Revoca dell'assegno di mantenimento al figlio maggiorenne

Sabina Anna Rita Galluzzo
18 Novembre 2022

A quali condizioni perdura l'obbligo del genitore al mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente?
Massima

Il figlio di genitori divorziati, che abbia ampiamente superato la maggiore età, e non abbia reperito una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l'esigenza a una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l'attuazione mera dell'obbligo di mantenimento del genitore, quasi che questo sia destinato ad andare avanti per sempre; egli deve far fronte al suo stato attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito.

Il caso

Un padre, sottoposto ad amministrazione di sostegno, chiedeva la revoca dell'assegno di mantenimento riconosciuto alla figlia maggiorenne in sede di divorzio.

La Corte d'appello adita respingeva la richiesta. La figlia, ormai trentenne, aveva solo la licenza media e aveva lavorato in nero nell'impresa dei nonni guadagnando troppo poco per poter essere considerata autonoma. La ragazza era a sua volta divenuta madre, e aveva un compagno, che peraltro viveva ancora a casa dei genitori. Secondo la Corte territoriale il semplice progredire dell'età della figlia, con una capacità di lavoro generica e utilizzata in attività al nero insufficientemente retribuita, non poteva costituire motivo sopravvenuto di revoca dell'assegno.

Il padre si rivolgeva allora alla Corte di Cassazione che, con l'ordinanza in esame, accoglie il ricorso.

La questione

La questione ruota intorno all'obbligo del genitore di mantenere, istruire ed educare i figli, previsto dall'art. 30 Cost., obbligo che, ai sensi dell'articolo 337-septies c.c. e della prevalente interpretazione giurisprudenziale, non cessa automaticamente con il compimento della maggiore età ma perdura fino al momento in cui il giovane non ha raggiunto l'autosufficienza economica o non è stato messo in grado di rendersi indipendente.

La mancanza di un termine preventivamente stabilito dalla legge ha fatto sorgere numerosissime questioni in materia. Frequentemente infatti i figli maggiorenni, a causa forse anche della sempre maggior specializzazione richiesta dal mercato del lavoro, chiedono di essere mantenuti a lungo, spesso spinti dal genitore con cui convivono. I giudici, nel tentativo di contemperare le loro istanze con quelle di genitori che cercano di liberarsi da quest'obbligo, hanno emesso provvedimenti non sempre conformi.

Nel caso in esame in particolare la problematica si incentra sul momento in cui, pur in mancanza di una raggiunta indipendenza economica del giovane, il genitore può essere esonerato dall'obbligo di mantenimento del figlio con il progredire dell'età di questi.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione ribadendo i consolidati principi giurisprudenziali in materia sottolinea come la cessazione dell'obbligo del genitore di mantenere il figlio si fonda sull'età, sull'effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica e sull'impegno del figlio rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro.

Da una parte, dunque, i giudici richiedono per la cessazione dell'obbligo di mantenimento che il giovane raggiunga una capacità lavorativa, ma dall'altra sottolineano anche la rilevanza del progredire dell'età del figlio destinata, a rilevare in un rapporto di proporzionalità inversa. Con l'aumentare dell'età diminuiscono, precisa la Corte, gli altri presupposti quali ad esempio la raggiunta indipendenza economica. In altre parole, ai fini della cessazione dell'obbligo, più il ragazzo è grande meno rileva il fatto che abbia trovato un'occupazione adeguata.

La Cassazione con l'ordinanza in esame si inserisce così nel solco di quell'interpretazione giurisprudenziale che cerca di valorizzare il principio generale di autoresponsabilità sostenendo che il diritto al mantenimento perdura dopo la maggiore età solo per il tempo necessario al completamento del percorso formativo prescelto e successivamente per l'ulteriore lasso di tempo che può ritenersi idoneo a procurarsi un lavoro (Cass. 8049/2022, 27904/2021).

Com'è noto è principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui il genitore può ritenersi liberato dall'obbligo di mantenimento del figlio, in assenza di una raggiunta indipendenza economica, solo quando il mancato inserimento nel mondo del lavoro sia causato da negligenza o comunque dipenda da fatto imputabile al figlio stesso per non essersi messo in condizione di conseguire un titolo di studio o di procurarsi un reddito mediante l'esercizio di un'idonea attività lavorativa (Cass. 21773/2008). Partendo da tale consolidato principio peraltro la giurisprudenza più datata sosteneva che il figlio ha diritto ad essere mantenuto anche se ha rifiutato una sistemazione lavorativa non adeguata rispetto a quella cui la sua specifica preparazione, le sue attitudini, e i suoi effettivi interessi sono rivolti (Cass. 4765/2002). Si sosteneva in particolare che non è sufficiente che il figlio venga posto nelle condizioni di rendersi economicamente autosufficiente, ma è invece necessario che realizzi concretamente le proprie aspirazioni.

Inoltre, secondo alcuni provvedimenti, il mantenimento assicurato dai genitori deve addirittura garantire al figlio un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia ed analogo per quanto possibile a quello goduto in precedenza. In particolare la giurisprudenza legava la permanenza dell'obbligo del genitore al conseguimento da parte del figlio, di uno status di autosufficienza economica consistente nella percezione di un reddito corrispondente alla professionalità acquisita in relazione alle normali e concrete condizioni di mercato (Cass. 18974/2013). In tal senso si è escluso che può rilevare il fini della cessazione dell'obbligo di mantenimento un lavoro precario (Cass. 8227/2009), o lo svolgimento di un'attività di apprendistato (Cass. 407/2007) ed è stato inoltre ritenuto giustificato il rifiuto del figlio di accettare un lavoro stagionale (Cass. 1779/2013).

L'evoluzione giurisprudenziale peraltro, anche di fronte ai numerosi casi di giovani ultratrentenni, spesso in possesso di elevato titolo di studio, che chiedevano ancora di essere mantenuti, ha iniziato a sottolineare il principio dell'autoresponsabilità sostenendo che il figlio maggiorenne ha diritto ad essere mantenuto dai genitori soltanto se, ultimato il percorso formativo prescelto, dimostra di essersi adoperato in maniera diligente, puntuale ed effettiva per rendersi autonomo dal punto di vista economico, impegnandosi attivamente e solertemente per trovare un'occupazione in base alle reali opportunità lavorative offerte dal mercato del lavoro, anche, se necessario, ridimensionando le proprie iniziali aspirazioni, senza indugiare nell'attesa di un lavoro consono alle proprie ambizioni (Cass. 29779/2020; Cass. 8049/2022).

In tal senso è stato così sostenuto che l'obbligo di madre e padre viene a cessare quando il mancato svolgimento di un'attività produttiva di reddito dipende da un atteggiamento di inerzia (Cass. 16771/2022); quando il figlio rifiuta occasioni di svolgimento di un'attività retribuita, confacente alle sue condizioni sociali (Cass. 21752/2020). In particolare inoltre in relazione al progredire dell'età si è evidenziato che il genitore può essere esonerato dall'obbligo di mantenimento quando il figlio ha raggiunto un'età tale da far presumere la sua capacità di provvedere a sé stesso (Cass 21773/2008); o quando ha raggiunta l'età in cui nella normalità dei casi il percorso formativo e di studi, è ampiamente concluso e la persona è da tempo inserita nella società (si trattava nella specie di due ragazzi più che trentenni Cass 12952/2016).

Si è così sottolineato come in una fase di vita da qualificarsi pienamente adulta sotto il profilo anagrafico la condizione di persistente mancanza di autosufficienza economico reddituale, in mancanza di ragioni individuali specifiche (di salute, o dovute ad altre peculiari contingenze personali, od oggettive quali le difficoltà di reperimento o di conservazione di un'occupazione) costituisce un indicatore forte d'inerzia colpevole (Cass. 12952/2016).

Si precisa così che il figlio non può abusare del diritto al mantenimento oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, atteso che l'obbligo a carico dei genitori si giustifica solo nel contesto di un progetto educativo e di un percorso formativo, e che la sussistenza dei requisiti per il mantenimento va sempre ponderata con rigore man mano crescente in parallelo al crescere dell'età (Cass. 32406/2021).

In altre parole anche se il giovane non raggiunge l'indipendenza economica compiuta una certa età, che nel caso in esame si avvicina ai trenta anni, il genitore è liberato dall'obbligo di mantenimento. Ciò, secondo l'ordinanza in esame, anche alla luce del fatto che un ragazzo non può avere un'esistenza dignitosa basandosi solo sul mantenimento dei genitori che non durerà per sempre. Nella specie inoltre sottolinea la Corte il figlio maggiorenne può ricorrere, quando ha ampiamente superato la maggiore età senza trovare un lavoro stabile o che lo remuneri in maniera adeguata, a strumenti d'aiuto sociali.

Resta comunque sempre ferma, precisa la Cassazione, in caso di bisogno, l'obbligazione alimentare.

Osservazioni

In passato la Corte aveva risolto in modo diametralmente opposto una questione simile sostenendo che la nascita di un bambino costituisce una causa che può condizionare la possibilità di indipendenza economica della neomamma e che quindi può giustificare il perdurare dell'obbligo di mantenimento.

La Cassazione in quel caso, di fronte a una figlia maggiorenne convivente con i genitori, che aveva avuto un bambino, aveva confermato l'obbligo del padre di mantenerla e aveva considerato il bimbo come causa idonea ad incidere sulla quantificazione in aumento delle esigenze economiche della ragazza (Cass. 2147/2003 in Guida al Diritto, 2003, 12, p. 50 con nota di Autore: Galluzzo S.A.R. Mantenere un bambino nato fuori dal matrimonio incide sulle esigenze di vita del nucleo familiare).

A prescindere peraltro da casi limite di una nuova nascita, la tematica del mantenimento dei maggiorenni, quando supera l'età in cui si è più che adulti, involge anche considerazioni di carattere educativo.

Come infatti affermava tempo fa autorevole dottrina spesso i figli “protetti dai generosi assegni a carico del genitore, non solo trovano preferibile rimandare il più possibile il loro, doloroso (come è per tutti), ingesso nel mondo del lavoro, ma sono naturaliter portati ad aspirare a sistemazioni, il più delle volte del tutto irrealizzabili, con un circuito che vede soccombenti costoro” (Finocchiaro Mario, Quando raggiunge la maggiore età ha l'obbligo di cercare un'occupazione in Guida al Diritto, 25 novembre 2006, n. 45, p. 33).

Tra gli obblighi dei genitori, infatti, non vi è solo quello di mantenere e di istruire ma anche quello di educare e nell'educazione rientra anche il saper insegnare ai figli a rendersi autonomi.

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