Diritto al rendiconto dei soci accomandanti1. Bussole di inquadramentoLa residualità dei provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. Il provvedimento d'urgenza è una misura cautelare avente contenuto atipico che, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., può essere richiesta, in assenza di un rimedio cautelare tipico, per tutelare un diritto, nelle more del tempo necessario per far valere lo stesso in via ordinaria, a fronte del pericolo di un pregiudizio imminente ed irreparabile (Panzarola-Giordano, Provvedimenti d'urgenza, Bologna 2016, 1 ss.). Il provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. è uno strumento di tutela cautelare residuale, come si evince chiaramente dall'incipit della stessa norma secondo cui lo stesso può essere richiesto “fuori dei casi regolati dalle precedenti sezioni di questo capo”, ovvero in relazione a situazioni per le quali non è prevista la possibilità di domandare la concessione di una delle misure cautelari tipiche. Ciò implica che a fronte di un'istanza proposta ai sensi dell'art. 700 c.p.c., il primo problema che si pone è stabilire se non vi sia un rimedio ad hoc non utilizzato dalla parte, onde evitare che la previsione dell'art. 700 c.p.c. attribuisca al ricorrente la possibilità di ottenere quello che non è più dato conseguire con il rimedio cautelare specificamente previsto per il caso concreto (ex plurimis, Trib. Salerno, 19 ottobre 2005). La residualità dello strumento di tutela costituito dal provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. ed il contenuto atipico che lo stesso può assumere non comporta, in ogni caso, che lo stesso possa essere richiesto anche in assenza di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante. In altri termini, è sempre necessario dedurre l'esistenza di un periculum di ritardata tutela rispetto ad un diritto (la cui sussistenza appaia almeno verosimile al giudice della cautela). Il diritto al rendiconto dei soci accomandanti nelle società in accomandita semplice Le società in accomandita semplice si caratterizzano, nell'ambito delle società di persone, per la necessaria distinzione tra i soci accomandanti e i soci accomandatari. Solo ai soci accomandatari è affidata la gestione della compagine sociale ed essi rispondono in via illimitata e solidale dei debiti che conseguono a tale gestione. I soci accomandanti sono, sostanzialmente, quelli che investono capitali in un'attività commerciale svolta dagli accomandatari e non possono intervenire nella relativa gestione. Tuttavia, l'art. 2320, comma 3, c.c. riconosce ai soci accomandanti il diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l'esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società. Di qui, il divieto di immistione degli accomandanti è stato del legislatore contemperato con il potere di controllo ad essi spettante, che si materializza nel diritto indisponibile di avere comunicazione del bilancio e di controllarne l'esattezza nonché di impugnare giudizialmente il bilancio stesso, provocando un sindacato di legittimità di esso (App. Napoli, 17 settembre 2009). Tale potere di controllo si sostanzia anche nella facoltà di estrarre copia della documentazione stessa, pure con riferimento a documenti idonei a ricostruire le singole poste passive del conto per verificare le uscite di cassa, finalizzato al controllo dell'esattezza del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite (Trib. Milano, Sez. spec. Impresa, 20 ottobre 2014, in Ilsocietario.it, 23 gennaio 2015). Si discute, anche in giurisprudenza, se al socio accomandante spetti un potere di controllo pieno analogo a quello contemplato dall'art. 2261 c.c. in favore dei soci delle società in nome collettivo (cfr., Trib. Salerno, 16 settembre 2009), ovvero se il sindacato possa avere ad oggetto non il merito delle scelte gestionali di amministrazione ma solo l'esattezza dei dati esposti in bilancio al termine dell'esercizio sociale. Si ritiene, in quest'ultima prospettiva, che gli accomandanti possono impugnare il bilancio provocando un sindacato di legittimità dello stesso, ma un sindacato inteso come rispondenza del documento contabile alle operazioni sociali (Cass., n. 376/1996). La S.C. ha comunque sia chiarito, al contempo, che è legittimo — e non costituisce giusta causa di esclusione — il rifiuto del socio accomandante di s.a.s. di partecipare all'assemblea statutariamente prevista per l'approvazione del bilancio in caso di violazione del suo diritto di visionare ed avere copia dei documenti oggetto di approvazione (Cass., n. 10715/2016). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Si può chiedere in via cautelare la revoca dell'amministratore della società in accomandita semplice?
Si, perché il relativo ricorso non è un atto di ingerenza nell'amministrazione È ammissibile, anche in via cautelare, la domanda di revoca del socio accomandatario amministratore di una s.a.s., giacché essa non integra un atto di ingerenza nell'amministrazione, ma si limita ad attivare un controllo giudiziario di legittimità sulla condotta degli amministratori che spetta a ciascun accomandante (Trib. Napoli, 22 ottobre 2002, in Giur. merito, 2003, 465).
Domanda
Il socio accomandante può ottenere in via cautelare la revoca del socio accomandatario perché non gli è stato consentito durante l'esercizio di esaminare la documentazione contabile?
No, perché può verificarne la regolarità solo al termine dell'esercizio sociale Nelle società di persone, non può essere accolta la richiesta cautelare di revoca del socio accomandante, per difetto del requisito del fumus boni juris, fondata su generiche contestazioni relative a prelevamenti di denaro dal conto corrente della società: il socio accomandatario può, infatti, gestire le somme per finalità sociali senza particolari vincoli. Per dedurre una finalizzazione di tali prelievi a finalità extrasociali andrebbero allegati elementi probatori specifici. Né rileva, ai fini della sussistenza dei presupposti per la revoca del socio accomandatario, l'impedimento all'accesso alla documentazione contabile per le attività di verifica e di controllo, in quanto ai sensi dell'art. 2320, comma 3, c.c. il socio accomandante ha solo diritto di ricevere la comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite e di controllarne l'esattezza mediante la consultazione dei liberi e degli altri documenti della società. Quindi, l'accomandante solamente al termine dell'annualità può verificare la regolarità della gestione sociale, non potendo esercitare tale controllo nel periodo intermedio (Trib. Padova, sez. fer., 9 agosto 2019, in Ilsocietario.it, 3 ottobre 2019).
Domanda
Il socio accomandante può controllare la documentazione per verificare la congruità del valore di liquidazione della quota?
Si, perché il diritto di controllo ex art. 2320 c.c. è anche volto a preservare l'integrità della quota Il diritto alla consultazione dei documenti sociali, ex art. 2320 c.c., va letto non solo come strumento di monitoraggio dell'operato dei soci amministratori in funzione di una tutela dell'interesse ad una governance attiva da parte dei soci non amministratori, ma anche come mezzo propedeutico alla tutela dell'interesse patrimoniale all'integrità della quota. Vi è dunque che il diritto di controllo sulla gestione attraverso la consultazione dei libri contabili e degli altri documenti sociali sussiste anche in caso di esigenze di verifica preordinate ad una corretta liquidazione della quota del socio uscente (Trib. Napoli, VII, n. 5319/2017, in Ilsocietario.it, 22 dicembre 2017). Orientamento di merito più recente Non è ammessa la tutela d'urgenza per ottenere il rendiconto dagli accomandanti per difetto di residualità A fronte della proposizione di un ricorso d'urgenza volto alla condanna del socio accomandatario o della società alla produzione del rendiconto sulla gestione, nella recente giurisprudenza si è ritenuta l'inammissibilità dello stesso per difetto di residualità, in quanto il socio accomandante dispone a tal fine del rimedio tipico costituito dall'instaurazione del giudizio di rendiconto ai sensi degli artt. 263 e ss. c.p.c. (Trib. Roma, Sez. spec. in materia di imprese, 13 febbraio 2018, in www.ilcaso.it, 2019). Il socio accomandante può agire in via cautelare nei confronti dell'accomandatario per acquisire documenti funzionali al giudizio di responsabilità Per altro verso, tuttavia, sin da tempi risalenti, è stata riconosciuta la possibilità per il socio accomandante di agire in via d'urgenza per ottenere elementi di prova da far valere nel giudizio di merito a sostegno di un diritto sostanziale dell'accomandante (al rendiconto, alla revoca dell'amministratore, al risarcimento del danno, ecc.: Trib. Monza, 9 marzo 1985, in Dir. fall., 1985, II, 478). Questa posizione appare più corretta sul piano sistematico rispetto a quella affermata nella recente prassi applicativa in quanto il giudizio di rendiconto è, pur con talune peculiarità, un giudizio di cognizione a carattere speciale e dunque un'azione che non consente di ottenere una tutela immediata in via d'urgenza come quello cautelare. 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizioIl procedimento di rendiconto di cui agli artt. 263 e s. c.p.c. è fondato sul presupposto dell'esistenza dell'obbligo legale o negoziale di una delle parti di rendere il conto all'altra, facendo conoscere il risultato della propria attività in quanto influente nella sfera di interessi patrimoniali altrui o, contemporaneamente, nella altrui e nella propria, e, come tale, si ricollega all'esistenza di un rapporto di natura sostanziale e si instaura a seguito di domanda di rendiconto proposta in via principale od incidentale, sviluppandosi, quindi, come un giudizio di cognizione di merito, sia pure speciale, il cui atto terminale — in caso di accettazione del conto — è un'ordinanza non impugnabile del giudice istruttore, mentre — in caso contrario — è una sentenza (se del caso parziale quando trattasi di procedimento promosso in via incidentale) avente attitudine ad acquisire efficacia di giudicato sul modo di essere della situazione sostanziale inerente l'obbligo di rendiconto (e ciò, o in via esclusiva, o in via strumentale, rispetto ad altra situazione costituente il diritto principale cui si ricollega l'obbligo di rendiconto) (cfr. Cass. I, n. 17283/2010, in fattispecie relativa al diritto che, ai sensi dell'art. 2261 c.c., compete al socio di società di persone di ottenere il rendiconto dagli amministratori, al fine di proporre contro i medesimi un'eventuale azione di responsabilità; Trib. Roma, 14 marzo 2003, in Giur. merito, 2003, 2183). Aspetti preliminari Competenza Per il giudizio di rendiconto la competenza per territorio segue le regole ordinarie e quindi la domanda dovrà essere promossa dinanzi al Tribunale del luogo di residenza o domicilio del convenuto. Legittimazione passiva La società in accomandita semplice non è legittimata passivamente nel giudizio introdotto da un accomandante diretto ad esercitare il controllo sugli atti dell'accomandatario. L'azione diretta alla esibizione di documenti esercitata in sede cautelare allo scopo di attingere elementi di prova, va proposta, infatti, contro l'accomandatario personalmente. Oggetto e onere della prova Il socio accomandante, nel proporre l'azione di rendiconto, è tenuto solo a provare di non aver ottenuto la comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite da parte dell'accomandatario oppure che, pur ricevuta tale comunicazione, non gli è stato consentito di controllarne l'esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società (secondo le facoltà allo stesso riconosciute dall'art. 2320, comma 3, c.c.). Decisione Se a seguito dell'esibizione dei documenti su ordine del giudice non sorgono contestazioni, il rendiconto è approvato con ordinanza non impugnabile. Se invece colui il quale ha richiesto il rendiconto — nel nostro caso, dunque, il socio accomandante — lo impugna su poste specifiche si apre un giudizio ordinario a cognizione piena ed esauriente che si conclude con sentenza suscettibile di passare in giudicato. Pertanto, tale decisione sarà impugnabile in appello e, di poi, con ricorso ordinario per cassazione. 4. ConclusioniNelle società in accomandita semplice, il divieto di immistione degli accomandanti è stato del legislatore contemperato, mediante il disposto dell'art. 2320, comma 3, c.c., con il potere di controllo ad essi spettante, che si materializza nel diritto indisponibile di avere comunicazione del bilancio e di controllarne l'esattezza nonché di impugnare giudizialmente il bilancio stesso, provocando un sindacato di legittimità di esso. La giurisprudenza più recente ha ritenuto, a fronte della proposizione di un ricorso d'urgenza volto alla condanna del socio accomandatario o della società alla produzione del rendiconto sulla gestione, nella recente giurisprudenza l'inammissibilità dello stesso per difetto di residualità, in quanto il socio accomandante dispone a tal fine del rimedio tipico costituito dall'instaurazione del giudizio di rendiconto ai sensi degli artt. 263 e ss. c.p.c. (Trib. Roma, Sez. spec. in materia di imprese, 13 febbraio 2018, in www.ilcaso.it, 2019). In realtà tale assunto non appare completamente appagante sul piano sistematico perché il giudizio di rendiconto, pur avendo forme peculiari, è un ordinario giudizio di cognizione suscettibile, in caso di contestazioni, di concludersi con una sentenza passata in giudicato e non può avere una funzione equiparabile a quella del ricorso d'urgenza. In ogni caso, sia l'azione cautelare che il giudizio di rendiconto non vanno promossi dall'accomandante nei confronti della società bensì direttamente del socio accomandatario. L'onere probatorio a carico del ricorrente, nel giudizio di rendiconto, si sostanzia nella prima fase, posto l'obbligo legale dell'accomandatario di ostensione documentale al termine dell'esercizio sociale, nell'omissione della relativa comunicazione (ovvero del successivo rifiuto opposto alla richiesta di esaminare la documentazione contabile a fondamento del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite). In sede cautelare, oltre a ciò, va dimostrato, anche in via presuntiva, il pericolo di pregiudizio che potrebbe derivare (ad esempio rispetto al futuro valore di liquidazione della quota dell'accomandante) da tali condotte. |