Istanza al Presidente del Consiglio di Stato di rimessione della causa alla Adunanza plenaria (art. 99)

Roberto Chieppa

Inquadramento

Al fine di assicurare uniformità alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, il Codice del processo amministrativo ha confermato la peculiare funzione nomofilattica dell'Adunanza Plenaria.

Infatti, nella giustizia amministrativa, come avviene per la Cassazione con le Sezioni Unite, il ruolo di nomofilachia viene svolto dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato a cui possono essere deferite le controversie vertenti su questioni che hanno dato luogo o possono dare luogo a contrasti giurisprudenziali.

Il ruolo di nomofilachia dell'Adunanza plenaria è rafforzato dalla previsione, secondo cui, se la sezione cui è assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dall'adunanza plenaria, rimette a quest'ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso.

Non è quindi possibile una decisione diversa in assenza di remissione, anche se il principio è attenuato quando viene in gioco una questione di diritto dell'Unione europea (v. il commento).

In caso di rimessione all'Adunanza plenaria, questa decide comunque l'intera controversia, salvo che ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente.

In analogia con quanto previsto per la Cassazione, se ritiene che la questione è di particolare importanza, l'adunanza plenaria può comunque enunciare il principio di diritto nell'interesse della legge.

Il deferimento della controversia all'Adunanza Plenaria può essere disposto dalla sezione cui è assegnato il ricorso (v. formula “Istanza alla sezione di rimessione della causa alla Adunanza plenaria”) o dal presidente del Consiglio di Stato (richiesta oggetto della formula in commento).

Formula

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DI STATO

ISTANZADI RIMESSIONE DELLA CAUSA ALL'ADUNANZA PLENARIA

- proposta da ..., con l'Avv. ...

in relazione al ricorso R.G. n. [ ... ]

- proposto da

- [PERSONA FISICA], nato/a a ... il ... (C.F. ...), residente in ..., via/piazza ... n. ..., elettivamente domiciliato/a in ..., via/piazza ..., n. ..., presso lo studio dell'Avv. ...,, che lo/la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti ... .

- [PERSONA GIURIDICA], con sede legale in ..., via/piazza ..., n. ..., iscritta nel registro delle imprese di ..., n. ..., P. I. ..., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato/a in ..., via/piazza ..., n. ..., presso lo studio dell'Avvocato chela rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti ...

- appellante -

CONTRO

- [Amministrazione/Ente/Autorità], in persona del legale rappresentante pro tempore, [per legge rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale/distrettuale dello Stato],

- appellato -

E NEI CONFRONTI DI

- Sig./Sig.ra ... residente in ..., via/piazza ... n. ..., rappresentato e difeso nel giudizio di primo grado dall'Avv.to ... ed elettivamente domiciliato presso ...

- controinteressato –

PER L'ANNULLAMENTO

- della sentenza del T.A.R. del ..., n. ..., pubblicata in data ..., notificata in data ..., con cui è stato accolto/respinto il ricorso ... .

FATTO E DIRITTO

Con ricorso in appello notificato il ... il Sig. ... . ha impugnato la sentenza del T.A.R. del ..., n. ..., pubblicata in data ..., notificata in data ... .

Tale ricorso è stato iscritto al R.G. n. ... del Consiglio di Stato e assegnato alla ... Sezione.

Oggetto del giudizio di appello è, in particolare, un punto di diritto che ha dato luogo / può dare luogo a contrasti giurisprudenziali.

In particolare, orientamenti divergenti sono stati registrati in ordine alla questione del ... (descrivere).

Parte della giurisprudenza ha sostenuto che ... (citare giurisprudenza).

Secondo altro orientamento ... (citare giurisprudenza).

(In alternativa: In ordine alla esatta interpretazione della norma da poco entrata in vigore si possono ipotizzare i seguenti diversi orientamenti e al fine di evitare l'insorgere di contrasti di giurisprudenza appare opportuno deferire subito la questione alla Adunanza Plenaria in modo di ottenere un chiarimento che prevenga contrasti.)

(In alternativa o a rafforzamento delle precedenti ragioni dell'istanza: Per decidere il ricorso in appello è necessaria la risoluzione di questioni di massima di particolare importanza, in quanto. ...)

La questione richiede un pronto intervento della Adunanza Plenaria al fine di dirimere il punto controverso e/o di risolvere una questione di massima di particolare importanza e a tal fine si formula apposita istanza.

P.Q.M.

Si chiede che il Presidente del Consiglio di Stato voglia deferire il ricorso in appello in oggetto all'esame dell'Adunanza plenaria ai sensi dell'art. 99, comma 2, c.p.a.

Luogo e data ...

Firma Avv. ... [1]

DEPOSITO INFORMATICO

Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [2].

1. Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di PDF nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dal d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il Modulo Deposito Atto; v. art. 6, all.to 2).

2. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. Ai fini del deposito telematico, il ricorrente dovrà utilizzare gli appositi moduli presenti sul sito della Giustizia Amministrativa. È stato definitivamente abrogato l'obbligo di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi (cfr. art. 4 d.l. n. 28/2020).

Commento

La richiesta di deferimento alla Plenaria può riguardare un contrasto di giurisprudenza in atto o potenziale e, a seconda che ricorre una dei due casi, la formula in commento andrà completata con i riferimenti dei diversi orientamenti della giurisprudenza o delle diverse possibilità di interpretazione che possono dar vita ad un contrasto allo stato solo eventuale.

L'art. 99, comma 2 prevede che prima della decisione, il presidente del Consiglio di Stato, su richiesta delle parti o d'ufficio, può deferire all'Adunanza Plenaria qualunque ricorso, per risolvere questioni di massima di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali.

Il presupposto di tale deferimento non è quindi solo il contrasto di giurisprudenza, ma anche la particolare importanza della questione di massima,

Si tratta di un presupposto autonomo ma che può essere utilizzato nella istanza, oggetto della formula in commento, anche congiuntamente a quello del contrasto.

Ai sensi dell'art. 99, comma 4, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, investita di una questione oggetto di contrasto giurisprudenziale, in omaggio al principio di economia processuale e per esigenze di celerità, di regola decide la controversia anche nel merito, salva la necessità di ulteriori esigenze istruttorie, potendo in ogni caso restituire gli atti alla Sezione qualora ne ravvisi l'opportunità.

Inoltre, in conformità a quanto stabilito dall'art. 363 c.p.c. ed in coerenza con la natura delle giurisdizioni superiori, viene previsto che l'Adunanza Plenaria, nei casi in cui definisce il giudizio con una sentenza di rito, possa enunciare comunque il principio di diritto nell'interesse della legge.

Le pronunce dell'Adunanza Plenaria, specie nel caso in cui la stessa enunci un principio di diritto, hanno natura essenzialmente interpretativa e, analogamente alle sentenze di annullamento e a quelle di incostituzionalità, hanno efficacia nei giudizi in corso; In taluni casi tuttavia, la medesima esigenza di certezza del diritto che muove all'enunciazione del principio può indurre l'Adunanza Plenaria a stabilire che la propria decisione produca effetti unicamente pro futuro, escludendone la retroattività mediante il ricorso al c.d. prospective overruling, istituto creato nel diritto nordamericano degli anni trenta proprio per mitigare gli effetti della naturale retroattività̀ dei revirement delle corti supreme (Cons. St. VI, n. 6858/2018).

Con riguardo alla possibilità che la Adunanza plenaria enunci il solo principio di diritto è stata posta la questione del carattere astratto o concreto del principio di diritto e della idoneità del principio di diritto ad assumere valore di cosa giudicata e fungere così da parametro per l'ipotesi revocatoria di cui all'art. 395, n. 5 c.p.c.

Al riguardo, va rilevato che in caso di remissione la Adunanza plenaria ha le seguenti alternative:

a) decidere l'intera controversia, in particolare laddove non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto;

b) enunciare il principio di diritto e rimettere per il resto il giudizio alla Sezione remittente, alla quale spetterà, evidentemente, il compito di contestualizzare il principio espresso in relazione alle peculiarità del caso sottoposto al suo giudizio o, comunque, enunciare il principio di diritto nell'interesse della legge anche laddove l'Adunanza plenaria dichiari il ricorso inammissibile o improcedibile ovvero dichiari l'estinzione del giudizio.

La stessa Adunanza plenaria ha precisato che l'art. 99, comma 4 deve essere inteso nel senso di rimettere all'Adunanza plenaria la sola opzione fra l'integrale definizione della controversia e l'enunciazione di un principio di diritto, mentre non è predicabile (per ragioni sia testuali, che sistematiche) l'ulteriore distinzione in principi di diritto di carattere astratto e princìpi maggiormente attinenti alle peculiarità del caso concreto, aggiungendo che ai principi di diritto enunciati dall'Adunanza plenaria non può essere riconosciuta l'autorità della cosa giudicata e che l'attività di contestualizzazione e di sussunzione del principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria in relazione alle peculiarità del caso concreto spetta alla Sezione cui è rimessa la decisione del ricorso (Cons. St., Ad. Plen., n. 2/2018).

Ciò significa che laddove l'Adunanza plenaria ritenga di poter dettare conclusivamente la regola del caso concreto, potrà (e dovrà) semplicemente avvalersi del potere di integrale definizione della controversia.

Conseguenza di tali principi è quindi anche il fatto che l'enunciazione da parte dell'Adunanza plenaria di un principio di diritto non determina nei confronti della Sezione remittente un vincolo di giudicato; infatti, l'enunciazione da parte dell'Adunanza plenaria di un principio di diritto nell'esercizio della propria funzione nomofilattica non integra l'applicazione alla vicenda per cui è causa della regula iuris enunciata e non assume quindi i connotati tipicamente decisori che caratterizzano le decisioni idonee a far stato fra le parti con l'autorità della cosa giudicata con gli effetti di cui all'art. 2909 c.c. e di cui all'art. 395, n. 5, c.p.c. .

Il vincolo del giudicato può pertanto formarsi unicamente sui capi delle sentenze dell'Adunanza plenaria che definiscono – sia pure parzialmente – una controversia, mentre tale vincolo non può dirsi sussistente a fronte della sola enunciazione di principi di diritto la quale richiede – al contrario – un'ulteriore attività di contestualizzazione in relazione alle peculiarità della vicenda di causa che non può non essere demandata alla Sezione remittente.

Nelle ipotesi in cui l'Adunanza plenaria (avvalendosi di un potere decisorio certamente ammesso dall'articolo 99, comma 4) si sia avvalsa della facoltà di definire con sentenza non definitiva la controversia, restituendo per il resto il giudizio alla Sezione remittente (se del caso, previa enunciazione di un principio di diritto), il giudice a quo potrà definire con la massima latitudine di poteri decisionali i capi residui della controversia che gli sono stati demandati, restando tuttavia astretto al vincolo del giudicato formatosi sui capi definiti dall'Adunanza plenaria.

Del resto, anche la giurisprudenza della Cassazione ha affermato in coerenza con tali principi che: le sentenze di cassazione con rinvio non costituiscono giudicato, potendosi quest'ultimo formare soltanto sulla sentenza che decide definitivamente la causa nel merito (Cass., n. 19301/2014) e che il giudicato può formarsi soltanto sui capi della sentenza aventi contenuto decisorio e non anche sui principi di diritto autonomamente considerati (Cass., n. 21561/2010).

Il deferimento all'Adunanza Plenaria da parte del Presidente del Consiglio di Stato

Come appena detto, il deferimento di una controversia all'Adunanza Plenaria può avvenire anche da parte del Presidente del Consiglio di Stato, su richiesta delle parti o d'ufficio al fine di risolvere questioni di massima di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali (v. formula “Istanza al Presidente del Consiglio di Stato di rimessione della causa alla Adunanza plenaria”).

Va innanzitutto precisato che sul punto il Codice non ha innovato, essendosi limitato a riprodurre una norma esistente (art. 39 T.U. Cons. Stato) e che analogo potere è attribuito al Presidente della Suprema Corte di Cassazione dall'art. 374 c.p.c.

Al riguardo, sono stati sollevati dubbi sul fatto che tale potere possa essere ritenuto violativo del principio del giudice naturale.

In realtà, non si tratta di un potere «libero», ma rimesso a determinati presupposti: risolvere questioni di massima di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali.

Inoltre, il principio del giudice naturale non può essere invocato per contestare l'attribuzione di una controversia all'Adunanza Plenaria anziché ad una sezione del Consiglio di Stato, in quanto il giudice naturale precostituito per legge è l'ufficio giudiziario individuabile secondo i criteri di competenza previamente stabiliti, rispetto a fattispecie astratte, dall'ordinamento processuale; e non ricorrono rapporti di competenza tra le varie sezioni in cui si articolano gli uffici giudiziari complessi (Corte cost., n. 271/1989).

Il principio della precostituzione per legge del giudice naturale è leso soltanto quando il giudice è designato in modo arbitrario e a posteriori, oppure direttamente dal legislatore in via di eccezione singolare alle regole generali, ovvero attraverso atti di soggetti ai quali sia attribuito il relativo potere in violazione della riserva assoluta di legge stabilita dall'art. 25, comma 1, Cost., ma non anche qualora l'identificazione del giudice competente sia operata dalla legge sulla scorta di criteri dettati preventivamente, oppure con riferimento ad elementi oggettivi capaci di costituire un discrimen della competenza o della giurisdizione dei diversi organi giudicanti (Corte cost., n. 176/1998).

Adunanza plenaria e contrasto con il diritto dell'U.E.

In presenza di un principio affermato dalla Plenaria le Sezioni semplici del Consiglio di Stato non possono discostarsi ma possono solamente rimettere nuovamente la questione alla Adunanza Plenaria.

Tale regola subisce una attenuazione se il dubbio della Sezione del Consiglio di Stato riguarda un possibile contrasto con il diritto dell'Unione europea.

Al riguardo, con riferimento ad alcune questioni relative al rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale in materia di appalti, la Corte di Giustizia ha precisato che il vincolo nomofilattico derivante dalle decisioni della Adunanza Plenaria non può limitare le sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato nel sottoporre direttamente questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia, qualora ritengano il principio espresso dalla Plenaria in contrasto con il diritto comunitario o nel dare diretta applicazione del diritto dell'U.E., la cui interpretazione è già stata chiarita dai giudici di Lussemburgo (Corte giust. UE, Grande Camera, 5 aprile 2016, C-689/13, Puligienica Facility Esco).

Alla luce dell'orientamento espresso dalla Corte di giustizia nella citata sentenza 5 aprile 2016, C-689/13, l'art. 99, comma 3, c.p.a. deve, dunque, essere interpretato nel senso che:

a) la Sezione cui è assegnato il ricorso, qualora non condivida un principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria su una questione vertente sull'interpretazione o sulla validità del diritto dell'Unione Europea, può adire la Corte di giustizia ex art. 267 TFUE ai fini di una pronuncia in via pregiudiziale, anche senza rimettere previamente la questione all'Adunanza plenaria affinché questa riveda il proprio orientamento;

b) la Sezione cui è assegnato il ricorso, dopo aver ricevuto la risposta della Corte di giustizia ad una questione vertente sull'interpretazione del diritto dell'Unione Europea da essa sottopostale, o allorché la giurisprudenza della Corte di giustizia abbia già fornito una risposta chiara alla suddetta questione, deve essa stessa fare tutto il necessario affinché sia applicata tale interpretazione del diritto dell'Unione Europea.

I principi così enunciati consentono, dunque, alle Sezioni cui è assegnato il ricorso sia di poter adire direttamente la Corte di giustizia, senza dovere prima rimettere la questione all'Adunanza plenaria, sia di poter disattendere il principio di diritto enunciato dall'Adunanza plenaria, ove esso risulti manifestamente in contrasto con una interpretazione del diritto dell'Unione già fornita, in maniera chiara ed univoca, dalla giurisprudenza comunitaria (Cons. St., Ad. plen., n. 19/2016, secondo cui ciò non toglie, tuttavia, che l'Adunanza plenaria, nei casi in cui sia stata investita dalla sezione cui è assegnato il ricorso di una questione diretta a provocare in senso lato un «ripensamento» - una revisione o anche solo una specificazione, una mitigazione oppure semplicemente un chiarimento - su un principio di diritto precedentemente enunciato, possa pronunciarsi sulla relativa questione, eventualmente anche dando seguito ai dubbi di corretta interpretazione del diritto dell'Unione Europea prospettati dalle Sezione, rimettendo alla Corte di giustizia la questione pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 TFUE).

Per una prima applicazione di questi principi v. Cons. St. VI, ord. coll., n. 167/2017, che ha sollevato questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE in un caso in cui era intervenuta una sentenza non definitiva dell'Adunanza plenaria, che dopo aver enunciato il principio di diritto aveva restituito gli atti alla sezione remittente. La VI Sezione ha rilevato che all'ammissibilità del rilievo della questione pregiudiziale non osta la circostanza che sull'oggetto del contendere si sia espressa l'Adunanza Plenaria con una pronuncia da qualificare come sentenza non definitiva ai sensi degli articoli 33, comma 1, lett. a), e 36, comma 2, su cui si è formato il giudicato interno nel senso di esplicare effetti vincolanti all'interno del processo e di precludere, secondo le norme processuali di diritto nazionale, ogni correlativo riesame. Infatti, l'Adunanza Plenaria – la quale, ai sensi dell'art. 99, comma 4, è investita del potere decisorio sull'intera controversia, salvo che (come nel caso di specie) ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla Sezione remittente – con l'enunciazione dei richiamati principi di diritto ha definito le correlative questioni di merito con statuizione di natura decisoria che, nel presente processo, acquista efficacia di giudicato interno.

Si trattava, quindi, di un caso in cui la sentenza dell'Adunanza plenaria non era munita della sola autorità dello stare decisis sancita dall'art. 99, comma 3 in correlazione alla funzione nomofilattica ad essa attribuita, laddove è previsto che le Sezioni del Consiglio di Stato, qualora ritengano di non condividere un principio di diritto enunciato dall'Adunanza Plenaria (evidentemente, nell'ambito di un processo diverso da quello trattato dalla Sezione), rimettono a quest'ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso (autorità dello stare decisis che, secondo la citata sentenza della Corte giustizia UE 5 aprile 2016, C-689/13 è «cedevole» in caso di sospettato contrasto della sentenza dell'Adunanza plenaria con il diritto euro-unitario), ma era anche munita di efficacia di giudicato interno con l'effetto, sancito dal diritto processuale interno, di precludere il riesame di ogni relativa questione nell'ambito del presente giudizio.

Anche tale elemento non è stato ritenuto preclusivo dal Consiglio di Stato per sollevare la questione pregiudiziale, sulla base del rilievo che la Corte di giustizia UE – facendo ricorso alla sua nota impostazione secondo cui, pur in mancanza di una (anche soltanto implicita) competenza comunitaria in materia processuale, l'effettività del diritto comunitario comporta che l'autonomia procedurale lasciata agli Stati membri incontri i limiti della parità di trattamento tra situazioni interne e situazioni comunitarie (principio di equivalenza) e della garanzia della loro effettiva tutela (principio di effettività), essendo altrimenti il giudice obbligato ad interpretare le regole processuali in modo conforme ad assicurare l'effettiva applicazione del diritto UE – ha ripetutamente affermato il principio secondo cui può essere messo in discussione anche l'accertamento compiuto nella sentenza del giudice nazionale passata in giudicato, perché in contrasto con il diritto dell'Unione, su cui non sia stato effettuato un rinvio pregiudiziale, al fine di consentire l'effettiva e corretta applicazione della normativa euro-unitaria (v., ex plurimis, Corte giustizia UE, 3 settembre 2009, in causa C- 2/08, Olimpiclub; Corte giustizia CE, 14 dicembre 1995, in causa C-312/93, Peterbroeck; Corte giustizia CE, 16 dicembre 1976, in causa C-33/76, Rewe).

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