Concorrenza sleale1. Bussole di inquadramentoIl periculum in mora nella tutela d'urgenza ex art. 700 c.p.c. Il provvedimento d'urgenza è una misura cautelare avente contenuto atipico che, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., può essere richiesta, in assenza di un rimedio cautelare tipico, per tutelare un diritto, nelle more del tempo necessario per far valere lo stesso in via ordinaria, a fronte del pericolo di un pregiudizio imminente ed irreparabile (Panzarola-Giordano, Provvedimenti d'urgenza, Bologna 2016, 1 ss.). Particolare rilevanza, quanto alle situazioni giuridiche soggettive tutelabili mediante un provvedimento d'urgenza ai sensi dell'art. 700 c.p.c., assume la considerazione del periculum in mora che è invero integrato soltanto in presenza di un imminente pericolo di pregiudizio per il ricorrente che rivesta carattere “irreparabile”. Non si può trascurare, infatti, che la necessità, ai fini della concessione di un provvedimento di urgenza, di un pericolo di danno di natura irreparabile, ha indotto autorevole dottrina ad affermare che potrebbe essere richiesta una misura cautelare ex art. 700 c.p.c. esclusivamente per tutelare diritti assoluti (Satta 1953, I, 132) ovvero quelli che hanno ad oggetto o tendono a conseguire un bene di carattere infungibile (Montesano, I provvedimenti d'urgenza, Milano 1955, 79 ss.). In particolare, questa concezione ritiene che i diritti relativi aventi ad oggetto una prestazione di carattere fungibile — quali sono, paradigmaticamente, i diritti di credito ad una prestazione pecuniaria — non possono essere tutelati mediante un provvedimento d'urgenza, poiché in relazione agli stessi non potrebbe mai sussistere un irreparabile pericolo di pregiudizio stante la possibilità, all'esito del giudizio di merito, di ottenere un indennizzo completamente satisfattivo del danno economico nelle more subito dal ricorrente. Nella prassi, peraltro, ha finito con l'affermarsi un diverso orientamento, in omaggio al quale sussiste un pregiudizio irreparabile tutte le volte che, anche se il diritto ha ad oggetto la pretesa ad ottenere un bene di carattere fungibile, il risarcimento dei danni e gli altri rimedi apprestati dalla legge non siano idonei ad attuare integralmente, in concreto, il diritto fatto valere in giudizio. Diviene allora determinante, al fine di valutare l'irreparabilità del pregiudizio la funzione che il diritto dedotto in giudizio svolge per la persona del ricorrente, poiché la mancata concessione della misura cautelare potrebbe in ipotesi avere riflessi su beni e/o situazioni di carattere non patrimoniale di per sé suscettibili di subire un pregiudizio irreparabile (Proto Pisani, Appunti sulla giustizia civile, Bari 1982, 380). Il divieto di concorrenza sleale e i profili peculiari degli illeciti anticoncorrenziali Anche al di fuori della specifica disciplina di tutela dei segni distintivi e dei brevetti, l'art. 2598 c.c. individua una serie di condotte che concretano atti di concorrenza sleale, ossia quelle di chi: 1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente; 2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente; 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda. Rispetto a quest'ultima ipotesi si ritiene che l'art. 2598, n. 3, c.c. è una disposizione aperta che spetta al giudice riempire di contenuti, avuto riguardo alla naturale atipicità del mercato ed alla rottura della regola della correttezza commerciale, sì che in tale previsione rientrano tutte quelle condotte che, coerentemente con la suddetta ratio, ancorché non tipizzate, abbiano come effetto l'appropriazione illecita del risultato di mercato della impresa concorrente (Cass. II, n. 18034/2022). La «concorrenza» deve essere tutelata per consentire una competizione che premi l'efficienza assicurando la sostituibilità, da parte del consumatore, dei prodotti che soddisfano la medesima esigenza. A riguardo, la scelta di abbassare i costi di produzione di uno specifico bene aggredisce legittimamente la clientela del concorrente, se è conseguita attraverso mezzi leciti. Non è legittima, invece, se adopera mezzi che escludono la consapevolezza del consumatore nella scelta, e se fa premio sull'handicap costituito, per i concorrenti, dall'osservanza delle norme che regolano l'offerta di quello specifico prodotto (Cass., n. 10684/2000). La concorrenza sleale deve, comunque, consistere in attività dirette ad appropriarsi illegittimamente dello spazio di mercato ovvero della clientela del concorrente, che si concretino nella confusione dei segni prodotti, nella diffusione di notizie e di apprezzamenti sui prodotti e sull'attività del concorrente o in atti non conformi alla correttezza professionale. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
L'azione di concorrenza sleale presuppone che i soggetti coinvolti siano imprenditori?
Si perché il suo accoglimento implica lo svolgimento di una medesima attività commerciale o imprenditoriale in un comune ambito territoriale La fattispecie prevista dall'art. 2598 c.c., presupponendo innanzitutto la sussistenza di un rapporto di concorrenzialità tra soggetti che esercitino contemporaneamente un'attività industriale o commerciale in un ambito territoriale anche solo potenzialmente comune, non è configurabile qualora entrambi i soggetti non siano in possesso della qualifica di imprenditore (Trib. Ancona, Sez. spec. Impresa, n. 664/2022). Orientamento di merito prevalente Per ottenere un'inibitoria a fronte di atti di concorrenza sleale occorre dimostrare il pericolo di un pregiudizio irreparabile Sebbene gli illeciti anticoncorrenziali possano, a fronte di un fumus boni juris rispetto alle condotte poste in essere, tradursi in comportamenti ex se suscettibili di determinare un pregiudizio significativo (e crescente nel tempo) per l'impresa che lo subisce, nella giurisprudenza di merito prevale l'orientamento secondo cui valgano anche in questa materia i principi generali in materia di tutela cautelare sanciti dall'art. 700 c.p.c. che, come noto, subordina la concessione delle relative misure cautelari alla prova, a carico del ricorrente, sia della sussistenza di un effettivo pregiudizio conseguente al lamentato illecito, sia della sua irreparabilità. Si ritiene, in detta prospettiva, che l'anticipazione della tutela rispetto al merito può essere concessa solo a fronte di atti di concorrenza sleale effettivamente idonei, ove protratti nel tempo, a determinare uno sviamento irreversibile di clientele (come di norma avviene nell'ipotesi di concorrenza sleale confusoria: Trib. Milano, 19 aprile 2011; Trib. Bologna, 20 marzo 2008; Trib. Milano, 27 luglio 2005; Trib. Napoli, 13 marzo 2000), o comunque a provocare altri danni permanenti e non risarcibili per equivalente, come il pregiudizio all'immagine o la lesione all'avviamento o all'integrità aziendale (cfr. Trib. Bari, 1° luglio 2002; Trib. Milano, 16 luglio 2002). Si tende di contro a negare la concessione della tutela in via d'urgenza per mancanza del presupposto del periculum in mora in presenza di condotte che, pur ancora in atto, abbiano esaurito nel passato i loro effetti e non siano più idonee ad alterare gli equilibri di mercato, o che cagionino danni di modesta entità e non suscettibili di estensione nel futuro ovvero, per loro natura, integralmente risarcibili all'esito del giudizio di merito (cfr. Trib. Torino, 28 aprile 2012; Trib. Novara, 26 ottobre 1998; Trib. Milano, 24 luglio 1995; Trib. Catania, 11 dicembre 1993). 3. Azioni processualiFunzione e natura del giudizio Il ricorso d'urgenza è un rimedio di carattere residuale che consente, in assenza di altri strumenti di tutela cautelare che consentano di ottenere in concreto il medesimo grado di tutela per una determinata situazione giuridica soggettiva, di richiedere ed ottenere l'emanazione di provvedimenti atipici nel loro contenuto. È però a tal fine necessario, oltre alla prova del fumus boni juris, quella di un periculum in mora particolarmente rigoroso, ossia quello di un pregiudizio imminente ed irreparabile. La tutela in via d'urgenza dei diritti di credito è dunque possibile, potendo in altre ipotesi il relativo pregiudizio trovare adeguato rimedio ex post con il risarcimento ottenuto al termine del giudizio di merito, quando per il soggetto ricorrente la mancata concessione della misura cautelare potrebbe in ipotesi avere riflessi su beni e/o situazioni di carattere non patrimoniale di per sé suscettibili di subire un pregiudizio irreparabile. Aspetti preliminari Giurisdizione È stato affermato che sussiste la giurisdizione del giudice italiano a emettere provvedimento cautelare d'urgenza ex art. 700 c.p.c. nei confronti di un'impresa con sede legale in Austria, ai sensi dell'art. 7 n. 2 Reg. UE n. 1215/2012, in applicazione del forum delicti, e comunque ai sensi dell'art. 35 dello stesso Regolamento, al fine di inibire condotte concorrenzialmente illecite e confusorie ex art. 2598, n. 1, 2 e 3 c.c. poste in essere nel territorio dello Stato italiano dall'impresa straniera (Trib. Bolzano, Sez. spec. Impresa, 31 marzo 2015, in Ilsocietario.it, con nota di Armeli). Competenza Se la domanda cautelare è proposta prima dell'inizio del giudizio di merito la competenza spetta in linea di principio, ex art. 669-ter c.p.c., al giudice competente per la controversia di merito. Per le controversie in materia di concorrenza sleale, la competenza spetta al Tribunale ordinario se, alla luce della prospettazione delle parti, non sia ravvisabile un'interferenza, neppure indiretta, con l'esercizio dei diritti di proprietà industriale, mentre negli altri casi è rimessa ex art. 134 d.lgs. n. 30 del 2005 al Tribunale delle imprese (cfr., tra le più recenti, Cass. VI, n. 3454/2022). Se invece la domanda è proposta in corso di causa va formulata al giudice assegnatario della stessa. Nel senso che nelle azioni di accertamento negativo, siano esse di carattere cautelare o di merito, di una condotta di concorrenza sleale, il giudice competente per territorio è la sezione specializzata in materia di impresa del tribunale ove la società convenuta ha sede legale v. Trib. Torino Sez. spec. Impresa, 21/03/2023, n.1217. Contenuto del ricorso Sebbene i provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. rientrino tra quelli c.d. a strumentalità attenuata, nel senso che l'efficacia degli stessi non è subordinata alla instaurazione del giudizio di merito, è costante in giurisprudenza il principio in forza del quale nel ricorso proposto ante causam devono essere adeguatamente evidenziati il petitum e la causa petendi dell'eventuale controversia di merito che sarà eventualmente incardinata dopo la fase cautelare. Onere della prova In conformità alle regole generali espresse dall'art. 2697 c.c. è il ricorrente a dover dimostrare la sussistenza dei presupposti per la concessione del provvedimento cautelare, ossia il fumus boni juris ed il periculum in mora. Con riferimento al primo requisito è stato ad esempio affermato che, ai fini della valutazione del fumus boni iuris per la concessione della tutela d'urgenza, integra gli estremi della concorrenza sleale l'attività di un'impresa che distribuisce cataloghi contenenti messaggi promozionali rivolti ai futuri sposi nei pressi dei locali dove si svolge una manifestazione fieristica dedicata ai prodotti e servizi delle aziende operanti nel settore dei matrimoni, in quanto tale attività, sfruttando gli investimenti affrontati dall'organizzatore nel dar vita alla manifestazione, è idonea a sviare non soltanto i consumatori finali, ma anche gli espositori che potenzialmente coincidono con gli inserzionisti delle riviste specializzate (Trib. Roma, 18 maggio 2012, in Foro it., 2012, 7-8, I, 2190). Il provvedimento: a) effetti Le ordinanze emesse ai sensi dell'art. 700 c.p.c. restano efficaci, se pronunciate a seguito di un ricorso proposto ante litem, a prescindere dall'instaurazione del giudizio di merito. Il provvedimento, tuttavia, non è idoneo a fare stato, con efficacia di giudicato, sul rapporto controverso che, salvo l'operare dei cc.dd. stabilizzatori di diritto sostanziale (prescrizione, decadenza) potrà essere messo in discussione in un successivo giudizio a cognizione piena. b) regime L'ordinanza, sia di diniego che di concessione della misura cautelare è assoggettata, ex art. 669-terdecies c.p.c., a reclamo proponibile entro il termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Il reclamo, per le misure emesse come avviene di regola dal giudice monocratico del tribunale, si propone al collegio (del quale non può far parte il giudice che ha deciso sul ricorso). Il procedimento di reclamo si svolge nelle forme camerali ed è deciso con ordinanza. Il provvedimento emanato a fronte del reclamo cautelare non è ulteriormente impugnabile. La Corte di cassazione ha infatti costantemente affermato che è inammissibile il ricorso straordinario ex art. 111, comma 7, Cost. difettando il requisito della decisorietà. 4. ConclusioniAnche al di fuori della specifica disciplina di tutela dei segni distintivi e dei brevetti, l'art. 2598 c.c. individua una serie di condotte che concretano atti di concorrenza sleale, consistenti in attività dirette ad appropriarsi illegittimamente dello spazio di mercato ovvero della clientela del concorrente, che si concretino nella confusione dei segni prodotti, nella diffusione di notizie e di apprezzamenti sui prodotti e sull'attività del concorrente o in atti non conformi alla correttezza professionale. Non discussa l'ammissibilità della tutela d'urgenza, anche di carattere inibitorio, rispetto ad atti di concorrenza sleale, la giurisprudenza ritiene che, nonostante la peculiare pervasività degli stessi, il periculum in mora non sia in re ipsa, sebbene la prova del pericolo di pregiudizio irreparabile sia effettivamente attenuata in alcune fattispecie come in quella degli atti di concorrenza sleale confusoria effettivamente idonei, ove protratti nel tempo, a determinare uno sviamento irreversibile di clientele (Trib. Milano, 19 aprile 2011). Si ritiene carente il periculum in mora, di contro, a fronte di condotte che, pur ancora in atto, abbiano esaurito nel passato i loro effetti e non siano più idonee ad alterare gli equilibri di mercato, o che cagionino danni di modesta entità e non suscettibili di estensione nel futuro ovvero, per loro natura, integralmente risarcibili all'esito del giudizio di merito (cfr. Trib. Torino, 28 aprile 2012). Nell'ipotesi di controversie in tema di concorrenza sleale “pura”, ossia che non chiamino in causa anche la violazione di un diritto di privativa industriale la competenza non appartiene al Tribunale delle imprese bensì al Tribunale ordinario. |