Domanda di condanna limitata all'an debeatur: le Sezioni Unite ribadiscono l'orientamento tradizionale

14 Novembre 2022

Le Sezioni Unite ribadiscono il principio secondo cui la domanda di danno può essere legittimamente rivolta ab origine ad ottenere una condanna generica, senza che sia necessario il consenso del convenuto.
Massime

E' consentito alla vittima di un fatto illecito proporre una domanda limitata ab origine all'accertamento del solo an debeatur, con riserva di accertamento del quantum in un separato giudizio.

La condanna provvisionale di cui all'art. 278 c.p.c. può essere pronunciata su istanza di parte anche nel giudizio introdotto da una domanda limitata all'accertamento del solo an debeatur.

Il giudice civile, adito in sede di rinvio ai sensi dell'art. 622 c.p.c., con una domanda di condanna generica, può condannare il responsabile al pagamento di una provvisionale, ai sensi dell'art. 278 c.p.c.

Il caso

Gli amministratori delegati di una nota società specializzata nella produzione, importazione e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli venivano rinviati a giudizio con l'accusa di avere evaso il pagamento di dazi sull'importazione di oltre 5.000 tonnellate di banane, beneficiando di esenzioni e riduzioni non dovute, e commettendo così il delitto di contrabbando. Pronunciata sentenza di condanna a carico di uno dei due imputati, la sentenza era appellata da quest'ultimo e dalle parti civili che nel frattempo si erano costituite nel giudizio penale.

Avverso la sentenza di secondo grado, con la quale veniva rigettato l'appello delle parti civili, dichiarato estinto per prescrizione il reato ascritto all'imputato poi condannato in primo grado, nonché confermate le statuizioni civili a suo carico, veniva proposto ricorso per cassazione che si concludeva con il rinvio della causa ai soli effetti civili.

Riassunto il giudizio a cura delle parti civili, la Corte d'appello in sede civile, ritenuto che gli imputati avevano consapevolmente tenuto una condotta intesa a violare in modo diretto la normativa sui dazi in quanto tale astrattamente qualificabile come reato ed idonea a far sorgere l'obbligo di risarcimento del danno in favore delle parti civili, condannava gli imputati del giudizio penale in via generica al risarcimento del danno in favore del Ministero delle finanze, da liquidarsi in separato giudizio, altresì condannandoli in solido al pagamento in favore del Ministero d'una provvisionale ex art. 278 c.p.c. pari alla metà della differenza tra il dazio dovuto e quello effettivamente riscosso, oltre gli interessi dovuti nella misura legale.

Detta sentenza veniva impugnata per cassazione dai soccombenti con separati ricorsi e in via incidentale condizionata dal Ministero dell'economia, dall'Agenzia delle Dogane e dalla Commissione Europea.

Assegnato il ricorso alla Terza sezione, all'esito della discussione in camera di consiglio, quest'ultima rimetteva gli atti al Primo Presidente, affinché ne valutasse l'assegnazione alle Sezioni Unite: ciò sul presupposto che alcuni dei motivi del ricorso principale ponevano questioni di massima di particolare importanza.

La questione

Tra le numerose questioni sottoposte al Supremo Collegio, particolare rilievo rivestono: 1) quella relativa alla possibilità per il giudice civile in sede di rinvio ai sensi dell'art. 622 c.p.p. di pronunciare una condanna provvisionale; 2) quella, di carattere generale, relativa al potere per il giudice di condannare il convenuto al pagamento di una provvisionale, qualora l'attore non abbia formulato espressa domanda di quantificazione del danno e 3) quella, a quest'ultima collegata, relativa alla ammissibilità di domande di condanna limitate all'an debeatur.

Le soluzioni giuridiche

Le Sezioni Unite, investite delle questioni appena riportate, ribadiscono il principio secondo cui la domanda di danno può essere legittimamente rivolta ab origine ad ottenere una condanna generica, senza che sia necessario il consenso del convenuto.

Tale possibilità è conseguenza del principio della domanda e ancor prima del diritto di azione garantito dall'ordinamento; a fronte della scelta così operata dall'attore, spetterà al convenuto decidere se proporre o meno domanda riconvenzionale di accertamento dell'insussistenza del danno.

Le Sezioni unite, inoltre, ribadiscono l'ulteriore principio secondo cui, poiché il giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p., si svolge dinanzi al giudice civile con le regole del processo civile, ben può il giudice del rinvio, in virtù dell'art. 278 c.p.c., condannare del convenuto al pagamento d'una provvisionale.

Deve inoltre escludersi che la condanna provvisionale ex art. 278 c.p.c., non possa essere pronunciata quando l'attore abbia formulato specifica domanda di condanna generica al risarcimento dei danni, perché il presupposto per la pronuncia d'una condanna provvisionale è la formulazione d'una domanda di condanna generica. «Negare… la possibilità di pronunciare la condanna provvisionale quando l'attore abbia limitato la propria richiesta all'an debeatur, significherebbe interpretare abrogativamente l'art. 278 c.p.c. A seguire quel ragionamento, infatti, mai tale norma potrebbe essere applicata, perché delle due l'una: o l'attore ha chiesto una condanna piena, ed allora la provvisionale non può essere pronunciata perché il giudice dovrà decidere su tutta la domanda; oppure è stata chiesta una condanna generica, ed allora la provvisionale non potrebbe essere pronunciata perché la causa non ha ad oggetto il quantum».

Peraltro, si aggiunge, l'art. 278 c.p.c. nel prevede la possibilità per il giudice di pronunciare la condanna provvisionale qualora sia "ancora controversa la quantità della prestazione dovuta", implicitamente ammette la possibilità di chiedere e ottenere una condanna provvisionale nel giudizio instaurato al solo scopo di avere una pronuncia generica sull'an debeatur.

Osservazioni

Con tale decisione le Sezioni unite scelgono di confermare il consolidato orientamento, risalente a Cass., sez. un., n. 12103/1995 e più volte ribadito (v., tra le molte, Cass., sez. un., n. 390/2000; Cass. n. 16776/2022; Cass. n. 19873/2022,; Cass. n. 10323/2020; Cass. n. 4653/2021; Cass. n. 25113/2017; Cass. n. 2262/2012), secondo cui è ben possibile domandare in via originaria la condanna generica, senza che sia necessario il consenso del convenuto.

Dunque, sebbene dal dettato normativo dell'art. 278, comma 1, c.p.c. si desuma la possibilità di scissione della pronuncia sull'an rispetto a quella sul quantum nell'ambito dello stesso processo, la giurisprudenza da sempre non solo riconosce la facoltà per l'attore, che ha agito per ottenere una condanna specifica, di limitare la domanda al solo an, con riserva di agire in un diverso processo per la liquidazione del danno, ma anche di proporre in via originaria una domanda avente lo scopo di ottenere una sentenza di condanna generica.

Proprio l'esistenza di un tale granitico orientamento induce le Sezioni Unite a prendere dichiaratamente le distanze da Cass. n. 17984/2022 (in questa Rivista, con nota di P. Farina, nonché, si vis, in www.giustiziacivile.com, con nota di Metafora).

In primo luogo, osserva la S.C., il principio affermato dalla decisione “disobbiente” era stato affermato in relazione ad un caso in cui l'applicazione di esso non era necessaria, costituendo un mero obiter dictum.

Secondariamente, il principio della domanda e la costituzionalizzazione del diritto di azione attribuiscono all'attore la piena facoltà di stabilire «cosa chiedere, quanto chiedere e quando chiedere, con l'unico limite del divieto di abuso del diritto», per cui la parte può non solo domandare la pronuncia di una sentenza non definitiva di condanna generica nel corso di un giudizio volto alla condanna “piena” del convenuto, ma anche instare ab origine per l'ottenimento di una condanna generica, senza che sia necessario il consenso del convenuto.

A tale risultato si deve giungere, poi, anche in virtù del principio della necessaria stabilità nell'interpretazione delle norme processuali, secondo cui la consolidata e reiterata interpretazione di una norma processuale può essere abbandonata solo «o in presenza di "forti ed apprezzabili ragioni giustificative, indotte dal mutare dei fenomeni sociali o del contesto normativo"; oppure quando l'interpretazione consolidata "risulti manifestamente arbitraria e pretestuosa o dia luogo a risultati disfunzionali, irrazionali o ingiusti, atteso che l'affidabilità, prevedibilità e uniformità dell'interpretazione delle norme processuali costituisce imprescindibile presupposto di uguaglianza tra i cittadini e di giustizia del processo"». Da tale premessa se ne ricava che se è possibile fornire di una norma processuale una duplice interpretazione, è da preferire quella «sulla cui base si sia formata una sufficiente stabilità di applicazione nella giurisprudenza della Corte di cassazione».

La conclusione appena raggiunta deve vieppiù ribadirsi alla luce del principio di certezza del diritto, il quale, previsto dall'art. 6 CEDU, ha due corollari: il principio di tutela del legittimo affidamento ed il principio di salvaguardia dei diritti quesiti, dai quali deriva che «è impedito ai giudici degli Stati membri interpretare le norme processuali in modo che conducano all'inammissibilità d'una domanda giudiziale, quando tali interpretazioni siano "troppo formalistiche", adottate "a sorpresa" e niente affatto chiare ed univoche». Pertanto, ad avviso delle Sezioni unite, deve la regola di diritto enunciata dal precedente di Cass. n. 17984/2022 «("non è ammissibile una domanda ab origine limitata all'an debeatur") non può essere seguita perché non espressamente prevista dalla legge, imprevedibile dai litiganti e non indispensabile».

Riferimenti
  • Cavallini, L'oggetto della sentenza di condanna generica, in RDPr, 2002;
  • Carratta, Condanna generica, in Enc. giur. it., Roma, 1988;
  • Marinucci, Art. 278 c.p.c., in Commentario del codice di procedura civile, a cura di Comoglio-Consolo-Sassani-Vaccarella, III, Torino, 2012, 52 ss.;
  • Merlin, Condanna generica e opposizione del convenuto alla liquidazione del “quantum” in separato giudizio, in RDPr, 1986;
  • Satta, Condanna generica, in Enc. dir., Milano, 1961, VIII, 720.
  • Vanzetti, La condanna generica, Milano 2022.

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