Comunicazione del domicilio eletto ai fini di cui all'art. 25

Ines Pisano

Inquadramento

L'art. 25, comma 1, c.p.a. prevedeva, nella sua originaria formulazione, che, fermo quanto previsto, con riferimento alle comunicazioni di segreteria, dall'art. 136, comma 1 c.p.a., nei giudizi davanti ai tribunali amministrativi regionali, la parte, se non elegge domicilio nel comune sede del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata dove pende il ricorso, si intende domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata; nei giudizi davanti al Consiglio di Stato, la parte, se non elegge domicilio in Roma, si intendesse domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del tribunale amministrativo regionale o della sezione staccata; nei giudizi davanti al Consiglio di Stato, la parte, se non avesse eletto domicilio in Roma, si intendesse domiciliata, ad ogni effetto, presso la segreteria del Consiglio di Stato.

La ratio della norma era – ed è tuttora, anche dopo l'entrata in vigore del PAT, quella di consentire alla Segreteria di poter effettuare comunicazioni con modalità cartacee al difensore, possibilità ormai limitata alle sole ipotesi di malfunzionamento del S.I.G.A. Si tratta, dunque, di una elezione di domicilio “fisico” ulteriore rispetto all'elezione di domicilio digitale ai fini delle comunicazioni processuali di cui all'art. 136 c.p.a. Si tratta, pertanto, di un preciso dovere del difensore al fine di consentire, appunto, l'effettività delle comunicazioni processuali.

Tuttavia, il comma 1-ter dell'art. 25 c.p.a., introdotto con la l. n. 197/2016, ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2018 per i ricorsi soggetti alla disciplina del processo amministrativo telematico (cioè, per i ricorsi depositati in giudizio, in primo e in secondo grado, dopo il 1° gennaio 2017) la domiciliazione non potrà più ritenersi effettuata presso la Segreteria. È da ritenersi che tale disposizione, stante la regola del tempus regit actum, debba ritenersi applicabile anche ai ricorsi depositati in data antecedente al 1° gennaio 2018, con la conseguenza che l'eventuale comunicazione di un domicilio fisico precedentemente effettuata presso la Segreteria dovrà ritenersi tamquam non esset. In tali casi, dunque, in mancanza di una nuova comunicazione di elezione di domicilio fisico, la comunicazione con modalità telematiche verrà effettuata dalla Segreteria, ai sensi dell'art. 136 c.p.a., al domicilio digitale risultante dal Registro di Giustizia di cui all'art. 16-ter della l. n. 221/2012.

Giova precisare che il dovere di comunicare, nel PAT, il domicilio fisico ex art. 25 c.p.a. anche ai fini delle comunicazioni processuali – benché di regola effettuate ormai necessariamente a mezzo PEC – è altro rispetto alla eventuale facoltà del il difensore di eleggere un domicilio fisico anche ai fini delle notificazioni processuali. Al riguardo, con ordinanza n. 39970, depositata il 14 dicembre 2021, la Suprema Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sui rapporti intercorrenti tra i domicili testé descritti, con particolare riferimento alla notificazione di una sentenza eseguita a mezzo PEC al domicilio digitale del difensore costituito, nonostante la parte destinataria avesse comunque eletto il domicilio fisico in capo all'Avvocato stesso, statuendo che per quanto riguarda il PCT l'indicazione del domicilio digitale non ha in alcun modo soppresso la prerogativa processuale della parte d'individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico come valido riferimento, eventualmente in associazione al domicilio digitale, per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati.

Formula

COMUNICAZIONE DEL DOMICILIO ELETTO AI FINI DI CUI ALL'ART. 25 C.P.A. [1]

Il sottoscritto Avv. .... C.F. [2] .... difensore di:

- [PERSONA FISICA] [3], nato/a a .... il .... C.F. ...., residente in ...., via/piazza .... n. ....,

in forza di procura speciale conferita nel ricorso N.R.G. ...., ai fini dell'art. 25 c.p.a. [4] dichiara di eleggere domicilio in ...., via/piazza ...., n. ...., presso ....;

- [PERSONA GIURIDICA] [5], con sede legale in ...., via/piazza ...., n. .... iscritta nel registro delle imprese di ...., n. ...., P.I. ...., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato/a ai fini dell'art. 25 c.p.a. in ...., via/piazza ...., n. ...., presso lo studio dell'Avvocato [6] ...., C.F. .... [7], che larappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti .... [8]

Luogo e data .... ....

Firma Avv. .... [9]

[1] Con l'entrata in vigore del PAT, la comunicazione degli indirizzi PEC e fax ai quali ricevere le comunicazioni processuali, nonché del domicilio fisico ai sensi dell'art. 25 c.p.a., è richiesta tra le informazioni dei campi del Modulo deposito ricorso e del Modulo deposito atto. È tuttavia consigliabile di indicare tali informazioni anche negli atti processuali (ricorso, motivi aggiunti, ricorso incidentale, memoria difensiva etc.).

[2]L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011 conv. con modif. nella l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. nella legge 24/2010; con riferimento specifico al processo amministrativo, sebbene l'art. 40 lett. a), c.p.a., faccia riferimento generico agli “elementi identificativi” del ricorrente, del suo difensore e delle parti, tale indicazione è imposta dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Per i ricorsi incardinati dopo l'avvio del PAT, l'indicazione del C.F. del difensore e della parte, oltre che dell'indirizzo PEC e Fax, è comunque richiesta anche nella compilazione dei campi del Modulo deposito.

[3]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con mod., in l. n. 111/2011).

[4]La domiciliazione ai fini dell'art. 25 c.p.a. assolve alla esigenza, diversa da quella di cui all'art. 136 c.p.a., di consentire l'espletamento di adempimenti tradizionalmente legati al mondo “cartaceo”, quali la notificazione effettuata con le tradizionali modalità o la comunicazione tramite biglietto di cancelleria, quando la comunicazione a mezzo PEC o fax sia impossibile.

[5]In caso di proposizione del ricorso nell'interesse di una persona giuridica, si dovrà indicare la denominazione della società, la sede legale, l'eventuale iscrizione al registro delle imprese, la partita IVA, il codice fiscale, con l'indicazione del rappresentante legale per mezzo del quale la società sta in giudizio.

[6]In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., PEC, fax, etc.).

[7]L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011 conv. con modif. nella l. n. 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. nella l. 24/2010; con riferimento specifico al processo amministrativo, sebbene l'art. 40 c.p.a., lett. a), faccia riferimento generico agli “elementi identificativi” del ricorrente, del suo difensore e delle parti, tale indicazione è imposta dall'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002. Per i ricorsi incardinati dopo l'avvio del PAT, l'indicazione del CF del difensore e della parte, oltre che dell'indirizzo PEC e fax, è comunque richiesta anche nella compilazione dei campi del Modulo deposito.

[8]Per quanto riguarda gli atti di parte redatti con modalità telematiche dopo il 1° gennaio 2017, ai fini della procura si deve tener conto di quanto stabilito dall'art. 83 c.p.c. in combinato disposto con l'art. 8, all. 1 del d.P.C.S. n. 134/2020.

[9]Trattandosi di dichiarazione apposta normalmente nell'epigrafe (ma nulla osta a che sia apposta in calce all'atto di parte), ne segue le medesime forme e deve essere quindi sottoscritta con firma digitale PAdES.

Commento

Tra le modifiche più significative apportate al codice del processo amministrativo dalla l. n. 197/2016 rientra quella relativa all'introduzione del nuovo comma 1-ter dell'art. 25 c.p.a. La disposizione sancisce che, per i ricorsi soggetti alla disciplina del PAT (cioè quelli depositati con modalità telematiche dal 1° gennaio 2017), a decorrere dal 1° gennaio 2018 non si applicherà più il comma 1 dell'art. 25 c.p.a. Come è noto, tale disposizione dispone che – fermo quanto previsto, con riferimento alle comunicazioni di segreteria dall'art. 136, comma 1, c.p.a. – per ogni altro effetto di legge, e dunque principalmente per le notificazioni, per gli avvocati che esercitino il proprio ufficio in un giudizio che si svolge fuori del comune sede dell'ufficio giudiziario al quale sono assegnati, in mancanza di espressa elezione domicilio “fisico”, questo si intende eletto presso la segreteria dell'ufficio giudiziario nel comune sede del T.A.R. o della sezione staccata dove pende il ricorso.

La ratio della norma è da rinvenire nell'esigenza di evitare l'aggravio degli incombenti di segreteria – seppure in via di mero fatto – principalmente per il caso in cui il difensore avesse eletto domicilio ai fini delle notificazioni, o comunque si intendesse domiciliato, presso l'ufficio giudiziario. In ogni caso, il difensore non potrà più eleggere domicilio fisico ex art. 25 c.p.a neppure ai fini delle comunicazioni di Segreteria. La questione del rapporto tra elezione di domicilio fisico e PEC è stata affrontata dal parere reso dall'Ufficio Studi del Consiglio di Stato del 7 marzo 2018 (rinvenibile nella sezione Documentazione, cartella Processo Amministrativo Telematico del sito web istituzionale della G.A.) nel senso che il domicilio digitale, corrispondente all'indirizzo PEC del difensore contenuto nei pubblici registri (ReGIndE), costituisce domicilio eletto ex lege. Secondo l'interpretazione dell'Ufficio Sudi, il difensore ha l'onere di indicare tale indirizzo PEC e di comunicarne le successive variazioni, almeno sino a che il PAT non sarà, dal punto di vista tecnico, in grado di assicurare alle parti e alle segreterie degli uffici giudiziari la piena accessibilità (anche in chiave di aggiornamento) ai pubblici registri contenti gli indirizzi PEC al momento detenuti presso il Ministero della Giustizia. La sola indicazione del domicilio digitale può essere considerata sufficiente; in tale evenienza, in caso di mancato funzionamento della PEC indicata, per causa imputabile al destinatario, si procederà alle notificazioni mediante deposito dell'atto presso la segreteria dell'ufficio giudiziario ai sensi dell'art. 16-sexies d.l. n. 179/2012; la parte ha, perciò, l'onere di indicare eventuali modifiche della PEC indicata come domicilio digitale, all'atto della costituzione. Secondo l'Ufficio Studi, non vi sarebbe l'obbligo di eleggere un domicilio fisico e nel caso di omessa indicazione sia del domicilio digitale (o di mancato funzionamento della PEC), sia del domicilio fisico nel Comune ove ha sede l'ufficio giudiziario, si procederà alle notificazioni mediante deposito dell'atto presso la segreteria dell'ufficio giudiziario, previo invio alla parte di una comunicazione di cortesia. L'elezione di domicilio fisico (in aggiunta al domicilio digitale) è ritenuta dall'Ufficio Studi ancora ammissibile e giuridicamente rilevante, anche nel nuovo assetto normativo. Solo nel caso in cui la PEC indicata come domicilio digitale non sia utilizzabile (per causa imputabile al destinatario) e il domicilio fisico sia stato eletto in un comune diverso da quello dove ha sede l'ufficio giudiziario dinanzi al quale pende la lite, potrebbe infine procedersi alle notificazioni presso la segreteria.

Le conseguenze del venir meno di tale possibilità, dopo il 1° gennaio 2018, non devono essere sottovalutate: la ratio della domiciliazione in segreteria era infatti, storicamente, quella da un lato di consentire la possibilità di effettuare adempimenti cartacei, quali le comunicazioni e le notificazioni processuali, anche al difensore “fuori sede” presso un luogo fisico rientrante nella circoscrizione dell'ufficio giudiziario, dall'altro quella di non costringere quest'ultimo a sopportare gli oneri economici connessi alla domiciliazione “fisica” presso altro difensore. Se, quindi, la domiciliazione fisica non potrà più essere ritenuta effettuabile presso la sede dell'ufficio giudiziario, ci si chiede se deve ritenersi implicita la necessità che il difensore elegga un domicilio fisico ex art. 25 c.p.a. sia al fine della ricezione di eventuali comunicazioni che non possano essere effettuate a mezzo PEC o fax, sia al fine di consentire a controparte d'effettuargli eventuali comunicazioni in modalità cartacea. Ed invero, l'art. 3-bis della l. n. 53/1994 attualmente contempla la notifica a mezzo PEC esclusivamente come una mera facoltà, la cui scelta è affidata al dominus della causa, e non come un obbligo. Una soluzione interpretativa di compromesso potrebbe essere che, pur non avendo il difensore l'obbligo di eleggere domicilio ai fini di cui all'art. 25 c.p.a., qualora il difensore elegga domicilio fisico (sopportandone anche gli oneri economici), dopo il 1° gennaio 2018 tale domicilio, ai fini delle notificazioni processuali, dovrebbe ritenersi prevalente rispetto all'indirizzo PEC.

Non resta che attendere, sul punto, l'interpretazione della giurisprudenza amministrativa, alla luce anche di quanto stabilito nel nuovo art. 25, comma 1-ter, del c.p.a., che sancisce l'applicabilità anche al PAT dell'art. 16-sexies del d.l. n. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221/2012 che fa comunque salva la possibilità di effettuare la notificazione in segreteria nel caso in cui la notificazione tramite PEC sia impossibile per causa imputabile al destinatario.

Va evidenziato che l'art. 16-sexies cit. fa salvo quanto stabilito dall'art. 366 c.p.c.: occorre quindi attendere come si orienterà la giurisprudenza amministrativa, per quanto riguarda l'impugnazione proposta innanzi al Consiglio di Stato o al Cons. giust. amm. Sicilia, con riferimento alla compatibilità del richiamato art. 366 c.p.c. con il processo amministrativo (per quanto riguarda il ricorso in Cassazione, infatti, la disposizione sembrerebbe rimettere al difensore la possibilità di eleggere un domicilio fisico in Roma “ovvero” di indicare l'indirizzo PEC al proprio ordine, fermo restando che, in mancanza di entrambe, le notificazioni gli verranno comunque effettuate presso la cancelleria della Corte di cassazione).

Secondo Cons. St. IV, n. 3571/2017, ai sensi del combinato disposto degli artt. 25 e 136 comma 1, c.p.a., e 2, comma 6, delle disposizioni di attuazione dello stesso codice nel testo ratione temporis vigente, tutte le comunicazioni di segreteria devono essere effettuate, anche a mezzo PEC, al domiciliatario, all'indirizzo risultante dagli elenchi pubblici, siano essi predisposti dagli ordini professionali a norma dell'art. 7 comma 2, l. n. 247/2012 o altrimenti – a norma dell'art. 2 comma 6, dell'allegato 2 al c.p.a. – nelle forme di cui all'art. 45 delle disposizioni di attuazione del c.p.c. secondo il disegno generale tracciato dagli artt. 6 e 6-bis, d.lgs. n. 52/2005.

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