Il Tribunale di Roma ammette l'indicazione di 'genitore' per due mamme sulla carta d'identità

Redazione Scientifica
18 Novembre 2022

Fondata, secondo i giudici, l'istanza avanzata dalle due donne nei confronti del Comune di Roma e del Ministero dell'Interno. Illegittima, invece, la carta d'identità che identifica la madre biologica come ‘madre' e la madre adottiva come ‘padre'.

Niente ‘padre' e ‘madre' sulla carta di identità del minorenne che ha due madri, quella biologica e quella adottiva. Le due donne debbono entrambe essere identificate sul documento di riconoscimento del minorenne con la generica dicitura ‘genitore' (Tribunale civile di Roma, ordinanza del 9 settembre 2022).

Carta di identità. Netta la presa di posizione del Tribunale di Roma che ha dato ragione a due donne, madri, rispettivamente, biologica e adottiva di una bambina, nella loro battaglia col Comune di Roma e con il Ministero dell'Interno. A dare il via alla vicenda giudiziaria è stata la richiesta, avanzata dalle due donne, mirata ad ottenere l'emissione di una carta d'identità elettronica, valida per l'espatrio, a nome della figlia, con l'indicazione dei loro nominativi con la qualifica di ‘madre' e di ‘madre', o, in alternativa, con la dicitura neutra di ‘genitore'.

Dal Comune hanno replicato che era impossibile accogliere l'istanza, poiché «le specifiche tecniche del programma informatico per l'emissione della carta d'identità prevedono, in conformità con quanto disposto dal decreto del Ministero dell'Interno del 31 gennaio 2019, esclusivamente la dicitura ‘padre' e la dicitura ‘madre' per la compilazione dei campi contenenti i nominativi dei genitori» del minorenne.

Inevitabile, per le due donne, la scelta di rivolgersi al Tribunale, contestando la posizione del Comune e del Ministero dell'Interno e ribadendo la richiesta di ottenere per la figlia una carta di identità adeguata, cioè rappresentativa della loro famiglia.

‘Genitore'. Per il giudice del Tribunale la richiesta avanzata dalle due donne ha un fondamento, anche perché, osserva, non vi è una base giuridica per sostenere «l'obbligo di nominare espressamente, in ogni circostanza ed a qualsiasi fine, un ‘padre' ed una ‘madre'», e, non a caso, è la Costituzione, aggiunge il giudice, «a parlare di ‘genitori' e non già di ‘padre' e ‘madre'».

Per fare chiarezza, comunque, il magistrato sottolinea che in questa vicenda è appurata l'avvenuta adozione della bambina da parte della compagna della madre biologica, con tanto di doppio cognome per la minorenne. Esiste, in sostanza, «una situazione giuridica e di fatto incontrovertibile», osservano i giudici, e «risultante dagli atti dello stato civile», e che consiste «nel rapporto di filiazione (naturale ed adottiva) della minore con le due donne sue genitrici», ed esiste perciò «una famiglia».

Di conseguenza, è innegabile, secondo il giudice, «il diritto delle due donne, giuridicamente riconosciute come genitrici della bambina, a vedersi identificate nella carta d'identità della figlia, in modo conforme alla loro identità sessuale e di genere, o, comunque, in termini neutri». E doveroso è anche riconoscere «il diritto della minore ad una corretta rappresentazione della sua situazione familiare, come figlia – naturale e giuridica – di due donne, quindi di due madri, o, comunque, di due genitori».

Per censurare la posizione del Comune di Roma e del Ministero dell'Interno, poi, il magistrato sottolinea che «l'indicazione, nel documento di identità della minorenne, della madre adottiva con una qualifica – ‘padre' – difforme dalla sua identità sessuale e di genere costituirebbe un'ingerenza nel suo diritto al rispetto della vita privata e familiare».

Allo stesso tempo, non può essere ignorato il diritto della minorenne a «vedere correttamente rappresentata, sul documento di riconoscimento, la propria condizione di figlia di due madri» e quindi a vedere riconosciuta la propria identità familiare. Il giudice sottolinea poi che «con l'adozione si costituisce una relazione genitoriale che non dev'essere stigmatizzata e mortificata dall'attribuzione, in ipotesi al genitore adottante – ma evidentemente ciò vale ugualmente per il genitore naturale –, di un ruolo parentale in contrasto con la sua identità sessuale e di genere».

E, al tempo stesso, «anche la situazione familiare del minore, così come costituitasi per effetto dell'adozione, non dev'essere stigmatizzata con l'indicazione, sul suo documento d'identità, di una genealogia formale difforme dalla realtà».

Per completare il quadro, infine, il giudice osserva che «la carta d'identità è un documento con valore certificativo, destinato a provare l'identità personale del titolare, che deve rappresentare in modo esatto quanto risulta dagli atti dello stato civile di cui certifica il contenuto. Ora, un documento che sulla base di un atto di nascita dal quale risulta che una minore è figlia di una determinata donna ed è stata adottata da un'altra donna, indichi una delle due donne come ‘padre', contiene una rappresentazione alterata, e perciò falsa, della realtà ed integra gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico».

Così, il magistrato, una volta censurato e dichiarato illegittimo il decreto, datato 31 gennaio 2019, del Ministero dell'Interno, accoglie l'istanza delle due donne e stabilisce che sulla carta di identità della minorenne i loro nominativi saranno entrambi accompagnati dalla generica dicitura di ‘genitore'.

(Fonte: dirittoegiustizia.it)

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