Istanza di liquidazione del compenso al difensore (art. 82, comma 1, d.P.R. n. 115/2002)InquadramentoGli artt. 82 ss. del d.P.R. n. 112/2002 regolamentano la liquidazione dell'onorario al difensore ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Va evidenziato che nella specifica materia del patrocinio a spese dello Stato nel processo amministrativo, gli importi spettanti al difensore sono ridotti della metà (art. 130 d.P.R. n. 115/2002). Con la l. n. 208/2015 (c.d. di stabilità per l'anno 2016), strumento per antonomasia della politica economica del paese, sono state introdotte, tra l'altro, significative novità destinate ad incidere sul “servizio giustizia” allo scopo di rendere più efficaci ed immanenti i generali principi di effettiva tutela dei non abbienti da conseguirsi anche attraverso una più puntuale risposta alle aspettative economiche degli avvocati: in particolare, il nuovo comma 3-bis dell'art. 83 d.P.R. n. 115/2002 stabilisce che “Il decreto di pagamento è emesso dal Giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta”. FormulaAL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DI [1] ISTANZA DEL DIFENSORE PER LA LIQUIDAZIONE DEI COMPENSI ART. 82 D.P.R. N. 115/2002 Il sottoscritto Avv. .... C.F. ...., PEC ...., fax .... con studio in .... PREMESSO - che giusta procura speciale alle liti rilasciata in data .... è stato nominato difensore di .... nel procedimento pendente dinanzi a Codesto .... n. R.G. ....; - che il predetto è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato dalla Commissione ex art. 14 disp.att.c.p.a. con decreto in data ....; - che intende ottenere la liquidazione dei compensi a lui spettanti, come per legge, per la presente fase TUTTO CIÒ PREMESSO CHIEDE Allo spett.le Collegio che gli sia liquidata la seguente prenotula, calcolata secondo i parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi professionali, di cui al d.m. n. 55/2014 (Gazzetta Ufficiale n. 77 del 2 aprile 2014). RIDUZIONI (in % sul compenso) Riduzione del 50 % su Euro .... per gratuito patrocinio (art. 130 d.P.R. n. 115/2002) Euro .... Compenso al netto delle riduzioni Euro .... PROSPETTO FINALE Compenso tabellare ex art. 4, comma 5, Euro .... Totale variazioni in diminuzione Euro .... Compenso totale Euro .... Spese generali (15% sul compenso totale) Euro .... Cassa Avvocati (4%) Euro .... Totale Imponibile Euro .... IVA 22% su Imponibile Euro .... IPOTESI DI COMPENSO LIQUIDABILE Euro .... Luogo e data .... Firma Avv. .... [2] Si allega [3]: Pagamento a mezzo bonifico bancario presso Banca ...., filiale di ...., codice IBAN “IT .... ”, intestato all'Avv. ..... La presente costituisce prenotula, a pagamento avvenuto, sarà emessa regolare fattura. DEPOSITO INFORMATICO Ai sensi e per gli effetti dell'art. 136, comma 2, c.p.a., il presente atto è depositato con modalità telematiche [4] [1]L'istanza di liquidazione del compenso ex art. 82 d.P.R. n. 112/2005 va proposta al Giudice che procede. Secondo la nuova formulazione dell'art. 83, il decreto di pagamento è emesso dal Giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase, cautelare o di merito, cui si riferisce la relativa richiesta. [2]Per i ricorsi depositati in giudizio dopo la data del 1° gennaio 2017 e, quindi, soggetti alla normativa sul processo amministrativo telematico (PAT), trattandosi di atto di parte sottoscritto dal difensore, anche l'istanza di liquidazione del compenso al difensore ex art. 82 d.P.R. n. 115/2002 deve essere redatta in forma di PDF nativo digitale sottoscritto con firma PAdES e depositata in giudizio con le modalità telematiche previste dal d.P.C.S. 28 luglio 2021 (attraverso il Modulo deposito Atto). [3]È necessario allegare con le modalità telematiche di cui al d.P.C.S. 28 luglio 2021 la documentazione a sostegno della nota spese in formato di copia informatica (anche per immagine) in quanto, in caso contrario, tale documentazione non verrebbe visualizzata nel fascicolo processuale che, dopo la data del 1° gennaio 2017, ai sensi dell'art. 5, all. 1, d.P.C.S. 28 luglio 2021 è tenuto in modalità informatica. [4]Ai sensi dell'art. 13, comma 1-ter, dell'allegato 2 al c.p.a., introdotto dall'art. 7, del d.l. n. 168/2016, il Processo amministrativo telematico si applica ai giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, a far data dal 1° gennaio 2017. Ai ricorsi depositati anteriormente a tale data, continuano ad applicarsi, fino all'esaurimento del grado di giudizio nel quale sono pendenti alla data stessa e comunque non oltre il 1° gennaio 2018, le norme previgenti. L'obbligo di cui all'art. 7, comma 4, d.l. n. 168/2016, dapprima prorogato sino al 1° gennaio 2019, e successivamente reso permanente per effetto dell'art. 15, comma 1-bis, d.l. n. 113/2018, conv. con modif. dalla l. n. 132/2018 (che ha soppresso le parole «e sino al 1º gennaio 2019»), di depositare una copia cartacea conforme all'originale telematico del ricorso e degli scritti difensivi, è stato definitivamente abrogato per effetto della l. n. 70/2020, che ha convertito in legge il d.l. n. 28/2020 che aveva temporaneamente sospeso tale obbligo durante il periodo dell'emergenza Covid-19 fino al 31 luglio 2020. CommentoL'art. 13, comma 6 della l. n. 247/2012 (Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense), al comma 3, enuncia la regola generale che la pattuizione del compenso spettante al professionista è libera fatta eccezione per le ipotesi di cui al comma 6, tra cui rientra il caso in cui la liquidazione debba essere effettuata dal giudice, in cui si applicano i parametri indicati nel decreto emanato dal Ministro della giustizia, su proposta del Consiglio nazionale forense (attualmente, il d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018. Tale decreto, in particolare, alla Tabella 22 ha aggiornato i parametri dei giudizi innanzi ai T.A.R. e al Consiglio di Stato prevedendo, tra l'altro, che in caso di proposizione di motivi aggiunti il compenso per la fase introduttiva è aumentato sino al 50%. Si evidenzia che l'ulteriore modifica riguardante il compenso del c.d. “avvocato telematico” che prevede un aumento del compenso del 30% quando l'atto sia redatto con tecniche informatiche tali da agevolarne la consultazione, vista l'obbligatorietà di tale modalità nel PAT non appare prima facie applicabile nel processo amministrativo. Con specifico caso della liquidazione spettante a seguito dell'ammissione al patrocinio a spese dello stato, l'art. 82, comma 1, d.P.R. n. 115/2002 stabilisce che l'onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennità, tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa. Il nuovo comma 3-bis dell'art. 83 d.P.R. n. 115/2002 stabilisce, in particolare, che “Il decreto di pagamento è emesso dal Giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta”. Secondo l'interpretazione del parere dell'Ufficio Studi del Consiglio di Stato prot. 0001469 del 9 marzo 2016, la formulazione della disposizione – da coordinare necessariamente con la previsione del primo periodo del comma 2 («La liquidazione è effettuata al termine di ciascuna fase o grado del processo e, comunque, all'atto della cessazione dell'incarico, dall'autorità giudiziaria che ha proceduto») – contiene una specificazione che, ad una prima lettura, sembra avere lo scopo di assicurare al difensore di ottenere dal Giudice, a richiesta, non soltanto la liquidazione al termine di ogni fase o grado processuale, ma anche contestualmente al provvedimento tutti gli accessori che quella fase (ad esempio, cautelare) definisce. Dunque, il Collegio dovrà – a richiesta di parte – pronunciare, in uno al provvedimento che definisce le singole fasi del processo (e a maggior ragione il grado) anche sulla liquidazione delle spese. Secondo l'interpretazione dell'Ufficio Studi, quindi, la liquidazione non sarebbe più rinviabile a un momento successivo all'adozione dei detti provvedimenti. Benché l'art. 83 comma 3-bis del d.P.R. n. 115/2002 preveda che “Il decreto di pagamento è emesso dal giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta”, il mancato rispetto, per qualsiasi ragione, di questa prescrizione temporale, non dovrebbe determinare alcuna decadenza in capo al difensore dal potere di richiederla e di ottenerla con provvedimento successivo. In particolare secondo T.A.R. Napoli, ord. n. 2041/2017 benché l'art. 83 comma 3-bis del d.P.R. n. 115/2002 preveda che “Il decreto di pagamento è emesso dal giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta”, tale norma non prevede alcuna decadenza dal diritto alla liquidazione del compenso nel caso in cui l'istanza non sia presentata prima della definizione del procedimento sicché la mancata liquidazione, rispetto a una istanza tardivamente proposta, non sarebbe conforme alla ratio della novella, tesa ad accelerare le procedure di liquidazione e comporterebbe la necessità di instaurare un successivo procedimento nei confronti dello Stato debitore con ulteriore aggravio del sistema giudiziario. In senso contrario v., T.A.R. Sicilia (Catania) IV, n. 1892/2017 secondo cui l'art. 83, comma 3-bis, del d.P.R. n. 115/2002 (T.U. sulle spese di giustizia) pone un preciso limite temporale, stabilendo che “Il decreto di pagamento è emesso dal Giudice contestualmente alla pronuncia del provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la relativa richiesta” (comma aggiunto dall'art. 1, comma 783, l. n. 208/2015, a decorrere dal 1° gennaio 2016). Ne consegue che nel caso in cui il difensore per dimenticanza o per difficoltà processuali, non presenti l'istanza di liquidazione (e relativa notula) nel corso del processo o al momento della conclusione del processo stesso, ovvero non dimostri la persistenza dei requisiti per la liquidazione, incorre in uno sbarramento temporale della potestas decidendi del Giudice del procedimento. È da notare che la mancata produzione in giudizio della nota spese non osta alla liquidazione da parte del Giudice (T.A.R. Lombardia (Milano) I, n. 1391/2017) eventualmente anche equitativamente e che, comunque, il Collegio può anche ritenere di procedere alla liquidazione dell'onorario spettante al difensore con separato decreto (T.A.R. Piemonte (Torino) II, n. 874/2017). La Corte di cassazione, con la sentenza n. 14198/2022, ha affermato due importanti principi di diritto: “In tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del d.m. n. 55/2014 l'esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo, non è soggetto a sindacato di legittimità, attenendo pur sempre a parametri fissati dalla tabella, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo necessario, in tal caso, che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo”. Inoltre, “Quando la parte presenta la nota delle spese, secondo quanto è previsto dall'art. 75 disp. att. c.p.c., specificando la somma domandata, il giudice non può attribuire a titolo di rimborso delle spese, una somma di entità superiore”. L'onorario e le spese sono liquidati osservando la tariffa professionale (ora i parametri per la liquidazione degli onorari agli avvocati di cui al d.m. n. 55/2014), in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennità (ora valori medi dei parametri), tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa (art. 82, comma 1, d.P.R. n. 115/2002). Al riguardo, si segnala che secondo T.A.R. Lazio (Roma) III, n. 9424/2021, in tema di compensi in favore degli avvocati, la regola è data dalla libera pattuizione mentre l'eccezione è cosituita, in caso di mancato accordo tra le parti, dal rispetto dei minimi tariffari di cui all'apposito d.m. In ogni caso la disposizione di cui all'art. 13-bis, comma 2, secondo cui si deve fare comunque riferimento alle tariffe di cui al d.m. n. 55/2014, trova unicamente applicazione per taluni soggetti imprenditoriali (es. imprese assicurative e bancarie) che notoriamente godono di una certa forza contrattuale e non anche per le pubbliche amministrazioni le quali non sono espressamente contemplate tra i soggetti di cui al riportato art. 13-bis, comma 1. Ne consegue che per la pubblica amministrazione il concetto di “equo compenso” deve ancorarsi a parametri di maggiore flessibilità legati da un lato, ad esigenze di contenimento della spesa pubblica (si veda in proposito la consueta clausola di invarianza finanziaria di cui al comma 4 dell'art. 19-quaterdecies del d.l. n. 148/2017); dall'altro lato, alla natura ed alla complessità delle attività defensionali da svolgere in concreto. In senso parzialmente diverso, T.A.R. Lombardia (Milano), n. 1071/2021, secondo cui l'art. 13, comma 3, della l. n. 247/2012 deve essere interpretato nel senso che il principio dell'equo compenso non trova applicazione ove la clausola contrattuale relativa al compenso per la prestazione professionale sia oggetto di trattativa tra le parti o, nelle fattispecie di formazione della volontà dell'amministrazione secondo i principi dell'evidenza pubblica, ove l'amministrazione non imponga al professionista il compenso per la prestazione dei servizi legali da affidare. La tutela avanzata della debolezza del professionista, a fronte del potere di mercato del cliente forte, può essere reclamata anche ove il professionista sia posto in condizione di incidere sul contenuto della clausola relativa al compenso professionale. Nel caso di specie il Comune ha chiesto ai professionisti concorrenti di formulare un'offerta economica per una prestazione professionale, il cui oggetto è stato dettagliatamente individuato mediante l'invio del ricorso e di tutte le informazioni relative al suo oggetto, creando in tal modo un confronto concorrenziale finalizzato all'individuazione del compenso professionale. I concorrenti sono stati pertanto posti nella condizione di calcolare liberamente, secondo le dettagliate informazioni fornite dall'Amministrazione, la convenienza economica del compenso in relazione all'entità della prestazione professionale richiesta, senza subire condizionamenti, limitazioni o imposizioni da parte del cliente. Inoltre, imporre alle pubbliche amministrazioni l'applicazione di parametri minimi rigidi e inderogabili, anche in assenza della predisposizione unilaterale dei compensi e di un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista, comporterebbe un'irragionevole compressione della discrezionalità delle stesse nell'affidamento dei servizi legali, in assenza delle condizioni di non discriminazione, di necessità e di proporzionalità che giustificano l'introduzione di requisiti restrittivi della libera concorrenza. In base alle specifiche disposizioni di cui al d.m. n. 55/2014 “ai fini della liquidazione del compenso si tiene conto delle caratteristiche, dell'urgenza e del pregio dell'attività prestata, dell'importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell'affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate”. In particolare, T.A.R. Lazio II-quater, decr. coll. n. 6847/2017, ha parametrato il compenso spettante al difensore ammesso al gratuito patrocinio sia considerando la difficoltà dell'affare, i contrasti giurisprudenziali, che la quantità e del contenuto della corrispondenza che è risultato necessario intrattenere con il cliente e con altri soggetti. Il Giudice ha tenuto conto dei valori medi di cui alle tabelle allegate, che, in applicazione dei parametri generali, possono essere aumentati, di regola, fino all'80 per cento, o diminuiti fino al 50 per cento (art. 4, comma 1, d.m. n. 55/2014). Tuttavia, secondo quanto previsto dalla circolare del Segretariato generale della Giustizia amministrativa n. 3284 del 16 febbraio 2015, resta sempre ferma per il Giudice la possibilità di liquidare l'onorario del difensore in misura equitativa. Si palesa in violazione di legge la liquidazione di un doppio integrale compenso in caso di difesa di più parti aventi identica posizione processuale, e costituite con lo stesso avvocato, essendo dovuto un compenso unico secondo i criteri fissati dagli artt. 4 e 8 d.m. n. 55/2014, salva la possibilità di aumento nelle percentuali indicate da detto art. 4 al comma 2 (Cass. I ord., n. 1650/2022). Nel caso in cui il difensore nominato dall'interessato sia iscritto in un elenco degli avvocati di un distretto di Corte d'appello diverso da quello in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito o il magistrato davanti al quale pende il processo, non sono dovute le spese e le indennità di trasferta previste dalla tariffa professionale (art. 82, comma 2, d.P.R. n. 115/2002). Va evidenziato che nella specifica materia del patrocinio a spese dello Stato nel processo amministrativo, gli importi spettanti al difensore sono ridotti della metà (art. 130 d.P.R. n. 115/2002). Inoltre, qualora la decisione nel merito della controversia sia assunta, ai sensi dell'art. 60 c.p.a., nella camera di consiglio fissata per la decisione cautelare, dalla nota spese andrà espunta la decisione relativa alla fase cautelare (Cons. St. III, n. 2924/2017). Nel giudizio per la liquidazione dei compensi dei difensori delle parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato, la domanda non può essere rigettata per la mancanza della nota spese presentata dall'avvocato o del provvedimento di ammissione al beneficio predetto della parte da questo assistita, dovendo il giudice adito attivare i poteri istruttori officiosi che caratterizzano il procedimento in relazione alla determinazione non solo del “quantum”, ma anche dell'“an”, in virtù della previsione contenuta al comma 5 dell'art. 15 cit. – per cui egli “può”, ai fini della decisione, richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessarie – la quale va interpretata non come espressione di mera discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere “causa cognita”, senza limitarsi ad una meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull'onere della prova (Cass. II, n. 2206/2020). Infine, come rilevato nel richiamato parere, è utile segnalare che il difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non può chiedere la distrazione delle spese in proprio favore (Cass. pen. III, n. 9178/2009). Infatti, il sistema del patrocinio a spese dello Stato, escludendo ogni rapporto fra il difensore della parte non abbiente assistita e la parte soccombente non assistita, è incompatibile con l'istituto della distrazione delle spese previsto dall'art. 93 c.p.c., il quale eccezionalmente istituisce un rapporto obbligatorio tra il difensore della parte vittoriosa e la parte soccombente con la conseguenza che il relativo credito sorge direttamente a favore del primo nei confronti della seconda (T.A.R. Calabria (Reggio Calabria), n. 573/2011). |