Istanza di autorizzazione al deposito cartaceo quando non è possibile effettuare più invii dello stesso scritto difensivo o documento (art.13, comma 1, All.2, disp.att. c.p.a.)InquadramentoCon l'entrata in vigore del PAT, dal 1° gennaio 2017 è diventato obbligatorio - tanto per i ricorsi di primo grado quanto in appello - l'obbligo di sottoscrizione con firma digitale e, conseguentemente, del deposito con modalità telematiche di tutti gli atti processuali di parte. Non è quindi ulteriormente possibile, senza autorizzazione del Giudice, la tradizionale modalità di deposito in segreteria di atti redatti in formato cartaceo (analogico) né di documenti di causa formati con le medesime modalità. Va peraltro osservato che, di recente, Cons. St., III, n.744/2018 ha ribadito che l'evoluzione tecnologica non può risolversi in un ostacolo alla tutela giurisdizionale (soprattutto nei procedimenti elettorali che prevedono tempi molto brevi) e che pertanto non può ritenersi nullo l'atto sottoscritto con firma PADES – BASIC e non PADES – BES, richiesta dalle norme tecniche, in virtù del principio del raggiungimento dello scopo ex art. 156, comma 3, c.p.c. La l. n.197/2016 nonché il d.P.C.S. 28 luglio 2021, al quale la legge rinvia prevedono, tuttavia – oltre a fattispecie in cui l'applicazione del PAT è esclusa ex lege [1] –,ipotesi in cui è prevista la possibilità di richiedere al Giudice l'autorizzazione al deposito con le tradizionali modalità cartacee. In particolare, l'art.13, comma 1, All.2, disp. att. c.p.a., disciplina la possibilità di richiedere al Giudice l'autorizzazione al deposito cartaceo quando non è possibile effettuare più invii (a mezzo PEC) dello stesso scritto difensivo o documento. 1. Si tratta delle controversie di cui all'art. 22 e agli artt. 39 e ss. della l. n. 124/2007 - cioè, le controversie relative al rapporto di lavoro proposte dal personale dei servizi d'informazione per la sicurezza e del DIS nonché, più in generale, qualsiasi ricorso che coinvolga atti, documenti, notizie, attività sottoposti alla disciplina del segreto di Stato- con riferimento alle quali il d.l. n. 168/2016, convertito in l. n. 197/2016, per ragioni connesse all'attuale configurazione tecnologica del S.I.G.A., ha previsto l'esclusione tout-court dell'applicazione delle disposizioni del PAT una preclusione ex lege di inapplicabilità dello strumento telematico. In tal caso non occorrerà chiedere alcuna autorizzazione per incardinare il fascicolo con le ordinarie modalità cartacee, che avverrà attraverso il tradizionale deposito della nota di iscrizione al ruolo in segreteria. FormulaTRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL [ ... ] [1] ISTANZA DI AUTORIZZAZIONE AL DEPOSITO CARTACEO QUANDO NON È POSSIBILE EFFETTUARE PIÙ INVII DELLO STESSO SCRITTO DIFENSIVO O DOCUMENTO (ART.13, COMMA 1, ALL.2, DISP.ATT. C.P.a.) Nell'interesse di: - [PERSONA FISICA] [2], nato/a a ... il ... C.F. ..., residente in ..., via/piazza ... n. ..., elettivamente domiciliato/a in ..., via/piazza ..., n. ..., presso lo studio dell'Avv. [3] ..., C.F. ... [4], PEC ... [5], Fax ... [6], che lo/la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti ... [7]; - [PERSONA GIURIDICA] [8], con sede legale in ..., via/piazza ..., n. ... iscritta nel registro delle imprese di ..., n. ..., P. I. ..., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato/a in ..., via/piazza ..., n. ..., presso lo studio dell'Avvocato [9] ..., C.F. ... [10], PEC ... [11], Fax ... [12], che la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti ... [Data agg. 04/12/2020] [13] PREMESSO Visti gli artt.136 comma 2 e 2 bis c.p.a., come modificati dall'art.7, comma 3 della l. n. 197/2016, ai sensi dei quali per tutte le controversie incardinate a decorrere dal 1° gennaio 2017 è obbligatoria la sottoscrizione degli atti di parte con firma digitale e il deposito con modalità telematiche; Rilevata la necessità di depositare in giudizio ... [14] e che, ove effettuato a mezzo PEC, il deposito supererebbe il limite previsto con decreto del Segretario generale della Giustizia amministrativa del 23 dicembre 2016, n. 154 [15]; Ritenuto che, nel caso in esame, non è opportuno [16] procedere al deposito con modalità telematiche mediante frazionamento dell'atto/documento con più invii PEC [17] in quanto tale modalità renderebbe assai disagevole la consultazione dell'atto/documento; Ritenuto che non sia possibile procedere con caricamento diretto ai sensi dell'art.6, comma 8, d.P.C.S. 28 luglio 2021 né tramite Segreteria dell'ufficio giudiziario, ai sensi della FAQ n.11 pubblicata sul sito istituzionale della G.A; [18] Per tali motivi, visto l'art. 13, comma 1, All.2 disp. att. c.p.a. CHIEDE che l'Ill.mo Giudice adito voglia, in via eccezionale, dispensare il sottoscritto dall'impiego delle modalità telematiche, autorizzando il deposito cartaceo del ... . Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [19]. Firma Avv [20] ... 1. L'istanza si propone al presidente del tribunale o del Consiglio di Stato, presidente della sezione se il ricorso è già incardinato o al collegio se la questione sorge in udienza dell'ufficio giudiziario nel quale deve essere effettuato il deposito dell'atto introduttivo o dell'atto successivo al primo, qualora il fascicolo informatico sia stato già incardinato, ai sensi dell'art. 5 All.1[d.P.C.S. 28 luglio 2021, con attribuzione di un Numero di Registro generale. Tale ufficio giudiziario corrisponde a quello nella cui circoscrizione territoriale ha sede l'amministrazione che ha emesso l'atto, ovvero nel cui ambito regionale sono limitati gli effetti diretti dell'atto (cfr. art. 13, comma 1, c.p.a.). Nel caso di controversie relative al pubblico impiego, sussiste il foro speciale indicato dall'art. 13, comma 2 c.p.a. (ossia il TAR nella cui circoscrizione è situata la sede di servizio). Naturalmente l'istanza può essere proposta tanto in primo grado che in appello. 2. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. 6 luglio 2011 n. 98, conv., con mod., in l. 15 luglio 2011 n. 111). 3. In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., fax, etc...). 4. L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011 conv. con modif. nella l.n. 111/2011, dall'art. 125, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. nella l.n. 24/2010; con riferimento specifico al processo amministrativo, sebbene l'art.40 c.p.a., lett.a), faccia riferimento generico agli “elementi identificativi” del ricorrente, del suo difensore e delle parti, tale indicazione è imposta dall'art. 13, comma 6 bis, d.P.R. 115/2002. Per i ricorsi incardinati dopo l'avvio del PAT, l'indicazione del CF del difensore e della parte, oltre che dell'indirizzo PEC e Fax, è comunque richiesta anche nella compilazione dei campi del Modulo deposito. 5. Ai sensi dell'art. 136 c.p.a. “I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un recapito di fax, che può essere anche diverso da quello del domiciliatario. La comunicazione a mezzo fax è eseguita esclusivamente qualora sia impossibile effettuare la comunicazione all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi, per mancato funzionamento del sistema informatico della giustizia amministrativa. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione del recapito di fax o di indirizzo di posta elettronica certificata. Ai fini dell'efficacia delle comunicazioni di segreteria è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente il collegio difensivo”. 6. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato è prevista dall'art.136, comma 1 c.p.a. e dall'art. 13, comma 6 bis, d.P.R. 115/2002. Ai sensi dell'art. 13, comma 6-bis 1, d.P.R. cit., «Gli importi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 6-bis sono aumentati della metà ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell'articolo 136 del c.p.a. di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale nel ricorso. L'onere relativo al pagamento dei suddetti contributi è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio. Ai fini predetti, la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza. Ai fini del presente comma, per ricorsi si intendono quello principale, quello incidentale e i motivi aggiunti che introducono domande nuove. 7. Per gli atti di parte redatti con modalità telematiche dopo il 1° gennaio 2017, quanto alla procura si deve tener conto di quanto stabilito dall'art. 83 c.p.c. in combinato disposto con l'art.8 ALL.1 del d.P.C.S 28 luglio 2021. 8. In caso di proposizione del ricorso nell'interesse di una persona giuridica, si dovrà indicare la denominazione della società, la sede legale, l'eventuale iscrizione al registro delle imprese, la partita IVA, il codice fiscale, con l'indicazione del rappresentante legale per mezzo del quale la società sta in giudizio. 9. In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., fax, etc...). 10. L'indicazione del codice fiscale dell'avvocato è prevista, oltre che dall'art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011 conv. con modif. nella legge 111/2011, dall'art. 125, comma 1, c.p.c., come modificato dall'art. 4, comma 8, d.l. n. 193/2009 conv. con modif. nella l.n. 24/2010; con riferimento specifico al processo amministrativo, sebbene l'art.40 c.p.a., lett.a), faccia riferimento generico agli “elementi identificativi” del ricorrente, del suo difensore e delle parti, tale indicazione è imposta dall'art. 13, comma 6 bis, d.P.R. 115/2002. Per i ricorsi incardinati dopo l'avvio del PAT, l'indicazione del CF del difensore e della parte, oltre che dell'indirizzo PEC e Fax, è comunque richiesta anche nella compilazione dei campi del Modulo deposito. 11. Ai sensi dell'art. 136 c.p.a. “I difensori indicano nel ricorso o nel primo atto difensivo un recapito di fax, che può essere anche diverso da quello del domiciliatario. La comunicazione a mezzo fax è eseguita esclusivamente qualora sia impossibile effettuare la comunicazione all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi, per mancato funzionamento del sistema informatico della giustizia amministrativa. È onere dei difensori comunicare alla segreteria e alle parti costituite ogni variazione del recapito di fax o di indirizzo di posta elettronica certificata. Ai fini dell'efficacia delle comunicazioni di segreteria è sufficiente che vada a buon fine una sola delle comunicazioni effettuate a ciascun avvocato componente il collegio difensivo”. 12. L'indicazione del numero di fax dell'avvocato, per quanto riguarda il processo amministrativo, è prevista dall'art. 136, comma 1 c.p.a. e dall'art. 13, comma 6 bis, d.P.R. 115/2002. Ai sensi dell'art. 13, comma 6-bis 1, d.P.R. cit. «Gli importi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 6-bis sono aumentati della metà ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell'articolo 136 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, ovvero qualora la parte ometta di indicare il codice fiscale nel ricorso. L'onere relativo al pagamento dei suddetti contributi è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio. Ai fini predetti, la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza. Ai fini del presente comma, peModificar ricorsi si intendono quello principale, quello incidentale e i motivi aggiunti che introducono domande nuove.». 13. Per quanto riguarda gli atti di parte redatti con modalità telematiche dopo il 1 gennaio 2017, ai fini della procura si deve tener conto di quanto stabilito dall'art. 83 c.p.c. in combinato disposto con l'art. 8 All.1d.P.C.S. 28 luglio 2021 14. Va indicato di quale atto di parte o documento si tratti. L'istanza di dispensa dal deposito dalle modalità telematiche potrebbe riguardare lo stesso ricorso introduttivo del giudizio, oltre che i successivi atti e documenti di parte. Nel primo caso, se l'istanza mira a sottrarre la formazione del fascicolo alle modalità telematiche, che consentono l'accesso quantomeno alle relative informazioni a eventuali soggetti estranei al giudizio (ad esempio, per effetto della c.d. “istanza di visibilità” che può essere esercitata dai difensori di procura ad litem e/o procura sostanziale, a prescindere dalla costituzione in giudizio; oppure per effetto della possibilità concessa a tutti i difensori di avere accesso alle informazioni essenziali relative al ricorso entro i primi 60 giorni dal deposito), l'istanza dovrà essere cartacea. In tal caso, qualora il Giudice consenta l'autorizzazione, tutto il fascicolo sarà formato in modalità cartacea. L'istanza può anche riguardare un singolo atto/ documento relativo ad un fascicolo informatico: anche in tal caso, poiché l'istanza già contiene informazioni rilevanti, è opportuno che si tratti di istanza cartacea. 15. Ai sensi del decreto del Segretario generale della Giustizia amministrativa del 23 dicembre 2016, n. 154: 1) la dimensione del singolo file inviato a mezzo PEC non può superare i 10 MB, fermo restando il limite complessivo dei 30 MB per singola PEC e fatta salva la possibilità di depositi frazionati; 2) la dimensione del singolo file caricato mediante upload al sito istituzionale della Giustizia Amministrativa non può superare i 30 MB; 3) la dimensione complessiva dei file depositati mediante un caricamento in upload al sito istituzionale della Giustizia Amministrativa non può superare i 50 MB, fermo restando la possibilità di depositi frazionati. I file di dimensioni superiori ai 30 MB, non frazionabili, possono essere acquisiti direttamente dalle Segreterie degli organi giurisdizionali, nel rispetto delle Regole e Specifiche tecniche, fatta salva la possibilità, in casi eccezionali, di autorizzazione al deposito cartaceo, ai sensi del citato art. 13, comma 1, delle Norme di attuazione del c.p.a. (FAQn.11). 16. In realtà, la formulazione della norma avrebbe dovuto fare riferimento non alla “impossibilità” di procedere al frazionamento, ma alla sua inopportunità a fini processuali. A bene vedere, quasi qualsiasi atto (quantomeno quelli divisi in pagine) ma ciò ne renderebbe assai disagevole la lettura (si pensi ad un documento che giunge nel fascicolo processuale “frazionato” per singole pagine). La ratio dell'art.13, comma 1 bis, all.2, dip.att. c.p.a. – che stabilisce che al fine di garantire la tenuta del sistema e la perfetta ricezione dei depositi, il Segretario generale della giustizia amministrativa può stabilire, con proprio decreto, i limiti delle dimensioni del singolo file allegato al modulo di deposito effettuato mediante PEC o upload- è infatti unicamente quella di scongiurare da un lato rischi di malfunzionamento del sistema informativo, dall'altro l'impossibilità tecnica di scaricare, aprire o visualizzare il singolo file le cui dimensioni non sono supportate dal sistema. La ratio di questa norma è quindi totalmente diversa rispetto a quella di cui all'art.13 ter, all.2, disp.att. c.p.a. che attribuisce al Presidente del Consiglio di Stato il potere di adottare, con proprio decreto, criteri volti a disciplinare il principio di sinteticità degli atti. Nel caso in esame, infatti, il limite riguarda esclusivamente le dimensioni del singolo file allegato al Modulo di Deposito effettuato mediante PEC o upload e la stessa norma in commento lascia intendere che, in caso di dimensioni del singolo file eccedenti il limite prescritto, possa procedersi con “più invii dello stesso scritto difensivo o documento”. La formulazione della norma, piuttosto infelice, sta in realtà a significare che l'invio del medesimo atto o documento possa essere frazionato mediante più file (ad es: da pag.1 a 30, da 31 a 50; da 51 a 70 e così via). A detta norma primaria non corrisponde, tuttavia, alcuna disposizione deld.P.C.S. 28 luglio 2021 che specifichi le concrete modalità in cui il frazionamento debba essere effettuato. L'art.9, comma 5, All. 1, d.P.C.S. 28 luglio 2021 disciplina infatti una differente ipotesi di “frazionamento” dello scritto difensivo o documento, che presuppone che il messaggio pec del mittente ecceda (non i limiti dimensionali stabiliti con decreto del Segretario Generale, ma) la dimensione massima gestibile dalla casella del mittente. In tal caso, l'art.7, comma 9, All. 1, d.P.C.S. 28 luglio 2021 disciplina le modalità del frazionamento con la seguente modalità: nel primo modulo inviato, deve essere inserito l'indice di tutti i documenti in corso di deposito, mentre nei successivi invii deve farsi riferimento al primo modulo inviato. Al fine di evitare il “frazionamento” - che potrebbe rendere oltremodo difficoltosa non soltanto la lettura dei documenti di causa, ma soprattutto la riconduzione ad unità di più file riguardanti il medesimo atto processuale - l'art.7 comma 10, All. 1, d.P.C.S. 28 luglio 2021 esplicita che qualora il deposito del ricorso introduttivo sia effettuato a mezzo PEC è comunque consentito, nei casi di cui all'articolo 6, comma 8, All. 1, d.P.C.S. 28 luglio 2021, il deposito dei relativi allegati nonché degli atti successivi al primo anche tramite upload. In via interpretativa, può allora ritenersi che anche nel caso di frazionamento per superamento dei limiti fissati con decreto del S.G., le concrete modalità con cui operare siano le medesime indicate per effettuare il frazionamento del deposito qualora i file da depositare eccedano la dimensione massima gestibile dalla casella PEC del mittente. In ogni caso, né la norma primaria né quella regolamentare indicano quali siano le conseguenze del mancato rispetto dei limiti di peso richiesti, se cioè si tratti di mere conseguenze tecniche (ad esempio, il deposito non viene accettato) o giuridiche (ad esempio, al superamento dei limiti di peso dei file consegua l'inammissibilità del ricorso), fatta salva naturalmente la possibilità di ipotizzare la responsabilità civile ex art.2043 c.c. qualora dal deposito irregolare derivi il danneggiamento del sistema informativo. 17. Si evidenzia che comunque il frazionamento di un atto o di un documento in più invii di PEC ne renderebbe assai disagevole la lettura. 18. La differenza non è di poco conto per gli avvocati “fuori sede”, in quanto il caricamento descritto nella FAQ n.11 rende necessaria la presenza nella sede dell'ufficio giudiziario, che è proprio ciò che il PAT intendeva scongiurare. 19. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'All. 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, d.l. 31 agosto 2016, n. 168, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. 20. Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), l'atto di parte sottoscritto dal difensore, deve essere redatto in forma di PDF nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dal d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il Modulo deposito Atto). CommentoGli art. 136, comma 2 e 2 bis[1], del c.p.a. sanciscono, con riferimento ai ricorsi depositati dal 1° gennaio 2017, l'obbligo di sottoscrizione con firma digitale e, conseguentemente, del deposito con modalità telematiche di tutti gli atti processuali di parte [2]. Dal 1° gennaio 2018, la sottoscrizione con firma digitale sarà estesa a qualsiasi atto di parte depositato in giudizio successivamente a tale data, pur se relativo a ricorsi incardinati in data antecedente al 1° gennaio 2017 (art. 7, comma 3, l. n. 197/2016). Tale obbligo, seppure non esplicitato dalla legge, si evince dalla sostituzione della locuzione “possono” - inserita nell'originaria formulazione dell'art.136, comma 2 bis, c.p.a dal d.lgs. n. 160/2012 (c.d. “secondo correttivo” al Codice) con decorrenza dal 3 ottobre 2012 - con il categorico “sono”, con decorrenza dal 1° gennaio 2017. Con l'art.136, comma 2 bis, c.p.a. il legislatore ha così introdotto anche nel processo amministrativo il concetto di “atto processuale informatico” [3], estendendo alla funzione giurisdizionale l'utilizzo di strumenti e categorie previsti, per l'attività della pubblica amministrazione, dal d.lgs. n. 82/2005 e s.m.i. (CAD). Si tratta di una regola che, ad avviso della giurisprudenza prevalente, costituisce presupposto “inderogabile” del PAT, che richiede la sottoscrizione e il deposito esclusivamente con le modalità telematiche disciplinate neld.P.C.S. 28 luglio 2021. Tali modalità attengono tanto alla tipologia di firma digitale, quanto ai “formati” utilizzabili quanto alle stesse modalità di deposito - che il d.P.C.S. 28 luglio 2021, individua nella PEC e, solo in casi del tutto residuali, nell'upload – che, ove non rispettate, possono dare luogo a conseguenze processuali [4]. Il nuovo art.13, comma 1, all.2, disp.att. c.p.a, come modificato dalla l. n.197/2016, prevede che in casi eccezionali e se non è possibile effettuare più invii dello stesso scritto difensivo o documento, il presidente del tribunale o del Consiglio di Stato, il presidente della sezione se il ricorso è già incardinato o il collegio se la questione sorge in udienza possono autorizzare il deposito cartaceo. Si tratta di una ulteriore deroga al deposito degli atti e dei documenti di causa con modalità telematiche, rispetto a quelle già descritte sia nell'art.136, comma 2, c.p.a., come modificato dalla l. n. 197/2016[5], sia da quelle contemplate dal d.P.C.S. 28 luglio 2021, al quale lo stesso art.136, comma 2, c.p.a. rinvia [6]. La formulazione della disposizione è in realtà piuttosto contorta: a fronte della locuzione “e”, il legislatore sembrerebbe consentire la possibilità di richiedere l'autorizzazione al deposito cartaceo ex art.13, comma 1, all.2 disp.att. c.p.a. solo a fronte della ricorrenza della ricorrenza di un duplice presupposto: una situazione di “eccezionalità” (non meglio precisata); l'impossibilità di effettuare “più 'invii” dello stesso scritto difensivo o documento”. La possibilità di effettuare “più invii” a mezzo PEC dello stesso scritto difensivo o documento è espressamente contemplata, nell'art.9, comma 5, d.P.C.S. 28 luglio 2021, che prevede che quando il messaggio di posta elettronica certificata eccede la dimensione massima gestibile dalla casella del mittente, il deposito degli atti o dei documenti può essere eseguito mediante l'invio di più messaggi di posta elettronica certificata (PEC). Tale possibilità, a seguito delle modifiche intervenute con la l. n.197/2016, deve tenere conto della impossibilità di effettuare “più invii” (c.d. frazionamento) quando il messaggio di PEC supera i limiti di peso stabiliti con il decreto del Segretario Generale della G.A. di cui all'art.13, comma 1 bis, All.2, n.t.a., c.p.a. In tale ipotesi, tuttavia, secondo la FAQ n.11 pubblicata sul sito istituzionale della G.A. i file di dimensioni superiori ai 30 MB, non frazionabili “possono essere acquisiti direttamente dalle Segreterie degli organi giurisdizionali, nel rispetto delle Regole e Specifiche tecniche, fatta salva la possibilità, in casi eccezionali, di autorizzazione al deposito cartaceo, ai sensi del citato art. 13, comma 1, delle Norme di attuazione del c.p.a.”. In realtà, le regole e specifiche tecniche della G.A. non contengono alcuna norma volta a disciplinare caricamento diretto dei file del difensore da parte della segreteria: è bene fare attenzione, infatti, alla circostanza che anche in tal caso il caricamento, corrispondendo ad un deposito con modalità telematiche, non può sfuggire alle ordinarie regole del deposito, sia per quanto attiene alla identificazione del soggetto depositante che alle informazioni che ai sensi del d.P.C.S., devono essere fornite in sede di deposito attraverso la compilazione del Modulo. L'art. 13, comma 1, all.2, disp. att. c.p.a., non fa invece alcun riferimento all'ulteriore requisito che, ai sensi del d.P.C.S., consente alle parti, in via del tutto eccezionale, di richiedere l'autorizzazione ad effettuare il deposito cartaceo, ovvero l'impossibilità di effettuare il deposito dell'atto o del documento, per il quale non possa effettuarsi il frazionamento, attraverso caricamento diretto con upload. L'art.6, comma 8, All. 1, al d.P.C.S. 28 luglio 2021 – che non è stato abrogato - prevede che nel caso in cui non sia possibile, per comprovate ragioni tecniche, il deposito con PEC o nel caso in cui la dimensione del documento da depositare superi i 30 MB, è consentito il caricamento diretto attraverso il Sito Istituzionale (upload), secondo le modalità indicate dall'art. 8 delle stesse specifiche. Quanto al difensore, il caricamento diretto avviene mediante collegamento al Sito Istituzionale, nell'apposita sezione presente nel Portale dell'Avvocato, utilizzando la funzione «deposito ricorso» o «deposito atti» e seguendo le istruzioni ivi riportate. L'avvocato deve indicare la ragione che non ha consentito il deposito mediante pec e digitare il codice identificativo del messaggio di mancato deposito. Ad avvenuto completamento della procedura l'avvocato invia il ricorso o gli altri atti processuali, utilizzando l'apposita funzione presente nel Sito Istituzionale. Il S.I.G.A. genera un messaggio, immediatamente visualizzabile, di ricezione. Ai fini del rispetto dei termini processuali, il deposito con upload si considera effettuato nel momento in cui il S.I.G.A. ha registrato l'invio del ricorso o degli altri atti processuali. In considerazione della ratio sottesa al processo telematico e del favor per la modalità telematica, deve privilegiarsi l'interpretazione per cui l'autorizzazione al deposito con modalità cartacee possa essere concessa, anche con riferimento a tale ipotesi, solo nel caso eccezionale in cui non possa procedersi al deposito neppure con upload. In proposito - a prescindere da ogni considerazione sul rapporto tra fonti di grado diverso- va evidenziato un disallineamento tra il d.P.C.S. 28 luglio 2021, che ammette il caricamento con upload in ogni caso in cui il file da depositare superi i 30 MB, e quanto, invece, stabilito dal Segretario generale della Giustizia amministrativa con decreto n.154/2016 secondo cui la dimensione del singolo file caricato mediante upload al sito istituzionale della Giustizia Amministrativa non può superare i 30 MB e la dimensione complessiva dei file depositati mediante un caricamento in upload al sito istituzionale della Giustizia Amministrativa non può superare i 50 MB, fermo restando la possibilità di depositi frazionati. Per effetto di tale decreto, nella sostanza, la possibilità di ricorrere al deposito mediante upload viene ad essere depotenziata all'unica ipotesi dell'impossibilità tecnica di procedere al deposito mediante pec, purché il singolo file non superi i 30 MB. Attenzione: l'istanza di autorizzazione al deposito cartaceo presuppone il rispetto dei termini processuali. Inoltre, ove si tratti di istanza da depositare nell'ambito di un fascicolo informatico già esistente, deve essere depositata con modalità informatiche. 1. T.A.R. Napoli, sez. II, n.1053/2017 ritiene che l'art.136, comma 2 bis, c.p.a., nello stabilire che tutti gli atti delle parti, salvo specifiche eccezioni, sono sottoscritti con firma digitale, e non più che gli stessi «possono essere sottoscritti con firma digitale» (come nel testo anteriore al d.l. n. 168/2016, convertito in l. n. 197/2016) contenga un'espressa disposizione sulla forma degli atti. La prescrizione dell'art. 40 c.p.a. in base al quale il ricorso deve contenere la sottoscrizione del ricorrente, se sta in giudizio personalmente, o del difensore munito di procura speciale, deve quindi intendersi riferita alla sottoscrizione mediante firma digitale. Nello stesso senso andrebbe interpretato l'art. 44, comma 1 lett. a), c.p.a., per il quale il ricorso è nullo se manca la sottoscrizione. 2. Analogo obbligo è previsto per la sottoscrizione e il deposito dei provvedimenti del giudice, agli atti dei suoi ausiliari e del personale degli uffici giudiziari. 3. In realtà l'unica tipologia di documento informatico nativo digitale rilevante ai fini PAT, per espresso richiamo della disposizione in argomento, è quello di cui all'art.21, comma 2, d.lgs. n.82/2005, cioè il documento informatico sottoscritto con firma digitale. Non è invece contemplata, allo stato, la possibilità di utilizzare - a fini processuali - sia documenti informatici sottoscritti con firma c.d. “semplice”, sia documenti sottoscritti con firma elettronica avanzata o qualificata. Secondo quanto specificamente previsto dalle regole tecniche del processo amministrativo dettate dal d.P.C.S., l'atto processuale in forma di documento informatico è costituito da un atto redatto in formato PDF sottoscritto con firma PAdES-BES, utilizzando l'algoritmo SHA - 256. In tal modo, sarà possibile apporre una firma digitale valida secondo le disposizioni della Delibera CNIPA 45/2009. Ai fini della validità giuridica della firma inoltre deve trattarsi, come esplicitato dal richiamato d.P.C. di una firma corrispondente ai criteri di cui all'art.24 d.lgs. n. 82/2005, che a sua volta rinvia alle Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, qualificate e digitali, dettate dal d.P.C.M. 22 febbraio 2013. In particolare, per la generazione della firma digitale deve adoperarsi un certificato qualificato che, al momento della sottoscrizione, non risulti scaduto di validità ovvero non risulti revocato o sospeso, in quanto l'apposizione a un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma elettronica qualificata basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale a mancata sottoscrizione, salvo che lo stato di sospensione sia stato annullato. La revoca o la sospensione, comunque motivate, hanno effetto dal momento della pubblicazione, salvo che il revocante, o chi richiede la sospensione, non dimostri che essa era già a conoscenza di tutte le parti interessate. 4. Il mancato rispetto delle regole tecniche di cui al d.P.C.S. 28 luglio 2021, comporta conseguenze processuali che vanno dalla mera “irregolarità” del deposito, fino alla nullità dello stesso. In merito agli effetti del deposito degli atti processuali in un formato diverso da quello prescritto dal d.P.C.S. 28 luglio 2021, la giurisprudenza ha assunto posizioni contrastanti: secondo un primo orientamento, sposato tra gli altri dal TAR Catanzaro, sez. I, n.175/2017, il ricorso depositato in formato di copia digitale per immagini di un originale analogico (nel caso di specie sottoscritto con firma digitale), benché depositato in un formato differente da quello prescritto dalle norme di riferimento, non può essere dichiarato nullo in quanto comunque idoneo al raggiungimento dello scopo. Al contrario, TAR Catania, n.499/2017 e TAR Salerno, n. 213/2017 ritengono inammissibile il ricorso depositato esclusivamente nel formato di copia per immagine e privo della sottoscrizione digitale, nonché dell'attestazione di conformità. Il collegio siciliano, in particolare, non ha ravvisato neppure la sussistenza degli estremi per il riconoscimento dell'errore scusabile, non risultando, nel caso di specie, che la difformità rispetto al modello legale fosse attribuibile ad eventuali difficoltà operative connesse all'avvio del processo amministrativo telematico. Nello stesso senso TAR Napoli, n.1053/2017 e n.1694/2017; in particolare, secondo quest'ultima pronunzia, il comma 2-ter dell'art. 136, c.p.a., che ammette la possibilità di depositare con modalità telematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte, di un provvedimento del giudice o di un documento formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, previa asseverazione ai sensi dell'art. 22, comma 2, del d.lgs. n. 82/2005 (CAD), si applicherebbe soltanto al deposito di atti precedenti alla piena operatività del PAT legittimamente formati in analogico, ovvero qualora si intenda produrre un atto riferibile a distinti giudizi o copia di provvedimenti giurisdizionali ovvero, ancora, quando l'utilizzo della forma "analogica/cartacea" sia imposta o comunque consentita. 5. La norma, nel suo inciso, prevede che “in casi eccezionali” anche in considerazione della ricorrenza di particolari ragioni di riservatezza legate alla posizione delle parti o alla natura della controversia, il Giudice può dispensare gli attori processuali che ne facciano richiesta dall'impiego delle modalità di sottoscrizione con firma digitale e del deposito con modalità telematica 6. Si tratta delle ipotesi descritte dall'art.9, commi 8 e 9, d.P.C.S. 28 luglio 2021, in cui l'esclusione dall'impiego delle modalità telematiche è connesso alla sussistenza di “particolari ragioni tecniche” che rendano impossibile il deposito telematico. |