Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (artt. 8,9, d.P.R. n. 1199/1971)

Roberto Chieppa

Inquadramento

Tradizionalmente inquadrato tra i rimedi amministrativi azionabili avverso un provvedimento illegittimo, il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica si distingue per le seguenti caratteristiche:

– il carattere generale, applicabile a tutti i provvedimenti amministrativi divenuti definitivi (ad eccezione di quelli per cui la legge espressamente lo esclude, come ad esempio il contenzioso in materia di appalti);

– il controllo di legittimità esercitato sull'atto impugnato;

– la natura giurisdizionale del rimedio, come consacrata da vari sviluppi normativi e giurisdizionali, come quelli relativi alla possibilità di sollevare questione di legittimità costituzionale, la forza vincolante del parere del Consiglio di Stato, la possibilità di ricorrere al giudizio di ottemperanza per eseguire il decreto decisorio, nonché la ricorribilità in Cassazione per motivi di giurisdizione.

Il ricorso straordinario è un rimedio generale oggi esperibile unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa (art. 7, comma 8, c.p.a.) a tutela sia di interessi legittimi che di diritti soggettivi.

Il rimedio offre alcuni vantaggi rispetto al ricorso giurisdizionale, quali, in particolare, forme più agevoli per la sua proposizione (non richiedendosi il patrocinio di un avvocato) e la disponibilità di un termine più ampio per l'impugnativa (pari a 120 giorni), pur sempre decadenziale.

Una volta attivato il rimedio, le amministrazioni resistenti o i controinteressati possono chiedere la sua trasposizione in sede giurisdizionale (v. formule “Opposizione del controinteressato alla decisione in sede amministrativa del ricorso straordinario” e “Atto di costituzione in giudizio del ricorrente a seguito della trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario”).

Formula

AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

RICORSO STRAORDINARIO

Nell'interesse di

- [PERSONA FISICA], nato/a a .... il .... (C.F. ....), residente in ...., via/piazza .... n. ...., elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ...., [eventuale: presso lo studio dell'Avv. [1] ...., C.F. ...., PEC: ...., fax .... [2], che lo/la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti .... [3] .]

- [PERSONA GIURIDICA] [4], con sede legale in ...., via/piazza ...., n. ...., iscritta nel registro delle imprese di ...., n. ...., P.I. ...., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato/a in ...., via/piazza ...., n. ....,[eventuale: presso lo studio dell'Avv. ...., C.F. ...., PEC: ...., fax .... [5], che la rappresenta e difende in forza di procura speciale alle liti .... [6] ]

- ricorrente -

CONTRO

- [AMMINISTRAZIONE/ENTE/AUTORITÀ] [7], in persona del legale rappresentante pro tempore,

- resistente -

E NEI CONFRONTI DI

- Sig./Sig.ra .... residente in ...., via/piazza .... n. .... [8]

- controinteressato -

PER L'ANNULLAMENTO [9]

- del provvedimento ...., prot. n. ...., notificato in data .... [10], avente ad oggetto .... [11] ;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi espressamente incluso .... [12] .

FATTO

[descrivere in maniera sintetica le vicende fattuali che hanno condotto alla presentazione del ricorso, con particolare riferimento al provvedimento di cui si chiede l'annullamento, al procedimento che lo ha preceduto e a ogni altro elemento di fatto utile]

1. Il ricorrente è .... [indicare chi è il ricorrente quale è l'attività svolta, anche in relazione alla attività provvedimentale censurata]

2. In data [ ....], l'amministrazione adottava l'atto indicato in epigrafe, con cui

[ ....]

3. A seguito di tale atto, l'odierno ricorrente

[ ....]

4. Il provvedimento indicato in epigrafe è illegittimo per i seguenti motivi di

DIRITTO

[indicare i motivi per quali si ritiene illegittimo l'impugnato provvedimento, indicando nella loro descrizione una o più delle seguenti tipologie di vizi: incompetenza dell'autorità o organo che ha emanato l'atto, violazione di legge (con indicazione degli articoli della Costituzione, di legge o di altra normativa che si assume violata), eccesso di potere (indicando ove ricorra una delle figure sintomatiche, quali ad esempio: irragionevolezza, illogicità o contraddittorietà dell'atto, travisamento o erronea valutazione dei fatti, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria, difetto di motivazione)]

I. Violazione e falsa applicazione di legge [indicare la norma e/o i principi violati, anche di diritto europeo]/Carenza di potere

Il provvedimento si palesa illegittimo e meritevole di annullamento in quanto assunto in violazione del ...., in quanto .... [rilevano al riguardo, non solo le norme attributive del potere, ma anche quelle che ne disciplinano l'esercizio; in caso di provvedimento attuativo di norma regolamentare, le censure potranno essere fatte valere anche nei riguardi della norma presupposta, della quale se ne chiederà la disapplicazioni o l'annullamento]

II. Eccesso di potere; violazione del principio di proporzionalità; irragionevolezza; manifesta illogicità

Inoltre, il provvedimento contrasta con i principi di ragionevolezza e proporzionalità, in quanto .... Il provvedimento è altresì irragionevole e affetto da illogicità manifesta, poiché .....

III. Difetto di istruttoria; travisamento dei fatti

Il provvedimento non tiene in considerazione decisive circostanze di fatto, in relazione alle quali non ha svolto una adeguata indagine istruttoria, in quanto ..... Tali circostanze, se correttamente valutate, avrebbero dovuto portare l'amministrazione a .....

IV. Difetto di motivazione

Il provvedimento è privo di motivazione, non fornendo elementi idonei a rappresentare le ragioni di fatto e di diritto alla base della determinazione. Infatti ....

V. Istanza di remissione alla Corte di Giustizia/Corte Costituzionale

[indicare eventuali istanze di remissione in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea o di legittimità costituzionale] [13]

VI. Istanze istruttorie

[indicare eventuali istanze istruttorie]

VII. Istanza cautelare

[richiedere eventuali misure cautelari, allegando la sussistenza dei relativi presuppostiti e, in particolare, un pericolo di un danno grave e irreparabile conseguente al provvedimento impugnato; v. Formula “Ricorso con contestuale istanza cautelare”]

P.Q.M.

Si chiede, respinta ogni contraria istanza, di disporre l'annullamento del provvedimento impugnato, come indicato in epigrafe, nonché di ogni altro atto antecedente, conseguente e comunque connesso.

Con riserva di dedurre ulteriormente nel corso di causa e di proporre eventualmente motivi aggiunti di ricorso, a seguito delle controdeduzioni e del deposito dell'amministrazione della relazione istruttoria, che sin da subito si chiede che codesta amministrazione voglia fornire, con assegnazione di termine per replicare [14] .

Si producono i seguenti documenti:

1) [copia del provvedimento impugnato ove disponibile]

2) [copia di eventuali atti antecedenti, conseguenti e connessi]

3) [ ....] [15]

Ai sensi dell'art. 13, comma 6-bis, lett. e), d.P.R. n. 115/2002 («Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia»), si dichiara che ai fini del presente procedimento, il contributo unificato, già versato, si applica nella misura determinata pari all'importo di Euro [650] [16] [V. Formula “Dichiarazione ai fini del contributo unificato”]

Luogo e data ....

Firma Parte/Avv. ....

PROCURA [17]

[V. formula “Procura speciale alle liti rilasciata a singolo avvocato” e formule correlate]

RELATA DI NOTIFICA

[V. formula “Relata di notifica a persona fisica” e formule correlate]

[1]La difesa tecnica tramite avvocato non è necessaria. In caso di procura rilasciata a più difensori, si dovrà indicare per ciascuno di essi i dati indicati (C.F., fax, etc.).

[2]Ai sensi dell'art. 13, comma 6-bis, d.P.R. n. 115/2002, applicabile anche al caso del ricorso straordinario, ai sensi di quest'ultima norma, gli importi dovuti a titolo di contributo unificato “sono aumentati della metà ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell'art. 136 [c.p.a.]».

[3]La procura, ove necessaria, può essere apposta in calce o a margine dell'atto o, comunque, nelle forme stabilite dall'art. 83 c.p.c.

[4]In caso di proposizione del ricorso nell'interesse di una persona giuridica, si dovrà indicare la denominazione della società, la sede legale, l'eventuale iscrizione al registro delle imprese, la partita IVA, il codice fiscale, con l'indicazione del rappresentante legale per mezzo del quale la società sta in giudizio.

[5]Vedi nt. 2.

[6]Vedi nt. 3.

[7]A titolo esemplificativo, nel caso di Ministero, il ricorso sarà proposto contro il Ministero “in persona del Ministro in carica”; in caso di Comune, “in persona del Sindaco in carica”, in caso di un'autorità indipendente o altro ente pubblico o concessionario di pubblici servizi, “in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore”.

[8]Ai sensi dell'art. 41, comma 2, c.p.a., il ricorso va notificato ad almeno uno dei controinteressati individuati nell'atto stesso.

[9]Nel caso di silenzio-rifiuto dell'amministrazione, è possibile proporre il rimedio in commento al fine di chiederne la declaratoria di illegittimità del silenzio tenuto dalla amministrazione.

[10]Indicare il numero e la data del provvedimento. In caso di mancata notifica o comunicazione, indicare il momento in cui lo stesso è stato conosciuto.

[11]È utile indicare altresì una breve descrizione dell'oggetto e del contenuto del provvedimento.

[12]Indicare eventuali atti prodromici, preparatori o consequenziali di cui si chiede l'annullamento.

[13]Con la sentenza della Corte di Giustizia CE 16 ottobre 1997, Garofalo e aa. c. Ministero della Sanità, cause da C-69/96 a C-79/96 (Racc. 1997, I-5603), si è riconosciuto che il Consiglio di Stato, quando emette un parere nell'ambito di un ricorso straordinario, è “una giurisdizione” ai sensi dell'art. 234 del Trattato istitutivo della Comunità europea. A livello legislativo, l'art. 69 della l. n. 69/2009 ha testualmente previsto, novellando l'art. 13 d.P.R. n. 1199/1971, che “[s]e ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende l'espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 23 e ss. della l. n. 87/1953, nonché la notifica del provvedimento ai soggetti ivi indicati”.

[14]Qualora l'interessato abbia fatto espressa riserva di presentare motivi aggiunti “a seguito delle controdeduzioni e del deposito da parte dell'Amministrazione degli atti del procedimento”, e in sede di adozione del parere emerga che la relazione istruttoria in epigrafe, e gli atti ad essa allegati, non sono stati trasmessi al ricorrente, il Consiglio di Stato potrà sospendere la decisione e invitare - ai fini del rispetto del principio del contraddittorio - il Ministero riferente a trasmettere al ricorrente la relazione istruttoria con assegnazione al medesimo di un congruo termine per il deposito di eventuali memorie (Cons. St. II, n. 2421/2017).

[15]Copia di eventuale altra documentazione utile alla comprensione del contesto fattuale e/o alle ragioni del ricorso.

[16]Tale contributo è dovuto anche nel caso di rinuncia al ricorso, così come previsto dal parere n. 4281/2011 del Consiglio di Stato (v. al riguardo le istruzioni operative adottate con circolare n. 9 del 27 marzo 2013, con cui il Ministero dell'Interno ha dato alcune indicazioni operative agli uffici competenti a ricevere il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica). V. anche il decreto 27 giugno 2017 del Ministero economia e finanze “Modalità di versamento del contributo unificato per i ricorsi promossi dinanzi al giudice amministrativo, per i ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica e per i ricorsi straordinari al Presidente della Regione siciliana”, il cui art. 2 prevede che la modalità di versamento obbligatoriamente telematico del contributo unificato dovrà essere osservata non solo per i ricorsi amministrativi da proporre dinanzi ai T.A.R. e al Consiglio di Stato ma anche per la proposizione di ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica. Per il contributo dovuto o per i casi di esenzione nel contenzioso relativo al pubblico impiego vedi gli artt. 10, comma 6; 13, comma 3 e 6-bis e 9, comma 1-bis del d.P.R. n. 115/2002.

[17]Eventuale, nel caso di ricorso presentato a mezzo di procuratore ad litem.

Commento

Il ricorso straordinario rappresenta un rimedio di tipo alternativo al ricorso giurisdizionale, sottoposto anch'esso a termini decadenziali e a determinati oneri procedurali, che consente al privato di ottenere una tutela di tipo costitutivo-annullatoria. Quindi, se da un lato presenta taluni vantaggi rispetto al ricorso giurisdizionale, dall'altro soffre di particolari limitazioni che ne ridimensionano le possibilità di utilizzo, avuto riguardo in particolare alle materie escluse, agli atti impugnabili e alla forma di tutela esperibile.

Nel corso del tempo si è assistito alla progressiva giurisdizionalizzazione del rimedio.

Assumono rilievo, in particolare, l'art. 69 della l. n. 69/2009 e l'art. 7, comma 8, c.p.a.. Il primo ha riconosciuto espressamente la possibilità al Consiglio di Stato in sede di parere di sollevare la questione di legittimità costituzionale e ha reso il parere del Consiglio di Stato vincolante, eliminando la possibilità, originariamente contemplata, che il Ministero ratione materiae competente, nel formulare la proposta di decreto presidenziale, si discosti dal parere espresso dal Consiglio di Stato previa sottoposizione della sua proposta al Consiglio dei Ministri. La seconda norma citata ha, dal canto suo, stabilito che il ricorso straordinario è ammissibile unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa. La natura vincolante assegnata al parere, la paternità effettiva della decisione è ora da ricondurre all'apporto consultivo del Consiglio di Stato connotato dal carattere giurisdizionale e, pertanto, il provvedimento finale è meramente dichiarativo di un giudizio formulato da un organo giurisdizionale in modo compiuto e definitivo. Inoltre, con la rimozione della possibilità che il ricorso straordinario sia proposto in materie estranee alla giurisdizione amministrativa, la ‘giurisdizione' è diventata il presupposto generale di ammissibilità del ricorso straordinario, non diversamente da quanto accade per il ricorso ordinario al giudice amministrativo. Ciò avvalora l'attrazione del ricorso straordinario nel sistema della giurisdizione amministrativa di cui costituirebbe forma speciale e semplificata di esplicazione (Chieppa-Giovagnoli, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2021, 1308).

Nonostante l'avvenuta soppressione “nazionale” del potere di discostarsi dal parere del Consiglio di Stato, tale potere è rimasto integro in sede di ricorso al Presidente della regione siciliana e, in ragione di tale diversità, è stata sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 comma 5, d.lgs. n. 373/2003 per contrasto con gli artt. 3,11,24,111,117, comma 1, 136 Cost., nella parte in cui consente al presidente della Regione Siciliana di potere decidere il ricorso straordinario discostandosi dal parere reso dal Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia. in sede consultiva, a differenza di ciò che oggi avviene per il ricorso straordinario al presidente della Repubblica, con riferimento al quale l'art. 69, l. n. 69/2009 ha abrogato la possibilità per il Consiglio dei ministri di decidere in maniera difforme dal parere del Consiglio di Stato (Cons. giust. amm. Reg. Sic., ord. n. 566/2022).

La tesi della giurisdizionalizzazione ha rilevanti ripercussioni pratiche, per quanto riguarda, in particolare l'ammissibilità del rimedio dell'ottemperanza (v. oltre). La giurisprudenza ha ammesso la possibilità di esperire il ricorso in ottemperanza anche per la decisione sul ricorso straordinario (alla luce anche dell'art. 112, comma 2, lett. b, c.p.a.) (cfr. Cass. S.U., n 18/ 2012 e Cons. St., Ad. plen., n. 7/2013). Inoltre, si è riconosciuto al decreto che definisce il ricorso straordinario la valenza di decisione costituente esercizio della giurisdizione riferibile, nel contenuto recato dal parere vincolante, al Consiglio di Stato, sottoposta al sindacato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione per soli motivi inerenti alla giurisdizione exartt. 111, comma 8, Cost., 362, comma 1, c.p.c. e 110c.p.a. (Cass. S.U., n. 23464/2012).

La tesi circa l'avvenuta equiparazione del ricorso straordinario a un rimedio schiettamente giurisdizionale è stata ribadita dalla Corte Costituzionale che, con la sentenza 26 marzo 2014, n. 73, ha ritenuto infondato il dubbio di legittimità costituzionale, sotto il profilo del difetto di delega, dell'art. 7, comma 8, del codice del processo amministrativo, osservando che, per effetto di queste modifiche, “l'istituto ha perduto la propria connotazione puramente amministrativa e ha assunto la qualità di rimedio giustiziale amministrativo, con caratteristiche strutturali e funzionali in parte assimilabili a quelle tipiche del processo amministrativo”.

In dottrina permane chi sostiene la tesi della natura di provvedimento amministrativo, di carattere decisorio, scaturente da veri e propri procedimenti amministrativi di natura contenziosa, ribadendo, nonostante l'evoluzione normativa, che si tratta una forma sui generis di autotutela decisoria, rispetto alla quale si auspica l'incremento ulteriore delle garanzie difensive (Pignataro, Riflessioni sulla natura del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e sulle sue dirette implicazioni, in Federalismi, n. 24/2017, che auspica, per evitare problemi di costituzionalità, la conservazione dell'istituto nell'alveo della funzione amministrativa, ma in sintonia, il più possibile, con i dettami garantistici validi per il processo amministrativo).

Anche Cons. St. I, n. 925/2020 evidenzia che il ricorso straordinario, pur avendo perso la sua connotazione, tipicamente ed esclusivamente di rimedio amministrativo, non è totalmente equiparabile ai rimedi giurisdizionali.

È stato anche evidenziato che la sentenza n. 73/2014 della Corte costituzionale afferma che il ricorso straordinario consiste in un rimedio giustiziale amministrativo con caratteristiche in parte assimilabili a quelle tipiche del processo amministrativo di cui “ne ricalca solo alcuni tratti strutturali e funzionali” e ciò presuppone la non perfetta equiparabilità dei due strumenti escludendo la totale giurisdizionalizzazione del rimedio, anche perché l'applicazione automatica di tutte le regole del processo amministrativo farebbe diventare il rimedio un mero duplicato del ricorso giurisdizionale e, quindi, verrebbe meno proprio il suo carattere di semplicità e speditezza e quindi, forse, la sua stessa ragion d'essere (M.L. Torsello – C. Buglia, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, in sito Giustizia amministrativa, novembre 2021, i quali concludono, sostenendo che se si parte dall'ovvio presupposto che la giurisdizione è sempre di più una risorsa limitata, il ricorso straordinario – che trova fondamento nell'art. 100, comma 1, Cost. – costituisce uno strumento che può essere annoverato tra le c.d. ADR (alternative dispute resolution) poiché ha la funzione precipua di risolvere controversie in modo alternativo rispetto alla tutela giurisdizionale).

Materie escluse, regola della alternatività, atti impugnabili e azioni esperibili

Prima dell'entrata in vigore del Codice del processo amministrativo, la predicata tesi del ricorso straordinario come rimedio di carattere generale (Cons. St. Ad. gen., n. 72/1997) comportava non solo che la giurisdizione amministrativa non costituiva presupposto di ammissibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ma si riteneva (Cons. St. Ad. gen., n. 9/1999) essere quest'ultimo ammissibile anche a tutela di diritti soggettivi in materie estranee alla giurisdizione amministrativa e ricadenti nella giurisdizione del giudice ordinario e, di conseguenza, in questi casi non vi era alternatività con la tutela giurisdizionale, ma al contrario vi era possibile concorrenza.

È stata così risolta in radice la questione dell'ammissibilità del ricorso straordinario avverso gli atti “privatizzati” di gestione del pubblico impiego che, diversamente dagli atti di organizzazione a monte dell'Amministrazione, hanno ormai veste di diritto privato ai sensi del d.lgs. n. 29/1993 e, ora, del testo unico di cui al d.lgs. n. 165/2001. Sul tema l'Adunanza Generale del Consiglio di Stato, con parere n. 9/1999 poi ribadito dalle sezioni semplici, aveva ritenuto il ricorso straordinario ancora esperibile nelle materie di pubblico impiego privatizzato anche avverso gli atti di gestione del rapporto senza che vi ostasse il carattere oggettivamente privatistico degli atti di gestione del rapporto di lavoro. Restava ferma, tuttavia, la possibilità per il giudice ordinario di disapplicare l'eventuale decisione del ricorso e l'improcedibilità del ricorso stesso ove previamente si fosse formato il giudicato in sede civile.

In relazione alla preclusione introdotta dall'art. 7, comma 8, del d.lgs. n. 104/2010, l'Adunanza Generale del Consiglio di Stato (parere 22 febbraio 2011, n. 808) ha comunque precisato che essa ha contenuto innovativo e non interpretativo e quindi ad essa non può attribuirsi una valenza retroattiva. Pertanto, anche in applicazione del principio desumibile dall'art. 5 del codice di procedura civile – secondo cui la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente al momento della proposizione della domanda – l'Adunanza Generale conclude nel senso che sia possibile rendere un parere su di un ricorso straordinario in materia di pubblico impiego privatizzato, ove quest'ultimo sia stato notificato anteriormente alla data di entrata in vigore del nuovo codice; viceversa, per quelli proposti successivamente a tale data, si deve ritenere senz'altro applicabile l'art. 7, comma 8, c.p.a.

Rimossa, dall'art. 7, comma 8, c.p.a. (che ha superato indenne i dubbi di legittimità costituzionale: cfr. Corte cost. n. 73/2014), questa possibilità di ricorso straordinario in materie in cui il giudice amministrativo è privo di giurisdizione, ne è derivato un pieno e sistematico parallelismo tra ricorso straordinario e ricorso ordinario, anche se la simmetria non è proprio assoluta. Infatti, la giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. St. III, n. 4609/2010) ritiene una più ristretta esperibilità del ricorso straordinario, quanto al novero delle azioni esercitabili in quella sede, escludendo, in particolare laddove il ricorso giurisdizionale è sottoposto a riti speciali incompatibili, il procedimento di decisione del ricorso straordinario (Chieppa-Giovagnoli, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2021, 1310). In particolare, non è ammesso nelle materie devolute alla giurisdizione della sezione autonoma del TRGA di Bolzano (art. 7 d.P.R. n. 426/1984), nelle procedure di affidamento dei lavori pubblici (art. 120 c.p.a.), nel contenzioso elettorale (art. 128 c.p.a.) e per tutte le materie devolute alla giurisdizione del giudice ordinario (ex art. 7, comma 8), che include gli atti relativi al rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici contrattualizzati.

Inoltre, data la tipica natura impugnatori e i poteri di annullamento esercitabili, si esclude l'azionabilità del rimedio nel caso di azioni di risarcimento del danno (Cons. St. I, n. 2426/2017 e n. 1517/2017), azioni di condanna ad un facere specifico (art. 34, comma 1, lett. c), in materia di accesso (Cons. St. II, n. 3763/2014; Cons. St. I, n. 189/2000), nonché azioni dirette all'accertamento di diritti, proprie dei rimedi cognitori e non impugnatori, quale è il ricorso in esame (Cons. St. II, n. 2935/2014; in senso contrario, per cui non osta all'ammissibilità del rimedio l'azione di mero accertamento, v. Cons. gius. amm. Sicilia, n. 235/2016). Rappresenta un'eccezione la possibilità riconosciuta di impugnare il silenzio inadempimento (Cons. St., n. 512/2002).

Con riguardo al risarcimento, a fronte del prevalente indirizzo sopra riferito, si segnalano alcune pronunce che, al fine di assicurare una piena equiparazione tra lo strumento giustiziale e quello giurisdizionale, hanno ammesso anche azioni risarcitorie (Cons. St. II, n. 1036/2003). In tale direzione si segnala, l'importante pronuncia del Cons. gius. amm. Sicilia, n. 409/2008, secondo cui è ammissibile la domanda volta ad ottenere il risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi in sede di ricorso straordinario, trattandosi di rimedio volto ad assicurare tutela alle situazione giuridiche fatte valere, attese, da un lato, la sua fungibilità ed alternatività rispetto al ricorso giurisdizionale e dovendosi, dall'altro, ritenere espunta dall'ordinamento la tutela del c.d. doppio binario, caratterizzata dal previo annullamento del provvedimento illegittimo in sede giurisdizionale o straordinaria e dalla successiva richiesta risarcitoria in sede giurisdizionale.

In base all'art. 8 d.P.R. n. 1199/1971, il ricorso straordinario è proponibile solo avverso atti definitivi, per motivi di legittimità. Gli atti lesivi possono riguardare sia situazioni di interesse legittimo, sia di diritto soggettivo.

Si considerano definitivi gli atti amministrativi in relazione ai quali sono stati esauriti i rimedi interni. È pacifica l'impugnabilità del silenzio-rifiuto anche mediante lo strumento del ricorso straordinario, pur in assenza di uno specifico atto amministrativo di carattere definitivo. Si ritiene invece ammissibile nel caso di silenzio-rifiuto, ove il ricorrente può agire per la declaratoria della illegittimità del rifiuto (Cons. St. III, n. 1240/2010; Cons. St. II, n. 2979/1991; Cons. St. III, n. 502/2002).

All'interno del novero degli atti amministrativi impugnabili si includono anche quelli di autorità non statali, nonché quelli delle autorità indipendenti (Cons. St. I, n. 2779/2016). Si escludono invece gli atti che la legge riserva alla cognizione di una particolare giurisdizione, quale è quella tributaria (Cons. St. II, n. 3724/2011) ovvero della Corte dei Conti (Cons. St. I, n. 1173/2010; v. anche Cons. St. III, n. 2857/2003 con riferimento alla inammissibilità di un ricorso straordinario in materia di trattenuta per l'IRPEF di somme corrisposte dall'Amministrazione ad un dipendente, a titolo di interessi legali). Analogamente, si è esclusa l'impugnabilità delle decisioni del commissario ad acta, che esercita i suoi poteri sulla base di un atto di delega promanante dal giudice dell'ottemperanza, e non dall'Amministrazione (cfr. Cons. St. III, n. 1773/00, che lo considera come organo giurisdizionale, i cui atti sono impugnabili con il solo strumento del reclamo al giudice dell'ottemperanza).

Anche nel caso di atti regionali è ammissibile il rimedio in commento, salvo quanto previsto dall'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia che prevede che “i ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, saranno decisi dal Presidente della Regione sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato”. Con riferimento alla definizione di atto amministrativo regionale si intende che tale carattere debba essere inteso in senso oggettivo e soggettivo. È stato pertanto ammesso il ricorso al Presidente della Repubblica nel caso di atto regionale applicativo di norma nazionale (ricadente in materia statale; Cons. St. Ad. gen., n. 8/2002). In caso di errore nell'individuazione dell'organo adito con il ricorso, si ritiene applicabile la translatio iudicii, con assegnazione alla parte del termine per depositare nuovamente il ricorso presso l'organo competente (con salvezza degli effetti processuali e sostanziali prodottisi; v. Cons. gius. amm. Sicilia n. 1581/2011 e Cons. gius. amm. Sicilia n. 147/2013).

L'impugnabilità è esclusa in caso gli atti siano classificabili, anche da un punto di vista giuridico-costituzionale, quali atti politici (Cons. St. I, n. 576/00; Cons. St., n. 389/00). L'impugnabilità è esclusa altresì nei riguardi di atti c.d. paritetici, ossia assunti da un soggetto pubblico nell'ambito o in esecuzione di rapporti di diritto privato. Rientrano infatti nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria le controversie relative ai rapporti paritetici, nelle quali l'amministrazione concedente e il concessionario deducono situazioni di diritti ed obblighi che non comportano l'esercizio, da parte dell'amministrazione, di pubblici poteri autoritativi (cfr. Cons. St. II, n. 2935/2014; Cos. St. I, n. 1696/2013; ma vedi, in senso contrario, Cons. gius. amm. Sicilia n. 235/2016 che dichiara ammissibile il ricorso avverso un atto paritetico che, pur investendo diritti soggettivi, attiene a materie devolute alla giurisdizione esclusiva del g.a., nella specie, la determinazione di somme dovute a titolo di contributo di urbanizzazione).

Come già detto, l'art. 8 pone al comma 2 la regola della alternatività, per cui una volta instaurato il giudizio amministrativo non è più proponibile avverso il medesimo atto ricorso straordinario. Ciò anche al fine di evitare pronunce contrastanti sul medesimo oggetto da parte dello stesso organo giurisdizionale.

L'ambito di operatività della regola vale per quelle controversie dove è proponibile il ricorso straordinario e quindi non risulta applicabile nei casi in cui, come sopra visto, la materia è devoluta ad un giudice speciale. In questo senso, l'espressione “ricorso giurisdizionale” prevista dal citato articolo 8 deve ritenersi riferita esclusivamente al ricorso giurisdizionale dinanzi agli organi di giustizia amministrativa ordinaria (T.A.R. e Consiglio di Stato), e non certamente a qualsiasi altro tipo di azione dinanzi ad altre giurisdizioni (quali ad esempio, la Corte dei Conti) (Cons. St. II, n. 5387/2015 che nota come altrimenti si concreterebbe una violazione del diritto di difesa costituzionalmente garantito, in quanto precluderebbe all'interessato ogni tutela di situazioni soggettive relative al medesimo atto impugnato dinanzi al giudice amministrativo, ma non azionabili dinanzi a quest'ultimo, perché riservate ad altro giudice).

I presupposti perché la regola della alternatività sia applicabile sono quelli della identità della lite, ossia deve essere il medesimo soggetto ad azionare i due rimedi, nei riguardi del medesimo atto (identità oggettiva e soggettiva). Si è da ultimo precisato che l'identità deve essere valutata non solo in termini di medesima domanda o di impugnazione del medesimo atto, ma anche quando ci sia identità del bene della vita oggetto di rimedio (Cons. St. III, n. 4099/2014; T.A.R. Lazio III, n. 11180/2017). Si è ritenuta applicabile la regola anche nel caso di due impugnative rivolte dal medesimo soggetto avverso lo stesso atto, ancorché nei confronti di punti diversi di tale atto (Cons. St. IV, n. 5016/2004). Valorizzando la ratio del principio, ossia quella di evitare il rischio di due decisioni contrastanti sulla medesima controversia (ne bis in idem), si è precisato che trova applicazione, pertanto, non solo quando si tratta della medesima domanda o dell'impugnazione dello stesso atto, ovvero vi è identità del bene della vita oggetto del rimedio giustiziale esperito, ma anche nel caso di due impugnative rivolte dal medesimo soggetto avverso punti diversi dello stesso atto oppure quando si tratta di atti distinti, ma legati tra loro da un nesso di presupposizione; in sostanza la regola dell'alternatività tra il ricorso straordinario al Capo dello Stato e quello giurisdizionale deve sempre ritenersi operante nei casi nei quali le due diverse impugnative siano sostanzialmente caratterizzate dall'identità del contendere e della relativa ratio (così Cons. St. III, n. 4099/2014; Cons. St. V, n. 4375/2013; Cons. St. V, n. 1926/2011), e in generale quando in sede giurisdizionale siano proposte questioni già definite in sede di ricorso straordinario (Cons. St. IV, n. 4324/2012). Così si è esclusa la sindacabilità in sede giurisdizionale circa l'illegittimità della graduatoria, impugnata con ricorso straordinario ormai definito, nell'ambito del giudizio avverso l'atto di scorrimento di quella graduatoria, che in esse trova uno dei suoi presupposti (Cons. St. IV, 4353/2017).

È stato affermato che il principio di alternatività opera anche nel caso in cui, dopo l'impugnativa in sede giurisdizionale dell'atto presupposto, venga impugnato in sede straordinaria l'atto conseguente o nel caso inverso in cui l'atto presupposto è stato precedentemente impugnato in sede straordinaria (Cons. St. I, n. 2316/2017).

Ciò non avviene nel caso in cui siano soggetti diversi a impugnare nelle diverse sedi il medesimo atto, ovvero quando l'atto impugnato sia diverso, seppur attinente alla medesima vicenda. Al riguardo, si pone il caso della impugnazione degli atti presupposti e dei successivi atti applicativi (consequenziali o connessi). Le conclusioni cui giunge la giurisprudenza non sono unanimi. Secondo un indirizzo che pare condivisibile, in virtù della valenza eccezionale del principio della alternatività e del principio di effettività, non si deve penalizzare chi ha inteso avvalersi di entrambi i rimedi di tutela, per impugnare atti tra loro connessi dal legame caratterizzante l'atto presupposto e l'atto consequenziale (Cons. St. VI, n. 4650/2013; T.A.R. Lazio, II, n. 10782/2017 e T.A.R. Lazio, n. 12241/2015). Ne segue che la contemporanea pendenza dei due giudizi nelle differenti sedi giudiziarie non può portare né alla declaratoria di improcedibilità del ricorso proposto avverso l'atto presupposto in ragione del fatto che l'atto consequenziale è impugnato in altra sede, né alla declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto avverso l'atto consequenziale in ragione del fatto che l'atto presupposto è impugnato in altra sede.

In altra decisione, tuttavia, il principio della alternatività tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario al Capo dello Stato è stato inteso in senso più ampio ed è stato ritenuto applicabile non solo nei casi di identità formale dei provvedimenti impugnati in sede di ricorso giurisdizionale davanti al giudice amministrativo e di ricorso straordinario al Capo dello Stato, ma anche nel caso di impugnazione di atti formalmente distinti, ma direttamente consequenziali, e comunque quando le controversie siano connotate da un'obiettiva identità di petitum e di causa petendi (Cons. St. I, n. 2635/2018, che ha dichiarato inammissibile il ricorso straordinario proposto avverso un atto meramente applicativo di un atto presupposto impugnato in sede giurisdizionale; v. in senso contrario, Cons. St. VI, n. 4650/2013).

Tale orientamento si fonda sulla esigenza di impedire un possibile contrasto di giudizi in ordine al medesimo oggetto e, dunque, di evitare l'inutile proliferazione dei ricorsi ed il pericolo di pronunce contrastanti tra organi appartenenti allo stesso ramo di giustizia, in modo da escludere che del medesimo rapporto possano occuparsi contemporaneamente il giudice amministrativo e il Consiglio di Stato in sede di ricorso straordinario (Cons. St. I, n. 2861/2019 e Cons. St. II, n. 545/2020, che hanno affermato che nell'ipotesi in cui l'atto presupposto – a monte – venga impugnato con ricorso straordinario al Capo dello Stato e il successivo atto presupponente – a valle – con ricorso giurisdizionale dinnanzi al giudice amministrativo o viceversa, occorrerà – in applicazione del principio di alternatività – dichiarare inammissibile il giudizio introdotto per ultimo. Tale conclusione deve reputarsi valida sia nel caso di stretta presupposizione – ossia quando vi è la necessaria derivazione del secondo dal primo come sua inevitabile ed ineluttabile conseguenza e senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi – sia nel caso di mera derivazione cui conseguirebbe solo un effetto meramente viziante per l'atto a valle).

Da ciò consegue che, nel caso in cui l'atto presupponente sia impugnato con ricorso giurisdizionale, a fronte di un ricorso straordinario già promosso avverso l'atto presupposto, il ricorso giurisdizionale dovrà essere dichiarato inammissibile dal giudice amministrativo. Se invece l'atto successivo è impugnato in sede straordinaria, a fronte di un ricorso giurisdizionale già promosso avverso l'atto presupposto, il ricorso straordinario sarà inammissibile per violazione del principio di alternatività.

Il carattere limitativo dell'esercizio del diritto di azione, conseguente all'applicazione del principio in questione, impone non soltanto un'attenta verifica dell'identità del petitum e della causa petendi nella sede giurisdizionale e in quella amministrativa, ma anche il riscontro della priorità della presentazione del gravame, per quanto riguarda il ricorso giurisdizionale, con riferimento alla data di deposito del ricorso stesso presso la segreteria del Tribunale e non già con riguardo alla data di notifica (Cons. St. I, n. 510/2017). La regola dell'alternatività non opererà, dunque, se il ricorso giurisdizionale – pur notificato – non venga successivamente depositato (Cons. St. II, n. 590/1993).

Il principio opera anche in caso il precedente giudizio amministrativo sia dichiarato estinto, per rinuncia, o inammissibile (cfr. T.A.R. Lazio I, n. 3813/2014; Cons. St. III, n. 20/2010). Si è osservato al riguardo che l'estinzione del giudizio (avanti al T.A.R.) non è un effetto automatico della rinuncia di parte, ma consegue pur sempre ad una serie di accertamenti compiuti dal giudice e che la presentazione di un ricorso giurisdizionale avente il medesimo “petitum” determina la inammissibilità del successivo ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in ossequio al principio dell'alternatività tra le due tipologie di ricorsi e al “favor” per il ricorso giurisdizionale. La circostanza per la quale il ricorso giurisdizionale sia stato “rinunciato” è dunque irrilevante dovendo il principio dell'“alternatività” deve essere preso in considerazione al momento della scelta del rimedio azionato dal privato (T.A.R. Lazio, I, n. 9869/2017).

Si è ritenuto non applicabile la regola nel caso di interveniente ad adiuvandum nel giudizio davanti al T.A.R. (Cons. St. I, n. 820/99); mentre nel caso il terzo controinteressato voglia impugnare un atto presupposto, lo stesso è tenuto a svolgere ricorso incidentale nella stessa sede giurisdizionale (Cons. St. I, n. 14/1999).

Profili procedurali: la proposizione del ricorso

Non si prevedono forme specifiche, se non quel minimo contenuto formale proprio dei ricorsi amministrativi, che richiede l'indicazione dell'autorità cui ci si rivolge, l'identità del ricorrente (generalità e domicilio), estremi dell'atto impugnato e dell'autorità che lo ha emanato, i contro interessati eventuali del ricorso, i motivi di ricorso e la sottoscrizione.

Si ricorda che la parte può proporre ricorso anche personalmente. Se ricorre al patrocinio del difensore, si applicano le stesse modalità del processo amministrativo, richiedendosi un mandato speciale.

In sede di predisposizione del ricorso straordinario deve essere rispettato anche il principio di sinteticità, ritenuto applicabile benché non espressamente richiamato, considerato che l'istituto del ricorso straordinario ha perduto la propria connotazione puramente amministrativa ed ha assunto la qualità di rimedio giustiziale amministrativo, con caratteristiche strutturali e funzionali in parte assimilabili a quelle tipiche del processo amministrativo (Cons. St. I, n. 1326/2019, che ha precisato che, qualora le parti non osservino il predetto dovere di sinteticità, deve spettare al Consiglio di Stato, in sede consultiva, fissare criteri e limiti dimensionali al ricorso e agli altri atti difensivi con valutazione che tenga in considerazione la controversia introdotta con ricorso straordinario e la peculiarità del rimedio straordinario stesso).

Tale decisione è stata resa in una fattispecie in cui un ricorso di novantacinque pagine è stato ritenuto palesemente non proporzionato al livello di complessità della causa e la parte ricorrente è stata invitata a produrre una memoria riepilogativa, contenente l'esposizione chiara, sintetica ed omnicomprensiva di tutte le censure già proposte nel presente giudizio, alla quale unicamente fare riferimento per la decisione del ricorso straordinario (memoria (di 50.000 caratteri, da redigere su foglio A4 o sull'equivalente digitale di foglio A4, mediante caratteri di tipo corrente e di agevole lettura – ad es. Times New Roman, Courier, Garamond – e preferibilmente di dimensioni di 14 pt, con un'interlinea di 1,5 e margini orizzontali e verticali di cm. 2,5 - in alto, in basso, a sinistra e a destra della pagina, non sono consentite note a piè di pagina).

La mancata sottoscrizione del ricorrente determina la nullità del ricorso straordinario (Cons. St., n. 694/91). È valido il ricorso sottoscritto dal difensore anziché dal ricorrente, quando ciò avvenga sulla base di una procura speciale ad litem, non essendo sufficiente a tal fine un mandato generico o una procura generale (Cons. St. I, parere 28 settembre 2016, n. 1996; Cons. St. II, parere 29 luglio 2015, nr. 2191; Cons. St. I, parere 2 maggio 2009, n. 438/01).

I vizi che il ricorrente intende far valere avverso l'atto impugnato devono essere specifici e non generali; devono inoltre attenere alla legittimità (v. il commento alla formula “Ricorso al T.A.R. per l'annullamento di atti amministrativi”) e non al merito. La giurisprudenza ha precisato al riguardo che in sede di ricorso straordinario è preclusa una nuova valutazione dei fatti, rispetto a quella compiuta dall'Amministrazione con l'atto impugnato, attivando il suddetto rimedio un procedimento di mera legittimità (Cons. St. III, n. 199/1998). La mancata deduzione di una specifica censura avverso l'atto impugnato o della indicazione della efficacia lesiva per il ricorrente determina l'inammissibilità del ricorso (Cons. St., n. 4146/2011).

Con riguardo al termine di ricorso, lo stesso decorre dalla data di notificazione dell'atto (o di sua comunicazione o di acquisizione della conoscenza) ed è pari a 120 giorni. Si tratta di termine imposto a pena di decadenza.

Si è ritenuto, per consolidata e pacifica giurisprudenza, che detto termine non è sospeso in periodo feriale e che tale inapplicabilità della sospensione feriale perdura anche dopo l'entrata in vigore della l. n. 69/2009, riguardando la sospensione feriale esclusivamente le giurisdizioni ordinarie e amministrative (Cons. St. I, n. 2383/2017; Cons. St. II, n. 2136/2017; Cons. St. II, n. 1641/2015 e Cons. St. II, n. 208/2017).

La giurisprudenza ha riconosciuto l'errore scusabile sul rispetto del termine nel caso di ricorsi proposti avverso atti non definitivi, nei quali non fossero stati indicati il termine e l'organo cui il ricorso doveva essere presentato, in violazione dell'art. 1, terzo comma, del citato d.P.R. n. 1199/1971 e dell'art. 3, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Cons. St. II, n. 1702/94; Cons. St., n. 1502/95; Cons. St. III, n. 45/94; Cons. St., n. 416/94; Cons. St., n. 1247/93; Cons. St., n. 1300/94; Cons. giust. amm. Sicilia, 24 febbraio 1998, n. 16).

Entro il termine di 120 giorni l'atto di ricorso dovrà essere dapprima notificato e quindi presentato con la prova dalla avvenuta notificazione alla amministrazione che ha emanato l'atto (o al Ministero competente) (art. 9, comma 2, d.P.R. n. 1199/1971). La presentazione può essere svolta direttamente al Ministero competente, ovvero mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, essendo facoltativa la formale notificazione della stessa al Ministero (Cons. St. III, n. 1663/2001; v. anche Cons. St. II, n. 2409/2017).

A tal fine si è ritenuta comunque idonea, ai fini della valutazione di tempestività del gravame, la trasmissione dello stesso alla Presidenza della Repubblica, ovvero alla Avvocatura dello Stato (Cons. St., n. 71/1997). Ciò soprattutto in considerazione della natura del ricorso straordinario costituente uno strumento giustiziale che non richiede l'assistenza di avvocato e dello spirito di semplificazione e di economicità della azione amministrativa (Cons. St. I, n. 512/2002). Con riguardo all'Avvocatura dello Stato, si è ritenuto che non assolve ad una funzione meramente tecnica di assistenza in giudizio, ma è anche tributaria di funzioni di ricezione degli atti processuali, con la conseguenza che eventuali ritardi non sono addebitabili al ricorrente il quale si sia attivato tempestivamente (Cons. St., n. 512/2002; Cons. St. III, n. 924/2002).

Ai fini del rispetto del termine di notifica, analogamente all'azione giurisdizionale, non vale il termine di ricevimento, ma il termine in cui è stato inviato per la notifica; Cons. St., n. 2133/2017). Per le modalità di notifica si applicano quelle relative al ricorso di primo grado (v. le formule “Relata di notificazione a persona fisica” e le formule correlate). Anche in tal caso, il rifiuto di ricevere la copia dell'atto è legalmente equiparabile alla notificazione effettuata a mani proprie se proveniente dal destinatario della notificazione medesima, ex articolo 138, secondo comma (Cons. St., n. 2383/2017).

L'atto dovrà, entro il medesimo termine, essere notificato anche ad almeno uno dei controinteressati e il Ministero potrà disporre l'integrazione del contraddittorio mediante la notifica ad altri controinteressati. L'onere della notifica opera esclusivamente nel caso che sussistano soggetti aventi un interesse contrario alla richiesta di annullamento proposta dal ricorrente e sempreché tali soggetti siano identificabili dal contesto dell'atto impugnato (Cons. St. I, n. 312/1992; Cons. St., n. 299/1998; Cons. St. II, n. 1740/1996). La notificazione ad almeno un controinteressato evita l'inammissibilità del ricorso, ma impone all'autorità investita della decisione del ricorso, ove questo possa trovare accoglimento, di integrare il contraddittorio (Cons. St. II, n. 1739/2017).

L'autorità adita dovrà inoltre valutare se il soggetto al quale il ricorso è stato notificato in qualità di controinteressato sia effettivamente tale, ossia se, a seguito dell'accoglimento del ricorso, perderebbe la posizione di vantaggio attribuita dall'atto impugnato.

È ammissibile la proposizione di motivi aggiunti di ricorso (Cons. St. IV, n. 4059/2017), sino al momento in cui il parere del Consiglio di Stato è trasmesso all'amministrazione (Cons. St., n. 201/99). Anche per loro vale il termine decadenziale di 120 giorni dalla conoscenza dei vizi a base dei nuovi motivi. È onere dell'amministrazione che istruisce l'affare sottoporre i nuovi motivi per il parere del Consiglio di Stato (Cons. St. III, n. 1528/2013). Per il ricorso incidentale, l'art. 9, comma 4, d.P.R. n. 1199/1971 assegna ai controinteressati un termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso straordinario per presentare al Ministero che istruisce l'affare deduzioni e documenti, ovvero per proporre ricorso incidentale (sul punto si rinvia alla formula “Opposizione del controinteressato alla decisione in sede amministrativa del ricorso straordinario”).

Per una rassegna della giurisprudenza in materia di ricorso straordinario v. P.G. Lodi, Il Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica (Rassegna di giurisprudenza), in Il Consiglio di Stato, n. 9/2005 e in giustizia-amministrativa.it).

Istanza cautelare

Con riguardo alla istanza cautelare, è pacificamente riconosciuta la possibilità di concedere misure cautelari in sede di esame di un ricorso straordinario (ciò anche nel silenzio della legge; Cons. St., n. 16/1991), potendosi ordinare tanto la sospensione del provvedimento impugnato, quanto misure anche propulsive, quali l'inserimento in una graduatoria concorsuale (Cons. St., n. 1407/2016). Le stesse possono anche formare oggetto di esecuzione, che dovrà essere decisa, dalla stessa sezione che ha deciso la misura cautelare – e non proposta secondo il rito di ottemperanza innanzi alla sezione giurisdizionale (Cons. St. VI, n. 2719/2017; Cons. St. VI, n. 4694/2017 e Cons. St. VI, n. 4815/2017; ciò sulla base della regola dell'immanenza al potere cautelare della erogazione della tutela attinente all'esecuzione delle misure interinali disposte nell'esercizio della predetta potestà).

Quanto all'adozione del provvedimento sospensivo, esigenza di speditezza e imparzialità hanno condotto a individuare nel Ministro competente per l'istruttoria, previo parere del Consiglio di Stato, l'organo competente per la sua adozione. L'art. 3, l. n. 205/2000 precisa che la sospensione è disposta con atto motivato del “Ministero” competente. In caso di istanza cautelare è onere dell'amministrazione trasmettere la sua relazione, unitamente alla relativa documentazione istruttoria, con la massima tempestività, prima ed a prescindere dai termini per l'istruttoria previsti dal d.P.R. n. 1199/1971 (Cons. St. II, n. 127/2001).

Si ammette, in ossequio alla preminente esigenza di tempestività in ordine alla trattazione della domanda cautelare, la possibilità di esame dell'istanza anche nell'ipotesi di ricorsi straordinari depositati direttamente dai ricorrenti presso il Consiglio di Stato (art. 11 d.P.R. n. 1199/1971), purché sia prodotta una copia del gravame con la prova della regolare presentazione dello stesso alla competente autorità, nonché con la prova della previa notifica ad almeno uno dei controinteressati, ove necessaria (Cons. St. II, n. 2384/2017; Cons. St. I, n. 1107/2001; Cons. St. III, n. 358/2001). In caso di deposito diretto, il Consiglio di Stato invita l'amministrazione a riferire sull'istanza e a produrre i documenti ritenuti utili all'esame del ricorso (Cons. St. II, n. 2344/2017). La parte ricorrente, o il suo difensore, non potranno essere sentiti in camera di consiglio, atteso che per le adunanze delle Sezioni consultive l'art. 49, comma 1, r.d. n. 444/1942, dispone che “gli affari sui quali è chiesto parere non possono essere discussi con l'intervento degli interessati o dei loro rappresentanti e consulenti”.

Con riferimento ai requisiti dell'istanza cautelare, valgono i medesimi presupposti normativi del ricorso giurisdizionale, ai quali si rinvia (v. il commento alla formula “Ricorso con contestuale istanza cautelare”).

Per un esame completo dell'istituto del ricorso straordinario v. M.L. Torsello–C. Buglia, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, in Giustizia amministrativa.it, novembre 2021.

La decisione del ricorso

A seguito dell'istruttoria curata dal Ministero competente e del parere del Consiglio di Stato il ricorso straordinario viene deciso con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministero competente. A seguito della modifica dell'art. 14 d.P.R. n. 1199/1971 si prevede, come visto, che la decisione del ricorso straordinario è adottata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministero competente, «conforme al parere del Consiglio di Stato», con effetto dunque vincolante del parere. In caso di ritardo nell'emanazione della decisione, allo scadere del termine previsto per l'istruttoria (120 giorni) il ricorrente può chiedere al Ministero competente se il ricorso straordinario sia stato trasmesso al Consiglio di Stato (v. formula “Interpello al ministero competente in ordine alla trasmissione del ricorso al Consiglio di Stato”). In caso di risposta negativa o di mancata risposta entro trenta giorni, lo stesso ricorrente può depositare direttamente copia del ricorso presso il Consiglio di Stato.

Si era posto il problema della possibilità di chiedere una audizione davanti alla sezione del Consiglio di Stato, chiamata a decidere un ricorso straordinario; tale possibilità è stata esclusa in quanto è stato ritenuto che l'art. 49, comma 1, r.d. n. 444/1942 – a mente del quale “gli affari sui quali è chiesto parere non possono essere discussi con l'intervento degli interessati o dei loro rappresentanti o consulenti” – non contrasta con l'art. 6 C.ED.U. alla luce della lettura che ne ha dato la giurisprudenza nazionale e la Corte EDU (Cons. St. I, n. 2848/2019, che ha chiarito che la ‘giurisdizionalizzazione' del ricorso straordinario al Capo dello Stato non determina la totale equiparabilità ai rimedi giurisdizionali in considerazione della specificità e della sommarietà della procedura originata dal ricorso straordinario, a confronto con quella disciplinata dal codice del processo amministrativo. L'equiparazione alla giurisdizione” non “può dirsi piena”, soprattutto con riferimento al modello di istruttoria previsto dal d.P.R. n. 1199/1971, che è basato sull'affidamento dell'indagine e dell'acquisizione degli atti rilevanti in capo alle strutture ministeriali, senza contraddittorio orale con le parti).

Ottemperanza

È ammissibile, per l'esecuzione delle decisioni in esito al ricorso straordinario, l'azione di ottemperanza, che rientra tra gli altri provvedimenti di cui alla lett. b) dell'art. 112, comma 2, e dell'art. 113, comma 1 del c.p.a. (Cons. St. III, n. 5162/2013; Cons. St. III, n. 4429/2017).

Il rimedio dell'ottemperanza per il decreto del Capo dello Stato che decide il ricorso straordinario è stato ammesso sia dalla Sezioni Unite della Corte di Cassazione (cfr. sentenza Cass. S.U., n. 2065/2011) sia dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (Cons. St., Ad. plen., n. 9/2013). Rivedendo il proprio procedente orientamento di segno negativo, le Sezioni Unite hanno evidenziato che l'evoluzione del sistema normativo, specie a seguito della nuova disciplina del giudizio d'ottemperanza prevista dal nuovo Codice del processo amministrativo, porta a considerare la decisione sul ricorso straordinario come un provvedimento che, pur non essendo formalmente giurisdizionale, è tuttavia suscettibile di tutela mediante il giudizio d'ottemperanza. Per le Sezioni Unite il fondamento normativo di tale rimedio deve trovarsi proprio nella ipotesi prevista alla lettera b) dell'art. 112, comma 2 (“altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo”), e il ricorso per l'ottemperanza si propone, ai sensi dell'art. 113, comma 1, dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica “il giudice che ha emesso il provvedimento della cui ottemperanza si tratta” (v. anche il commento alla formula “Ricorso di ottemperanza”).

Impugnazione

I margini per impugnare in sede giurisdizionale il decreto decisorio di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica sono estremamente ristretti. Anche se formalmente il decreto decisorio è un atto amministrativo, come tale astrattamente impugnabile in sede giurisdizionale, ciò nondimeno la disciplina del ricorso straordinario pone precise limitazioni, in coerenza con la regola dell'alternatività tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale (Chieppa-Giovagnoli, Manuale, cit., 1314).

Il decreto del Presidente della Repubblica che decide il ricorso straordinario è impugnabile dinanzi al giudice amministrativo solo per vizi attinenti alla forma e al procedimento intervenuti successivamente all'emissione del parere del Consiglio di Stato, e non per quelli inerenti alla procedura e al contenuto del parere (Cons. St. IV, n. 4324/2012; Cons. St. VI, n. 5985/2010). Sono, quindi, precluse contestazioni che comportino un riesame del giudizio formulato dal Consiglio di Stato in sede consultiva. Del resto, se così non fosse, ne conseguirebbe una “duplicazione di giudizio, una violazione dei termini di decadenza e la nullificazione del principio dell'alternatività tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale” (Volpe, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in giustizia-amministrativa.it). Infatti, il giudice amministrativo verrebbe nuovamente investito della cognizione dei vizi dell'atto lesivo, in aperta violazione del principio di alternatività tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale e della norma contenuta nell'art. 10, d.P.R. n. 1199/1971. Tale limitazione è opponibile solo alle parti che abbiano scelto, o accettato, che la controversia fosse decisa nella sede straordinaria: ossia al ricorrente da un lato, e dall'altro lato alle controparti che, avendo avuto la possibilità di chiedere la trasposizione alla sede giurisdizionale, non se ne siano avvalse; quindi, il controinteressato non ritualmente evocato può impugnare la decisione senza quelle limitazioni e preclusioni che sono opponibili al controinteressato evocato, e, in genere, a tutte le parti che abbiano accettato la procedura in sede straordinaria (T.A.R. Sicilia (Catania) II, 29 maggio 2017, n. 1187).

Più in particolare, si è riconosciuto al controinteressato non ritualmente evocato in giudizio il diritto di impugnare, innanzi al T.A.R., la decisione del ricorso straordinario al Capo dello Stato che recepisce il parere del Consiglio di Stato senza le limitazioni e preclusioni che sono opponibili al controinteressato evocato, e, in genere, a tutte le parti che abbiano accettato la procedura in sede straordinaria, e quindi per vizi inerenti al suddetto parere (T.A.R. Molise (Campobasso) I, 7 luglio 2016, n. 291).

Come si è già visto, in conseguenza del riconoscimento al rimedio di una natura sostanzialmente giurisdizionale, le Sezioni Unite della Cassazione hanno ritenuto che la decisione sul ricorso straordinario sia ricorribile in Cassazione per motivi di giurisdizione ai sensi dell'art. 111, comma 8, Cost. e dell'art. 362, comma 1, c.p.c. (cfr. Cass. S.U., n. 23464/2012).

Resta fermo che la parte ricorrente che abbia allegato, come indefettibile presupposto della sua domanda, la giurisdizione del giudice amministrativo, senza che l'intimato abbia esercitato l'opposizione ex art. 48 c.p.a., né abbia contestato la sussistenza di tale presupposto, eventualmente proponendo regolamento preventivo di giurisdizione, non può proporre ricorso per cassazione ex art. 111, comma 8, Cost. e art. 362 c.p.c. avverso il decreto del Presidente della Repubblica che abbia deciso il ricorso su conforme parere del Consiglio di Stato reso sull'implicito - o esplicito - presupposto della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo allegato dalla parte stessa, sul punto non soccombente (Cass. S.U., n. 10414/2014; Cass. S.U., n. 2754/2019; Cass. S.U., n. 29081/2019).

Tale indirizzo, formulato in relazione a ricorso per cassazione con il quale era stato dedotto il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo avverso un decreto con il quale era stato rigettato un ricorso straordinario, a maggior ragione deve operare, mutatis mutandis, in relazione al regolamento preventivo proposto dopo la pronuncia del parere da parte del Consiglio di Stato (Cass. S.U., n. 22752/2018; Cass. S.U., n. 9487/2019 esclude la deducibilità del difetto di giurisdizione nel caso in cui il decreto decisorio impugnato con ricorso per cassazione sia stato reso in sede di ricorso straordinario per revocazione di un precedente decreto decisorio).

Al riguardo va tenuto presente che il codice del processo amministrativo non contiene un'espressa regola della rilevabilità della questione di giurisdizione nel procedimento promosso con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica prescrivendo soltanto, all'art. 7, comma 8, che il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa. Quindi la giurisdizione del giudice amministrativo è un presupposto indefettibile del procedimento promosso con ricorso straordinario. La natura giurisdizionale di questo procedimento implica appunto che vi sia la giurisdizione e che in quel procedimento possa porsi una questione di giurisdizione. Il ricorrente che attiva il procedimento allega espressamente o implicitamente - l'indefettibile presupposto della sussistenza della giurisdizione amministrativa; ma ciò può essere contestato dalla parte intimata o controinteressata, che può eccepire il difetto della giurisdizione amministrativa sicché la questione di giurisdizione, in tal caso, può dirsi controversa. Ed a tal fine è approntato il rimedio del regolamento preventivo di giurisdizione promuovibile sia dalla parte che eccepisca il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sia dal ricorrente che, stante il dubbio insinuato dalla controparte con la sua eccezione, può egli stesso prendere l'iniziativa di promuovere il regolamento preventivo di giurisdizione per risolvere la questione di giurisdizione che in quel procedimento può dirsi essere controversa. Come anche è possibile che in sede del prescritto parere il Consiglio di Stato si ponga d'ufficio la questione di giurisdizione anche se le parti non abbiano dubitato della giurisdizione del giudice amministrativo e, ove ritenga non sussistere il presupposto della giurisdizione del giudice amministrativo, renda un parere per l'inammissibilità del ricorso straordinario. Ma è possibile che la sussistenza del presupposto della giurisdizione del giudice amministrativo sia nient'affatto controversa laddove risulti affermata dal ricorrente, non contestata dalla parte intimata o controinteressata, e non negata dal Consiglio di Stato che, pur potendo d'ufficio porsi la questione, validi – espressamente o implicitamente – nel parere reso la giurisdizione del giudice amministrativo concordemente ritenuta dalle parti.

In questi casi non può proporsi ricorso, al fine di contestare la giurisdizione del giudice amministrativo, quando sia stato “promosso o accettato il rimedio semplificato del ricorso straordinario allegando il presupposto della giurisdizione del giudice amministrativo o non contestando tale allegato presupposto, in una situazione processuale in cui nessuna parte abbia sollevato la questione di giurisdizione, neppure posta d'ufficio dal Consiglio di Stato, che abbia anch'egli ritenuto, espressamente o implicitamente, sussistente l'allegato presupposto della giurisdizione amministrativa”.

È stato, tuttavia, precisato che ove sia proposto un ricorso straordinario al Capo dello Stato e l'opposizione dell'amministrazione intimata, ai sensi dell'art. 48 c.p.a., ancorché senza contestazioni in ordine alla sussistenza della giurisdizione amministrativa, sia stata dichiarata inammissibile dal competente T.A.R. per tardività, con conseguente rimessione degli atti all'amministrazione per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria, il regolamento preventivo di giurisdizione ben può essere proposto in tale sede, deducendosi la non riconducibilità della controversia nell'ambito della giurisdizione amministrativa, presupposto indefettibile del ricorso straordinario al Capo dello Stato, ai sensi dell'art. 7, comma 8, c.p.a., fino al momento della pronuncia del necessario parere del Consiglio di Stato, che costituisce l'antecedente necessario alla decisione del Presidente della Repubblica (Cass. S.U., n. 1413/2019).

Contro il decreto che decide il ricorso straordinario, inoltre, l'art. 15 d.P.R. n. 1199/1971 prevede espressamente il rimedio della revocazione nei casi previsti dall'art. 395 c.p.c. Si è ritenuto ammissibile il rimedio della revocazione, soltanto nei confronti dei decreti presidenziali che decidono i ricorsi straordinari, con esclusione, quindi, della possibilità di immediata contestazione di atti endoprocedimentali – come i pareri del Consiglio di Stato. Ciò risulta comprovato dalla lettera della norma succitata secondo cui il ricorso per revocazione deve essere proposto “nel termine di sessanta giorni dalla notificazione o pubblicazione del decreto impugnato” (art. 15 d.P.R. n. 1199/1071; Cons. St. I, n. 1630/2002; Cons. St. II, n. 2396/2017). È necessario che l'errore di fatto sia idoneo a fondare la domanda di revocazione e quindi derivi da una errata percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio che abbia indotto il giudice a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto e attenga ad una questione non controversa sulla quale la decisione non abbia espressamente motivato, oltre ad essere decisivo ai fini della pronuncia (Cons. St. I, n. 693/2022).

È stato affermato che la mancata trasmissione delle controdeduzioni dell'amministrazione o, più in generale, della relazione ministeriale alla parte ricorrente non costituisce errore di fatto revocatorio (Cons. St. I, n. 1213/2021).

Spese e contributo unificato

La condanna alle spese in sede di ricorso straordinario è preclusa dal divieto di introduzione nello stesso di azioni di condanna e, per l'effetto, dall'impossibilità per il decidente di adottare pronunzie in tal senso. La proposta domanda di condanna al pagamento delle spese di giudizio è, dunque, inammissibile, risultando perciò in radice esclusa anche la richiesta verifica della soccombenza virtuale ad essa funzionale, in caso di ritenuta improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Con riferimento al contributo unificato, anticipato dal ricorrente al momento della presentazione del gravame, in assenza di espresse previsioni normative inequivocabilmente riferite anche al ricorso straordinario, non opera la regola della soccombenza, ai fini del definitivo carico del tributo, prevista solo per i procedimenti giurisdizionali (Cons. St. I, n. 118/2021, che ha aggiunto che le controversie relative sia alla spettanza che alla misura del contributo unificato rientrano nella giurisdizione del giudice tributario ai sensi del d.lgs. n. 546/1992).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario