Differenza tra duplicato informatico e copia informatica: la Cassazione fa chiarezza

22 Novembre 2022

La copia informatica di un documento nativo digitale presenta, sul bordo destro delle pagine, la “coccarda” e la stringa alfanumerica. Il duplicato informatico, invece, non presenta alcun segno grafico.
Massima

Il duplicato informatico è il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario (che si misurano in bit) e la corrispondenza del duplicato informatico (in ogni singolo bit) al documento originario non emerge (come, invece, nelle copie informatiche) dall'uso di segni grafici essendo, la firma digitale infatti, una sottoscrizione in "bit" il cui segno, restando nel file, è invisibile sull'atto analogico, ovvero sulla carta; solo l'utilizzo di specifici software possono verificare e confrontare l'impronta del file originario con il duplicato.

Il caso

I fideiussori di una società, successivamente dichiarata fallita, proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento di somme a titolo di saldo del conto anticipi che la società in questione aveva sottoscritto con la banca.

Il Tribunale rigettava l'opposizione, per cui i fideiussori proponevano appello. L'appello veniva dichiarato inammissibile poiché proposto tardivamente. Il giudice di appello, infatti, riteneva valida la prima notificazione della sentenza di primo grado e, pertanto, da quel momento aveva iniziato a decorrere il termine di trenta giorni per proporre l'appello.

Avverso la sentenza di appello veniva proposto ricorso per cassazione. A base dell'impugnativa, i ricorrenti adducevano che la prima notifica della sentenza andava dichiarata nulla, giacché, a loro avviso, il documento era privo sia della firma digitale che della firma autografa del giudice che l'aveva emessa. Per i ricorrenti, insomma, l'avvocato aveva autenticato un atto inesistente ex art. 161 c.p.c., come tale inidoneo a far decorrere il termine breve ex art. 326 c.p.c., per cui la Corte d'Appello avrebbe dovuto considerare come termine di decorrenza per la proposizione dell'appello quello della seconda notifica e, quindi, ritenere l'appello tempestivo.

La questione

Viene sottoposto alla Corte di Cassazione il quesito circa l'idoneità della notifica di una sentenza priva sia della sottoscrizione del giudice in calce all'atto, sia della firma digitale – non presentando il documento alcun segno grafico (coccarda e stringa) da cui poter presumere l'avvenuta sottoscrizione – a far decorrere il termine breve per l'impugnazione.

Le soluzioni giuridiche

La Sesta sezione della Cassazione ha rigettato il ricorso, in quanto manifestamente infondato, visto che i ricorrenti avevano confuso l'istituto del duplicato informatico della sentenza sottoscritta telematicamente con quello della copia informatica della stessa.

Osservazioni

Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione ha avuto modo di chiarire e di approfondire le differenze esistenti tra duplicato informatico e copia informatica.

Nello specifico, la Corte osserva che, nel sostenere la nullità della notifica della sentenza di primo grado per essere il documento privo di alcun segno grafico che attestasse l'esistenza della firma digitale, i ricorrenti hanno, in modo evidente, confuso l'istituto del duplicato informatico della sentenza sottoscritta telematicamente con quello della copia informatica della stessa.

Infatti, i requisiti che i ricorrenti associano al duplicato informatico appartengono, invece, alla copia informatica di un documento nativo digitale, la quale presenta effettivamente, sul bordo destro delle pagine, la “coccarda” e la stringa alfanumerica indicante i firmatari dell'atto/provvedimento, segni grafici, che sono generati dal programma ministeriale in uso alle cancellerie degli uffici giudiziari e che non rappresentano, peraltro, la firma digitale, ma una mera attestazione in merito alla firma digitale apposta sull'originale di quel documento (cfr. Cass. n. 11306/2021).

La copia informatica di documento informatico (art. 1, lett. i-quater, del d.lgs. n. 82 del 2005) è qualificata come “il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento da cui è tratto su supporto informatico con diversa sequenza di valori binari”.Si avrà, in tal caso, identità di contenuto, ma non di forma, testimoniata dalla diversa sequenza di bit.

Come si evince, invece, dagli artt. 1, lett. i-quinquies, del d.lgs. n. 82 del 2005 (cd. Codice dell'amministrazione digitale) e 16-bis, comma 9-bis, del d.l. n. 179 del 2012, il duplicato informatico è il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario (che si misurano in bit).

In sostanza, trattasi di un file esattamente identico non solo nel contenuto e nella forma, ma anche sotto il profilo della sequenza binaria, “bit a bit”, all'originale depositato.

Ne discende, dunque, che «la corrispondenza del duplicato informatico (in ogni singolo bit) al documento originario non emerge (come, invece, nelle copie informatiche) dall'uso di segni grafici – la firma digitale è, infatti, una sottoscrizione in “bit”, una firma elettronica, il cui segno, restando nel file, è invisibile sull'atto analogico, ovvero sulla carta – ma dall'uso di programmi di algoritmi, che consentano di verificare e confrontare l'impronta del file originario con il duplicato».

Pertanto, il giudice d'appello ha correttamente affermato la non necessità dell'attestazione di conformità tra originale e duplicato (nel caso di specie, peraltro, tale attestazione era stata pure prodotta dalla banca), atteso che l'art. 23-bis, comma 1, del d.lgs. n. 82 del 2005, afferma che: "i duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle Linee guida".

L'assunto dei ricorrenti secondo cui il duplicato informatico della sentenza sarebbe privo della firma digitale è frutto solo di un fraintendimento sul significato di duplicato informatico. Il duplicato informatico della sentenza, seppur non materialmente visibile, era comunque esistente e poteva essere verificato attraverso i programmi di verifica della firma elettronica.

In conclusione, essendo la prima notifica della sentenza di primo grado effettuata dalla banca pienamente valida, correttamente la Corte d'Appello ha fatto decorrere il termine breve per l'impugnazione da quella data, con conseguente tardività dell'atto di appello.

Pertanto, più che giustamente, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo valida e, quindi, idonea a far decorrere il termine breve ex art. 326 c.p.c., la notifica del duplicato informatico della sentenza di primo grado.

Invero, da quando l'informatica è entrata nel processo, una delle difficoltà maggiormente incontrate dai professionisti, sia nei depositi telematici che nelle notifiche tramite pec, è quella relativa alla incapacità di distinguere tra le diverse tipologie di documenti informatici utilizzati, posto che, per alcuni di essi, la vigente normativa impone l'obbligo di attestarne la conformità, mentre per i documenti informatici tale adempimento non è richiesto, proprio in virtù della loro particolarità.

Infatti, l'art. 23-bis, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005, riconosce alla copia informatica del documento informatico la stessa efficacia probatoria dell'originale da cui è tratta se la conformità all'originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta.

Riferimenti
  • AA.VV., Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, a cura di RUFFINI, Giuffré, 2019;
  • CAPRIO, Copia informatica di atti e documenti, in questa Rivista, 2018;
  • REALE, Documenti informatici, vademecum per avvocati: tutte le differenze spiegate dalla Cassazione, in altalex.com, 2022.

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