verificato l'evento interruttivo non presenta nuova istanza di fissazione di udienza (e in questo caso il processo prosegue), il processo deve essere riassunto, a cura della parte più diligente, con apposito atto notificato a tutte le altre parti, nel termine perentorio di novanta giorni dalla conoscenza legale dell'evento interruttivo, acquisita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione. Il giudizio interrotto prosegue se è presentata istanza di fissazione di udienza a cura della parte nei cui confronti si è verificato l'evento interruttivo; altrimenti è necessaria la riassunzione (v. il commento alla Formula “Istanza di fissazione di udienza per la prosecuzione del processo interrotto”). A seguito della modifica del comma 2 dell'art. 79, apportata dall'art. 17, comma 7, lett. a) punto 2) del d.l. n. 80/2021, convertito con modificazioni dalla l. n. 113/2021, l'interruzione del processo è immediatamente dichiarata dal presidente con decreto e il decreto è comunicato alle parti costituite a cura della segreteria. Si introduce in questo modo la possibilità che l'interruzione del processo sia dichiarata con provvedimento monocratico presidenziale con l'evidente fine di semplificare un adempimento formale ed evitare la necessità di dover fissare una udienza di discussione per un processo da interrompere necessariamente. Termine Il termine per la riassunzione del giudizio interrotto è stato fissato in novanta giorni, in conformità a quanto previsto dal codice di procedura civile; termine decorrente dalla conoscenza legale dell'evento interruttivo, acquisita mediante dichiarazione, notificazione o certificazione. Ciò in conformità al principio per cui l'interruzione del giudizio è conseguenza automatica dell'evento al quale la legge collega tale effetto, con valore puramente dichiarativo della successiva pronuncia del giudice al riguardo. Tale termine ha natura perentoria. In caso di morte di una delle parti costituite, il termine decorre non dal momento della dichiarazione in udienza dell'evento (né da quello dell'evento morte), ma dal momento in cui la parte ne ha avuto formale conoscenza, sussistendo prova della ufficiale conoscenza (ad es. tramite la comunicazione della segreteria della pronuncia di interruzione) (Cons. St. V, n. 2713/2014; Cons. amm. giur. Sicilia, n. 42/2013). Anche nel caso delle morte del difensore, in difetto della conoscenza legale dell'evento dalla parte che ne è colpita, inizia a decorrere dalla data in cui risulta che essa ne ha comunque avuto conoscenza effettiva. Si è in particolare affermato che il termine per la riassunzione decorre – in base sia all'art. 80, comma 3, c.p.a., che al previgente art. 24, comma 2, l. n. 1034/1971 – non dal giorno in cui si è verificato l'evento interruttivo, o da quello della relativa dichiarazione in giudizio, ma da quando vi è prova della ufficiale conoscenza, tramite comunicazione della segreteria, dell'intervenuta pronuncia di interruzione, anche ove il legale della parte interessata fosse presente in udienza, all'atto della predetta dichiarazione (Cons. St. VI, n. 4870/2014; Cons. St. V, n. 2713/2014). Giusti tali principi – e conferendo valore al momento in cui l'evento sia venuto in forma legale a conoscenza della parte interessata alla riassunzione – il relativo dies a quo per riassumere il processo può ben essere diverso per una parte rispetto all'altra. Per altro verso, nel caso in cui sia mancata la dichiarazione dell'evento interruttivo, non decorrerà il termine per la relativa riassunzione (Trib. Bari, 2 marzo 2017, n. 1160). L'avvenuta estinzione per mancata riassunzione nei termini di legge può essere rilevata d'ufficio (Cons. St. IV, n. 396/2002) e deve essere previamente indicata alle parti ai sensi dell'art. 73, comma 3, pena l'annullamento della relativa statuizione con rinvio (Con. St. V, n. 4676/2017). In caso di giudizi soggetti al rito abbreviato, il termine è soggetto a dimezzamento (quindi pari a 45 giorni); peraltro, in caso di cumulo di domande – ad esempio risarcitoria e di impugnazione nel rito degli appalti – la vis attractiva del rito speciale determina che anche alla domanda risarcitoria si applichi il termine dimezzato di 45 giorni per la riassunzione Con. St. V, n. 4676/2017). Con riferimento alla decorrenza del termine in caso di dichiarazione di fallimento, si segnala che la dichiarazione di fallimento non determina l'automatica interruzione del processo, non sussistendo in materia fallimentare alcuna disposizione che deroghi al principio di cui all'art. 300 c.p.c., a mente del quale l'interruzione del processo si verifica solo dopo che il procuratore della parte stessa dichiari in udienza o notifichi alle altre parti l'evento interruttivo (cfr. Cass. I, n. 10724/2013; Cons. St. V, n. 3276/2016). In caso di prosecuzione, ai fini del decorso del termine di 3 mesi – applicabile giusto il rinvio al 305 c.p.c. – non è sufficiente la sola conoscenza, da parte del curatore, dell'evento interruttivo rappresentato dalla dichiarazione di fallimento, ma è necessaria anche la conoscenza dello specifico giudizio, sul quale il detto effetto interruttivo è in concreto destinato ad operare, con la precisazione che deve trattarsi di ‘conoscenza legale', nel senso che la conoscenza deve essere stata acquisita non in via di mero fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell'evento interruttivo, assistita da fede privilegiata. Grava sulla parte che eccepisce la decadenza della controparte da un termine (processuale o sostanziale), la dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi dell'eccepito fatto estintivo, tra cui la data di decorrenza del termine medesimo (ossia, nel caso de quo, la data della “conoscenza legale”, nel senso sopra delineato, da parte del curatore fallimentare, della pendenza del giudizio colpito dall'evento interruttivo) (Cons. St. VI, n. 405/2015; Cons. St. V, n. 4136/2016). Atto di riassunzione La riassunzione del giudizio a seguito della sua interruzione per morte della parte va effettuata con atto notificato presso l'ultimo domicilio del defunto, luogo in cui ai sensi dell'art. 303, comma 2, c.p.c. la notificazione dell'atto di riassunzione può essere fatta collettivamente ed impersonalmente agli eredi della parte defunta, entro l'anno dalla morte (per ultimo domicilio deve intendersi il domicilio effettivo del defunto e non quello eletto per il giudizio). Dopo l'anno dalla morte, tuttavia, la riassunzione deve essere fatta singolarmente a ciascuno degli eredi, con consequenziale inesistenza della notifica fatta singolarmente e collettivamente, anziché singolarmente, inesistenza che non ammette la rinnovazione della notifica stessa (Cons. St. IV, n. 1423/2005). Nei giudizi nei quali è parte un'Amministrazione statale e che sono stati interrotti per decesso del ricorrente, l'istanza di fissazione dell'udienza può essere legittimamente proposta dall'Avvocatura dello Stato, trattandosi dell'organo che espleta istituzionalmente l'attività di patrocinio dello Stato senza necessità di procura né di determinazione di stare in giudizio, il che rende non necessario che la riassunzione del giudizio interrotto sia richiesta dal rappresentante legale della amministrazione statale coinvolta nel giudizio, atteso che una diversa conclusione comporterebbe solo un inutile aggravio procedimentale, in assenza di finalità di carattere sostanziale (Cons. St. IV, n. 3683/2017). Nella formula in commento il ricorso originario è trascritto all'interno dell'atto di riassunzione (oltre che depositato come allegato) e si ritiene preferibile seguire tale modalità, pur avendo la giurisprudenza consentito che il ricorso originario sia solo allegato. Ricorso collettivo e riassunzione In caso di ricorso collettivo, a seguito della interruzione del giudizio per il decesso del legale del controinteressato, è ammissibile la riassunzione proposta da uno solo dei ricorrenti. In tal caso, il giudizio potrà proseguire nei confronti dell'unico ricorrente che ha riassunto, mentre rispetto agli altri è ravvisabile un evidente sopravvenuto difetto di interesse (T.A.R. Puglia (Bari) II, 1° luglio 2010, n. 2807). Analogamente, in caso di morte di alcuni dei ricorrenti, il giudice dichiarerà l'interruzione del processo limitatamente alla posizione dei ricorrenti deceduti e non con riferimento all'intero processo, in quanto l'interruzione del giudizio nella sua interezza per effetto di un evento del tutto estraneo alle altre parti costituirebbe una superfetazione dell'istituto dell'interruzione al di fuori di quanto previsto in ordine ad esso dall'ordinamento (T.A.R. Lazio (Latina) I, 13 aprile 2012, n. 296). Cause di interruzione del processo L'interruzione del processo consiste nell'arresto dello stesso a causa di un determinato evento che compromette l'effettività del contraddittorio e, quindi, l'istituto dell'interruzione è proprio diretto a garantire l'integrità del contraddittorio e che eventi che colpiscono la parte o il suo difensore possano minare l'effettivo esercizio del diritto di difesa. L'art. 79 c.p.a. rinvia al codice di procedura civile per la disciplina dell'interruzione (artt. 299-305 c.p.c.). Il processo non è sospeso se coloro ai quali spetta di proseguirlo si costituiscano volontariamente (art. 299 e 300 c.p.c.), in conformità al generale principio del processo civile. Sulla base delle disposizioni del c.p.c. i casi di interruzione sono: a) morte o perdita della capacità prima della costituzione (art. 299 c.p.c.); b) morte o perdita della capacità della parte costituita o del contumace (art. 300 c.p.c.); c) morte o impedimento del procuratore (art. 301 c.p.c.). Sulla base di tali previsioni, va dichiarato interrotto il giudizio in caso di decesso del difensore di una delle parti, ma non dà luogo a interruzione la morte di uno dei procuratori costituiti per la stessa parte, salvo che essi abbiano l'obbligo di agire congiuntamente. L'evento interruttivo legato alla morte del difensore opera in modo automatico: tale evento infatti priva la parte dello ius postulandi e, quindi, di una adeguata attività difensiva, con connessa estinzione del mandato e della connessa elezione di domicilio (Cons. St. V, n. 3422/2016). Peraltro, non si verifica interruzione del processo ex art. 301 c.p.c. in caso di morte di uno dei difensori ai quali la parte abbia conferito mandato di rappresentarla in giudizio senza obbligo di agire congiuntamente. In tale caso è, infatti, salvaguardata l'esigenza di carattere pubblico, cui l'effetto interruttivo si ricollega, di non privare la parte del ministero del difensore, obbligatorio per legge, mentre l'interesse della parte a fruire di due rappresentanti tecnici è essenzialmente privato e non incide sulle vicende processuali (T.A.R. Sicilia (Catania) III, n. 1802/2009; Cass. I, n. 2577/2003). Va, inoltre, dichiarata l'interruzione del processo per sopravvenuta incapacità di stare in giudizio, allorché viene dichiarato che parte ricorrente è stata dichiarata fallita, atteso che la sentenza che dichiara il fallimento priva dalla sua data il fallito della disponibilità dei beni e fa subentrare allo stesso, in tutti i rapporti pendenti, anche processuali, il curatore; mentre l'ammissione all'amministrazione controllata non determina la perdita della capacità di stare in giudizio (art. 43, ultimo comma, del r.d. n. 267/1942, modificato dall'art. 41, comma 1, d.lgs. n. 5/2006). Si tratta di un'ipotesi di interruzione automatica del processo, che si verifica cioè senza la necessità di alcuna dichiarazione o presa d'atto non appena viene dichiarato il fallimento di una delle parti; il termine per effettuare la riassunzione del processo decorre dal verificarsi dell'evento interruttivo (dichiarazione di fallimento) per la parte che ne è colpita, ovvero dalla sua conoscenza per l'altra parte. (T.A.R. Lombardia (Brescia) I, 26 giugno 2014 n. 708). Anche nel caso di messa in liquidazione coatta amministrativa di una società si determina la perdita della sua capacità di stare in giudizio e conseguentemente, la perdita della capacità della parte dichiarata in udienza dal suo procuratore (o da essa notificata alle altre parti), comporta l'interruzione del processo, salvo che coloro ai quali spetta di proseguirlo, si costituiscano volontariamente, ovvero l'altra parte provveda a citarli in riassunzione (Cons. St. V, n. 1437/2014). Dichiarazione o notificazione dell'evento Un eventuale evento interruttivo, per assurgere a rilevanza nel processo in corso, comunque deve essere rilevato nei modi e nelle forme di cui agli artt. 299 e ss. c.p.c., la cui disciplina è implicitamente richiamata dall'art. 79 comma 2, c.p.a., ossia, previa dichiarazione o notificazione dell'evento ad opera del procuratore costituito per la parte colpita dall'evento interruttivo, la quale è l'unica legittimata a dolersi dell'eventuale irrituale continuazione del processo, nonostante il verificarsi della causa interruttiva, talché la mancata interruzione non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, né essere eccepita dalla controparte (Cons. St. VI, n. 5788/2011). Essendo le norme in materia di interruzione del processo preordinate alla tutela della parte colpita dall'evento, la stessa è l'unica legittimata a dolersi dell'irrituale continuazione del processo nonostante il verificarsi della causa interruttiva, sicché la mancata interruzione del processo non può essere rilevata d'ufficio dal giudice, né essere eccepita dall'altra parte come motivo di nullità (Cass. I, n. 17199/2016). Si veda formula “Atto di notificazione di causa interruttiva del processo”. L'interruzione del processo per morte di una delle parti può essere dichiarata dal giudice esclusivamente su richiesta del procuratore della parte colpita dall'evento e non anche sulla base della certificazione depositata in atti dell'amministrazione o da altra parte costituita (Cons. St. V, n. 421/1986). Secondo Cons. giust. amm. Sicilia n. 692/2022, in applicazione dell'art. 328, commi 1 e 3, c.p.c., la morte della parte dopo la pubblicazione della sentenza e durante il termine per impugnarla: a) è causa di interruzione del solo termine breve di impugnazione di cui all'art. 325 c.p.c.; b) è causa di proroga di tre mesi del termine lungo di impugnazione, solo se la morte si verifica dopo il decorso della prima metà del termine lungo di impugnazione ossia dal quarto al sesto mese del termine lungo di sei mesi. Il difensore di una parte non necessaria del giudizio non è legittimato a chiedere l'interruzione del processo per morte del suo assistito (Cons. St. V, n. 1407/1996, Cons. St., n. 1755/1996; T.A.R. Veneto, 26 gennaio 2017, n. 97). Tale principio è stato affermato in relazione, ad esempio, alla posizione di un interveniente, sulla base del fatto che l'istituto dell'interruzione mira ad assicurare che la pronuncia intervenga tra i titolari delle posizioni giuridiche azionate in giudizio. Ai sensi dell'art. 300 c.p.c. la comunicazione dell'avvenuto decesso del proprio assistito va fatta dal difensore o tramite notificazione alle altre parti o con dichiarazione in udienza, e quindi non anche con il mero deposito di dichiarazione presso la segreteria dell'ufficio giudiziario antecedentemente all'udienza e senza poi confermare in udienza l'evento con dichiarazione. Inoltre, il decesso della parte costituita in giudizio determina l'evento interruttivo del giudizio solo dal momento in cui è dichiarato all'altra parte (senza che possa avere alcuna rilevanza la conoscenza stragiudiziale dell'evento; cfr. Cons. St. VI, n. 536/1986; Cons. St. IV, n. 3110/2014). Ai sensi degli artt. 299 e 300 c.p.c., l'interruzione del processo per morte di una delle parti deve esser disposta ipso jure nel caso in cui la parte deceduta non si sia costituita in giudizio, mentre se la costituzione sia stata effettuata l'interruzione presuppone la dichiarazione del decesso da parte del procuratore costituito; peraltro, deve aversi riguardo alla costituzione nelle singole fasi del processo, e in particolare se essa sia o meno avvenuta anche nel giudizio di appello, non potendosi ritenere che la costituzione in primo grado sia valida, a tali fini, anche per le ulteriori fasi del processo; pertanto, nel caso di decesso di parte costituita in primo ma non in secondo grado, il giudizio deve considerarsi automaticamente interrotto senza necessità di apposite dichiarazioni (Cons. St. IV, n. 960/1980, Cons. St., n. 1147/1980). Ai sensi dell'art. 79 c.p.a., l'interruzione del processo è disciplinata dalle disposizioni del codice di procedura civile; di conseguenza l'interruzione del processo per la perdita della capacità di stare in giudizio di una delle parti, sopravvenuta prima della costituzione in giudizio, determina ipso iure l'interruzione del processo, rilevabile d'ufficio dal giudice, conformemente al dettato dell'art. 299 c.p.c.; invece la perdita della capacità della parte costituita in giudizio non determina l'automatica interruzione del processo, dovendo l'evento interruttivo essere dichiarato in udienza o notificato alle altre parti, secondo il regime giuridico apprestato dall'art. 300 c.p.c. (T.A.R. Marche (Ancona) I, 5 maggio 2014 n. 482). In caso di decesso di uno dei due co-ricorrenti, il giudice può dichiarare l'interruzione del processo nei confronti di entrambe le parti (anche nel caso l'altra non abbia subito alcun evento interruttivo), posto che ragioni di economia processuale depongono nel senso di assicurare l'unitarietà del giudizio (Cons. St. IV, n. 5908/2017). Eventi interruttivi e parti pubbliche Nel processo amministrativo possono essere frequenti i casi di estinzione di un ente con successione a titolo universale di altro ente. Se prima dell'entrata in vigore del Codice, l'orientamento costante della giurisprudenza amministrativa riteneva che il chiaro riferimento degli eventi interruttivi alle «parti private» presente nell'art. 24 l. T.A.R. determinasse l'esclusione dal campo di applicazione della norma delle «parti pubbliche» (tra gli altri, Cons. St. VI, n. 4553/2010; Cons. St., n. 5069/2009; Cons. St., n. 4928/2006, Cons. St., n. 5069/2009; Cons. St., n. 4928/2006), l'attuale rinvio al c.p.c. determina la sua applicabilità a tutte le parti, anche quelle pubbliche, con conseguente rilevanza di eventuali fenomeni di successione o soppressione. Al riguardo, l'orientamento costante della Corte di Cassazione è nel senso che «la soppressione ex lege di un ente pubblico con la successione allo stesso di un altro ente dà luogo ad un fenomeno equiparabile alla morte o alla perdita della capacità di stare in giudizio della persona fisica» (così tra le tante, Cass. I, n. 18306/2007). Ne consegue che rientra nel campo di applicazione delle norme relative alla interruzione nel processo amministrativo anche il fenomeno successorio tra pubbliche amministrazioni (Cons. St. VI, n. 2384/2012). Anche in tal caso, se l'evento interruttivo che riguarda la parte pubblica si realizza prima della costituzione, l'effetto interruttivo è automatico, se, invece, si realizza dopo la costituzione la produzione dell'effetto produttivo è subordinata alla dichiarazione del difensore (Cons. St. VI, n. 2384/2012, che ha escluso l'effetto interruttivo in quanto la verificazione dell'evento interruttivo era avvenuta, prima dell'udienza di discussione ma pur sempre dopo la costituzione in giudizio e l'intervenuta estinzione dell'ente avrebbe dovuto essere oggetto di una espressa dichiarazione da parte del difensore, invece mancante con conseguente prosecuzione del processo tra le parti originarie). L'applicazione dei suddetti principi è stata, tuttavia, limitata e l'istituto dell'interruzione è stato ritenuto non applicabile in assenza di una successione a titolo universale e in presenza di una semplice successione nelle funzioni tra due autorità (v. Cons. St. VI, ord. n. 4630/2014; Cons. St. VI, n. 322/2015; Cons. St., n. 2466/2015, con riguardo alla soppressione dell'Avcp e l'attribuzione dei relativi compiti e delle relative funzioni all'Anac, come un fenomeno di una c.d. ‘successione nel munus', di pretta natura pubblicistica, connotata dal passaggio di attribuzioni fra amministrazioni pubbliche accompagnato dal trasferimento della titolarità sia delle strutture burocratiche sia dei rapporti amministrativi pendenti, ma senza una vera soluzione di continuità tra l'ente che si estingue e l'ente che subentra, con conseguente insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'istituto dell'interruzione del processo). Analogamente, si è affermato che non dà luogo a fenomeno di interruzione il mero riassetto di un apparato organizzativo necessario della p.a., relativo all'apparato pubblico previdenziale (Cons. St. VI, n. 3369/2014). Rinuncia al mandato e cancellazione dall'albo L'interruzione del processo amministrativo è prevista in caso non solo di morte, radiazione o sospensione del procuratore delle parti, ma più in generale di qualunque impedimento, materiale, ma anche giuridico formale, all'esercizio della difesa della parte, ivi compresa la volontaria cancellazione dall'albo. Con riferimento a quest'ultima ipotesi, superando un orientamento che in passato non era uniforme, le recenti posizioni si caratterizzano per ammettere, anche in tal caso, la ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 301 c.p.c. (Cons. St., n. 1177/2017; Cons. St. III, n. 925/2016; Corte cost., n. 147/2008; v. per la tesi opposta, Cass. I, n. 12376/2014; Cass. III, n. 22756/2013). La sola rinuncia al mandato da parte del difensore del ricorrente non determina, invece, l'interruzione né la sospensione del giudizio amministrativo pendente, essendo priva di effetti sino all'effettiva sostituzione del difensore (T.A.R. Lazio (Roma) III, n. 12785/2016). Ai sensi dell'art. 85 c.p.c., applicabile al processo amministrativo in virtù dell'art. 39 il difensore può sempre rinunciare alla procura, ma la rinuncia non ha effetto nei confronti dell'altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore; in effetti la rinuncia al mandato alla lite del difensore del ricorrente non determina effetti interruttivi né sospensivi del processo e non impedisce il passaggio in decisione del ricorso, in quanto ai sensi del predetto art. 85 gli stessi difensori sono tenuti a svolgere la loro funzione fino alla loro sostituzione (Cons. St. V, n. 4791/2013; Cons. St. VI, n. 4853/2012). |