Ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione (giurisdizione del giudice ordinario) (art. 110)InquadramentoLe sentenze del Consiglio di Stato possono essere impugnate per cassazione solo per motivi attinenti alla giurisdizione. Si ha una questione di giurisdizione nei seguenti casi: a) eccesso di potere giurisdizionale (quando il Consiglio di Stato invade il campo riservato al legislatore o all'autorità amministrativa, esercitando per esempio un sindacato di merito nei casi non previsti); b) l'invasione della sfera di altra giurisdizione (difetto relativo) o la negazione della propria giurisdizione; c) difetto assoluto di giurisdizione (in caso di assenza di tutela giurisdizionale per quella pretesa); d) rifiuto di giurisdizione (sull'erroneo presupposto che la pretesa non possa essere tutelata). Prima ancora dell'entrata in vigore del Codice del processo amministrativo, l'art. 111 Cost. aveva avuto diretta attuazione con l'art. 362 c.p.c., che prevede che possono essere impugnate con ricorso per cassazione, nel termine di cui all'articolo 325 secondo comma, le decisioni in grado d'appello o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso e che possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione: 1) i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra questi e i giudici ordinari; 2) i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica amministrazione e il giudice ordinario. La Cassazione può respingere il ricorso o accoglierlo e, in questo caso, annulla la sentenza del Consiglio di Stato senza rinvio (se il giudice amministrativo aveva giudicato in materia a lui sottratta) o con rinvio (se aveva erroneamente declinato la giurisdizione o rifiutato la giurisdizione, come sarà precisato oltre). La questione di giurisdizione è rilevabile d'ufficio e in precedenza si riteneva che tale rilevabilità fosse preclusa solo quando il giudice di primo grado avesse pronunciato espressamente sulla giurisdizione e il capo della sentenza non fosse stato impugnato; in tal caso si formava un giudicato interno, mentre in ipotesi di implicito giudizio sulla sussistenza della giurisdizione, era successivamente possibile la contestazione anche con ricorso per Cassazione avverso la successiva sentenza del Consiglio di Stato. Secondo l'orientamento attuale la statuizione implicita sulla giurisdizione è idonea a formare il giudicato interno con la conseguenza che se la sentenza che (anche implicitamente statuendo nel merito) ha ritenuto sussistere la giurisdizione non è impugnata sul punto, la questione di giurisdizione non può più essere contestata, neanche successivamente con ricorso per cassazione (v. formula “Memoria su giudicato interno”). I motivi inerenti alla giurisdizione, in relazione ai quali soltanto è ammissibile il sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni del Consiglio di Stato, vanno identificati o nell'ipotesi in cui la sentenza del Consiglio di Stato abbia violato, in positivo o in negativo, l'ambito della giurisdizione in generale (come quando abbia esercitato la giurisdizione nella sfera riservata mal legislatore o alla discrezionalità amministrativa, oppure, al contrario, quando abbia negato la giurisdizione sull'erroneo presupposto che la domanda non possa formare oggetto in modo assoluto di funzione giurisdizionale), o nell'ipotesi in cui abbia violato i cosiddetti limiti esterni della propria giurisdizione (ipotesi, questa che ricorre quando il Consiglio di Stato abbia giudicato su materia attribuita alla giurisdizione ordinaria o ad altra giurisdizione speciale, oppure abbia negato la propria giurisdizione nell'erroneo convincimento che essa appartenga ad altro giudice, ovvero ancora quando, in materia attribuita alla propria giurisdizione limitatamente al solo sindacato sulla legittimità degli atti amministrativi, abbia compiuto un sindacato di merito); è pertanto inammissibile il ricorso con il quale si denunci un cattivo esercizio da parte del Consiglio di Stato della propria giurisdizione, vizio che, attenendo all'esplicazione interna del potere giurisdizionale conferito dalla legge al giudice amministrativo, non è deducibile dinanzi alle Sezioni Unite (Cass., n. 9558/2002). In sostanza, la Cassazione non è giudice sovraordinato rispetto a quello amministrativo o contabile, avendole il legislatore attribuito solo un potere di sindacato sulle decisioni circoscritto all'osservanza dei limiti esterni delle attribuzioni giurisdizionali, senza alcun controllo sul concreto esercizio della funzione (Cass. S.U., n. 25246/2008). FormulaCORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI RICORSO EX ART. 362 C.P.C. Per [PERSONA GIURIDICA], con sede legale in ...., via/piazza ...., n. ...., iscritta nel registro delle imprese di ...., n. ...., P.I. ...., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. [19] ...., C.F. ...., PEC: ...., fax ...., che la rappresenta e difende per mezzo di procura speciale a margine/in calce al presente atto [ovvero tramite procura speciale per atto del notaio ...., n. rep. ....] [20] . OVVERO Per il sig. [PERSONA FISICA], nato/a a .... il .... (C.F. ....), residente in ...., via/piazza .... n. ...., elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. [21] ...., C.F. ...., PEC: ...., fax ...., che lo/la rappresenta e difende per mezzo di procura speciale a margine/in calce al presente atto [22] . [Per tutte le future comunicazioni e notifiche di cancelleria si indicano l'indirizzo di posta elettronica certificata .... ed il numero di fax .....] [23] CONTRO - [Amministrazione/Ente/Autorità] [24], in persona del legale rappresentante pro tempore, [per legge rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale/distrettuale dello Stato] [25] ; - [ ....] [26] . PER LA CASSAZIONE della sentenza del Consiglio di Stato del ...., n. ...., resa nel giudizio n. RG ...., notificata il .... [qualora non notificata, indicare la data di pubblicazione]. FATTO .... proponeva al T.A.R. del .... il ricorso n. R.G. ...., per l'annullamento dei seguenti provvedimenti ..... Il T.A.R., con la sentenza n. ...., pubblicata in data ...., accoglieva/respingeva il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni (descrivere in modo sintetico il contenuto della sentenza di primo grado) Avverso tale sentenza il .... proponeva appello al Consiglio di Stato, che – con decisione n. .... del .... accoglieva/respingeva l'appello, osservando che .... DIRITTO Violazione dei limiti della giurisdizione del Giudice amministrativo. Violazione degli artt. 103 e 111 Cost., art. 362 c.p.c., art. 110 c.p.a. La sentenza del Consiglio di Stato indicata in epigrafe è impugnata con il presente ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione. In particolare, la controversia decisa con tale sentenza non riguarda interessi legittimi o diritti soggettivi devoluti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e, di conseguenza, non sussiste alcuna ipotesi di giurisdizione, né di legittimità, né esclusiva, del g.a. La controversia riguarda invece diritti soggettivi, il cui giudice naturale è il giudice ordinario, in assenza appunto di fattispecie di giurisdizione esclusiva. Infatti, [indicare le ragioni per le quali si ritiene che la sentenza oggetto di ricorso abbia determinato uno sconfinamento da parte del giudice amministrativo in relazione all'ambito proprio della sua giurisdizione e l'invasione della sfera di altra giurisdizione, con puntuale riferimento ai precedenti giurisprudenziali della Cassazione] P.Q.M. si chiede all'Ecc.ma Corte di Cassazione a Sezione unite l'accoglimento del presente ricorso e, per l'effetto, la cassazione della sentenza impugnata indicata in epigrafe. Con vittoria di spese, diritti e onorari. Si producono i seguenti documenti: 1) [copia della sentenza impugnata] 2) [copia dell'istanza di trasmissione del fascicolo relativo al giudizio R.G. ...., presentata alla sezione del Consiglio di Stato ex art. 369 c.p.c.] 3) [altri documenti utili a sostegno dei motivi dedotti] [27] Ai sensi dell'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro ..... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA [ove non apposta a margine] [V. formula “Procura speciale alle liti rilasciata a singolo avvocato” e formule correlate] RELATA DI NOTIFICA [V. formula “Relata di notifica a persona fisica” e formule correlate] [19]In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., fax, etc.). [20]Il ricorso ordinario in cassazione deve essere proposto per mezzo di avvocato iscritto all'albo speciale dei difensori abilitati al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori. [21]In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., fax, etc.). [22]V. nt. 2. [23]V. nt. 3. [24]A titolo esemplificativo, nel caso di Ministero, il ricorso sarà proposto contro il Ministero “in persona del Ministro in carica”; in caso di Comune, “in persona del Sindaco in carica”, in caso di un'autorità indipendente o altro ente pubblico o concessionario di pubblici servizi, “in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore”. [25]In caso di amministrazioni statali, si applicano le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse, che prevedono il patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato territorialmente competente (quella nel cui distretto ha sede il T.A.R. adito; v. artt. 1, l. n. 260/1958 e 10, comma 3, l. n. 103/1979). Le funzioni dell'Avvocatura dello Stato nei riguardi dell'amministrazione statale sono estese alle regioni a statuto ordinario che decidano di avvalersene con deliberazione del consiglio regionale da pubblicarsi per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel Bollettino ufficiale della regione (art. 10, comma 1, l. n. 103/1979). [26]Indicare eventuali altre parti del precedente giudizio amministrativo. [27]Ad esempio, copia degli atti processuali delle precedenti fasi di giudizio. CommentoLe decisioni del Consiglio di Stato possono essere cassate o per motivi inerenti alla esistenza stessa della giurisdizione, ovvero qualora il giudice amministrativo ne oltrepassa, in concreto, i limiti esterni, realizzandosi la prima ipotesi qualora il Consiglio di Stato eserciti la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o alla discrezionalità amministrativa, la seconda ipotesi verificandosi, invece, qualora l'organo di giustizia amministrativa giudichi su materie attribuite alla giurisdizione ordinaria o ad altra e diversa giurisdizione speciale, ovvero quando, per materie attribuite alla propria giurisdizione, compia un sindacato di merito pur essendo la propria cognizione rigorosamente limitata alla indagine di legittimità degli atti amministrativi. La formula in commento riguarda un ricorso per cassazione per motivi inerenti l'insussistenza della giurisdizione amministrativa e la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario. Diniego di giurisdizione Al motivo di ricorso per cassazione dell'invasione della sfera di altra giurisdizione (difetto relativo) corrisponde il motivo opposto della negazione della propria giurisdizione e, in questo caso, la formula andrà modificata, al fine di indicare per quali ragioni si ritiene che il Consiglio di Stato abbia erroneamente negato la giurisdizione del giudice amministrativo e le ragioni del ricorso saranno inverse a quelle contenute nella formula e tendenti a evidenziare che la controversia riguarda situazioni giuridiche soggettive devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, e non, invece, situazioni soggettive attribuite ad altro giudice, né questioni di merito amministrativo riservate alla pubblica amministrazione. Il rifiuto di giurisdizione (o di giustizia) Dal diniego di giurisdizione, inteso come affermazione erronea della sussistenza di altra giurisdizione, va distinto il rifiuto di giurisdizione (o di giustizia). In passato, la cassazione aveva sempre dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto contro la sentenza del Consiglio di Stato che, senza negare la propria giurisdizione sull'atto generale abbia escluso l'interesse diretto ed attuale all'annullamento di tale atto, in difetto di un atto amministrativo applicativo da impugnarsi, congiuntamente a quello generale, dinanzi al giudice amministrativo (Cass., n. 5283/2002); inammissibile il ricorso con il quale si denuncia un cattivo esercizio da parte del Consiglio di Stato della propria giurisdizione per aver giudicato su una domanda non proposta (Cass., n. 385/2002); inammissibile il ricorso con il quale si deduce un error in procedendo per avere il Consiglio di Stato ritenuto ammissibile l'appello malgrado l'acquiescenza dell'appellante alla decisione impugnata (Cass., n. 119/2000). Erano tutti considerati error in procedendo estranei ai profili di giurisdizione, solo per i quali è ammesso il sindacato della cassazione. Nella sostanza, l'orientamento tradizionale della Cassazione faceva riferimento al diniego o rifiuto di giurisdizione nelle ipotesi in cui il Consiglio di Stato negava l'esercizio del suo potere giurisdizionale sul presupposto che la domanda non potesse essere oggetto, in assoluto, di funzione giurisdizionale o che non rientrasse nell'ambito a lui attribuito, rientrando invece in quello riservato ad un altro ordine giudiziario, fermo restando che anche la declaratoria di inammissibilità della domanda postula l'affermazione implicita del potere giurisdizionale dell'organo che l'ha emessa, sicché non costituisce diniego di giurisdizione l'esclusione, ad esempio, della legittimazione ad agire. Ai limiti interni della giurisdizione attengono in genere gli errori in iudicando o in procedendo, ossia le violazioni delle norme sostanziali o processuali, che pertanto non costituiscono vizio attinente alla giurisdizione (Cass. S.U., n. 31226/2017; v. oltre per quanto affermato con la stessa sentenza per l'ipotesi di violazione del diritto europeo). Discostandosi da tali precedenti, successivamente la Cassazione ha ritenuto sussistere una questione di giurisdizione in caso di diniego da parte del g.a. di una domanda risarcitoria in applicazione del principio (poi superato) della c.d. pregiudiziale amministrativa, in quanto secondo la tesi della Cassazione, criticata da parte della dottrina, nell'applicare la pregiudiziale, il g.a. finiva col negare in linea di principio che la sua giurisdizione includa nel suo bagaglio una tutela risarcitoria autonoma, oltre ad una tutela risarcitoria di completamento e, di conseguenza, il rigetto della relativa domanda, si risolveva in un rifiuto di erogare la relativa tutela. Si auspica che questa sia ora una questione superata dalla nuova disciplina dettata dal Codice per l'azione di risarcimento autonoma. Nell'ambito della stessa tendenza ad ampliare il sindacato sul riparto di giurisdizione, la Cassazione ha ritenuto che può insorgere una questione di giurisdizione, denunciabile con ricorso in Cassazione ex art. 111 Cost., non soltanto quando il giudice adito ritenga che la causa debba essere decisa da una diversa autorità giudiziaria, ma anche quando non esamina la richiesta di tutela che gli viene presentata nell'ambito della sua giurisdizione (Cass. S.U., n. 10294/2012 e Cass. S.U., n. 2242/2015, sulla questione del rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale). È stato, tuttavia, escluso che possa configurare un diniego di giurisdizione, sindacabile dalla Cassazione, in relazione ad una sentenza del Consiglio di Stato che dichiara inammissibile l'appello per violazione del principio di specificità dei motivi di ricorso nonché dei doveri di sinteticità e chiarezza (Cass. S.U., n. 964/2017). In questo modo è stato reso labile il confine tra limiti interni (non sindacabili in Cassazione) e limiti esterni (sindacabili) della giurisdizione amministrativa. Prendendo atto di tale orientamento, la formula in commento può essere adattata anche all'ipotesi di diniego di giustizia, in cui il ricorrente deve evidenziare come, pur non negando la propria giurisdizione, il Consiglio di Stato abbia in concreto non esaminato la richiesta di tutela azionata dal privato. Va rilevato come risulta difficile comprendere le differenze tra il mancato esame di un ricorso da parte del g.a. ad esempio per la tardività della notificazione o del deposito dello stesso o per l'applicazione di un determinato principio in materia di rapporto tra ricorso principale e ricorso incidentale. Sembrano entrambi eventuali errori in procedendo, ma la risposta della cassazione è stata finora quella di ammettere il ricorso per cassazione nel secondo caso. Un ridimensionamento della tendenza espansiva della Corte di cassazione sul sindacato della stessa ex art. 111 Cost. è arrivato dalla Corte costituzionale, che ha dichiarato inammissibile una questione di legittimità costituzionale sollevata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione nell'ambito di un giudizio ex art. 111, comma 8, Cost., in cui ci si duoleva della interpretazione accolta dal Consiglio di Stato di una norma processuale o sostanziale che impedisce la piena conoscibilità nel merito di una domanda giudiziaria (la questione era relativa alle controversie inerenti questioni attinenti a rapporti di impiego pubblico anteriori al 30 giugno 1998 che restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000, ex art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001); il giudice delle leggi ha affermato che la tesi che il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, previsto dall'ottavo comma dell'art. 111 Cost. avverso le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, comprenda anche il sindacato sugli errores in procedendo o in iudicando non può qualificarsi come una interpretazione evolutiva, poiché non è compatibile con la lettera e lo spirito della norma costituzionale, com'è evidente nella contrapposizione tra comma settimo dell'art. 111 Cost, che prevede il generale ricorso in cassazione per violazione di legge contro le sentenze degli altri giudici, e successivo comma ottavo, ove si specifica che il ricorso avverso le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti è ammesso per i «soli» motivi inerenti alla giurisdizione, mentre non sono tali le questioni attinenti al rispetto dei principi di primazia del diritto comunitario, di effettività della tutela, del giusto processo e dell'unità funzionale della giurisdizione, né il sindacato sugli errores in procedendo o in iudicando. Secondo la Consulta, quindi, l'«eccesso di potere giudiziario», denunziabile con il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione va riferito alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, e cioè quando il Consiglio di Stato o la Corte dei conti affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all'amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento), ovvero, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento); nonché a quelle di difetto relativo di giurisdizione, quando il giudice amministrativo o contabile affermi la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici. Il concetto di controllo di giurisdizione, così delineato nei termini puntuali che ad esso sono propri, non ammette soluzioni intermedie, come quella secondo cui la lettura estensiva dovrebbe essere limitata ai casi in cui si sia in presenza di sentenze “abnormi” o “anomale” ovvero di uno “stravolgimento”, a volte definito radicale, delle “norme di riferimento”, in quanto attribuire rilevanza al dato qualitativo della gravità del vizio è, sul piano teorico, incompatibile con la definizione degli ambiti di competenza e, sul piano fattuale, foriero di incertezze, in quanto affidato a valutazioni contingenti e soggettive. Alla stregua del così precisato ambito di controllo sui “limiti esterni” alla giurisdizione non è consentita la censura di sentenze con le quali il giudice amministrativo o contabile adotti una interpretazione di una norma processuale o sostanziale tale da impedire la piena conoscibilità del merito della domanda (Corte cost., n. 6/2018). In aderenza con tale ultimo orientamento la giurisprudenza ha successivamente frenato la tendenza espansiva dell'ambito del sindacato esercitabile dalla cassazione sulle sentenze del giudice amministrativo (Cass. S.U., n. 29390/2018; Cass. S.U., n. 30650/2018; Cass. S.U., n. 28652/2018; Cass. S.U., n. 30650/2018; Cass. S.U., n. 31105/2018; Cass. S.U., n. 30869/2018; Cass. S.U., n. 30652/2018; Cass. S.U., n. 15047/2019; Cass. S.U., n. 15744/2019). Questioni di giurisdizione e omesso rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia È stato escluso che integri una questione di giurisdizione il mancato rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia con conseguente adesione ad una interpretazione incompatibile con i principi dell'U.E. (Cass. S.U., n. 2361/2015; Cass. S.U., n. 12050/2017; Cass. S.U., n. 29391/2018). Va, tuttavia, sottolineato come tale principio ammetta una deroga: infatti, pur essendo vero che il controllo del rispetto del limite esterno della giurisdizione (che l'art. 111 Cost., ultimo comma affida alla Corte di cassazione) non include anche una funzione di verifica finale della conformità di quelle decisioni al diritto dell'Unione europea, neppure sotto il profilo dell'osservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale ex art. 267, comma 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea», a tale regola generale fa tuttavia eccezione «l'ipotesi estrema» in cui la decisione del Consiglio di Stato risulti in un aprioristico diniego di tutela, ossia si fondi su una interpretazione delle norme incidente nel senso di negare alla parte l'accesso alla tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo (accesso che invece sarebbe consentito secondo l'interpretazione della pertinente disposizione comunitaria elaborata dalla Corte di giustizia) (Cass. S.U., n. 3915/2016; Cass. S.U., n. 2242/2015). Non costituiscono diniego di giurisdizione, da parte del Consiglio di Stato (o della Corte dei conti), gli errori in procedendo o in iudicando, ancorché riguardanti il diritto dell'Unione europea, salvo i casi di radicale stravolgimento delle norme di riferimento (nazionali o dell'Unione) tale da ridondare in denegata giustizia, e in particolare il caso, tra questi, di errore in procedendo costituito dall'applicazione di regola processuale interna incidente nel senso di negare alla parte l'accesso alla tutela giurisdizionale nell'ampiezza riconosciuta da pertinenti disposizioni normative dell'Unione europea, direttamente applicabili, secondo l'interpretazione elaborata dalla Corte di giustizia (Cass. S.U., n. 31226/2017, che annulla con rinvio una sentenza del Consiglio di Stato sui rapporti tra ricorso avverso l'esclusione da una gara di appalto e contestazione dell'ammissione del concorrente). In contrasto con tale soluzione che attribuisce rilievo al caso delle c.d. sentenze “abnormi” o “anomale” ovvero ad uno “stravolgimento”, a volte definito radicale, delle “norme di riferimento”, vedi Corte cost. n. 6/2018, illustrata in precedenza, secondo cui attribuire rilevanza al dato qualitativo della gravità del vizio è, sul piano teorico, incompatibile con la definizione degli ambiti di competenza e, sul piano fattuale, foriero di incertezze, in quanto affidato a valutazioni contingenti e soggettive. Tuttavia, la stessa Cassazione aveva sollevato questione pregiudiziale alla Corte di giustizia, interrogandola sulla compatibilità con il diritto europeo degli artt. 111, comma 8, Cost., 360, primo comma, n. 1, e 362, comma 1, c.p.c. e 110c.p.a., nella parte in cui sono interpretati dalla giurisprudenza nazionale nel senso di non consentire il ricorso per cassazione dinanzi alle sezioni unite, per motivi inerenti alla giurisdizione, sotto il profilo del cosiddetto difetto di potere giurisdizionale, per impugnare sentenze del Consiglio di Stato che facciano applicazione di prassi interpretative elaborate in sede nazionale confliggenti con sentenze della Corte di giustizia UE o nella parte in cui sono interpretati dalla giurisprudenza nazionale nel senso di non consentire il ricorso per cassazione dinanzi alle sezioni unite per motivi inerenti alla giurisdizione, sotto il profilo del cosiddetto difetto di potere giurisdizionale, delle sentenze del Consiglio di Stato che omettano immotivatamente di effettuare il rinvio pregiudiziale alla stessa Corte di Giustizia (Cass. S.U., n. 19598/2020). Al riguardo, si era già rilevato che la finalità del rinvio pregiudiziale appariva quella di mettere in discussione, per il tramite della Corte di giustizia, l'ordinamento costituzionale italiano, che prevede – al pari di quello francese – il sistema della doppia giurisdizione. Tentativo che si è infranto sulla decisione della Corte di Giustizia, che ha affermato che il diritto dell'U.E. non osta a una disposizione del diritto interno di uno Stato membro che produce l'effetto che i singoli non possono contestare la conformità al diritto dell'Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro nell'ambito di un ricorso dinanzi all'organo giurisdizionale supremo di detto Stato membro. Resta, infatti, estraneo a questioni di compatibilità comunitaria ogni aspetto attinente al riparto di giurisdizione interno agli stati membri, in quanto ciò che rileva è che il diritto processuale nazionale consenta, di per sé, agli interessati di proporre un ricorso dinanzi ad un giudice indipendente e imparziale e di far valere in modo effettivo dinanzi ad esso una violazione del diritto dell'Unione, restando poi impregiudicata la facoltà dei singoli che siano stati eventualmente lesi dalla violazione del loro diritto a un ricorso effettivo, a causa di una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado, di far valere la responsabilità dello Stato membro interessato, purché siano soddisfatte le condizioni previste dal diritto dell'Unione a tal fine, in particolare quella relativa al carattere sufficientemente qualificato della violazione di detto diritto (CGUE, grande sezione, 21 dicembre 2021, C-497/20, Randstad Italia s.p.a.). Modalità di proposizione del ricorso per cassazione In tema di giudizio di cassazione, anche il ricorso per motivi di giurisdizione doveva recare, a pena di inammissibilità, ai sensi dell'art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall'art. 6 del d.lgs. n. 40/2006 –, la formulazione del quesito di diritto, il quale doveva concludere la illustrazione del motivo, e doveva essere precisato in modo esplicito, non potendo essere desunto implicitamente dalla formulazione del motivo di ricorso (Cass. S.U., n. 7258/2007). L'art. 366-bis c.p.c. è stato successivamente abrogato dall'art. 47, comma 1, lett. d), della l. n. 69/2009; tuttavia, può risultare comunque utile indicare in modo non generico il quesito rimesso alla decisione della Corte di Cassazione per meglio esplicitare e sintetizzare i motivi per cui si chiede la cassazione della sentenza. La notifica del ricorso in cassazione ex art. 111 Cost. deve essere effettuata presso il domicilio eletto, ai sensi degli artt. 330 e 362 c.p.c., anche nel caso d'impugnazione di sentenza del Consiglio di Stato, essendo inapplicabili nella specie le norme dettate dal regolamento di cui al r.d. n. 642/1907 (Cass. n. 1103/1986). Il termine per ricorrere è indicato in quello breve dell'art. 325 c.p.c. (sessanta giorni), salvo disposizioni speciali. La giurisprudenza ha ritenuto non applicabili al ricorso per cassazione le disposizioni del c.p.a. relative al dimezzamento dei termini nei riti speciali (Cass. S.U., n. 15286/2016, con cui è stato affermato che in materia di contenzioso elettorale il ricorso per cassazione è soggetto al termine di impugnazione ordinario ex art. 325 c.p.c., non potendo in tal caso trovare applicazione il dimezzamento dei termini processuali previsto dall'art. 87, perché dettato per il solo processo amministrativo di primo grado, né quello di cui agli artt. 130 e 131, riferendosi quest'ultimo non al giudizio di cassazione ma solo alle sequenze procedimentali di primo e secondo grado del giudizio amministrativo rilevanti ai fini del contenzioso elettorale non specificamente regolate dagli articoli suddetti). In senso conforme Cons. St. III, n. 1500/2013. Secondo il diritto dell'UE e le norme, anche tecniche, di diritto interno, le firme digitali di tipo CAdES e di tipo PAdES, sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf”, e devono, quindi, essere riconosciute valide ed efficaci, anche nel processo civile di cassazione, senza eccezione alcuna (Cass. S.U., n. 10266/2018). Va richiamata l'attenzione sulla pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha sanzionato l'Italia, ritenendo che i criteri di redazione dei ricorsi in Cassazione siano eccessivamente formalistici, integrando una lesione del giusto equilibrio tra il rispetto degli obblighi formali e il diritto di accesso al giudice con conseguente violazione dell'art. 6 comma 1 Cedu (Corte EDU, 28 ottobre 2021, Succi e altri c. Italia). Secondo la Corte EDU, l'applicazione da parte della Cassazione del principio dell'autosufficienza del ricorso avrebbe rivelato negli ultimi tempi una certa tendenza a concentrarsi su aspetti formali che non sembrano rispondere allo scopo legittimo individuato, in particolare per quanto riguarda l'obbligo di trascrivere integralmente i documenti inclusi nei motivi di ricorso, e il requisito della prevedibilità di tale restrizione (paragrafo 82). In sostanza, risulterebbe affetta da “eccessivo formalismo” una applicazione del principio di autosufficienza che porti alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso qualora la sua lettura, corredata dai riferimenti ai passaggi della sentenza d'appello e dai documenti rilevanti citati nel ricorso, consenta al giudice di comprendere l'oggetto e lo svolgimento del procedimento nei gradi di merito, nonché quali siano i motivi posti alla base del ricorso. |