Trasferimento coatto

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

Presupposti e limiti del trasferimento c.d. d'autorità del lavoratore

Ai sensi dell'art. 2103 c.c., introdotto dall'art. 13 dello Statuto dei diritti dei lavoratori, il cd. trasferimento passivo o d'autorità da un'unità produttiva a un'altra è subordinato alla ricorrenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, con la nullità di ogni pattuizione contraria.

La S.C. ha chiarito che ai fini del trasferimento per unità produttiva deve intendersi l'entità aziendale che si caratterizzi per condizioni imprenditoriali di indipendenza tecnica ed amministrativa tali che in essa si esaurisca per intero il ciclo relativo ad una frazione o ad un momento essenziale dell'attività produttiva aziendale (Cass. n. 19837/2004; Cass., n. 11103/2006).

È stato inoltre precisato che, in tema di trasferimento del lavoratore, poiché la finalità principale della norma di cui all'art. 2103 c.c. è quella di tutelare la dignità del lavoratore e di proteggere l'insieme di relazioni interpersonali che lo legano ad un determinato complesso produttivo, le tutele previste per il lavoratore trasferito rilevano anche quando lo spostamento avvenga in un ambito geografico ristretto (ad es. nello stesso territorio comunale) da una unità produttiva ad un'altra, intendendo per unità produttiva ogni articolazione autonoma dell'azienda, avente, sotto il profilo funzionale e finalistico, idoneità ad esplicare, in tutto o in parte, l'attività dell'impresa medesima, della quale costituisca una componente organizzativa, connotata da indipendenza tecnica ed amministrativa tale che in essa si possa concludere una frazione dell'attività produttiva aziendale (Cass.,n. 11660/2003; Cass.,n. 22695/2011).

Il trasferimento d'autorità è giustificato se ricorrono “comprovate ragioni tecniche organizzative e produttive”, che in caso di contestazione da parte del lavoratore rientra nell'onere del datore di lavoro dimostrare nell'ipotesi di contestazione giudiziale dell'atto (Cass. n. 807/2017).

Tuttavia, secondo la corrente giurisprudenza di legittimità, nel disporre il trasferimento il datore non è tenuto a indicare al lavoratore, contestualmente, i motivi sottostanti, anche in considerazione del fatto che l'adozione della misura non è subordinata a requisiti formali, salvo che questi non siano resi necessari dalla contrattazione collettiva applicabile (Cass., n. 12029/2020; Cass., n. 22100/2019).

Nell'ambito del concetto di “ragioni tecniche organizzative e produttive di trasferimento” rientrano, tra l'altro, in accordo con la stessa giurisprudenza di legittimità, un'esigenza di riorganizzazione aziendale finalizzata a una gestione più economica (Cass., n. 18827/2013); la mobilità aziendale volta a evitare licenziamenti per esubero del personale (Cass., n. 6289/2020); il trasferimento finalizzato a rasserenare i rapporti nella unità produttiva, a seguito di comportamenti di un dipendente che abbiano cagionato una situazione di c.d. incompatibilità ambientale (Cass., n. 27345/2019; Cass., n. 27226/2018).

L'individuazione del lavoratore da trasferire non è sindacabile, salvo che risulti diversamente disposto dalla contrattazione collettiva e salva altresì l'applicazione dei principi generali di correttezza e buona fede (Cass., n. 11624/2002).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Il lavoratore può essere trasferito nella pendenza della decisione sul riconoscimento dei benefici della l, n. 104 del 1992 per uno stretto congiunto?

No, in forza del principio di buona fede nello svolgimento del rapporto negoziale

Va accolto il ricorso proposto ex art. 700 c.p.c. dal lavoratore — in qualità di unico familiare in grado di prestare assistenza alla propria madre convivente, portatrice di handicap grave — volto a sospendere gli effetti dell'impugnato trasferimento nei confronti del datore di lavoro, che era altresì stato reso edotto della pendenza della procedura amministrativa finalizzata a conseguire il possesso del verbale accertativo dell'handicap, ed avrebbe potuto attenderne l'esito, secondo gli ordinari canoni di buona fede e correttezza, prima di procedere a trasferire il dipendente senza averne preventivamente acquisito il consenso ai sensi dell'art. 40, comma 5, c.c.n.l. di categoria, in assenza di ulteriori ragioni d'urgenza (Trib. Bari, sez. lav., 26 ottobre 2011, in Giurisprudenzabarese.it, 2011).

Domanda
Sussiste il periculum in mora se la sede del trasferimento è a poca distanza da quella precedente?

In linea di principio no, specie se la nuova sede è agevolmente raggiungibile

Nel caso di domanda cautelare, azionata ex art. 669-bis e ss. e 700 c.p.c. allo scopo di ottenere la sospensione del trasferimento di un lavoratore, non può ritenersi integrato il necessario presupposto della irreparabilità del pregiudizio — anche in relazione alle esigenze di tutela della lavoratrice madre — allorché la sede di destinazione disti solo pochi chilometri dall'originario luogo di lavoro e sussistano esigenze aziendali obiettive ed in sé non contestate, sul piano organizzativo e produttivo (Trib. Siena, 17 giugno 2003, in Notiziario giur. lav., 2003, 463).

Domanda
È differente la valutazione del periculum se il trasferimento sottende ragioni disciplinari?

Si, poiché viene in rilievo la dignità del lavoratore

È ammissibile il ricorso alla procedura d'urgenza per impugnare un provvedimento di trasferimento, potendo individuarsi il pregiudizio imminente e irreparabile, qualora il trasferimento assuma il valore di sanzione disciplinare, nella lesione della dignità del lavoratore (Trib. Pordenone, 21 ottobre 2000, in Lavoro nella giur., 2001, 363, con nota di Piovesana).

Orientamento di merito dominante

Se il trasferimento rischia di incidere sulla vita familiare e sociale del lavoratore sussiste un pericolo di pregiudizio irreparabile

Il lavoratore può adire il Giudice del lavoro in via di urgenza per l'ottenimento della sospensione in via cautelare dell'efficacia del provvedimento di trasferimento.

Nella prassi applicativa è stato affermato che, in caso di trasferimento, sussiste il periculum in mora, necessario per l'emanazione di un provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., quando dal provvedimento derivino al lavoratore comprovati pregiudizi alla vita familiare e di relazione, non risarcibili per equivalente (Trib. Roma, 26 gennaio 2000, in DL Riv. critica dir. lav., 2000, 400; Pretura Milano, 2 dicembre 1996, in DL Riv. critica dir. lav., 1997, 339). In sostanza, deve attribuirsi rilevanza decisiva alla necessità di evitare che, nelle more del giudizio di merito, possano essere minacciati da un pregiudizio irreparabile i diritti della persona connessi alla posizione sociale e familiare acquisita dal lavoratore nel luogo di lavoro (cfr. Pretura Parma, 15 marzo 1999, in DL Riv. critica dir. lav., 1999, 581).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

Il ricorso d'urgenza rientra nell'ambito di quelli cautelari, volti dunque ad assicurare, nelle more della definizione sul merito della controversia, che gli effetti della relativa decisione non siano pregiudicati dal trascorrere del tempo.

Pertanto, presupposti generali della concessione di una misura cautelare sono il fumus boni juris ed il periculum in mora.

Il fumus boni juris denota l'apparente fondatezza della domanda proposta dal ricorrente in sede cautelare apprezzata nell'ambito di una cognizione di carattere sommario.

Il periculum in mora attiene, appunto, al pericolo che si concretizzi un pregiudizio in danno della parte ricorrente nel tempo necessario all'accertamento del diritto della stessa nelle forme ordinarie.

La tutela d'urgenza costituisce, nell'ambito delle misure cautelari, uno strumento di carattere generale e residuale, nel senso che può essere utilizzato al fine di evitare il verificarsi di un pregiudizio imminente ed irreparabile. La tutela in via d'urgenza dei diritti di credito è dunque possibile, potendo in altre ipotesi il relativo pregiudizio trovare adeguato rimedio ex post con il risarcimento ottenuto al termine del giudizio di merito, quando per il soggetto ricorrente la mancata concessione della misura cautelare potrebbe in ipotesi avere riflessi su beni e/o situazioni di carattere non patrimoniale di per sé suscettibili di subire un pregiudizio irreparabile.

Aspetti preliminari

Competenza

Se la domanda cautelare è proposta prima dell'inizio del giudizio di merito la competenza spetta in linea di principio, ex art. 669-ter c.p.c., al giudice competente per la controversia di merito.

Se invece la domanda è proposta in corso di causa va formulata al giudice assegnatario della stessa.

Il giudice competente è in entrambe le ipotesi, ai sensi dell'art. 413 c.p.c., quello speciale del lavoro.

Contenuto del ricorso ante litem

Sebbene i provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. rientrino tra quelli c.d. a strumentalità attenuata, nel senso che l'efficacia degli stessi non è subordinata alla instaurazione del giudizio di merito, è costante in giurisprudenza il principio in forza del quale nel ricorso proposto ante causam devono essere adeguatamente evidenziati il petitum e la causa petendi dell'eventuale controversia di merito che sarà eventualmente incardinata dopo la fase cautelare.

Oggetto e onere della prova

In conformità alle regole generali espresse dall'art. 2697 c.c. è il ricorrente a dover dimostrare la sussistenza dei presupposti per la concessione del provvedimento cautelare, ossia il fumus boni juris ed il periculum in mora.

Con riguardo al primo presupposto sarà peraltro sufficiente l'allegazione, da parte del lavoratore, dell'insussistenza di comprovate ragioni organizzative, tecniche o produttive, che possono giustificare un trasferimento d'autorità ex art. 2103 c.c.

Sarà anche nell'accertamento sommario proprio di un procedimento cautelare poi onere del datore di lavoro dimostrare il fumus in ordine alla sussistenza almeno di una di tali ragioni giustificative.

Il lavoratore dovrà inoltre dimostrare — anche mediante presunzioni — che dall'attuazione del trasferimento possa derivargli un pregiudizio irreparabile, ossia tale da incidere definitivamente sulla sua sfera di vita personale, familiare e relazionale.

Il provvedimento:

a) effetti

Le ordinanze emesse ai sensi dell'art. 700 c.p.c. restano efficaci, se pronunciate a seguito di un ricorso proposto ante litem, a prescindere dall'instaurazione del giudizio di merito.

Il provvedimento, tuttavia, non è idoneo a fare stato, con efficacia di giudicato, sul rapporto controverso che, salvo l'operare dei cc.dd. stabilizzatori di diritto sostanziale (prescrizione, decadenza) potrà essere messo in discussione in un successivo giudizio a cognizione piena.

b) regime

L'ordinanza, sia di diniego che di concessione della misura cautelare è assoggettata, ex art. 669-terdecies c.p.c., a reclamo proponibile entro il termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Il reclamo, per le misure emesse come avviene di regola dal giudice monocratico del tribunale, si propone al collegio (del quale non può far parte il giudice che ha deciso sul ricorso). Il procedimento di reclamo si svolge nelle forme camerali ed è deciso con ordinanza.

Il provvedimento emanato a fronte del reclamo cautelare non è ulteriormente impugnabile. La Corte di cassazione ha infatti costantemente affermato che è inammissibile il ricorso straordinario ex art. 111, comma 7, Cost. perché le ordinanze cautelari, anche pronunciate in sede di reclamo, non sono provvedimenti decisori su diritti.

4. Conclusioni

Ai sensi dell'art. 2103 c.c., introdotto dall'art. 13 dello Statuto dei diritti dei lavoratori, il cd. trasferimento passivo o d'autorità da un'unità produttiva a un'altra è subordinato alla ricorrenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, con la nullità di ogni pattuizione contraria.

Il lavoratore può adire il Giudice del lavoro in via di urgenza per l'ottenimento della sospensione in via cautelare dell'efficacia del provvedimento di trasferimento.

In particolare, sussiste il periculum in mora, che si identifica con il concreto rischio di un pregiudizio di carattere irreparabile, necessario per l'emanazione di un provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c., quando dal provvedimento possano derivare al lavoratore pregiudizi alla vita familiare e di relazione, non risarcibili ex post per equivalente (Trib. Roma, 26 gennaio 2000, in DL Riv. critica dir. lav., 2000, 400; Pret. Milano, 2 dicembre 1996, in DL Riv. critica dir. lav., 1997, 339).

Anche in sede cautelare, spettando comunque al datore di lavoro dimostrare la legittimità del trasferimento ai sensi dell'art. 2103 c.c., l'onere istruttorio — che può essere assolto anche mediante presunzioni — a carico del lavoratore si appunta soprattutto sulla sussistenza del periculum.

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