È possibile la risoluzione del contratto di comodato avente ad oggetto un immobile adibito a casa familiare?

30 Novembre 2022

Cosa accade se l'immobile oggetto di comodato è stato assegnato alla comodataria in funzione di casa familiare nell'interesse dei figli minori, ma il comodante rivendica la connotazione transitoria del contratto di comodato ed il venir meno della sua funzione originaria? A tutti questi interrogativi la pronuncia in esame offre un'eloquente risposta, attraverso una rassegna dell'istituto e della sua disciplina.
Massima

Nel giudizio di risoluzione del contratto di comodato, avente ad oggetto un bene immobile adibito a casa familiare, spetta alla convenuta comodataria l'onere di provare che l'immobile sia stato destinato dai contraenti a soddisfare sine die le esigenze del nucleo familiare, piuttosto che quelle assolutamente transitorie e contingenti legate a quello specifico periodo, e che tali esigenze permangano a tutt'oggi, con la conseguenza che si deve ritenere che il contratto abbia esaurito la sua funzione e sia consentito al comodante richiedere la restituzione del bene.

Il caso

Il giudizio viene promosso con una domanda di risoluzione del contratto di comodato avanzata da un padre nei confronti del figlio e della di lui (all'epoca) compagna convivente, avente ad oggetto il godimento della propria casa familiare in favore dei due convenuti e dei loro due figli minori.

L'attore deduceva che il comodato fosse da intendersi a termine, destinato a soddisfare una situazione transitoria e che la convenuta vi abitasse a tutt'oggi con i figli in forza di un provvedimento di assegnazione emesso dal Tribunale in un precedente giudizio sorto fra i convenuti per le modalità di affidamento e mantenimento dei figli.

La convenuta resisteva in giudizio sostenendo la durata senza termine del comodato sino al totale soddisfacimento delle esigenze per il quale era stato concluso, ovvero di residenza familiare.

La causa veniva istruita con l'assunzione di testi e una produzione documentale.

In assenza della prova che l'immobile fosse stato destinato a soddisfare le necessità primarie del nucleo familiare convivente, il Tribunale di Massa dichiarava risolto il contratto di comodato e condannava la convenuta al rilascio dell'immobile oltre alla refusione delle spese di lite in favore dell'attore, compensandole invece fra l'attore e il figlio convenuto.

La questione

Si trattava, quindi, di procedere all'indagine sul contenuto del contratto di comodato che può assolvere a diverse funzioni e, conseguentemente, divergere in termini di durata.

Nel caso di specie, riveste particolare riguardo la questione relativa alla disciplina del contratto di comodato dell'abitazione che assolve la funzione di casa familiare in forza di un provvedimento di assegnazione all'esito di un procedimento di affido e mantenimento dei figli, e la sua correlazione, nel caso di comodato stipulato senza la determinazione di un termine, con l'onere di provarne la destinazione a casa familiare e la sua persistenza anche al momento della domanda di rilascio dell'immobile oggetto di comodato.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Massa era chiamato a decidere in ordine alla causa promossa da un padre nei confronti del figlio e della ex convivente per la risoluzione di un contratto di comodato della propria casa familiare, avendo ottenuto la convenuta l'assegnazione di detta casa affinché vi abitasse con i figli, una volta cessata la relazione affettiva con il convenuto, all'esito di un procedimento per l'affidamento e il mantenimento dei minori.

L'attore sosteneva che il comodato si intendesse riferito allo stato di fatto al momento della crisi familiare e che, quindi, avesse esaurito la sua funzione; la convenuta adduceva, invece, la durata senza termine del comodato, sino al totale soddisfacimento delle esigenze familiari per il quale era stato concluso.

Il Tribunale incentra la propria disanima sulla funzione del contratto di comodato e conseguentemente sulla durata.

Prende a precipuo riferimento la pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 29 settembre 2014, n. 20448), che analizzava una questione analoga a quella affrontata, cogliendo la linea interpretativa necessaria alla decisione della contesa.

Tratta la questione relativa all'assegnazione della casa coniugale (anche in caso di convivenza dei genitori) e rileva come, detta contingenza, non faccia venire meno il contratto di comodato interessante l'abitazione e la disciplina ad esso applicabile prevista dal codice di rito.

Pertanto, il giudicante riserva alla convenuta - che argomenti la sussistenza di un comodato senza termini di durata, diversamente da quanto dedotto dall'attore - l'onere della relativa prova.

La causa veniva istruita con l'assunzione di alcuni testi che deponevano a favore della transitorietà del contratto di comodato legato ad esigenze familiari: precisamente, l'attore e la moglie avevano in un primo tempo ospitato la famiglia per qualche mese nel 2018, poi nel 2020 e, poco dopo, su richiesta del figlio, avevano concesso l'utilizzo della propria abitazione temporaneamente, per spirito di solidarietà e vista l'imminenza di una crisi familiare, ritirandosi in un ricovero posto in giardino ma mantenendo i propri beni all'interno della casa e permanendo intestatari delle utenze, oltre alla circostanza che i minori avevano mantenuto la residenza nella pregressa abitazione.

Non venivano, invece, valorizzate le deduzioni fornite dalla convenuta in ordine al contenuto di una telefonata intercorsa con l'attore (non avente alcuna valenza confessoria), al fatto che l'immobile venisse locato per la stagione estiva e che il godimento dell'abitazione fosse stata l'unica utilità percepita dai figli nei confronti del padre che non si occuperebbe del mantenimento economico (aspetti da regolare evidentemente in altra sede).

Conseguentemente, il Tribunale, in base alla rappresentazione dei fatti resa dalle parti e dai testimoni nonché dai documenti forniti, non riteneva provato dalla convenuta la circostanza che il comodato fosse senza termine in quanto destinato ad appagare le esigenze del nucleo familiare.

Il giudizio si concludeva, quindi, con la pronuncia di risoluzione del contratto di comodato intercorso fra le parti, rilascio dell'immobile e al pagamento delle spese di lite in favore dell'attore: spese compensate fra l'attore e il figlio convenuto, evidentemente allineati nella difesa.

Osservazioni

L'uso del contratto di comodato è frequente nell'ambito immobiliare, ma la situazione che interessa la disamina della pronuncia in oggetto riguarda una particolare ipotesi di comodato di un immobile, stipulato non in forma scritta, della cui funzione e conseguentemente della relativa durata le parti sono in disaccordo.

La vicenda trae origine da un nucleo familiare composto da due conviventi e dai due figli minori che, versando in un momento di crisi (sia personale che economica) ricevono il sostegno e l'aiuto dei nonni paterni che concedono in comodato alla famiglia la propria abitazione.

Nelle intenzioni del comodante, la funzione originaria del contratto era di un comodato a termine, destinato a soddisfare in quel momento le esigenze transitorie della famiglia, a maggior ragione successivamente alla interruzione del rapporto sentimentale del figlio e della compagna, permanendo comunque l'interesse alla tutela dei minori.

La comodataria, poi, in un successivo giudizio per l'affidamento e il mantenimento dei minori, otteneva un provvedimento di assegnazione dell'abitazione concessa in comodato in funzione di residenza familiare sollevando la contestazione dell'inerme comodatario il quale, chiaramente, non partecipava al predetto giudizio.

Preliminarmente, si rende opportuno considerare le due “forme” del comodato previste dal codice civile: quello propriamente detto, regolato dagli artt. 1803 e 1809, e il comodato c.d. “precario”, al quale si riferisce l'art. 1810 c.c. sotto la rubrica “comodato senza determinazione di durata”.

È solo nel caso di cui all'art. 1810 c.c., connotato dalla mancata pattuizione di un termine e dalla impossibilità di desumerlo dall'uso cui doveva essere destinata la cosa, che è consentito di richiedere ad nutum (ovvero secondo la volontà) il rilascio al comodatario, mentre nella forma di comodato previsto dall'art. 1809 c.c. è prevista la facoltà del comodante di richiedere la restituzione immediata dell'immobile alla scadenza del termine convenuto, o quando se ne è servito in conformità al contratto, o in caso del verificarsi di un urgente e sopravvenuto bisogno.

Un primo problema affrontato dalla giurisprudenza di legittimità consiste proprio nell'incidenza di un provvedimento di assegnazione e il contenuto del contratto di comodato nelle sue diverse accezioni.

La Suprema Corte di Cassazione, con la nota pronuncia a sezioni unite (Cass. civ., sez. un., 29 settembre 2014, n. 20448) si è occupata del rapporto tra comodato di un immobile senza previsione di termine e il provvedimento di assegnazione in sede di separazione.

Anzitutto, si è richiamata agli assunti dedotti in un'altra rilevante pronuncia di legittimità a Sezioni Unite, secondo la quale, “nell'ipotesi di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà perché sia destinato a casa familiare, il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull'immobile, ma determina una concentrazione, nella persona dell'assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodato, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l'uso previsto nel contratto, salva l'ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno, ai sensi dell'art. 1809 c.c.” (Cass. civ., sez. un., 7 settembre 2004, n. 13603).

In questo caso, dunque, la specificità della destinazione, fissata per effetto della concorde volontà delle parti in “casa familiare”, risulterebbe incompatibile con un godimento contraddistinto dalla provvisorietà e dall'incertezza, proprio del comodato cosiddetto precario, e che legittimano la cessazione ad nutum del rapporto su iniziativa del comodante.

Solo una pronuncia si è posta in senso contrario nel determinare la irrilevanza della destinazione a casa familiare di un immobile e la relativa configurabilità di un comodato precario (Cass. civ., sez. III, 7 luglio 2010, n. 15986).

Tornando per un attimo alle Sezioni Unite del 2014, che attengono ad una situazione analoga a quella indagata dal Tribunale di Massa ma con esito diverso (rigetto della richiesta di risoluzione del contratto di comodato), il rapporto contrattuale viene ricondotto all'alveo del comodato regolato dagli artt. 1803 e 1809 c.c. e, quindi, scaturente da un uso determinato e - in assenza di un'espressa indicazione della scadenza - avente una durata determinabile per relationem.

In particolare, essa ha precisato che non “ogniqualvolta un immobile venga concesso in comodato con destinazione abitativa, si debba immancabilmente riconoscergli durata pari alle esigenze della famiglia del comodatario, ancorché disgregata”, ma che si deve valutare la sussistenza della pattuizione di un termine finale di godimento del bene che ben potrebbe rilevarsi e rivelarsi dalle motivazioni espresse nel momento in cui è stato concesso il bene.

Anche in un'altra pronuncia dello stesso Tribunale di Massa veniva evidenziato che, qualora il comodato di un bene immobile sia stato stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare già formato o in via di formazione, si configurava un comodato non precario, caratterizzato dalla non prevedibilità del momento in cui la destinazione del bene verrà a cessare; pertanto, per effetto della concorde volontà delle parti, si conferiva al comodato un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari, idoneo a conferire all'uso il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo solo dalla volontà del comodante (Trib. Massa 7 marzo 2022, n. 196, peraltro anche dello stesso giudice estensore della decisione in commento).

In proposito, sempre a detta delle Sezioni Unite del 2014, “la concessione per destinazione a casa familiare implica una scrupolosa verifica della intenzione delle parti, che tenga conto delle loro condizioni personali e sociali, della natura dei loro rapporti, degli interessi perseguiti. Ciò significa che il comodatario, o il coniuge separato con cui sia convivente la prole minorenne o non autosufficiente, che opponga alla richiesta di rilascio la esistenza di un comodato di casa familiare con scadenza non prefissata, ha l'onere di provare, anche mediante le inferenze probatorie desumibili da ogni utile fatto secondario allegato e dimostrato, che tale era la pattuizione attributiva del diritto personale di godimento. La prova potrebbe risultare più difficile qualora la concessione sia avvenuta in favore di comodatario non coniugato né prossimo alle nozze, dovendosi in tal caso dimostrare che dopo l'insorgere della nuova situazione familiare il comodato sia stato confermato e mantenuto per soddisfare gli accresciuti bisogni connessi all'uso familiare e non solo personale”.

Ecco che, preso a riferimento il comodato di casa familiare così come disciplinato dall'art. 1809 c.c., si tratterà di richiedere al giudice un prudente apprezzamento di tutti quegli elementi che concorrono ad enucleare il contenuto e le finalità del contatto di comodato in essere, come i comportamenti e le dichiarazioni delle parti, i rapporti intrattenuti, il tempo trascorso ecc. e, in particolare modo, le stesse intenzioni espresse dalle parti che, nel caso in oggetto, risultavano adeguatamente accertate, come la finalità solidaristica del comodante e l'opportunità di assolvere ad esigenze familiari prettamente transitorie e da riferirsi ad uno stato di fatto esistente in quel momento.

Nella fattispecie in esame, peraltro, i convenuti non coniugati attraversavano già una crisi familiare - attutita momentaneamente dalla dimostrata solidarietà dell'attore e della moglie - non erano prossimi alle nozze e non avevano in essere un progetto di vita certo e lungimirante, tale da determinare la specificità del contratto di comodato all'atto della sua costituzione.

Difatti, sempre la giurisprudenza di legittimità ha espressamente sancito che: “[…] dovevano essere i comodatari, nella specie, a dimostrare che il contratto fosse stato concluso per esigenze di tutela della famiglia e della prole, esigenze persistenti anche nel momento in cui la richiesta di cessazione del comodato era stata proposta” (Cass. civ., sez. VI, 3 luglio 2018, n. 17332).

Onere della prova che non veniva compiutamente assolto dalla convenuta comodataria.

Pertanto, ed a chiosa di quanto argomentato, si ribadisce il principio per cui il comodatario ha diritto alla prosecuzione del rapporto di comodato per tutto il tempo per cui si protraggono le esigenze familiari solo nelle situazioni in cui sia inequivocabile che il rapporto si sia consolidato in vista della predetta finalità.

Ecco che, nel comodato di bene immobile, la volontà di assoggettare il bene a vincoli d'uso particolarmente gravosi, quali la destinazione a residenza familiare, non può essere presunta ma deve essere positivamente accertata dovendo, nel dubbio, essere adottata la soluzione più favorevole alla cessazione del vincolo (Cass civ, sez. VI, 21 novembre 2014, n. 24838) e quindi la legittimità della richiesta del comodante di restituzione immediata dell'immobile per scadenza del termine convenuto e/o quando il comodatario se ne è servito in conformità al contratto.

Riferimento

Bizzarri, Il comodato di “casa familiare”, nuove precisazioni nel solco delle Sezioni Unite, in Giustiziacivile.com, 19 gennaio 2016;

Cipriani, Il comodato senza determinazione di tempo: un tertium genus? in Rass. dir. civ., 2008, fasc. 4, 1157;

Emiliozzi, Contratto di comodato senza indicazione del termine e restituzione del bene, in Giur. it., 2017, fasc. 7, 1557;

Ferrari, Il comodato di durata aleatoria, in Foro it., 2009, fasc. 4, I, 1203.

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