Ricorso al T.A.R. per l'annullamento di un atto amministrativo (giur. legittimità) (art. 29)InquadramentoIl ricorso rappresenta l'atto introduttivo del giudizio di primo grado. L'atto di ricorso deve essere notificato alla amministrazione resistente e ad almeno uno dei controinteressati nel termine di legge. Nel caso dell'azione di annullamento il termine di decadenza ordinario è di sessanta giorni, decorrenti dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza dell'atto impugnato (in caso di controversie soggette a rito abbreviato, tale termine non è soggetto a dimezzamento, fatto salvo il termine di trenta giorni previsto nel contenzioso appalti dall'art. 120 e gli speciali termini previsti nel contenzioso elettorale). Nei confronti delle amministrazioni dello Stato, la notificazione è effettuata secondo le norme vigenti per la loro difesa in giudizio. Entro il termine di trenta giorni decorrenti dal momento in cui la notificazione si è perfezionata, anche per il destinatario, il ricorso va depositato nella segreteria del giudice adito. Tali termini sono aumentati di trenta giorni, se alcune delle parti risiedono nel territorio europeo, e di novanta giorni, se risiedono al di fuori d'Europa. Il codice detta una disciplina specifica del contenuto del ricorso, indicando in particolare che lo stesso debba recare i seguenti elementi: a) gli elementi identificativi del ricorrente, del suo difensore e delle parti nei cui confronti il ricorso è proposto; b) l'indicazione dell'oggetto della domanda, ivi compreso l'atto o il provvedimento eventualmente impugnato, e la data della sua notificazione, comunicazione o comunque della sua conoscenza; c) l'esposizione sommaria dei fatti; d) i motivi specifici su cui si fonda il ricorso; e) l'indicazione dei mezzi di prova; f) l'indicazione dei provvedimenti chiesti al giudice; g) la sottoscrizione del ricorrente, se esso sta in giudizio personalmente, oppure del difensore, con indicazione, in questo caso, della procura speciale. Non tutti sono peraltro richiesti a pena di nullità del ricorso. Nella specie, l'art. 44 dispone che il ricorso è nullo se manca la sottoscrizione o se, per l'inosservanza delle altre norme prescritte nell'articolo 40, vi è incertezza assoluta sulle persone o sull'oggetto della domanda. FormulaTRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL [ ....] [1] RICORSO Nell'interesse di - [PERSONA FISICA] [2], nato/a a .... il .... (C.F. ....), residente in ...., via/piazza .... n. ...., elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. [3] ...., C.F. .... [4], PEC: .... [5], Fax .... [6], che lo/la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti .... [7] . - [PERSONA GIURIDICA] [8], con sede legale in ...., via/piazza ...., n. ...., iscritta nel registro delle imprese di ...., n. ...., P.I. ...., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avv. [9] ...., C.F. .... [10], PEC: .... [11], fax .... [12], che la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti .... [13] . [Per tutte le future comunicazioni e notifiche di cancelleria si indicano l'indirizzo di posta elettronica certificata .... ed il numero di fax ....] [14] - ricorrente - CONTRO - [Amministrazione/Ente/Autorità] [15], in persona del legale rappresentante pro tempore, [per legge rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale/distrettuale dello Stato] [16], - resistente - E NEI CONFRONTI DI - Sig./Sig.ra .... residente in ...., via/piazza .... n. .... [17] - controinteressato - PER L'ANNULLAMENTO - del provvedimento ...., prot. n. ...., notificato in data .... [18], avente ad oggetto .... [19]; - di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi espressamente incluso .... [20] . FATTO [descrivere in maniera sintetica le vicende fattuali che hanno condotto alla presentazione del ricorso, con particolare riferimento al provvedimento di cui si chiede l'annullamento, al procedimento che lo ha preceduto e a ogni altro elemento di fatto utile] 1. Il ricorrente è .... [indicare chi è il ricorrente quale è l'attività svolta, anche in relazione alla attività provvedimentale censurata] 2. In data [ ....], l'amministrazione adottava l'atto indicato in epigrafe, con cui [ ....] 3. A seguito di tale atto, l'odierno ricorrente [ ....] 4. Il provvedimento indicato in epigrafe è illegittimo per i seguenti motivi di DIRITTO [indicare i motivi per quali si ritiene illegittimo l'impugnato provvedimento, indicando nella loro descrizione una o più delle seguenti tipologie di vizi: incompetenza dell'autorità o organo che ha emanato l'atto, violazione di legge (con indicazione degli articoli della Costituzione, di legge o di altra normativa che si assume violata), eccesso di potere (indicando ove ricorra una delle figure sintomatiche, quali ad esempio: irragionevolezza, illogicità o contraddittorietà dell'atto, travisamento o erronea valutazione dei fatti, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria, difetto di motivazione)] I. Violazione e falsa applicazione di legge [indicare la norma e/o i principi violati, anche di diritto europeo]/Carenza di potere Il provvedimento si palesa illegittimo e meritevole di annullamento in quanto assunto in violazione del ...., in quanto .... [rilevano al riguardo, non solo le norme attributive del potere, ma anche quelle che ne disciplinano l'esercizio; in caso di provvedimento attuativo di norma regolamentare, le censure potranno essere fatte valere anche nei riguardi della norma presupposta, della quale se ne chiederà la disapplicazione o l'annullamento] II. Eccesso di potere; violazione del principio di proporzionalità; irragionevolezza; manifesta illogicità Inoltre, il provvedimento contrasta con i principi di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto .... Il provvedimento è altresì irragionevole e affetto da illogicità manifesta, poiché ..... III. Difetto di istruttoria; travisamento dei fatti Il provvedimento non tiene in considerazione decisive circostanze di fatto, in relazione alle quali non ha svolto una adeguata indagine istruttoria, in quanto .... Tali circostanze, se correttamente valutate, avrebbero dovuto portare l'amministrazione a .... IV. Difetto di motivazione Il provvedimento è privo di motivazione, non fornendo elementi idonei a rappresentare le ragioni di fatto e di diritto alla base della determinazione. Infatti .... V. Istanza di remissione alla Corte di Giustizia/Corte Costituzionale [indicare eventuali istanze di remissione in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea o di legittimità costituzionale] VI. Istanze istruttorie [indicare eventuali istanze istruttorie] VII. Istanza cautelare [richiedere eventuali misure cautelari, allegando la sussistenza dei relativi presuppostiti e, in particolare, un pericolo di un danno grave e irreparabile conseguente al provvedimento impugnato; v. Formula “Ricorso con contestuale istanza cautelare”] P.Q.M. Si chiede al Tribunale adito, respinta ogni contraria istanza, di disporre l'annullamento del provvedimento impugnato, come indicato in epigrafe, nonché di ogni altro atto antecedente, conseguente e comunque connesso. Con riserva di dedurre ulteriormente nel corso di causa e di proporre eventualmente motivi aggiunti di impugnazione. Con vittoria di spese e onorari. Si producono i seguenti documenti: 1) [copia del provvedimento impugnato ove disponibile] 2) [copia di eventuali atti antecedenti, conseguenti e connessi] 3) [ ....] [21] Ai sensi dell'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che il valore del presente procedimento è pari a Euro ..... Il contributo unificato, già versato, dovrà, pertanto, applicarsi nella misura determinata in relazione allo scaglione di appartenenza, per un importo pari a Euro .... [rinvio a Formula “Dichiarazione ai fini del contributo unificato”] Luogo e data .... Firma Avv. [22] .... PROCURA [Rinvio a formula “Procura speciale alle liti rilasciata a singolo avvocato” e formule correlate] ISTANZA ABBREVIAZIONE DEI TERMINI (EVENTUALE) [Rinvio a formula “Istanza abbreviazione dei termini”] RELATA DI NOTIFICA [Rinvio a formula “Relata di notifica a persona fisica” e formule correlate] [23] DEPOSITO INFORMATICO Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [24] . [1]Il ricorso si deve proporre dinnanzi al T.A.R. nella cui circoscrizione territoriale ha sede l'amministrazione che ha emesso l'atto, ovvero nel cui ambito regionale sono limitati gli effetti diretti dell'atto (cfr. art. 13, comma 1, c.p.a.). Nel caso di controversie relative al pubblico impiego, sussiste il foro speciale indicato dall'art. 13, comma 2 (ossia il T.A.R. nella cui circoscrizione è situata la sede di servizio). [2]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con mod., in l. n. 111/2011). [3]In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., fax, etc.). [4]L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011 conv. con modif. nella l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. nella l. n. 24/2010. Con riferimento specifico al processo amministrativo, sebbene l'art. 40 c.p.a., lett. a), faccia riferimento generico agli “elementi identificativi” del ricorrente, del suo difensore e delle parti, tale indicazione è imposta dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Per i ricorsi incardinati dopo l'avvio del PAT, l'indicazione del codice fiscale del difensore e della parte, oltre che dell'indirizzo PEC e Fax, è comunque richiesta anche nella compilazione dei campi del modulo per il deposito telematico. [5]Ai sensi dell'art. 136 c.p.a. “I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un recapito di fax, che può essere anche diverso da quello del domiciliatario. La comunicazione a mezzo fax è eseguita esclusivamente qualora sia impossibile effettuare la comunicazione all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi, per mancato funzionamento del sistema informatico della giustizia amministrativa. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione del recapito di fax o di indirizzo di posta elettronica certificata. Ai fini dell'efficacia delle comunicazioni di segreteria è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente il collegio difensivo”. [6]L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 136, comma 1, c.p.a., e dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Ai sensi di quest'ultima norma, gli importi dovuti a titolo di contributo unificato “sono aumentati della metà ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell'articolo 136 [c.p.a.]». [7]La procura, ove necessaria, può essere apposta in calce o a margine dell'atto di appello o, comunque, nelle forme stabilite dall'art. 83 c.p.c.. Per i ricorsi depositati successivamente al 1° gennaio 2017, ai quali si applica il Processo Amministrativo Telematico (‘PAT'), il difensore procede al deposito della copia per immagine della procura conferita su supporto cartaceo e ne attesta la conformità all'originale, ai sensi dell'art. 22 del d.lgs. n. 82/2005 (“Codice dell'Amministrazione Digitale”; CAD), mediante sottoscrizione con firma digitale (cfr. art. 8, co. 2, delle Regole tecnico-operative del PAT, all.to 1 al d.P.C.S. 28 luglio 2021). V. Formula “Attestazione di conformità ai fini del deposito di copia informatica di atto, provvedimento o documento originale analogico (art. 136, comma 2-ter, c.p.a.)”. [8]In caso di proposizione del ricorso nell'interesse di una persona giuridica, si dovrà indicare la denominazione della società, la sede legale, l'eventuale iscrizione al registro delle imprese, la partita IVA, il codice fiscale, con l'indicazione del rappresentante legale per mezzo del quale la società sta in giudizio. In caso di proposizione del ricorso nell'interesse di una persona giuridica, si dovrà indicare la denominazione della società, la sede legale, l'eventuale iscrizione al registro delle imprese, la partita IVA, il codice fiscale, con l'indicazione del rappresentante legale per mezzo del quale la società sta in giudizio. [9]Vedi nt. 3. [10]Vedi nt. 4. [11]Vedi nt. 5. [12]Vedi nt. 6. [13]Vedi nt. 7. [14]In caso di pluralità di difensori, può essere utile indicare l'indirizzo (di fax e/o PEC) al quale si desidera ricevere le comunicazioni inerenti il procedimento. [15]A titolo esemplificativo, nel caso di Ministero, il ricorso sarà proposto contro il Ministero “in persona del Ministro in carica”; in caso di Comune, “in persona del Sindaco in carica”, in caso di un'autorità indipendente o altro ente pubblico o concessionario di pubblici servizi, “in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore”. [16]In caso di amministrazioni statali, si applicano le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse, che prevedono il patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato territorialmente competente (quella nel cui distretto ha sede il T.A.R. adito; v. artt. 1, l. n. 260/1958 e 10, comma 3, l. n. 103/1979). Le funzioni dell'Avvocatura dello Stato nei riguardi dell'amministrazione statale sono estese alle regioni a statuto ordinario che decidano di avvalersene con deliberazione del consiglio regionale da pubblicarsi per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nel Bollettino ufficiale della regione (art. 10, comma 1, l. n. 103/1979). [17]Ai sensi dell'art. 41, comma 2, c.p.a., il ricorso va notificato ad almeno uno dei controinteressati individuati nell'atto stesso. [18]Indicare il numero e la data del provvedimento. In caso di mancata notifica o comunicazione, indicare il momento in cui lo stesso è stato conosciuto. [19]È utile indicare altresì una breve descrizione dell'oggetto e del contenuto del provvedimento. [20]Indicare eventuali atti prodromici, preparatori o consequenziali di cui si chiede l'annullamento. [21]Copia di eventuale altra documentazione utile alla comprensione del contesto fattuale e/o alle ragioni del ricorso. V. anche Formula “Attestazione di conformità ai fini del deposito di copia informatica di atto, provvedimento o documento originale analogico (art. 136, comma 2-ter, c.p.a.)”. [22]Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di pdf nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dall'art. 6 delle Specifiche tecniche del PAT di cui all'all.to 2 del d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il modulo denominato “Modulo Deposito Ricorso”). [23]V. anche Formula “Attestazione di conformità al fine del deposito di copia informatica della documentazione relativa alla notifica”. [24]Gli allegati al ricorso sono depositati insieme a quest'ultimo utilizzando il “ModuloDepositoRicorso” (v. nt. 22), reperibile sul sito istituzionale (www.giustizia-amministrativa.it) seguendo le istruzioni ivi rese disponibili (art. 6, comma 1, delle Specifiche tecniche del PAT – all.to 2 al d.P.C.S. 28 luglio 2021). Tale modalità si applica, ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a. (introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016) ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. È stato definitivamente abrogato l'obbligo di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi (cfr. art. 4 d.l. n. 28/2020). CommentoLa legge designa il ricorso quale atto formale attraverso cui le domande sono introdotte innanzi al giudice competente (art. 41, comma 1). In estrema sintesi, il ricorso è una istanza, presentata dalla parte che invoca la tutela giurisdizionale, che reca un contenuto predefinito ed è soggetta a specifici termini e modalità perché espleti la sua funzione di incardinare il giudizio amministrativo, dovendo dapprima essere portato alla notifica e, successivamente, depositato presso il tribunale adito (v. infra). Storicamente, il ricorso per annullamento è l'atto tipico attraverso il quale chi assume di essere leso da un atto amministrativo illegittimo ne chiede al giudice l'annullamento. In questa prospettiva, il ricorso nasce come strumento di reazione all'esercizio di un potere da parte dell'autorità. Con l'evoluzione della giustizia amministrativa, il ricorso ha assunto un contenuto più ampio, rimanendo l'atto con cui si introduce il giudizio anche in materie relative alla giurisdizione esclusiva del giudice (ed anche avverso comportamenti diversi dai provvedimenti, quali la mera inerzia). Abbandonato il paradigma demolitorio, il ricorso è dunque l'atto con cui si introducono azioni di condanna (art. 30), di accertamento (art. 31) e che ammette il cumulo di più azioni (art. 32); all'interno del sistema processuale assume valore generale, giusta anche la disposizione di rinvio interno (art. 38). Contenuto Il contenuto del ricorso è disciplinato dall'art. 40, che indica alcuni requisiti formali che l'atto deve recare e dall'art. 44, che individua taluni elementi essenziali, la mancanza dei quali è sanzionata con la nullità (c.d. elementi necessari). a) Intestazione e giudice adito Il primo elemento del ricorso – pur non indicato espressamente dall'art. 40 – è l'indicazione del giudice adito. Tale requisito è desunto dal successivo art. 41 a norma del quale “ [l]e domande si introducono con ricorso al tribunale amministrativo regionale competente”. L'indicazione consente alle altre parti di conoscere presso quale giudice viene radicata la controversia e, eventualmente, di costituirsi. La mancata indicazione del tribunale adito non comporta necessariamente la nullità dell'atto introduttivo, ma può determinare conseguenze sul piano dei diritti di difesa delle altre parti chiamate. Si è quindi ritenuto che la costituzione in giudizio delle altre parti sia idonea a sanare l'eventuale omissione, non residuando incertezze tali da giustificare una pronuncia di nullità (Cons. St. IV, n. 2933/2002 e Cons. St. V, n. 229/1979). Anche l'utilizzo di uno specifico nomen iuris (ad es. “citazione”, in luogo di “ricorso”) può non assumere rilevanza qualora, secondo un principio di accessorietà delle forme, l'atto abbia in ogni caso i contenuti prescritti e sia notificato e depositato nei tempi e nei modi stabiliti. b) Indicazioni delle parti La lett. a) dell'art. 40 richiede che il ricorso contenga l'individuazione delle parti (non limitata, dunque, al solo ricorrente) e del difensore di quest'ultimo (quando è necessario il patrocinio di un avvocato). Occorre quindi indicare, in tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con mod., in l. n. 111/2011). In caso di proposizione del ricorso nell'interesse di una persona giuridica, la stessa sta in giudizio in persona del legale rappresentante, e si dovranno indicare la denominazione della società, la sede legale, l'eventuale iscrizione al registro delle imprese, la partita IVA, il codice fiscale. Con riguardo al codice fiscale, si è ritenuta ininfluente ai fini della validità dell'atto la mancata indicazione nel ricorso dei codici fiscali dei ricorrenti, atteso che tale incombente non è espressamente previsto dall'art. 40, che richiede solo di identificazione delle parti (Cons. St. IV, n. 1473/2013). Pur non essendo richiesto a pena di nullità, ai sensi dell'art. 13, comma 6, d.P.R. n. 115/2002, in caso di mancata indicazione del codice fiscale gli importi del contributo unificato sono aumentati della metà. A partire dal 18 agosto 2014, per gli atti di parte, redatti dagli avvocati, che introducono il giudizio o una fase giudiziale, non è più obbligatoria l'indicazione dell'indirizzo di PEC del difensore (v. art. 125 c.p.c. e art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002 modificati dall'art. 45-bis d.l. 90/2014 conv., con modif., nella l. n. 114/2014). Quando la parte deve notificare un atto, dovrà fare ricorso alla PEC risultante dagli elenchi o dal registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della Giustizia (solo se la notifica tramite PEC non è possibile per causa imputabile all'avvocato destinatario, la legge prevede che, a partire dal 25 agosto 2014, la parte possa eseguirla depositando l'atto in cancelleria; art. 136). L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, modificato dall'art. 45-bis d.l. n. 90/2014 conv. con modif., nella l. n. 114/2014. Ai sensi dell'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. cit., «Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale il contributo unificato è aumentato della metà». È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione del recapito di fax o di indirizzo di posta elettronica certificata. Le modifiche apportate dal primo correttivo al comma 1 dell'art. 136 chiariscono il rapporto tra il domicilio eletto ex art. 25 e l'indirizzo PEC e fax. Ai fini delle comunicazioni di Segreteria può essere indicato anche un indirizzo PEC o fax diverso da quello del domiciliatario. Per ciò che riguarda le altre parti, diverse dal ricorrente, nel caso della amministrazione resistente, dovrà indicarsi sia l'amministrazione nel suo complesso sia l'organo munito di rappresentanza legale in seno ad essa. Peraltro, l'erronea denominazione dell'autorità intimata costituisce una mera irregolarità inidonea a provocare la nullità dell'atto introduttivo del giudizio, salvo che determini una situazione di incertezza sull'identificazione del destinatario dell'impugnativa (Cons. St. IV, n. 2874/2007). Si ritiene quindi che non è motivo di nullità la mancata indicazione nell'epigrafe dell'autorità che ha emanato l'atto, qualora la stessa sia evincibile dagli estremi del provvedimento impugnato, ovvero dalla relata di notifica del ricorso. In presenza di controinteressati, l'atto dovrà recare anche la loro indicazione (e dovrà essere loro notificato a pena di inammissibilità, v. art. 41, qualora ricorrano determinate condizioni). La qualifica di controinteressato in senso processuale richiede un requisito formale, costituito dalla presenza del nominativo nel provvedimento amministrativo, e un requisito sostanziale, costituito dalla sussistenza di un interesse favorevole al mantenimento della situazione attuale, definita dal provvedimento stesso (Cons. St. IV, n. 1701/2017; Cons. St. VI, n. 3747/2013). Fermo restando gli adempimenti in tema di notificazione, la mancata indicazione della qualifica di controinteressato nell'epigrafe dell'atto non determina un vizio del medesimo (T.A.R. Umbria (Perugia) I, n. 282/2013). Viceversa, l'omessa notifica del ricorso al controinteressato, qualora siano individuati nell'atto o siano facilmente individuabili, determina l'inammissibilità del ricorso (Cons. St. V, n. 2799/2017; T.A.R. Lazio (Roma) II, 17 ottobre 2016, n. 10346; T.A.R. Lazio (Roma) II, 28 gennaio 2015, n. 1491; T.A.R. Lazio (Roma) II, 9 dicembre 2013, n. 10596). Con riguardo alla questione del rapporto tra elezione di domicilio fisico e PEC, con parere reso il 7 marzo 2018, l'Ufficio Studi del Consiglio di Stato ha fornito alcune precisazioni sulla valenza dell'indirizzo PEC ai fini della elezione di domicilio prevista dall'art. 25. In particolare (e rinviando per approfondimenti al commento sub artt. 25 e 136, in Chieppa (cur.) Codice del processo amministrativo, Milano, 2022), è stato precisato che il domicilio digitale, corrispondente all'indirizzo PEC del difensore contenuto nei pubblici registri, costituisce domicilio eletto ex lege. Conseguentemente, il difensore ha l'onere di indicare tale indirizzo PEC e di comunicarne le successive variazioni. È sempre possibile l'elezione di domicilio fisico (in aggiunta al domicilio digitale) e, nel solo caso in cui la PEC indicata come domicilio digitale non sia utilizzabile (per causa imputabile al destinatario) e il domicilio fisico sia stato eletto in un comune diverso da quello dove ha sede l'ufficio giudiziario dinanzi al quale pende la lite, può procedersi alle notificazioni presso la segreteria di detto ufficio. In giurisprudenza, è consolidato l'indirizzo che ritiene valida la comunicazione effettuata all'indirizzo PEC dell'avvocato, anche ove tale indirizzo non sia stato tratto dai suoi scritti difensivi, ma da elenchi pubblici, così come la comunicazione dell'avviso di perenzione effettuata via PEC al domiciliatario fisico, anche se non nominato quale avvocato difensore dalla parte, anche se tale indirizzo non sia indicato nel ricorso (ma da pubblici registri) (Cons. giust. amm. Sicilia, n. 487/2020 e 259/2019). c) L'indicazione dell'oggetto della domanda Ai sensi dell'art. 40, comma 1, lett. b), il ricorso deve contenere l'indicazione dell'oggetto della domanda, ivi compreso l'atto o il provvedimento eventualmente impugnato, e la data della sua notificazione, comunicazione o comunque della sua conoscenza. Il Codice ha sostituito la precedente «indicazione dell'atto o provvedimento amministrativo che s'impugna e della data della sua notificazione» con «l'indicazione dell'oggetto della domanda, ivi compreso l'atto o il provvedimento eventualmente impugnato, e la data della sua notificazione, comunicazione o comunque della sua conoscenza». Tale cambiamento risponde all'evoluzione del paradigma processuale amministrativo citata in premessa, per cui l'impugnazione di un atto è, oggi, solo uno dei possibili oggetti della domanda. L'indicazione dell'oggetto – che definisce l'ambito oggettivo del ricorso, in relazione al quale il giudice è chiamato a provvedere (art. 34) – richiede che siano specificamente individuati i provvedimenti impugnati, in modo da consentire alle controparti la piena esplicazione del loro diritto di difesa. L'oggetto del ricorso può anche riguardare più atti individuati, tra loro collegati, vertendosi in un'ipotesi di ricorso cumulativo (v. art. 32). Al riguardo pur essendo invalso nella prassi l'utilizzo della locuzione che mira a ricomprendere nell'oggetto del ricorso, accanto al provvedimento impugnato, anche gli «atti presupposti, connessi e conseguenti» si ritiene che la stessa sia inidonea a radicarne l'impugnazione in assenza di una loro precisa indicazione (Cons. St. IV, n. 2960/2013; (T.A.R. Lazio (Roma) I-bis, 21 agosto 2017, n. 9339). Si registra, peraltro, un orientamento maggiormente flessibile di alcuni tribunali regionali per cui “l'individuazione degli atti impugnati deve essere operata non con riferimento alla sola epigrafe, ma in relazione all'effettiva volontà del ricorrente, desumibile dal tenore complessivo del gravame e dal contenuto delle censure dedotte. Quindi, sono oggetto d'impugnativa tutti gli atti che, seppure non espressamente indicati tra quelli impugnati ed indipendentemente dalla loro menzione in epigrafe, costituiscono oggetto delle doglianze di parte ricorrente in base ai contenuti dell'atto di ricorso. In tale prospettiva, persino l'errata individuazione degli estremi del provvedimento impugnato non rende inammissibile il ricorso, quando dalla lettura complessiva di quest'ultimo l'atto impugnato sia comunque chiaramente individuabile” (T.A.R. Latina I, 28 giugno 2021, n. 403; T.A.R. Milano II, 6 maggio 2020, n. 739; T.A.R. Perugia I, 21 maggio 2018, n. 359; T.A.R. Abruzzo (Pescara) I, 14 aprile 2015, n. 157). Nei casi in cui il ricorso introduce giudizi diversi da quello di annullamento, la domanda dovrà indicarne l'oggetto, individuandolo di volta in volta in funzione della specifica domanda (il più delle volte, gli estremi del fatto dal quale il comportamento di cui si chiede l'accertamento sia desumibile). Si è dibattuto circa la possibilità di prospettare censure “al buio”, ossia dirette avverso un atto di cui non si conoscono gli estremi, ma di cui si apprezza la portata lesiva. In tema di appalti, il g.a. appare aver riconosciuto, in simili circostanze, un prolungamento del termine per ricorrere in misura pari al tempo necessario affinché il soggetto interessato consegua una piena conoscenza del contenuto dell'atto e dei profili di illegittimità (Cons. St. III, n. 4432/2014). In termini più generali, si è ritenuto che la prospettazione di una censura “al buio” debba essere ammessa quando la parte ricorrente non abbia avuto la possibilità di accedere alla documentazione in possesso dell'Amministrazione e si sia riservata, quindi, di meglio articolare le proprie difese al momento in cui, spontaneamente o iussu judici, tali documenti siano stati depositati in giudizio (T.A.R. Palermo II, 2 luglio 2018, n. 1498). Ciò richiede, tuttavia, che, a seguito dell'intervenuto deposito, con lo strumento dei motivi aggiunti, il ricorrente abbia sviluppato le questioni prospettate in via ipotetica con l'atto introduttivo del giudizio, con l'effetto di rendere ammissibili le pertinenti censure. Tale modalità di impugnazione degli atti non potrà chiaramente trovare applicazione tutte le volte in cui la tardiva conoscenza di nuovi elementi sia colposa, ossia imputabile a negligenza del ricorrente (che non ha tempestivamente posto in essere tutte le iniziative idonee ad acquisire cognizione dei documenti amministrativi), altrimenti si verrebbe ad eludere la regola del termine breve di decadenza previsto dalla legge per impugnare (T.A.R. Lazio (Roma) III, 4 agosto 2016, n. 9058; T.A.R. Sicilia (Catania) I, 23 maggio 2014, n. 1424). Il ricorso dovrà anche recare l'indicazione della causa petendi (i motivi del gravame), oltre che del petitum, cioè, la domanda di annullamento dell'atto impugnato. In caso di articolazione del petitum – ad esempio se sono impugnate le diverse aggiudicazioni di distinti lotti di una procedura selettiva originata da un unico bando – l'ammissibilità del ricorso cumulativo richiede l'articolazione, nel gravame, di censure idonee ad inficiare segmenti procedurali comuni (ad esempio il bando, il disciplinare di gara, la composizione della commissione giudicatrice, la determinazione di criteri di valutazione delle offerte tecniche ecc.). In simile circostanza, si verifica infatti una identità di causa petendi e la riferibilità delle diverse domande di annullamento alle medesime ragioni fondanti la pretesa demolitoria (con conseguente necessità di una trattazione congiunta) (Cons. St. V, n. 2543/2016). Non occorre nel ricorso che sia altresì indicata, da parte del ricorrente la data in cui ha conosciuto gli atti impugnati, che non è richiesta a pena di nullità/inammissibilità del ricorso; è peraltro è onere delle parti resistenti eccepire la tardività del ricorso che non risulti ictu oculi dagli atti di causa. (T.A.R. Marche I, 7 novembre 2014, n. 920). d) Indicazione dei fatti, motivi e mezzi di prova Rispetto alla versione precedente, l'attuale art. 40 indica separatamente i requisiti di cui alle lettere da c) a f) (ossia, “c) l'esposizione sommaria dei fatti; d) i motivi specifici su cui si fonda il ricorso; e) l'indicazione dei mezzi di prova; f) l'indicazione dei provvedimenti chiesti al giudice”), prima raggruppati unitariamente e richiede espressamente che l'indicazione degli stessi siano indicati «distintamente». La modifica sembra appunto evidenziare la volontà di individuare, in maniera formalmente distinta, i suddetti elementi, considerati tutti necessari. L'esposizione dei fatti rappresenta la narrazione delle circostanze storico-ambientali che sottostanno al comportamento tenuto dall'autorità amministrativa, questa deve essere adeguata al tipo di motivo dedotto, con la conseguenza che essa non è qualcosa di intrinsecamente distinto dai motivi di diritto, ma, anzi, questi due elementi del ricorso tendono spesso ad immedesimarsi, potendo, infatti ritenersi che l'esposizione dei fatti rappresenti la sostanza in cui si materializzano le violazioni giuridiche contestate. Sulla base di tale indicazione, si sono ritenuti inammissibili i c.d. motivi intrusi, contenuti nella parte in fatto, giusta la distinzione normativa con la parte in “diritto”, al cui interno devono essere contenuti gli specifici motivi di doglianza (Cons. St. II, n. 113/2022; Cons. St. VI, n. 5469/2012; T.A.R. Lazio (Latina) I, 7 aprile 2015, n. 314). Per altro verso, si è ritenuto ammissibile l'articolazione di un unico motivo, senza una distinzione tra parte in fatto e in diritto (T.A.R. Milano, (Lombardia) II, 3 novembre 2021, n. 2410). Nello stesso senso è stato sanzionato con un rilievo di insanabile nullità il ricorso in cui manca l'esposizione, anche sommaria, dei fatti di causa rilevanti ai fini del decidere, derivando da tale mancanza l'assoluta incertezza del thema decidendum e, quindi, dell'oggetto della domanda (TAR Lombardia, 1° marzo 2024, n. 571). Il dovere di articolare specifici motivi di censura può comportare, in caso di violazione, l'inammissibilità del ricorso. Ciò quando, in particolare, in ragione della genericità delle censure, il giudice non sia posto in grado di comprendere quali vizi il ricorrente deduca per sostenere l'invalidità del provvedimento impugnato (al di fuori di questi limiti, è dovere del giudice interpretare il gravame ed esaminarne le censure, ancorché non organicamente articolate, ricavandole dal testo del ricorso; Cons. St. V, n. 601/1998). In questo senso, è stata dichiarata l'inammissibilità del ricorso per effetto dell'art. 40 comma 2, c.p.a. qualora non sia dedotto alcun motivo di impugnazione, o nel caso in cui, comunque, dalla complessiva lettura dell'atto e dei documenti offerti in comunicazione non sia possibile comprendere la doglianza avanzata dal ricorrente (T.A.R. Campania (Napoli) III, 23 marzo 2016, n. 1524; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia (Trieste) I, 12 maggio 2016, n. 166). Per un'attuazione di tali principi in materia elettorale, vedi Cons. St. V, n. 610/2016 e Cons. St. V, n. 3795/2013, secondo i quali non può essere attribuita valenza di motivo di ricorso ad espressioni che, senza integrare critiche di legittimità di senso compiuto, potrebbero essere considerate, al più, alla stregua di allusioni. In termini più generali, si può concludere per la necessità, ai fini della proponibilità del ricorso, che il ricorrente esprima censure puntuali articolate in motivi contenenti la specificazione dei vizi da cui ritenga inficiata la legittimità degli stessi provvedimenti. Al contrario, non possono trovare ingresso rilievi di contenuto generico che si risolverebbero in una inammissibile azione sollecitatoria di un esame degli stessi provvedimenti da parte del giudice amministrativo. Ciò sempre tenendo in mente che, di regola, i requisiti di forma-contenuto degli atti processuali devono essere letti ed interpretati avendo riguardo il principio generale di strumentalità delle forme rispetto allo scopo attraverso di esse perseguito (art. 156 c.p.c.). Per costante giurisprudenza, in caso di giurisdizione di legittimità, il sindacato del giudice amministrativo sull'esercizio della attività amministrativa non può sostituirsi a quello della pubblica amministrazione, anche nell'ambito della c.d. discrezionalità tecnica, con la conseguenza che motivi di censura attinenti il merito della valutazione amministrativa sono inammissibili, in quanto comporterebbero per il giudice l'esercizio di un sindacato sostitutivo, al di fuori dei casi sanciti dall'art. 134 c.p.a. (cfr. Cons. St. V, n. 173/2019; Cons. St. III, n. 6572/2018 e, da ultimo, con riguardo alla attività valutativa di una commissione giudicatrice, v. Cons. St. III, n. 6058/2019). I motivi di ricorso, pertanto, dovranno essere articolati non tanto nel senso di esprimere la non condivisibilità di una determinata valutazione (come nel caso di margini di fisiologica opinabilità), ma per evidenziarne “la palese inattendibilità e l'evidente insostenibilità del giudizio tecnico compiuto”, in presenza, ad esempio di una motivazione pretestuosa, irrazionale o affetta da travisamento di fatti (Cons. St. IV, n. 1445/2022; Cons. St. V, n. 7223/2021; Cons. St. III, n. 6058/2019; T.A.R. Napoli I, 10 febbraio 2022, n. 901). È ammessa la facoltà del ricorrente di graduare l'ordine in cui chiede che avvenga l'esame dei propri motivi e, in tal caso, il giudice è tenuto a rispettare tale ordine. Sul punto l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha fornito taluni chiarimenti in ordine alla facoltà della parte di indicare un ordine di trattazione dei motivi di ricorso e ai conseguenti effetti per il giudice. In particolare, si è affermato che (Cons. St., Ad. plen., n. 5/2015): i) la graduazione della parte è idonea a vincolare il giudice all'esame di alcuni motivi e domande di annullamento, ad eccezione dei casi in cui, ai sensi dell'art. 34, comma 2, il vizio dedotto si traduca nel mancato esercizio di poteri da parte dell'autorità competente. Secondo tale impostazione, quindi, il rispetto dell'ordine dei motivi indicato dalla parte può portare, in concreto, ad un risultato non in linea con la tutela piena dell'interesse pubblico e della legalità (ciò si manifesta in particolare nelle controversie aventi ad oggetto procedure competitive o selettive, allorquando il ricorrente anteponga l'esame delle censure che gli permettono di conseguire il bene della vita finale – l'aggiudicazione di una gara d'appalto, la nomina ad un pubblico ufficio, l'inserimento in un graduatoria –, rispetto a quelle il cui accoglimento implicherebbe l'eliminazione di tutta o parte della sequenza procedurale attraverso la rimozione di tutti i vizi riscontrati); ii) la facoltà della parte di vincolare il giudice ad un ordine di esame trova il suo limite nella norma di carattere generale (art. 34, comma 2) che dispone che in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati (norma espressione del principio costituzionale fondamentale di separazione dei poteri). Ne deriva che in tutte le situazioni di incompetenza, carenza di proposta o parere obbligatorio, si versa nella situazione in cui il potere amministrativo non è stato ancora esercitato, sicché il giudice non può fare altro che rilevare, se assodato, il relativo vizio e assorbire tutte le altre censure, non potendo dettare le regole dell'azione amministrativa nei confronti di un organo che non ha ancora esercitato il suo munus; iii) a tal fine la graduazione non si identifica con il mero ordine di proposizione dei motivi o delle domande di annullamento, ma deve essere formulata in modo esplicito. Ciò si spiega in ragione del fatto che l'ordine di graduazione determina una eccezione all'obbligo del giudice di esaminare tendenzialmente tutti i vizi di legittimità costitutivi del thema decidendum. Anche in assenza di una espressa graduazione dei motivi, l'ordine con cui il giudice procede ad esaminare le censure non può prescindere dal principio dispositivo, che regola anche il processo amministrativo, e comporta la necessità di esaminare prima quelle censure, da cui deriva un effetto pienamente satisfattivo della pretesa del ricorrente. In tale processo avrà riguardo alla maggiore o minore radicalità del vizio, nonché alla consistenza e al rapporto di priorità logica (o diacronico procedimentale) tra le stesse, anche assorbendo questioni di rito che appaiono infondate, per ragioni di economia processuale (Cons. St. VI, n. 358/2016; Cons. St., Ad. plen., n. 5/2015; T.A.R. Lazio (Roma) III, 4 agosto 2016, n. 9086; T.A.R. Liguria (Genova) II, 5 novembre 2015, n. 883). Il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (112 c.p.c.) e il conseguente dovere del giudice di pronunciarsi su tutta la domanda, unitamente alle esigenze di miglior cura dell'interesse pubblico e della legalità, comportano che il c.d. assorbimento dei motivi sia, in linea di principio, da considerarsi vietato. Tuttavia, limitate e ben circostanziate deroghe al divieto di assorbimento sono ammissibili nelle seguenti ipotesi generali: a) espressa previsione di legge; b) evidenti e ineludibili ragioni di ordine logico – pregiudiziale; c) ragioni di economia processuale, se comunque non risulti lesa l'effettività della tutela dell'interesse legittimo e della funzione pubblica. L'eventuale assorbimento dei motivi disposto dal giudice amministrativo deve in ogni caso conformarsi alla fondamentale necessità che la soluzione prescelta, anche in mancanza di espressa graduazione dei motivi, deve essere quella che meglio soddisfa l'interesse del ricorrente. Secondo tale indirizzo consolidato, la discrezionalità del giudice di organizzare le priorità nell'esame della materia del contendere secondo un determinato ordine logico è strettamente correlata all'interesse di cui la parte ricorrente chiede tutela (Cons. St. V, n. 4513/2015). Analogamente, è ammesso in sede di appello lo scrutinio da parte del giudice dei motivi più agevole e rapida soluzione, che ne possono determinare l'accoglimento, con assorbimento degli altri, in ossequio ai principi della “ragione più liquida”, di economia processuale e di sinteticità della motivazione (Cons. St. III, n. 3534/2021; Cons. St. IV, n. 4971/2019). La norma in commento estende l'oggetto del contenuto del ricorso anche alla indicazione dei mezzi di prova di cui intende avvalersi per contestare le risultanze dell'azione amministrativa (lett. e). L'indicazione – deve evidenziarsi – è priva di sanzione: il codice impone anche alle altre parti di fornire documenti e atti utili al giudizio (art. 46, con riferimento all'amministrazione) e, ai sensi dell'art. 45, comma 4, «la mancata produzione, da parte del ricorrente, della copia del provvedimento impugnato e della documentazione a sostegno del ricorso non implica decadenza». A ciò si aggiunga che le parti hanno inoltre la facoltà, nel corso del processo, di proporre istanze motivate al fine di stimolare l'esercizio dei poteri istruttori, tesi ad assicurare la completezza della istruttoria (art. 65) (T.A.R. Lazio (Roma) I, 9 marzo 2012, n. 2371; T.A.R. Liguria (Genova) II, 21 marzo 2014, n. 438). Nel processo amministrativo esiste una ontologica diseguaglianza delle parti con riguardo alle prove, su cui si fonda il c.d. principio dispositivo con metodo acquisitivo (in base al quale il e giudice può supplire alle carenze probatorie derivanti dalla maggior vicinanza della prova all'amministrazione). In ogni caso, il principio dispositivo con metodo acquisitivo non si traduce in una generale inversione dell'onere della prova, non consentendo al giudice amministrativo di sostituirsi alla parte onerata quando la ricorrente non si trovi nell'impossibilità di provare il fatto posto a base della sua azione (T.A.R. Lazio (Roma) I, 24 giugno 2015, n. 8639). Pertanto, chi agisce in giudizio a tutela di un proprio diritto è tenuto indicare e allegare tutti gli elementi, i dati e i documenti idonei a sostenere la sua pretesa, domandando al giudice di accertare in concreto la sussistenza dei fatti dedotti, pena l'inammissibilità in caso di assenza di elementi in ordine alle condizioni di legittimazione e di interesse del ricorrente, che preclude al giudice di controllare il concreto e personale interesse e la concreta fondatezza della domanda (Cons. St. VI, n. 478/2021; Cons. St. III, n. 4369/2019; T.A.R. Potenza I, 20 gennaio 2022, n. 51). e) La sottoscrizione Ai sensi dell'art. 40 lett. g), il ricorso deve essere sottoscritto dal ricorrente che sta in giudizio personalmente oppure dal difensore, con indicazione in tal caso della procura speciale. Va rammentato che, ai sensi dell'art. 44, lo stesso deve recare, a pena di nullità, la sottoscrizione del ricorrente (se sta in giudizio personalmente) o del difensore (con indicazione, in questo caso, della procura speciale). L'assenza di procura speciale alle liti comporta la radicale inammissibilità del ricorso per difetto di valida rappresentanza tecnica (T.A.R. Sardegna II, 5 aprile 2016, n. 326; v. anche il commento alla Formula “Procura speciale alle liti rilasciata a singolo avvocato”). È quindi sufficiente la sottoscrizione della parte ove questa possa anche stare in giudizio personalmente, altrimenti il difensore che sottoscrive l'atto dovrà essere munito di procura speciale, da indicarsi nell'atto di ricorso. Ai sensi dell'art. 40, comma 1, lettera g) c.p.a. nel ricorso firmato dal solo avvocato deve essere indicata la procura speciale. In mancanza di tale indicazione ovvero della procura speciale a margine del ricorso, la firma dell'avvocato non è valida, e il ricorso, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lettera a) c.p.a. è nullo (Cons. St., VI, n. 692/2023). È stato ritenuto valido il ricorso notificato alla controparte e ai controinteressati, anche in assenza della pagina contenente la sottoscrizione da parte del difensore, vista la presenza della procura, in calce all'atto, che conteneva la sottoscrizione del difensore. In tal caso, la firma del difensore, pur apposta solo per autenticare il mandato, assolve, per evidente connessione logica, oltre alla funzione di autenticare la sottoscrizione del mandato, anche a quella di riferire al medesimo patrocinante la provenienza dell'atto, cui la procura è stata materialmente congiunta. La firma di quest'ultimo è stata considerata idonea pure ad integrare una valida sottoscrizione dell'atto, di cui costituisce complemento (T.A.R. Abruzzo (L'Aquila) I, 9 febbraio 2017, n. 70). Con l'attuazione del Processo Amministrativo Telematico, l'intenzione evidente del legislatore è di sostituire al processo amministrativo cartaceo un processo fondato su documenti informatici, scambiati in via telematica. Nel processo amministrativo telematico tutti gli atti di processuali di parte (ivi compreso il ricorso) e/o provvedimenti del giudice devono avere la forma di “file nativi digitali”. Con tale espressione si intende il documento informatico ottenuto tramite software di videoscrittura (word, openoffice, libre office, ecc.) trasformato in PDF senza scansione (v. FAQ n. 9 relativa al Processo amministrativo telematico, disponibili sul sito istituzionale www.giustizia-amministrativa.it). Il file del ricorso deve poi essere firmato digitalmente prima di essere allegato al Modulo deposito ricorso (cfr. art. 9, co. 1, delle Regole tecnico-operative del PAT, all.to 1 al d.P.C.S. 28 luglio 2021, per cui “[s]alvo diversa espressa previsione, il ricorso introduttivo, le memorie, il ricorso incidentale, i motivi aggiunti e qualsiasi altro atto del processo, anche proveniente dagli ausiliari del giudice, sono redatti in formato di documento informatico sottoscritto con firma digitale conforme ai requisiti di cui all'art. 24 del CAD”; v. anche art. 6 delle Specifiche tecniche, sub all.to 2). A fronte del quadro normativo richiamato, si è posto il quesito se un ricorso (depositato successivamente al 1° gennaio 2017) redatto non come documento informatico con sottoscrizione digitale, ma in forma (tradizionalmente) cartacea, diverga in modo così radicale dallo schema legale del processo da dover essere considerato del tutto inesistente, abnorme o nullo. In giurisprudenza si è affermato l'orientamento per cui trattasi di irregolarità, sanabile. In particolare si è ritenuto che il ricorso non redatto come documento informatico, né sottoscritto con firma digitale non può ritenersi inesistente (invero, il processo amministrativo cartaceo non è irreversibilmente e totalmente scomparso). Benché certamente non conforme alle prescrizioni di legge, non si configura in termini di “non atto”. Inoltre, poiché nella disciplina del PAT manca una specifica previsione di nullità per difetto della forma e della sottoscrizione digitale, viene meno il presupposto necessario per dichiarare il ricorso nullo nella sua fase genetica, ovvero in relazione alla successiva notificazione e deposito; difettando, anche in questo caso, disposizioni che sanciscano la nullità dell'adempimento se realizzato in formato cartaceo. Si tratta, quindi, di una situazione di irregolarità, che impone al giudice, ai sensi degli art. 44, comma 2, e 52, comma 1, di ordinare alla parte che ha redatto, notificato o depositato un atto in formato cartaceo di regolarizzarlo in formato digitale nel termine perentorio all'uopo fissato (Cons. St. V, ord. n. 56/2018; Cons. St. IV, n. 1541/2017; Cons. St. V, n. 5490/2017). Ciò vale anche in caso di atto sottoscritto con firma Pades-Basic e non Pades-BES, come prescritta dalle norme attuative del PAT, trattandosi di una difformità che, avendo l'atto raggiunto il suo scopo, non si traduce in nullità. In linea generale, si è rilevato come l'evoluzione tecnologica non possa essere di ostacolo alla tutela giurisdizionale, qualora dalle difformità degli adempimenti rispetto alle prescrizioni non sia derivato pregiudizio per le controparti o per il giudice (Cons. St. III, n. 744/2018; T.A.R. Lazio I-bis, 25 maggio 2018, n. 5912). Da ultimo, sul punto, v. Cons. St., Ad. plen., n. 6/2022, per cui, ancorché non conforme alle disposizioni del PAT, “la predisposizione ed il deposito del ricorso in formato non digitale non incorre in espressa comminatoria legale di nullità (ex art. 156, comma 1, c.p.c.), tanto più che lo stesso avrebbe comunque raggiunto il suo scopo tipico (ex art. 156, comma 3, c.p.c.), essendone certa l'attribuibilità ad un soggetto determinato e la natura di strumento deputato alla chiamata in causa ed alla articolazione delle proprie difese”; conseguentemente, l'atto potrà essere regolarizzato dalla parte, anche successivamente al deposito. f) Limiti dimensionali Il ricorso è un atto di parte e, pertanto, debbono essere rispettati i limiti dimensionali e le specifiche tecniche stabiliti con il d.P.C.S. del 22 dicembre 2016, n. 167, ai sensi dell'art. 13-ter disp.att. c.p.a. (“Al fine di consentire lo spedito svolgimento del giudizio in coerenza con i principi di sinteticità e chiarezza di cui all'art. 3, comma 2, del codice, le parti redigono il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio di Stato, da adottare entro il 31 dicembre 2016, sentiti il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, il Consiglio nazionale forense e l'Avvocato generale dello Stato, nonché le associazioni di categoria degli avvocati amministrativisti”). I limiti dimensionali, validi per qualsiasi tipologia di controversia, sono oggi statuiti nell'art. 3 del d.P.C.S. n. 167/2016 (Limiti dimensionali degli atti processuali di parte), che individua tali limiti non con riferimento al numero di pagine (come in passato avveniva per i limiti fissati dal decreto 25 maggio 2015, n. 40 per il rito appalti), bensì con riguardo al numero di caratteri. Le dimensioni dell'atto introduttivo del giudizio, del ricorso incidentale, dei motivi aggiunti, degli atti di impugnazione principale ed incidentale della pronuncia di primo grado, della revocazione e dell'opposizione di terzo proposti avverso la sentenza di secondo grado, dell'atto di costituzione, dell'atto di intervento, del regolamento di competenza, delle memorie (anche di replica) e di ogni altro atto difensivo non espressamente disciplinato devono infatti essere contenute, per ciascuno di tali atti, in un numero massimo di caratteri (che devono, altresì, rispettare le specifiche tecniche di cui all'art. 8), corrispondenti: a) nei riti dell'accesso, del silenzio, del decreto ingiuntivo (sia ricorso che opposizione), nel rito elettorale di cui all'articolo 129, dell'ottemperanza per decisioni rese nell'ambito dei suddetti riti, dell'ottemperanza a decisioni del giudice ordinario, e in ogni altro rito speciale non espressamente menzionato nel presente comma, 30.000 caratteri (corrispondenti a circa 15 pag. nel formato di cui all'art. 8); b) nel rito ordinario, nel rito abbreviato comune di cui all'art. 119, nel rito appalti, nel rito elettorale di cui all'articolo 130 e ss., e nei giudizi di ottemperanza a decisioni rese nell'ambito di tali riti, 70.000 caratteri (corrispondenti a circa 35 pag. nel formato di cui all'art. 8); c) la memoria di costituzione unica relativa a un numero di ricorsi o impugnazioni superiori a due, proposti contro un atto plurimo, non può eccedere le dimensioni della somma delle singole memorie diviso due. Viene inoltre stabilito che quanto alla domanda di misure cautelari autonomamente proposta successivamente al ricorso e a quella di cui all'art. 111, per ciascuno di tali atti il numero massimo di caratteri ammesso è 10.000 (corrispondenti a circa 5 pag. nel formato di cui all'art. 8) e 20.000 (corrispondenti a circa 10 pag. nel formato di cui all'art. 8), rispettivamente nei riti di cui al comma 1, lett. a) e b). Alle memorie di replica si applicano invece gli stessi limiti previsti per il ricorso e le memorie di costituzione (d.P.C.S. 16 ottobre 2017, n. 127). In tale «conteggio», ai sensi dell'art. 4 del decreto non sono computate le intestazioni e le altre indicazioni formali (quali, ad es., l'epigrafe dell'atto e l'indicazione delle parti e dei difensori e relative formalità) e in particolare, il riassunto preliminare, di lunghezza non eccedente 4.000 caratteri (corrispondenti a circa 2 pagine nel formato di cui all'articolo 8), che sintetizza i motivi dell'atto processuale. Tale riassunto, pur non previsto in base all'art. 2 del d.P.C.S. tra i criteri di redazione degli atti di parte, appare comunque raccomandabile, proprio nell'ottica di conferire chiarezza e sinteticità all'intero atto. Si tratta di limiti che, in presenza di alcuni presupposti, possono essere superati, ad esempio qualora lo richiedono questioni tecniche e giuridiche complesse, previa istanza debitamente motivata (v. artt. 5 e 6 del citato d.P.C.S. che disciplinano i casi e la procedura di autorizzazione al superamento dei limiti; v. il commento alla Formula “Istanza di autorizzazione preventiva al deposito di atti che superano i limiti del decreto sinteticità” e “Istanza di autorizzazione postuma al deposito di atti che superano i limiti del decreto sinteticità”). In giurisprudenza è stato rilevato come la brevità dell'atto processuale (in termini di caratteri, pagine e battute) è lo strumento attraverso il quale “il legislatore ha inteso vincolare le parti a quello sforzo di “sintesi” giuridica della materia controversa, sul presupposto che l'intellegibilità dell'atto (e quindi la giustizia della decisione) è grandemente ostacolata da esposizioni confuse”. In un caso in cui è stato rilevato il superamento dei limiti, in assenza delle specifiche circostanze che lo consentono, le parti sono state invitate “a riformulare le difese nei predetti limiti dimensionali, con il divieto di introdurre fatti, motivi ed eccezioni nuovi rispetto a quelli già dedotti” (Cons. St. VI, ord. n. 3006/2021; v., per una ricostruzione in termini di possibile inammissibilità dell'atto che viola il principio di sinteticitià, Cons. St. II, n. 1450/2021). La violazione dei limiti dimensionali è ritenuta causa di esonero del giudice del dovere di esaminare tutte le questioni trattate, nonché esclude la possibilità di fare valere l'omessa pronuncia su una questione trattata superando i limiti, come motivo di impugnazione (Cons. St., VII, n. 3237/2024); tale principio si applica anche alle memorie difensive, determinando l'inutilizzabilità delle c.d. difese sovrabbondanti (Cons. St. V, n. 8518/2023). Termini per la notificazione L'art. 41 prevede in termini generali, al comma 1, che il ricorso sia il veicolo attraverso cui introdurre ogni domanda nel processo amministrativo e, nei successivi commi, reca la disciplina della notificazione del ricorso. I termini per la notificazione sono invece stabiliti dallo stesso Codice per le varie azioni. Al riguardo, in via riepilogativa, il termine per ricorrere è pari a: a) sessanta giorni per l'azione di annullamento ex art. 29 (ridotti a trenta in materia di appalti ex art. 120); b) centoventi giorni per l'azione di risarcimento di danni causati a posizioni di interesse legittimo ex art. 30 (vale il termine di prescrizione per il risarcimento dei danni causati a posizioni di diritto soggettivo); c) centottanta giorni per la domanda volta all'accertamento delle nullità previste dalla legge, ex art. 31, comma 4; d) un anno dal termine di conclusione del procedimento per l'azione avverso il silenzio ex art. 31; e) trenta giorni in materia di accesso ex art. 116. Esistono termini diversi per particolari tipologie di controversie, come previsto, ad esempio, per il giudizio elettorale. In caso di residenza fuori dall'Italia di una delle parti scatta una proroga legale del termine di trenta giorni se le parti, o alcune di esse, risiedono in altro Stato dell'Europa, o di novanta giorni se risiedono fuori d'Europa (art. 41, comma 5). L'aumento di trenta giorni del termine per impugnare non è applicabile alle controversie soggette ad un termine legale accelerato per l'impugnazione degli atti di gara (come nel caso di affidamento di pubblici appalti) che non tollera deroghe ed è destinato a prevalere sulla disciplina generale dei termini processuali (Cons. St. IV, n. 1896/2015, che afferma ciò argomentando in base al rapporto di specialità tra l'art. 120 comma 5, nonché al fatto che la normativa sulla contrattualistica pubblica assicura, anche nei confronti dei concorrenti che hanno sede all'estero, l'immediata ed esaustiva conoscenza delle decisioni assunte dalla stazione appaltante). Con riferimento all'azione di annullamento, il termine per ricorrere decorre dal giorno in cui l'interessato abbia ricevuto la notifica o la comunicazione del provvedimento, o ne abbia comunque avuta piena conoscenza, o, per gli atti di cui non sia richiesta la notifica individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione, se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge. In particolare: — per i soggetti direttamente interessati dagli effetti dell'atto, il termine decorre dal giorno in cui ha avuto luogo la notifica del provvedimento; — per i soggetti non direttamente contemplati (e non individuabili come diretti destinatari degli effetti dell'atto), il termine decorre dal giorno di scadenza del periodo di pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge; — in ogni caso, anche se non vi è ancora stata pubblicazione o notificazione, la piena conoscenza dell'atto fa decorrere i termini per impugnare. La pubblicazione dell'atto, come criterio di individuazione del termine di proposizione del ricorso, non è sostitutivo degli altri criteri previsti dalla legge (notificazione e piena conoscenza), ma, laddove non sia richiesta diretta notifica, non essendo il destinatario contemplato nel provvedimento, vale ad individuare un termine e viene incontro ad esigenze di certezza e stabilità dell'azione amministrativa. Ne consegue che, per i terzi controinteressati il termine per impugnare inizia a decorrere, anche se non c'è stata la piena conoscenza, dalla fine del periodo di pubblicazione stabilita dalla legge o sulla base della legge, così come prescrive in generale l'art. 4, comma 2, c.p.a. (Cons. St. V, n. 1978/2017). L'art. 41, comma 2 contiene una disposizione in base alla quale “Qualora sia proposta azione di condanna, anche in via autonoma, il ricorso è notificato altresì agli eventuali beneficiari dell'atto illegittimo, ai sensi dell'art. 102 del codice di procedura civile; altrimenti il giudice provvede ai sensi dell'art. 49.” Per l'azione di condanna (in particolare, al risarcimento del danno) viene dunque introdotto un caso di litisconsorzio necessario con la parte privata beneficiaria dell'atto illegittimo. (Cons. St. III, n. 5613/2013). Deposito del ricorso L'art. 45 disciplina i termini per il deposito, unificando le modalità di svolgimento di un incombente che, in passato, era disciplinato in modo eterogeneo per ogni specifica tipologia di atto processuale. Il termine generale è ora di trenta giorni, decorrenti dal completamento dell'ultima notificazione dell'atto da depositare. Si tratta di un termine con valenza generale, applicabile anche alle ipotesi di integrazione del contraddittorio (Cons. St. V, n. 1626/2015; T.A.R. Roma (Lazio) III, n. 1164/2013; T.A.R. Umbria, n. 444/2014). Il termine del deposito del ricorso di primo grado decorre dalla data in cui l'ultima notifica si è perfezionata (Cons. St. V, n. 1921/2013) (e si riferisce alle notifiche necessarie ai fini dell'integrità del contraddittorio, e non a quelle meramente facoltative o fatte dal ricorrente ad abundantiam, perché diversamente ritenendo sarebbe in potere della parte prolungare a proprio arbitrio il termine per il deposito del ricorso; pertanto una notifica non prescritta dalla legge è inidonea a impedire la scadenza del termine di trenta giorni per la notifica del ricorso, termine che decorre dall'ultima notifica necessaria). Ciò vale anche per i giudizi abbreviati, come quello in materia di accesso ai documenti amministrativi, nei quali tuttavia il termine ordinario di deposito del ricorso, di cui all'art. 45 comma 1, è da intendersi ridotto da 30 a 15 giorni, sempre decorrente dal momento in cui l'ultima notificazione dell'atto processuale si è perfezionata anche per il destinatario (T.A.R. Palermo (Sicilia) I, n. 1465/2013). Qualora le notifiche siano più di una, come nel caso di presenza di almeno un controinteressato, il termine di cui all'art. 45, comma 1, per il deposito del ricorso decorre dal perfezionamento, per il destinatario, dell'ultima delle due notifiche effettuate dal ricorrente (T.A.R. Trieste (Friuli-Venezia Giulia) I, n. 609/2014). Tale regola non vale in caso di ripetizione della notifica alla medesima parte, dovendo considerare come rilevante la prima notifica effettuata (Cons. St., n. 538/2011). In caso di deposito tardivo, il Codice dispone la irricevibilità del ricorso (art. 35, comma 1, lett. a), salva la facoltà di concessione del beneficio dell'errore scusabile (art. 37; v. il commento alla Formula “Istanza di rimessione in termini per errore scusabile”). Con l'avvio del processo amministrativo telematico, alla modalità di deposito cartacea si è sostituita quella del deposito telematico, da svolgersi in base ad appositi moduli, inizialmente accompagnato dall'obbligo di depositare almeno una copia cartacea del ricorso (c.d. copia di obbligo) – obbligo, quest'ultimo, abrogato dall'art. 4 d.l. n. 28/2020, come convertito in l. n. 70/2020 (v. il commento alla Formula “Attestazione di conformità ai fini del deposito di copia informatica di atto, provvedimento o documento originale analogico”). Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte è depositato in giudizio con le modalità telematiche previste dall'art. 6 delle Specifiche tecniche del PAT di cui all'all.to 2 del d.P.C. S. 28 luglio 2021. Il ricorso e gli allegati sono depositati utilizzando il “ModuloDepositoRicorso”, disponibile sul sito istituzionale (www.giustizia-amministrativa.it) seguendo le istruzioni ivi rese disponibili (art. 6, comma 1, delle Specifiche tecniche del PAT – all.to 2 al d.P.C.S. 28 luglio 2021). La progressiva introduzione delle modalità telematiche ha giustificato, in alcuni casi, la rimessione in termini in casi di deposito tardivo, in sede di prima applicazione delle norme tecniche (T.A.R. Catanzaro (Calabria) I, n. 50/2017). Così, ad esempio, nel caso in cui il difensore abbia allegato il modulo di deposito relativo ad un ricorso diverso da quello di interesse (T.A.R. Lazio (Roma) II, n. 4727/2018). La notifica del ricorso, non seguita dal deposito dello stesso, non consente di ritenere correttamente instaurato il giudizio, con conseguente improcedibilità del medesimo. In caso di notificazione a mezzo del servizio postale, la notificazione si perfeziona in un momento diverso per chi notifica e per chi è destinatario della notificazione (c.d. anticipazione degli effetti della notifica, v. Corte cost., n. 154/2005 e art. 41) e il Codice precisa che il termine decorre dalla data di perfezionamento della notificazione per il destinatario e che il richiedente può depositare l'atto anche prima che la notificazione si sia perfezionata per il destinatario (comma 2), evitando così ogni decadenza; ma, in tal caso, la procedibilità dell'atto depositato è condizionata all'ulteriore deposito del documento comprovante il perfezionamento della notificazione per il suo destinatario (comma 3), senza però che tale ulteriore deposito sia assoggettato ad alcun termine. In tal modo si fissa una data di deposito che è certa anche per il destinatario dell'atto e impedisce che la mancata conoscenza da parte del ricorrente di tale data (per la quale deve attendere il ritorno delle prove dell'avvenuta notificazione) possa pregiudicarlo, potendo egli depositare fin da subito l'atto, dopo aver assolto i propri oneri di notificazione. La mancanza della produzione della prova dell'avvenuta notificazione per il destinatario dell'atto non implica alcuna decadenza, ma, in assenza di tale prova, le domande introdotte con l'atto non possono essere esaminate. Si ritiene che il deposito della prova dell'avvenuta notifica debba avvenire in ogni caso prima del passaggio in decisione della causa. Esiste infatti un divieto esplicito (sancito al comma 3 dell'art. 45) per il giudice di esaminare le domande processuali contenute in atti introduttivi in riferimento ai quali non sia stato comprovato il buon esito della notifica al destinatario entro il termine ultimo del passaggio della causa in decisione. A fronte della mancata costituzione in giudizio della parte resistente, o appellata, entro il momento ultimo suddetto, l'omessa produzione dell'avviso di ricevimento del plico contenente l'atto d'appello, avviato alla notificazione per mezzo del servizio postale, entro il termine suindicato, comporta l'inesaminabilità – e quindi l'inammissibilità – del gravame (Cons. St. VI, n. 1678/2016; v. anche Cons. St. V, n. 6241/2012, che chiarisce che la norma non ha portata retroattiva). |