Acqua sui gradini della scala interna: in caso di cadute é responsabile il condominio?

14 Novembre 2022

Il condominio è responsabile per avere omesso di vigilare sulla cosa comune e per non avere eliminato il pericolo consistente nella presenza di acqua sui gradini di una scala interna all'edificio.
Massima

In caso di caduta avvenuta sulle scale condominiali, relativamente alla quale si prospetta che i gradini erano scivolosi poiché bagnati, per cui la scala era caratterizzata da un pericolo non segnalato e non prontamente rimosso, va affermata l'ipotizzabilità astratta della dedotta responsabilità ex art. 2051 c.c., sicché deve procedersi a verificare l'avvenuta dimostrazione dell'esistenza del nesso di causalità tra la situazione pericolosa costituita dallo stato della scala e la caduta.

Il caso

Un cliente di un'attività commerciale presente all'interno di un Condominio citava in giudizio quest'ultimo per sentirlo condannare al risarcimento del danno patito a seguito della caduta dalle scale del palazzo, dovuta alla presenza di acqua non segnalata sui gradini.

Precisamente, l'avventore urtava violentemente la testa perdendo i sensi e procurandosi un politrauma da precipitazione con trauma cranio-facciale e importanti conseguenze pratiche come l'osservanza di un periodo di riposo, l'utilizzo di un collare ortopedico, l'assunzione di terapia analgesica e l'esecuzione di visite specialistiche ed esami strumentali.

La causa veniva istruita con prove orali e consulenza tecnica d'ufficio, dalle quali si evidenziava la presenza di una pozzanghera di acqua in prossimità degli ultimi tre gradini della scala, peraltro non riconoscibili all'istante dal fruitore in quanto la rampa era posizionata dopo una parete ad angolo che limitava la visuale.

Il Condominio contestava la dinamica dell'infortunio senza fornire prova alcuna sulla sussistenza del caso fortuito atto ad interrompere il nesso di causalità, non avendo assolto a tale compito né con la produzione del verbale di sopralluogo effettuato da un perito della Compagnia di assicurazione del Condominio, né con la testimonianza resa da una teste all'uopo citata.

Inoltre, dalle risultanze dell'istruttoria era emerso che l'attore non avesse avuto sufficiente conoscenza del luogo e che, pertanto, alcun pregiudizio poteva derivare dalla condotta del danneggiato.

Il condominio veniva, dunque, ritenuto responsabile, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2051 c.c., per avere omesso di vigilare sulla cosa senza eliminare il pericolo cogente e condannato al risarcimento del danno non patrimoniale comprensivo del danno biologico e del danno morale, cui venivano aggiunte le spese mediche sostenute, oltre interessi legali in funzione compensativi, spese di lite, di C.T.U. e di C.T.P. stante il principio di soccombenza della parte convenuta.

La questione

Vertendo in tema di caduta verificatasi sulle scale condominiali per presenza di acqua sui gradini, il Tribunale si sofferma sulla fattispecie di cui all'art. 2051 c.c. che individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva da parte del Condominio in qualità di custode, senza che assuma rilievo in sé la violazione dell'obbligo di custodia bensì il nesso di causalità tra la situazione rischiosa - costituita dalla scala bagnata - e la caduta dell'avventore.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Rovigo è chiamato a decidere in ordine alla causa promossa da un avventore di un'attività commerciale sita all'interno della compagine condominiale che, all'atto di scendere le scale, cadeva da esse sbattendo violentemente la testa procurandosi un trauma cranio-facciale e, in ragione delle conseguenze riportate, si sottoponeva all'osservanza di un periodo di risposo, all'utilizzo di un collare ortopedico, all'assunzione di terapia analgesica, all'esecuzione di visite specialistiche ed esami strumentali.

I danni e i disagi subiti determinavano il danneggiato a convenire in giudizio il Condominio per il risarcimento dei danni patiti.

Il Condominio si costituiva in giudizio, contestando la dinamica dei fatti siccome esposti e chiedendo il rigetto delle pretese avversarie.

Il Tribunale si apprestava, quindi, un'ampia panoramica della disciplina generale del modello di responsabilità extracontrattuale “da custodia” disciplinata dall'art. 2051 c.c. riassumendo le condizioni alla base di siffatta responsabilità, ovvero l'esistenza di un rapporto di custodia della res comune e il fatto lamentato quale conseguenza della cosa in custodia.

Istruita la causa, a seguito della prova orale testimoniale, veniva confermata la dinamica dei fatti riportata dal danneggiato e data la prova della presenza di una pozzanghera di acqua all'altezza degli ultimi tre gradini della rampa di scale dalla quale l'attore era rovinato a terra, con la precisazione che i gradini bagnati non erano di immediata evidenza da chi si apprestava al loro utilizzo, dal momento che per servirsi della scala era necessario svoltare l'angolo.

Ciò dimostrava la sussistenza del nesso causale tra lo stato della scala - che presentava un pericolo rappresentato dalla pozzanghera di acqua - e la caduta dell'attore.

Viceversa, il Condomino non forniva la prova del caso fortuito idoneo ovvero di un evento atto ad interrompere il presupposto indefettibile del nesso di causalità.

Il Giudice di prime cure, infatti, non riteneva prova idonea la produzione del verbale di sopralluogo dell'incaricato della compagnia di assicurazione del Condominio - peraltro, non parte del giudizio - né la testimonianza resa da una teste.

Inoltre, nella valutazione della condotta del danneggiato, veniva anche evidenziata la circostanza che l'attore non avesse avuto una conoscenza del luogo appropriata (non era un condomino bensì l'avventore di un esercizio commerciale) e che, in ogni caso, la presenza di una pozzanghera sui gradini della scala rivestiva i caratteri di una circostanza imprevedibile, tanto più che in ore serali non potevano esservi in corso le pulizie.

Infine, la teste non era in grado di riferire se il tratto di scale interessato dalla caduta presentasse o meno un'adeguata illuminazione.

In ragione di quanto esposto, il Tribunale si determinava ad affermare la responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. a carico del Condominio per avere omesso di vigilare sulla cosa e per non avere rimosso il pericolo consistente nella presenza di acqua sui gradini della rampa di scale.

Conseguentemente, e a seguito della consulenza tecnica d'ufficio eseguita sulla persona dell'attore, si procedeva alla determinazione del danno alla persona e alla liquidazione congiunta - secondo i parametri tabellari in uso presso il Tribunale di Milano - del danno biologico e del danno morale, cui andavano sommate le spese vive mediche riconosciute e gli interessi legali, ed alla condanna del Condominio al pagamento dei relativi importi nonché delle spese processuali, di C.T.U. e di C.T.P., stante la totale soccombenza in giudizio.

Osservazioni

Il tema della responsabilità delle cose in custodia disciplinato dall'art. 2051 c.c. è sottoposta a precise condizioni di applicabilità e, pertanto, il risarcimento che ne può derivare non spetta in via automatica a qualsiasi danneggiato ma deve essere oggetto di un accertamento nodale.

La Cassazione è intervenuta diverse volte in tema di danno da cosa in custodia, stabilendo che la responsabilità per tali tipi di danni è oggettiva e che si prescinde, pertanto, dal comportamento del custode.

Infatti, i presupposti per la configurabilità della responsabilità da custodia sono l'esistenza di un rapporto di custodia, con ciò intendendo la stretta relazione tra la cosa e il soggetto che ha un effettivo potere sulla stessa, e la prova che il danno lamentato sia stato determinato dalla cosa in custodia.

In materia condominiale, fra le parti comuni dell'edificio di cui il Condominio è custode, rientrano a buon diritto le scale che fanno parte nel novero dei beni in comproprietà tra tutti i condomini.

L'obbligo di custodia dell'amministratore condominiale si sostanzia anche, tra le altre cose, nella vigilanza degli ambienti condominiali e, quindi, nella conservazione di un idoneo stato di manutenzione della res comune, ovvero che sia priva di insidie e pericoli, per evitare che il loro uso possa provocare danni ai condomini o a terzi.

Seppur è vero che “l'art. 2051 c.c. non prevede una responsabilità aquiliana, ovvero non richiede alcuna negligenza nella condotta che si pone in nesso eziologico con l'evento dannoso, bensì stabilisce una responsabilità oggettiva, che è circoscritta esclusivamente dal caso fortuito, e non, quindi, dall'ordinaria diligenza del custode” (v., ex multis, Cass. civ., sez. VI/III, 16 maggio 2017, n. 12027), allo stesso modo la giurisprudenza ha puntualizzato che il fatto colposo della vittima vale ad interrompere il nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno, non sussistendo in questi casi la responsabilità del Condominio.

Ma quando è che il fatto colposo del danneggiato è idoneo a configurare un caso fortuito e, così, ad escludere la responsabilità del custode?

Secondo la giurisprudenza di legittimità, il caso fortuito non attiene al comportamento del responsabile in sé e per sé considerato (ovvero del danneggiante, quindi, nel nostro caso, del Condominio), ma al profilo causale dell'evento integrato da un fattore esterno, comprensivo del fatto del terzo e della colpa del danneggiato, che interviene nella determinazione del danno con un impulso autonomo e con i caratteri dell'imprevedibilità ed inevitabilità, così interrompendo il nesso causale tra la cosa in custodia e l'evento lesivo.

Nel caso fortuito rientra, ad esempio, anche la scarsa diligenza della vittima, quando con la sua condotta imprudente, o semplicemente per disattenzione, contribuisce al verificarsi di un danno, appunto la caduta dalle scale.

Sempre la Suprema Corte ha affermato, ad esempio, che quando la cosa in custodia è statica e inerte, come i gradini delle scale o il pavimento, essa non ha in sé una intrinseca pericolosità mentre spetta al danneggiato provare che essa è divenuta pericolosa a causa di un particolare stato dei luoghi, come la scarsa illuminazione o la presenza non visibile di sostanze viscide e oleose che fanno scivolare chi le percorre normalmente, pur adottando le dovute cautele, come quella di tenersi al corrimano (Cass. civ, sez. III, 27 marzo 2020, n. 7580).

Ad ogni buon conto, anche in caso di manifesto pericolo - derivante dalle condizioni della scala - si richiede che il danneggiato adotti comunque un comportamento attento in modo da eludere la caduta, tanto più quanto egli è a conoscenza della pericolosità delle scale perché, ad esempio, le percorre abitualmente e, dunque, è in grado di evitare alcune insidie note ai partecipanti il Condominio, come ad esempio i gradini sconnessi o dissestati, che invece possono essere ignoti ad un estraneo che entra in quell'immobile per la prima volta (Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2016, n. 12895).

In un altro caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte, dopo che si era accertato che la vittima conoscesse lo stato dei luoghi e che con l'uso dell'ordinaria diligenza avrebbe potuto evitare il danno, si è ritenuto in diritto che la condotta della stessa aveva avuto “efficacia causale assorbente”, determinando così l'assenza di responsabilità in capo al Condominio custode (Cass. civ., sez. VI/III, 23 marzo 2022, n. 9437).

La conoscenza dei luoghi gioca, dunque, un ruolo determinante e, come nel caso di specie, la circostanza che il danneggiato fosse un avventore dell'esercizio commerciale sito all'interno del Condominio era una evenienza che contribuiva a comprovare la mancanza di conoscenza dello stato dei luoghi.

Allo stesso modo, la presenza di acqua sui gradini di una scala interna al condominio non era una contingenza prevista e prevedibile dal danneggiato dal momento che l'episodio si era verificato in ore serali, onde era da escludere che vi potessero essere in corso le ordinarie pulizie che, tutt'al più, avvenivano la mattina presto e avrebbero potuto, in quel caso, determinare nel soggetto intento a scendere le scale una maggiore attenzione.

A chiosa di quanto argomentato, merita pregio evidenziare anche una recentissima pronuncia di merito (Trib. Torre Annunziata 23 giugno 2022, n. 1549) che si è espressa a favore del Condominio, denegando la richiesta di risarcimento avanzata da una condomina caduta mentre scendeva le scale a causa di una sostanza liquida, trasparente, assolutamente non visibile, né prevedibile o in alcun modo segnalata, presente sui gradini.

Questo Tribunale di merito si soffermava proprio sul particolare assunto per cui, nelle controversie di questa tipologia, il Condominio detiene un potere istruttorio marginale, per lo più volto ad evidenziare incongruenze e/o contraddizioni circa le asserzioni dei fatti così come descritte da chi subisce un danno e ne richiede il risarcimento.

Di tal che, trattandosi di situazioni che devono essere valutate con attenzione, caso per caso, proprio per questo motivo il giudice deve essere estremamente rigoroso nel valutare le prove ex art. 116 c.p.c. che, nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale campano non avevano convinto il giudice (testimoni non attendibili, il verbale di pronto soccorso che menzionava una caduta accidentale, la denuncia di sinistro inoltrata all'amministratore del Condominio che presentava incongruenze).

Allo stesso modo, “nell'ipotesi di caduta dai gradini di una scala condominiale, allorchè sia rimasta mancante la prova sicura sia delle modalità della caduta sia dell'effettiva presenza sui gradini del materiale scivoloso che, a detta del ricorrente, avrebbe causato la caduta medesima, deve ritenersi infondata la domanda risarcitoria, in considerazione dell'obbligo del danneggiato di provare l'esistenza del nesso di causalità, anche nell'ipotesi di cui all'art. 2051 c.c.” (così Cass. civ., sez. VI, 26 febbraio 2016, n. 3875).

Nella fattispecie oggetto di esame, il Tribunale di Rovigo, invece, riconosceva il risarcimento del danno in capo all'avventore proprio in ragione del fatto che il Condominio convenuto non aveva fornito la prova della sussistenza di alcun caso fortuito idoneo a interrompere il nesso di causalità: certamente non assolveva all'onere probatorio la produzione del verbale di sopralluogo effettuato da un incaricato della Compagnia di assicurazioni del Condominio e contenente l'indicazione che il danneggiato non aveva saputo indicare le cause della caduta - circostanza riportata in un documento di parte e probabilmente neppure sottoscritta dal medesimo - né la testimonianza resa dalla teste escussa.

L'onere della prova da richiedersi in questi casi deve essere necessariamente più stringente e costituire giustappunto “prova sicura” della diversa ricostruzione dei fatti operata soggetto custode.

Riferimenti

De Giorgi, Le parti comuni dell'edificio, in Proprietà e diritti reali, a cura di Clarizia, Torino, 2016;

Nasini, La responsabilità da cose in custodia e gli obblighi di locatore e conduttore, in Immob. & diritto, 2007, fasc. 7, 55;

Rezzonico, Manuale del condominio, Rimini, 2018, 788;

Tosatti, Caduta in condominio e danno non patrimoniale, in Condominioweb.com, 18 luglio 2022.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.