Commisurazione della sanzione accessoria della sospensione della patente

23 Novembre 2022

La questione offre lo spunto per fare il punto sui criteri di determinazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente quale sanzione accessoria ai delitti di offesa stradale all'incolumità individuale.
Massima

La determinazione della durata della sospensione della patente deve essere effettuata in base ai parametri di cui all'art. 218 comma 2 C.d.S. Quando si discosti dalla misura minima e media edittale, il giudice è tenuto a motivare le ragioni che richiedono l'applicazione di una sanzione superiore.

Il caso

Il Tribunale di Velletri accoglieva la richiesta di applicazione della pena concordata per il reato di cui all'art. 590-bis comma 1 c.p. dal quale derivava alla persona offesa una malattia superiore ai quaranta giorni.

Il giudice disponeva altresì la sospensione della patente per anni 1 e mesi 6.

Avverso la sentenza, limitatamente all'applicazione della sanzione amministrativa accessoria, propone ricorso per cassazione l'imputata, lamentando il vizio di motivazione in merito alla determinazione della durata, in quanto applicata in misura sproporzionata rispetto alla sanzione penale e, in ogni caso, senza alcuna motivazione.

Il Procuratore generale ha concluso per l'inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, stante il fatto che l'imputata circolava con patente di guida scaduta.

La questione

La questione offre lo spunto per fare il punto sui criteri di determinazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente.

Come noto, ai sensi dell'art. 222 C.d.S., il giudice penale chiamato a giudicare i delitti di colposa offesa stradale alla vita e all'incolumità individuale, contestualmente alla sentenza di condanna dispone automaticamente a carico del trasgressore anche le sanzioni accessorie che vanno a incidere sull'efficacia della patente di guida in funzione social-preventiva di sicurezza della circolazione, anche qualora il Prefetto non abbia precedentemente adottato alcun provvedimento cautelare. Per tale finalità, le sanzioni in oggetto, rimangono comunque applicabili anche laddove il condannato benefici della sospensione condizionale della pena.

L'applicazione giurisdizionale non muta la natura amministrativa di tali sanzioni - la cui concreta attuazione è affidata dall'art. 224 C.d.S. al prefetto - che conservano la loro essenza incentrata sulla tutela di un interesse di spettanza della P.A. Infatti, l'affiancamento delle sanzioni amministrative accessorie, ripristinatorie o interdittive, alle pene criminali, imposta un sistema binario di deterrenza teso a offrire una risposta, preventiva e repressiva, rispetto al fatto che risulti poli-offensivo del valore tutelato dalla norma penale e dell'interesse pubblico correlato.

Circa l'applicabilità delle sanzioni amministrative accessorie a seguito di sentenza di applicazione della pena concordata dalle parti, la Cassazione ha osservato che la locuzione «accertamento del reato», con cui il codice della strada subordina l'applicazione della sanzione, serve solo a sottolineare il carattere di automaticità della sanzione quale conseguenza della violazione correlata a un reato, e non a richiamare l'attenzione sulla necessità che l'applicazione della sanzione presupponga un giudizio di colpevolezza e di responsabilità (plena cognitio), del tutto estraneo alla sfera sanzionatoria amministrativa. La sentenza di patteggiamento, ha in sé tale tipo di accertamento, posto che il giudice deve verificare la corrispondenza tra il fatto e la fattispecie legale, nonché accertare che non ricorrano le condizioni per un proscioglimento a norma dell'art. 129 c.p.p., rifiutandosi di ratificare l'accordo in caso di esito negativo delle sue valutazioni (in tal senso, Cass. pen., sez. un., 21 luglio 1998, n. 8488 e, più di recente, Cass. pen., sez. IV, 4 luglio 2022, n. 25340; Cass. pen., sez. IV, 16 dicembre 2013, n. 50612)

Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, le sanzioni accessorie devono ritenersi inapplicabili nei confronti di chi non abbia la patente, l'abbia conseguita dopo il reato, e di chi, non trovandosi alla guida di alcun veicolo, abbia coadiuvato solo da terra la manovra del conducente, e comunque in tutte quelle ipotesi di reato in cui la violazione, sia stata commessa alla guida di veicoli per la cui conduzione non sia richiesto alcun tipo di abilitazione (in tal senso, Cass. pen., sez. un., 29 marzo 2002, n. 12316 e, più di recente Cass. pen., sez. IV, 26 novembre 2020, n. 34772; Cass. pen., sez. IV, 7 novembre 2018, n. 1495; Cass. pen., sez. III, 7 febbraio 2017, n. 47589).

La durata della sospensione della patente deve essere ragguagliata alla gravità del fatto e alla pericolosità specifica nella guida dimostrata dal condannato.

Le soluzioni giuridiche

Preliminarmente, stante le conclusioni del P.G. di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, la Corte, preso atto della giurisprudenza sopra citata, ha ritenuto sussistere l'interesse a ricorrere di colui che abbia condotto un veicolo per la cui circolazione è richiesta la patente, restando questione di fatto riservata al giudice di merito valutare se sussistano i presupposti per l'applicazione della sanzione in caso di patente di guida scaduta.

La Sezione, poi, ribadisce che, ai fini della determinazione della durata della sospensione, devono utilizzarsi criteri autonomi rispetto a quelli che vengono posti a base della determinazione della sanzione penale, di talché, non saranno utilizzabili i criteri individuati dall'art. 133 c.p., bensì quelli recati dall'art. 218 comma 2 C.d.S., predeterminati per l'Autorità amministrativa (prefetto), che fa riferimento:

  • all'entità del danno apportato,
  • alla gravità della violazione commessa,
  • e al pericolo che l'ulteriore circolazione potrebbe cagionare.

Conseguentemente, le motivazioni relative alla commisurazione della pena e della sanzione amministrativa accessoria restano autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un'eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del provvedimento (in tal senso, Cass. pen., sez. IV, 18 novembre 2020, n. 4740; Cass. pen., sez. IV, 9 novembre 2017, n. 55130).

La motivazione concernente la concreta commisurazione della sanzione amministrativa accessoria assume rilevanza quanto più ci si discosti dal minimo edittale.

Infatti:

  • per giustificare l'applicazione in misura pari o prossima al minimo non è richiesta alcuna motivazione,
  • nell'ipotesi di sanzione determinata entro la misura media, risulta sufficiente a giustificare l'uso della discrezionalità del giudice, il richiamo ai criteri previsti dall'art. 218 comma 2 C.d.S.;
  • mentre quando si discosti dalla misura minima e media, il giudice è tenuto a motivare le ragioni che richiedono l'applicazione di una sanzione superiore.

Nel caso di specie, l'art. 222 comma 2, II periodo, C.d.S., applicabile in virtù della sentenza della Consulta 17 aprile 2019 n. 88 - che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 222 nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti, per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p., non aggravati dai rispettivi commi secondo e terzo, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca, la sospensione della patente - in caso di lesione personale colposa grave o gravissima la sospensione della patente è fino a due anni.

Il giudicante, nell'applicare la sanzione nella misura di un anno e sei mesi, ampiamente distante sia dal minimo che dal medio edittale, ha omesso di esplicitarne le ragioni.

In ragione di quanto sopra, la Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, con rinvio al Tribunale per nuovo giudizio sul punto.

Osservazioni

La sentenza merita di essere condivisa.

L'interesse pubblico correlato alla sanzione accessoria non può essere raffrontato al valore tutelato dalla norma penale, di talché la sua commisurazione segue le regole previste dal codice della strada e richiede una motivazione rafforzata quanto più ci si discosti dal minimo edittale.

Riferimenti

- F. Piccioni, I Reati Stradali. Il diritto penale stradale nella pratica professionale, II edizione, Giuffrè, 2021;

- Aa.Vv., Nuovo Codice della Strada commentato. Annotato con la giurisprudenza VIII edizione, Santarcangelo, 2021;

- F. Piccioni, Codice della Strada per l'Udienza, con normativa complementare selezionata, V edizione, e-book, Altalex, 2022.

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