Tutela inibitoria pre-assembleare1. Bussole di inquadramentoLa residualità della tutela d'urgenza ex art. 700 c.p.c. Il provvedimento d'urgenza è una misura cautelare avente contenuto atipico che, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., può essere richiesta, in assenza di un rimedio cautelare tipico, per tutelare un diritto, nelle more del tempo necessario per far valere lo stesso in via ordinaria, a fronte del pericolo di un pregiudizio imminente ed irreparabile (Panzarola-Giordano, Provvedimenti d'urgenza, Bologna 2016, 1 ss.). Il provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. è uno strumento di tutela cautelare residuale, come si evince chiaramente dall'incipit della stessa norma secondo cui lo stesso può essere richiesto “fuori dei casi regolati dalle precedenti sezioni di questo capo”, ovvero in relazione a situazioni per le quali non è prevista la possibilità di domandare la concessione di una delle misure cautelari tipiche. Ciò implica che a fronte di un'istanza proposta ai sensi dell'art. 700 c.p.c., il primo problema che si pone è stabilire se non vi sia un rimedio ad hoc non utilizzato dalla parte, onde evitare che la previsione dell'art. 700 c.p.c. attribuisca al ricorrente la possibilità di ottenere quello che non è più dato conseguire con il rimedio cautelare specificamente previsto per il caso concreto (ex plurimis, Trib. Salerno, 19 ottobre 2005). Impugnazione delle delibere delle società e possibilità di ottenerne la sospensione degli effetti durante il giudizio di merito In tema di società di capitali, l'art. 2378, comma 3, c.c., dettato per le società per azioni, ma applicabile anche alle s.p.a., stabilisce che, con ricorso depositato contestualmente al deposito, anche in copia, della citazione, l'impugnante può chiedere la sospensione dell'esecuzione della deliberazione; in caso di eccezionale e motivata urgenza, il presidente del tribunale, omessa la convocazione della società convenuta, provvede sull'istanza con decreto motivato, che deve altresì contenere la designazione del giudice per la trattazione della causa di merito e la fissazione, davanti al giudice designato, entro quindici giorni, dell'udienza per la conferma, modifica o revoca dei provvedimenti emanati con il decreto, nonché la fissazione del termine per la notificazione alla controparte del ricorso e del decreto. La sospensione ex art. 2378, comma 3, c.c. risponde alla ratio di evitare che il diritto o l'interesse di chi agisce impugnando una deliberazione assembleare possa subire gravi pregiudizi nelle more del procedimento d'impugnazione della stessa. In tal senso assume rilevanza anche l'interesse di proteggere la società dal pericolo che la delibera impugnata venga prima eseguita e subito dopo annullata (cfr. Trib. Brescia, Sez. spec. Impresa, 21 settembre 2020). Occorre interrogarsi se vi siano spazi ulteriori di tutela rispetto alla sospensione dell'efficacia delle delibere societarie delle quali si invochi, nel corso del giudizio di merito, l'invalidità. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Se la controversia è devoluta ad arbitri, il giudice ordinario ha il potere di sospendere l'efficacia delle delibere?
Si, finché l'organo arbitrale non sia in concreto in grado di provvedere In presenza di una clausola statutaria che attribuisce alla cognizione arbitrale le controversie aventi ad oggetto la validità delle delibere, fino al momento in cui l'organo arbitrale non sia concretamente in grado di provvedere deve riconoscersi la competenza del giudice ordinario sull'istanza di sospensione della deliberazione (Trib. Torino, Sez. spec. Impresa, 26 febbraio 2021, in Foro it., 2021, 4, I, 1434).
Domanda
Quali sono le valutazioni che deve compiere l'autorità giudiziaria ai fini della sospensione delle delibere di società?
Deve bilanciare i rispettivi pregiudizi La sospensione della esecuzione di delibere impugnate può essere disposta dal giudice della relativa causa di merito valutando comparativamente il pregiudizio che subirebbe il ricorrente dalla esecuzione e quello che subirebbe la società dalla sospensione della esecuzione della deliberazione (Trib. Genova, I, 12 novembre 2020, in Ilsocietario.it, 11 gennaio 2021). Orientamento della Corte di Casszione Quando la tutela d'urgenza è possibile in presenza di un rimedio cautelare tipico La Suprema Corte, in uno dei rari arresti che sono giunti ad occuparsi del tema, ha affermato che “per valutare l'ammissibilità dell'azione ex art. 700 c.p.c. occorre verificare se, in astratto, l'ordinamento appresti una forma tipica di tutela che consenta di conseguire in via di urgenza la tutela innominata prevista dagli articolo 700 e seguenti c.p.c.” (Cass. n. 5925/1999). Orientamento prevalente di merito La tutela d'urgenza è ammessa esclusivamente ove non sia praticabile la sospensione di cui all'art. 2378, comma 3, c.c. Stante l'esistenza del rimedio “tipico” della sospensione della delibera assembleare, è dominante nella prassi l'orientamento per il quale è, in detta materia, di regola inammissibile la proposizione del ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c., appare irrituale, per difetto del requisito della residualità. Come ha ad esempio sottolineato Tribunale Roma Sez. spec. Impresa, 3 agosto 2016, atteso il carattere di sussidiarietà della tutela di cui all'art. 700 c.p.c., l'accesso ad essa è consentito solo qualora non risultino utilizzabili altri provvedimenti cautelari tipici, quale è rispetto all'impugnazione delle delibere assembleari delle società la sospensione di cui all'art. 2378 c.c. in quanto funzionale a conseguire anticipatamente in tutto o in parte gli effetti della relativa azione di impugnativa. In particolare, il provvedimento di sospensione, ha ricordato ancora la richiamata pronuncia, non può essere emanato ante litem, in quanto può essere adottato dal presidente del Tribunale o dal giudice istruttore in quanto sia stata proposta, nelle forme del processo ordinario di cognizione, impugnazione avverso la deliberazione di cui venga assunta la contrarietà alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto dell'ente, alla luce del terzo comma dell'art. 2378 c.c. che prevede espressamente il ricorso cautelare deve essere depositato «contestualmente al deposito anche in copia della citazione». Invero, le disposizioni relative al procedimento cautelare ante causam in tanto possono trovare applicazione ai provvedimenti di natura cautelare previsti da disposizione contenuta nel codice civile in quanto le prime siano “compatibili” con tali provvedimenti (art. 669-quaterdecies c.p.c.) e, nel rapporto fra le disposizioni rispettivamente contenute nell'art. 669-ter c.p.c. (in tema di competenza cautelare anteriore alla causa di merito) e nell'art. 2378, comma 3, c.c., le seconde prevalgono sulle prime perché costituenti, quanto al procedimento, diritto speciale derogativo del diritto generale; come tale esclusivamente applicabile in luogo del diritto generale, incompatibile con il procedimento previsto dalla norma speciale. In altre parole, l'istanza di sospensione non può essere accolta, presupponendo ogni decisione in ordine alla stessa la sussistenza fra le parti di un giudizio di merito per la dichiarazione di nullità ovvero di annullamento degli atti di cui si discute: in tal senso milita, peraltro, la costante giurisprudenza cautelare di questo Tribunale. Nondimeno le regole appena richiamate operano solo in via generale poiché, come è stato sottolineato nella stessa giurisprudenza di merito, la proposizione del ricorso d'urgenza, in via alternativa e comunque sussidiaria rispetto a quello, tipicamente deputato allo scopo, dell'art. 2378, comma 3, c.c., è invece possibile quando quest'ultimo, per qualsivoglia motivo, non sia praticabile (cfr. Trib. Firenze, 23 febbraio 2017, in ilcaso.it) o in alternativa, per invocare provvedimenti cautelari diretti a neutralizzare pericula diversi da quello tipico (Trib. Bologna, 11 gennaio 2018). Uno spazio di operatività della tutela d'urgenza si rinviene, ad esempio, nell'ambito della tutela inibitoria pre-assembleare: è invero diffuso il principio per il quale, in tema di società di capitali, il socio può ricorrere alla tutela atipica dell'art. 700 c.p.c. per ottenere una pronuncia circa la legittimità del comportamento da tenersi in assemblea, quando vi siano fondati motivi per ritenere che una illegittimità verrà compiuta in assemblea, in quanto l'esperibilità da parte del socio del rimedio atipico dell'art. 700 c.p.c. rispetto alle delibere assembleari infatti non è esclusa dalla previsione della tutela cautelare rappresentata dalla richiesta di sospensione ex art. 2378 c.c., perché quest'ultima presuppone lo svolgimento della assemblea e l'instaurazione di un giudizio di merito che potrebbe anche richiedere un tempo non trascurabile per la sua attivazione (ex aliis, Trib. Milano, Sez. spec. Impresa, 23 aprile 2018). 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio Il ricorso d'urgenza è un rimedio di carattere residuale che consente, in assenza di altri strumenti di tutela cautelare che consentano di ottenere in concreto il medesimo grado di tutela per una determinata situazione giuridica soggettiva, di richiedere ed ottenere l'emanazione di provvedimenti atipici nel loro contenuto. È però a tal fine necessario, oltre alla prova del fumus boni juris, quella di un periculum in mora particolarmente rigoroso, ossia quello di un pregiudizio imminente ed irreparabile. La tutela in via d'urgenza dei diritti di credito è dunque possibile, potendo in altre ipotesi il relativo pregiudizio trovare adeguato rimedio ex post con il risarcimento ottenuto al termine del giudizio di merito, quando per il soggetto ricorrente la mancata concessione della misura cautelare potrebbe in ipotesi avere riflessi su beni e/o situazioni di carattere non patrimoniale di per sé suscettibili di subire un pregiudizio irreparabile. Aspetti preliminari Competenza Se la domanda cautelare è proposta prima dell'inizio del giudizio di merito la competenza spetta in linea di principio, ex art. 669-ter c.p.c., al giudice competente per la controversia di merito. La relativa competenza è demandata, trattandosi di rapporti societari, al Tribunale delle imprese (o, rectius, alla sezione specializzata costituita in alcuni Tribunali per tale materia) ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 168 del 2003. Risolvendo un delicato contrasto di giurisprudenza che si era formato sulla questione, le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass., S.U., n. 19882/2019) hanno chiarito che il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di impresa, nello specifico caso in cui entrambe le sezioni facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, non attiene alla competenza, ma rientra nella mera ripartizione degli affari interni dell'ufficio giudiziario, da cui l'inammissibilità del regolamento di competenza, richiesto d'ufficio ex art. 45 c.p.c. Al contrario, rientra nell'ambito della competenza in senso proprio la relazione tra la sezione specializzata in materia di impresa e l'ufficio giudiziario, diverso da quello ove la prima sia istituita. Quest'ultima circostanza assume rilievo perché, come noto, le sezioni specializzate in materia di impresa non sono costituite presso tutti i Tribunali ma solo presso i Tribunali e le Corti d'appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Trieste e Venezia (art. 1, comma 1, d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168), presso i Tribunali e le Corti d'appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione, ove non esistenti nelle città ora elencate (art. 1 comma 1-bis), nonché presso i Tribunali e le Corti di appello di Brescia e di Bolzano. Se invece la domanda è proposta in corso di causa va formulata al giudice assegnatario della stessa. Contenuto del ricorso ante litem Sebbene i provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. rientrino tra quelli c.d. a strumentalità attenuata, nel senso che l'efficacia degli stessi non è subordinata alla instaurazione del giudizio di merito, è costante in giurisprudenza il principio in forza del quale nel ricorso proposto ante causam devono essere adeguatamente evidenziati il petitum e la causa petendi dell'eventuale controversia di merito che sarà eventualmente incardinata dopo la fase cautelare. Onere della prova In conformità alle regole generali espresse dall'art. 2697 c.c. è il ricorrente a dover dimostrare la sussistenza dei presupposti per la concessione del provvedimento cautelare, ossia il fumus boni juris ed il periculum in mora. Ancor prima nella fattispecie casistica che ne occupa il ricorrente dovrà dimostrare che, in concreto, la sospensione post causam della delibera dell'assemblea della società non potrebbe fornirgli una tutela equivalente a quella idonea ad evitare il pregiudizio imminente ed irreparabile al diritto, apparentemente fondato, fatto valere. Può porsi la questione se vi sia spazio per la tutela d'urgenza anche a fronte di delibere societarie già emanate per poter invocarne in via immediata la sospensione degli effetti ancor prima di poter ottenerne la sospensione in corso di causa. Il provvedimento: a) gli effetti Le ordinanze emesse ai sensi dell'art. 700 c.p.c. restano efficaci, se pronunciate a seguito di un ricorso proposto ante litem, a prescindere dall'instaurazione del giudizio di merito. Il provvedimento, tuttavia, non è idoneo a fare stato, con efficacia di giudicato, sul rapporto controverso che, salvo l'operare dei cc.dd. stabilizzatori di diritto sostanziale (prescrizione, decadenza) potrà essere messo in discussione in un successivo giudizio a cognizione piena. b) il regime L'ordinanza, sia di diniego che di concessione della misura cautelare è assoggettata, ex art. 669-terdecies c.p.c., a reclamo proponibile entro il termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Il reclamo, per le misure emesse come avviene di regola dal giudice monocratico del tribunale, si propone al collegio (del quale non può far parte il giudice che ha deciso sul ricorso). Il procedimento di reclamo si svolge nelle forme camerali ed è deciso con ordinanza. Il provvedimento emanato a fronte del reclamo cautelare non è ulteriormente impugnabile. La Corte di cassazione ha infatti costantemente affermato che è inammissibile il ricorso straordinario ex art. 111, comma 7, Cost. difettando il requisito della decisorietà. 4. ConclusioniIl provvedimento d'urgenza ex art. 700 c.p.c. è uno strumento di tutela cautelare residuale, come si evince chiaramente dall'incipit della stessa norma secondo cui lo stesso può essere richiesto “fuori dei casi regolati dalle precedenti sezioni di questo capo”, ovvero in relazione a situazioni per le quali non è prevista la possibilità di domandare la concessione di una delle misure cautelari tipiche. Ciò implica che a fronte di un'istanza proposta ai sensi dell'art. 700 c.p.c., il primo problema che si pone è stabilire se non vi sia un rimedio ad hoc non utilizzato dalla parte, onde evitare che la previsione dell'art. 700 c.p.c. attribuisca al ricorrente la possibilità di ottenere quello che non è più dato conseguire con il rimedio cautelare specificamente previsto per il caso concreto (ex plurimis, Trib. Salerno, 19 ottobre 2005). Stante l'esistenza del rimedio “tipico” della sospensione delle delibere assembleari, è dominante nella prassi l'orientamento per il quale, in detta materia, è di regola inammissibile la proposizione del ricorso d'urgenza ex art. 700 c.p.c., per difetto del requisito della residualità (Trib. Roma, Sez. spec. Impresa, 3 agosto 2016). Nondimeno la proposizione del ricorso d'urgenza, in via alternativa e comunque sussidiaria rispetto a quello, tipicamente deputato allo scopo, dell'art. 2378, comma 3, c.c., è invece possibile quando quest'ultimo, per qualsivoglia motivo, non sia praticabile (cfr. Trib. Firenze, 23 febbraio 2017, est. in ilcaso.it) o in alternativa, per invocare provvedimenti cautelari diretti a neutralizzare pericula diversi da quello tipico (Trib. Bologna, 11 gennaio 2018). |