Opposizione avverso il decreto che dichiara la perenzione (artt. 81 e 85)

Roberto Chieppa

Inquadramento

La perenzione è causa di estinzione del processo, conseguente al protrarsi dell'inattività della parte oltre i termini previsti, ovvero per abbandono del ricorso. Il codice prevede due tipologie di perenzione, tra loro diversi quanto a presupposti e rimedi azionabili per evitare l'estinzione. Nel primo caso – perenzione ordinaria – qualora nel corso di un anno dal deposito del ricorso sia mancato un impulso di una delle parti del giudizio (nella specie l'istanza di fissazione dell'udienza) il ricorso si considera perento. Nel caso della perenzione ultraquinquennale, in un'ottica di smaltimento dell'arretrato, si sollecita la parte ricorrente ad un nuovo atto di impulso. Questo può consistere tanto nella domanda di fissazione di udienza, a seguito della ricezione dell'avviso (“Istanza di fissazione dell'udienza dopo l'avviso di Segreteria relativo ad un ricorso ultra-quinquennale”), quanto – in mancanza della comunicazione dell'avviso - nella dichiarazione in udienza di permanenza dell'interesse al ricorso (v. formula “Dichiarazione da verbalizzare in udienza di interesse alla decisione di un ricorso ultra-quinquennale”). La perenzione opera di diritto e, in presenza dei presupposti, il presidente la dichiara con decreto. Avverso tale decreto è possibile proporre opposizione secondo le forme stabilite dall'art. 85 c.p.a. richiedendo al Collegio di revocare il decreto e procedere alla fissazione dell'udienza di discussione (v. anche l'inquadramento alla formula “Opposizione al decreto che dichiara l'estinzione o l'improcedibilità”).

Formula

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL .... SEZIONE .... [1]

Giudizio R.G. n. [ ....]

RICORSO IN OPPOSIZIONE

Nell'interesse di

[PARTE RICORRENTE/RESISTENTE/CONTROINTERESSATO], elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. ...., che lo/la rappresenta e difende giusta procura speciale, in relazione al ricorso n. r.g. ...., proposto da .... contro .... e nei confronti di ....;

PER L'ANNULLAMENTO E/O LA REVOCA

del decreto del Presidente del T.A.R. ...., pubblicato in data ...., comunicato all'opponente in data ...., con cui si è dichiarata la perenzione del ricorso RG n. ....

FATTO E DIRITTO

- In relazione al ricorso indicato in epigrafe, proposto da ...., contro .... e relativo a .... [indicare oggetto del ricorso], con il decreto oggetto della presente opposizione è stata dichiarata la perenzione [indicare se si tratta di perenzione ordinaria, ai sensi dell'art. 81 c.p.a. o ultraquinquennale, ai sensi dell'art. 82 c.p.a.]

- Il suddetto decreto è stato comunicato alla parte che si rappresenta in data .....

- Il decreto è meritevole di annullamento e/o revoca in ragione del fatto che [evidenziare i motivi di ordine procedurale che rendono illegittimo il decreto opposto, come ad esempio l'omessa comunicazione dell'avviso di perenzione ultraquinquennale o altri vizi inerenti la comunicazione di detto avviso]

P.Q.M.

si chiede che codesto Ecc.mo Tribunale voglia accogliere la presente opposizione e, per l'effetto, annullare il decreto in epigrafe, fissando ai sensi dell'art. 85, comma 4, c.p.a., l'udienza per la discussione del ricorso.

Si chiede altresì di essere sentito in camera di consiglio.

Luogo e data ....

Firma Avv. [2] ....

DICHIARAZIONE DI NON DEBENZA DEL CONTRIBUTO UNIFICATO

Ai sensi degli artt. 9 e 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002, non è dovuto il contributo unificato, non trattandosi di nuovo ricorso ma di incidente processuale.

RELAZIONI DI NOTIFICAZIONE

[V. formula “Relata di notifica a persona fisica” e formule correlate]

DEPOSITO INFORMATICO

Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [3] .

[1]Ai sensi dell'art. 136, comma 2, c.p.a., i difensori sono tenuti a depositare tutti gli atti e i documenti con modalità telematiche. A tal fine, il deposito avviene mediante l'utilizzo del modulo disponibile sul sito www.giustizia-amministrativa.it, da inviare via PEC alla segreteria del tribunale adito (vedi le relative istruzioni disponibili sul sito www.giustizia-amministrativa.it).

[2]Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di pdf nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dall'art. 6 delle Specifiche tecniche del PAT di cui all'all.to 2 del d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il modulo denominato “Modulo Deposito Atto”).

[3]Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. Ai fini del deposito telematico, il ricorrente dovrà utilizzare gli appositi moduli presenti sul sito della Giustizia Amministrativa. È stato definitivamente abrogato (cfr. art. 4 d.l. n. 28/2020) l'obbligo di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi.

Commento

Il processo amministrativo è connotato dal principio dispositivo ed è, quindi, necessario l'impulso di parte perché il processo vada avanti, costituito dalla istanza della parte di fissazione dell'udienza.

Il fondamento della perenzione non risiede in una sorta di presunzione della volontà delle parti di abbandonare il giudizio, ma nell'esigenza che le controversie su rapporti giuridici di diritto pubblico non siano tenute pendenti per troppo tempo, quando tale pendenza dipende dalla volontà (inerzia) delle parti.

La perenzione opera di diritto e può essere rilevata d'ufficio dal giudice (con pronuncia che assume valore dichiarativo) (v. art. 83 c.p.a.). A seguito della mancata presentazione dell'istanza di fissazione dell'udienza nel termine previsto dalla legge, il ricorso è perento, essendo noto che, come disposto dall'art. 83, il provvedimento giurisdizionale con cui si rileva l'intervenuta perenzione ha natura meramente dichiarativa (T.A.R. Sicilia (Catania) II, 2 maggio 2013, n. 1276).

Perenzione ordinaria

Il principio dispositivo che regola il processo amministrativo richiede l'impulso di parte affinché il giudizio prosegua e in assenza di tale impulso l'inerzia delle parti non è senza effetto in quanto l'ordinamento non tollera che le controversie su rapporti di diritto pubblico restino pendenti sine die.

La perenzione costituisce dunque un istituto di diritto processuale che risponde ad un superiore interesse pubblico alla definizione delle situazioni giuridiche inerenti l'esercizio del potere amministrativo entro termini ragionevoli con un chiaro intento deflattivo delle pendenze (Cons. St. V, n. 3564/2014).

L'estinzione del giudizio per perenzione discende dal decorso del tempo, non contrastato da una tempestiva richiesta di fissazione di udienza; rispetto a tale dato obiettivo è irrilevante la dichiarazione di parte in causa circa la permanenza del suo interesse alla decisione (che invece può valere per la fattispecie della rinuncia al ricorso di cui all'art. 84) (Cons. St. IV, n. 3108/2014; Cons. St. VI, n. 2494/2013).

Dal combinato disposto degli artt. 71 e 81 c.p.a. emerge che al fine di evitare la perenzione, occorre depositare l'istanza di fissazione entro il primo anno di pendenza del ricorso. La fissazione dell'udienza di discussione deve essere chiesta da una delle parti con apposita istanza – che non può essere contenuta nel ricorso (v. formula “Domanda di fissazione dell'udienza di discussione”).

Quindi, non è sufficiente, al fine di impedire la perenzione, il compimento di un qualunque atto processuale, ma occorre invece un atto che abbia il contenuto tipico della richiesta di fissazione dell'udienza, destinata a essere registrata nello specifico registro della segreteria della Sezione a norma dell'art. 2 comma 1 lett. a), disp. att. c.p.a. (Cons. St. IV, n. 1403/2017). Si è escluso rilievo alle istanze di prelievo, quali atti idonei ad evitare la perenzione (Cons. St. IV, ord. n. 4465/2016; Cons. St. VI, ord. n. 4176/2016). Analogamente priva di efficacia ai fini che interessano è la domanda fissazione dell'udienza (camerale) per la discussione dell'istanza cautelare e non per la discussione del merito (in ragione della sua natura di procedimento incidentale, autonomo e distinto rispetto al principale) (Cons. St. IV, n. 2789/2013; T.A.R. Campania (Napoli) II, 3 maggio 2016, n. 2194).

All'attuale termine annuale per la domanda di fissazione dell'udienza va aggiunto il periodo feriale (31 giorni a decorrere dal 2015) (da ultimo, T.A.R. Sicilia (Catania) III, 3 novembre 2015, n. 2520). Nel rito abbreviato, il termine di perenzione è dimezzato e si applica, quindi, il termine di sei mesi, oltre alla eventuale sospensione per il periodo feriale (T.A.R. Piemonte I, 13 dicembre 2013, n. 1361).

Con l'istanza di fissazione di udienza l'impulso processuale della parte è assolto e spetta al giudice compiere la propria attività, in assenza della quale non si può determinare alcuna estinzione del giudizio.

La perenzione non si applica, peraltro, nei casi in cui non sia obbligatorio l'impulso di parte per la fissazione dell'udienza (si tratta dei casi in cui si prevede la fissazione d'ufficio dell'udienza, come nelle controversie relative ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi o forniture di cui all'art. 119, in relazione alle quali si è ritenuto che, una volta che la parte abbia depositato il ricorso, la mancata fissazione dell'udienza entro il termine di legge non comporta perenzione – cfr. l'art. 120, comma 6, c.p.a.) (Cons. St. VI, n. 4609/2016). Così anche per le controversie in materia di accesso ai documenti amministrativi (Cons. St., n. 1975/2012).

In caso di cause scindibili, occorrerà che la domanda di fissazione venga da parte di ciascuno dei ricorrenti; viceversa, nei casi di cause inscindibili, è sufficiente ad impedire il verificarsi di tale causa estintiva il fatto che la dichiarazione prevista dalla legge sia formulata e sottoscritta da una sola delle parti ricorrenti (Cons. St. IV, n. 3951/2016). Peraltro, la mancata sottoscrizione degli altri ricorrenti collettivi potrebbe essere autonomamente apprezzata come sopravvenuto difetto d'interesse all'azione e quindi per loro deve essere emessa una pronuncia di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione ai sensi dell'art. 35 comma 1 lett. c), c.p.a. (Cons. St. V, n. 5344/2014).

Effetti della perenzione

La perenzione non comporta l'estinzione del diritto di azione, pertanto la pronuncia che dichiara la perenzione non costituisce giudicato sostanziale e, quindi, non è idonea a impedire la delibazione di un altro ricorso con cui sia stato impugnato il medesimo provvedimento (non è dunque invocabile, con riguardo a tali pronunce, il principio del ne bis in idem) (T.A.R. Puglia (Lecce) II, 14 gennaio 2015, n. 176). È possibile dunque riproporre un nuovo ricorso avente lo stesso oggetti di quello dichiarato perento. La perenzione del ricorso principale non si riflette sui motivi aggiunti c.d. impropri, che, in virtù della loro autonomia sostanziale, rappresentano un nuovo rapporto processuale (Cons. St. IV, n. 4768/2014).

Con riguardo alle spese, in caso di perenzione, ciascuna delle parti sopporta le proprie spese nel giudizio, dovendo ogni parte attivarsi per evitare la perenzione se intende avere una pronuncia anche relativa alle spese.

Con riferimento al rapporto tra perenzione e prescrizione è stato rilevato che la perenzione del giudizio amministrativo determina il venire meno dell'effetto interruttivo permanente della prescrizione, ai sensi dell'art. 2945, terzo comma, c.c., restando fermo il solo effetto interruttivo istantaneo determinato dalla proposizione della domanda (Cass. S.U., n. 17619/2022).

Perenzione quinquennale

L'istituto della perenzione quinquennale richiede invece alle parti un nuovo atto di impulso del processo amministrativo per quei giudizi più vecchi per i quali il tempo trascorso può far dubitare della permanenza di un interesse alla decisione.

L'istituto si differenzia dalla ipotesi di perenzione ordinaria in ragione del fatto che l'atto di impulso è prerogativa esclusiva del ricorrente (e non delle altre parti costituite) e sussiste un onere di firma congiunta, per cui l'istanza di fissazione deve recare sia la firma della parte sia del difensore.

Per tali giudizi, a cura della segreteria deve essere notificato alle parti costituite, dopo il decorso di cinque anni dalla data di deposito dei ricorsi, apposito avviso in virtù del quale è fatto onere alle parti ricorrenti di presentare nuova istanza di fissazione dell'udienza con la firma del difensore e della parte, entro 120 giorni dalla data di ricezione dell'avviso medesimo (termine ridotto dai precedenti 180 giorni dalla modifica dell'art. 82, apportata dall'art. 17, comma 7, lett. a) punto 3) del d.l. n. 80/2021, convertito con modificazioni dalla l. n. 113/2021; v. formula “Istanza di fissazione dell'udienza dopo l'avviso di Segreteria relativo ad un ricorso ultra-quinquennale”). I ricorsi per i quali non sia stata presentata nuova domanda di fissazione vengono, dopo il decorso infruttuoso del termine assegnato, dichiarati perenti. (Cons. St. IV, n. 2204/2016; Cons. St. V, n. 5350/2014).

Secondo il regime delineato, non hanno rilievo atti di impulso della parte o altre circostanze compiute prima della scadenza del termine, quali la fissazione dell'udienza di discussione o il deposito di una istanza di prelievo prima della ricezione dell'avviso (Cons. St. V, n. 2584/2015; Cons. St. III, n. 5034/2014).

Anche in relazione al termine di 120 giorni (in precedenza, 180 giorni), previsto per la dichiarazione di interesse a seguito della comunicazione del decreto di perenzione, trova applicazione la sospensione feriale (T.A.R. Lazio (Roma) III, 13 aprile 2016, n. 4376).

L'istituto opera anche in appello, che è dichiarato perento decorso il termine quinquennale dal deposito dell'appello senza aver presentato una nuova istanza di fissazione di udienza, previo avviso di segreteria ed all'esito dello spirare del termine di 120 giorni (in precedenza, 180) i dalla comunicazione di tale avviso previsto per presentare una nuova istanza (ciò ai sensi degli artt. 82 comma 1 e 38, Cons. St. V, n. 177/2016). Non evita tale esito la presentazione dell'istanza di fissazione d'udienza da parte dell'appellato (Cons. St. V, n. 177/2016).

Il ricorso è dichiarato perento anche nel caso in cui la nuova istanza di fissazione d'udienza non sia firmata congiuntamente dal difensore e dal ricorrente Cons. St. V, n. 539/2011 (T.A.R. Lazio (Roma) III, 15 ottobre 2014, n. 10355).

In assenza di avviso, l'art. 82, comma 2, precisa che, se in luogo dell'avviso di perenzione è comunicata alle parti la fissazione dell'udienza, per evitare la perenzione occorre che il ricorrente dichiari, anche in udienza a mezzo del proprio difensore, il persistente interesse alla decisione. In difetto di tale dichiarazione, il ricorso deve essere dichiarato perento (T.A.R. Calabria (Catanzaro) II, 8 novembre 2010, n. 2668) (v. formula “Dichiarazione da verbalizzare in udienza di interesse alla decisione di un ricorso ultra-quinquennale”).

Comunicazione dell'avviso

La perenzione è una conclusione del giudizio senza una sentenza di merito e, di conseguenza, la sua applicazione va rigorosamente limitata alla sussistenza dei presupposti previsti dalla vigente disciplina, specie se si tratta di perenzione diversa da quella ordinaria.

Pertanto, la peculiarità dell'istituto della perenzione c.d. quinquennale impone che vi sia piena certezza riguardo alla correttezza ed effettività della comunicazione dell'avviso di segreteria da cui dipende il decorso del termine per la riproposizione dell'istanza di fissazione (Cons. St. VI, n. 3410/2016). Conseguentemente, se la notifica del decreto di perenzione da parte della segretaria non è regolare, non si può porre a carico della parte l'intervenuto decorso del termine entro il quale il difensore ha l'onere di depositare una dichiarazione sottoscritta dalla parte e dal difensore medesimo e notificata alla controparti, attestante il persistente interesse alla trattazione della causa (Cons. St. III, n. 1326/2016).

La comunicazione effettuata, ai sensi dell'art. 136, attraverso posta elettronica certificata non è condizionata alla indicazione da parte del difensore del proprio indirizzo PEC (Cons. St., Ad. plen., n. 33/2014 che precisa che in caso di tardività dell'opposizione rispetto a tale comunicazione, non può essere concesso il beneficio dell'errore scusabile). Ciò vale pure in caso di comunicazione fatta al domiciliatario, a fronte di richiesta di parte a che le comunicazioni via PEC siano effettuate presso il difensore (Cons. St. IV, n. 4465/2016).

È fondata l'opposizione avverso il decreto di perenzione di un giudizio amministrativo quando: a) il decreto di perenzione sia stato notificato ad un indirizzo PEC non inserito in alcun pubblico elenco e facente capo ad un privato cittadino, e non ad un avvocato e il giudice abbia erroneamente ritenuto che l'indirizzo PEC utilizzato dalla Segreteria per la notifica del decreto di perenzione, fosse inserito in un pubblico elenco (Cons. St. IV, n. 8877/2019, che ha ritenuto la sussistenza in tal caso di un errore di fatto “revocatorio”).

In caso di pluralità di difensori della parte. è sufficiente che l'avviso di perenzione sia comunicato anche ad uno solo di essi (Cons. St. V, n. 1606/2015), così come è valido l'avviso al difensore revocato, non ancora sostituito (T.A.R. Sicilia (Catania) IV, 25 settembre 2013, n. 2265).

Opposizione al decreto di perenzione

Essendo una ipotesi speciale di estinzione, il decreto con cui il giudice dichiara la perenzione è opponibile, ai sensi dell'art. 85 c.p.a. secondo le forme ivi stabilite (v. la formula “Opposizione al decreto che dichiara l'estinzione o l'improcedibilità“).

Nello specifico, l'opposizione al decreto di perenzione pronunciato ai sensi dell'art. 82 c.p.a. deve contenere contestazioni sulla regolarità della procedura seguita o altre censure, non potendosi limitare ad esporre la persistenza di interesse alla trattazione della causa e a chiedere la revoca del decreto e la reiscrizione della causa sul ruolo (Cons. St. V, n. 5350/2014). Né tali censure possono essere introdotte successivamente con memoria (Cons. St. III, n. 2316/2014).

L'atto di opposizione deve essere notificato a tutte le parti e, nel caso ci si opponga ad un decreto di perenzione emesso in fase di appello, l'opposizione deve essere notificata alla parte nel domicilio eletto per l'appello (e non personalmente o presso il difensore nel giudizio di primo grado). Tale difetto di notifica è idoneo a inficiare il decreto di perenzione – e la successiva ordinanza di rigetto dell'opposizione può essere impugnata per revocazione (integrando errore di fatto revocatorio l'omesso rilievo, da parte del giudice, della non integrità del contraddittorio; cfr. Cons. St. IV, n. 3683/2017).  

In caso di rigetto dell'opposizione al decreto di perenzione è applicabile la sanzione pecuniaria prevista dall'art. 26 comma 2, in particolare quando l'accertamento dell'infondatezza dell'opposizione a perenzione si basa su ragioni assolutamente manifeste e su una giurisprudenza consolidata (Cons. St., n. 1402/2017).

Le ordinanze che in primo grado decidono sulla opposizione al decreto di perenzione sono appellabili, ai sensi dell'art. 85, commi 7-8 (v. formula “Ricorso in appello avverso l'ordinanza che decide sulla opposizione”).

Ai sensi dell'art. 87 comma 3, i termini per la presentazione del ricorso in appello, in caso di giudizi in opposizione ai decreti che pronunciano l'estinzione, o l'improcedibilità del giudizio, sono dimezzati rispetto a quelli del giudizio ordinario, con la conseguenza che il termine per la presentazione del ricorso è da intendersi di 30 giorni, e non di 60, decorrenti dalla data della pubblicazione dell'ordinanza.

Nel caso in cui sia il Consiglio di Stato a pronunciarsi direttamente sull'improcedibilità o estinzione in grado d'appello l'ordinanza pronunciata sull'opposizione avverso il decreto di perenzione, la quale confermi la perenzione, ha natura decisoria e definitiva del grado del giudizio in cui è resa, sicché la stessa, qualora pronunciata nell'ambito del giudizio di secondo grado, non è ulteriormente impugnabile con il mezzo ordinario dell'appello, proprio in quanto atta e definire il secondo e ultimo grado del giudizio amministrativo, trattandosi di un corollario della previsione di cui all'art. 6, comma 1, c.p.a., per cui il Consiglio di Stato è organo di ultimo grado della giurisdizione amministrativa, e del sistema dei mezzi d'impugnazione delineato dal codice del processo amministrativo (Cons. St. VI, n. 5923/2017).

Non è stata riconosciuta causa di impedimento ai fini della rimessione in termini per l'opposizione al decreto di perenzione, il disguido postale occorso nell'atto di comunicazione tra il difensore e il proprio assistito l'onere di proporre l'istanza di fissazione di udienza nel caso di perenzione ultra-quinquennale (Cons. St. V, n. 2243/2014).

Inoltre, il termine di 120 giorni (in precedenza, 180) sancito dall'art. 82, comma 1, c.p.a. non è stato ritenuto possa essere oggetto di sospensione o interruzione (Cons. St. IV, n. 3017/2018).

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