Immobile occupato da terzi sine titulo

Rosaria Giordano

1. Bussole di inquadramento

La tutela d'urgenza dei diritti assoluti

Il provvedimento d'urgenza è una misura cautelare avente contenuto atipico che, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., può essere richiesta, in assenza di un rimedio cautelare tipico, per tutelare un diritto, nelle more del tempo necessario per far valere lo stesso in via ordinaria, a fronte del pericolo di un pregiudizio imminente ed irreparabile.

Particolare rilevanza, quanto alle situazioni giuridiche soggettive tutelabili mediante un provvedimento d'urgenza ai sensi dell'art. 700 c.p.c., assume la considerazione del periculum in mora che è invero integrato soltanto in presenza di un imminente pericolo di pregiudizio per il ricorrente che rivesta carattere “irreparabile”.

Non si può trascurare, infatti, che la necessità, ai fini della concessione di un provvedimento di urgenza, di un pericolo di danno di natura irreparabile, ha indotto autorevole dottrina ad affermare che potrebbe essere richiesta una misura cautelare ex art. 700 c.p.c. esclusivamente per tutelare diritti assoluti ovvero quelli che hanno ad oggetto o tendono a conseguire un bene di carattere infungibile. In particolare, questa concezione ritiene che i diritti relativi aventi ad oggetto una prestazione di carattere fungibile — quali sono, paradigmaticamente, i diritti di credito ad una prestazione pecuniaria — non possono essere tutelati mediante un provvedimento d'urgenza, poiché in relazione agli stessi non potrebbe mai sussistere un irreparabile pericolo di pregiudizio stante la possibilità, all'esito del giudizio di merito, di ottenere un indennizzo completamente satisfattivo del danno economico nelle more subito dal ricorrente.

Nella prassi, peraltro, ha finito con l'affermarsi un diverso orientamento, in omaggio al quale sussiste un pregiudizio irreparabile tutte le volte che, anche se il diritto ha ad oggetto la pretesa ad ottenere un bene di carattere fungibile, il risarcimento dei danni e gli altri rimedi apprestati dalla legge non siano idonei ad attuare integralmente, in concreto, il diritto fatto valere in giudizio. Diviene allora determinante, al fine di valutare l'irreparabilità del pregiudizio la funzione che il diritto dedotto in giudizio svolge per la persona del ricorrente, poiché la mancata concessione della misura cautelare potrebbe in ipotesi avere riflessi su beni e/o situazioni di carattere non patrimoniale di per sé suscettibili di subire un pregiudizio irreparabile.

I rimedi apprestati dall'ordinamento a fronte dell'occupazione senza titolo e il periculum in mora richiesto dall'art. 700 c.p.c.

Con una recente ordinanza di rimessione è stata promossa la rimessione alle Sezioni Unite della Corte di cassazione della questione se, in caso di occupazione senza titolo di immobile, la prova del danno emergente consistente nella deminutio patrimonii derivante dalla perdita della facoltà di godimento del bene per la durata dell'occupazione senza titolo debba considerarsi sussistente in re ipsa, con la conseguente liquidabilità in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c., richiamato dall'art. 2056 c.c. (Cass. II, n. 3946/2022).

Si pone dunque il problema, a fronte dell'occupazione sine titulo di un immobile da parte di un terzo, della possibilità per il proprietario o il detentore cum titulo di ottenerne con provvedimento d'urgenza la restituzione, ossia se possa configurarsi un pregiudizio irreparabile o venga in rilievo una questione cui potrà essere posto efficace rimedio mediante il risarcimento dei danni ottenuto al termine del giudizio di merito.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Come si quantifica il danno da occupazione sine titulo di un immobile? 

Avendo riguardo al canone di locazione

In caso di occupazione senza titolo di un immobile altrui il danno per il proprietario del cespite è in re ipsa, ricollegandosi al semplice fatto della perdita della disponibilità del bene da parte del proprietario usurpato ed all'impossibilità per costui di conseguire l'utilità normalmente ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso, determinabile facendo riferimento al cosiddetto danno figurativo e, quindi, al valore locativo del cespite usurpato e, pertanto, nella fattispecie, si ritiene corretta la determinazione dell'indennità equivalente al canone determinato dal Tribunale nella sentenza impugnata (App. Firenze, n. 2905/2018).

Orientamenti di merito

Può essere chiesta in via d'urgenza dal proprietario o titolare del diritto di usufrutto la restituzione del bene occupato da terzi sine titulo

Un recente precedente edito ha confermato tale orientamento anche rispetto alla posizione dell'usufruttuario, ponendo in evidenza che tutte le norme sostanziali che disciplinano la posizione giuridica dell'usufruttuario (come, in particolare, l'art. 981, che gli attribuisce il “diritto di godere della cosa” — sia pure rispettandone “la destinazione economica” — e di trarre dalla stessa “ogni utilità che questa può dare”, fermi restando i limiti stabiliti dal relativo Capo I, Titolo V del Libro primo del codice civile, e l'art. 982, che attribuisce — sempre all'usufruttuario — il diritto di conseguire, nei limiti della propria quota, il possesso della cosa di cui ha l'usufrutto — anche nel caso, è bene precisare, in cui concorra nell'usufrutto medesimo per una quota minore rispetto a quella di altri usufruttuari, in quanto, ove tale diritto spetti a più soggetti, si stabilisce tra i medesimi una comunione di godimento o “cousufrutto”, che può essere caratterizzata da partecipazioni disuguali, cui si applicano le norme regolanti la comunione dei diritti reali ex art. 1105 c.c. —) abilitano a una corrispondente, idonea tutela giudiziaria, invocabile, pertanto, contro chiunque e anche in via cautelare ante causam, grazie allo strumento atipico di cui all'art. 700 c.p.c., che l'ordinamento appresta, in mancanza di un altro rimedio cautelare ad hoc, consentendo — all'attore che abbia, almeno, una “parvenza di buon diritto” — di ottenere, anticipatamente e almeno in parte —, gli stessi effetti giuridici che intende — e potrà — conseguire con il giudizio di merito, senza, per altro, che se ne possa escludere, in assoluto, la “residualità”, a causa dell'esistenza del rimedio nominato di cui all'art. 670 c.p.c., essendo, infatti, ben differenti tanto i presupposti delle due fattispecie (controversia sulla proprietà o sul possesso di un bene, nel secondo caso; pericolo di pregiudizio irreparabile per quello stesso bene — non scongiurabile con la custodia temporanea —, nell'altro), quanto le caratteristiche della misura di giustizia adottabile per far fronte al pericolo alle stesse connaturato (custodia temporanea del bene, al fine di salvaguardarne la conservazione e/o di assicurarne la conduzione produttiva controllata, nel secondo caso; restituzione immediata al ricorrente o imposizione di altre cautele — diverse dalla mera custodia —, nell'altro).

L'usufruttuario, pertanto, ha, in generale, “il potere di agire giudizialmente contro coloro che compiano ingerenze sulla cosa oggetto dell'usufrutto e, quindi, la legittimazione ad agire non solo con la vindicatio ususfructus” (contro chiunque contesti, anche indirettamente, la titolarità del suo diritto), ma anche con “tutte le azioni, possessorie e petitorie, dirette a conservare il possesso nella sua sfera originaria e a recuperarlo, se perduto in tutto o in parte, e, comunque, dirette a difendere e a realizzare l'uso e il godimento della cosa” (cfr. Cass., n. 6293/2016 — mentre la necessità del litisconsorzio tra usufruttuario e nudo proprietario è prevista soltanto riguardo alle liti in materia di servitù attive e passive promosse dal primo —): tanto, perciò, nel caso di pretese di diritto reale quanto in quello di pretese aventi causa in rapporti meramente obbligatori (come sarebbe stato, nella fattispecie, per le unità immobiliari già concesse in comodato).

3. Azioni processuali

Funzione e natura del giudizio

Il ricorso d'urgenza è un rimedio di carattere residuale che consente, in assenza di altri strumenti di tutela cautelare che consentano di ottenere in concreto il medesimo grado di tutela per una determinata situazione giuridica soggettiva, di richiedere ed ottenere l'emanazione di provvedimenti atipici nel loro contenuto.

È però a tal fine necessario, oltre al fumus boni juris, un periculum in mora particolarmente rigoroso, ossia quello di un pregiudizio imminente ed irreparabile.

La tutela in via d'urgenza dei diritti di credito è dunque possibile, potendo in altre ipotesi il relativo pregiudizio trovare adeguato rimedio ex post con il risarcimento ottenuto al termine del giudizio di merito, quando per il soggetto ricorrente la mancata concessione della misura cautelare potrebbe in ipotesi avere riflessi su beni e/o situazioni di carattere non patrimoniale di per sé suscettibili di subire un pregiudizio irreparabile.

Competenza

Se la domanda cautelare è proposta prima dell'inizio del giudizio di merito la competenza spetta in linea di principio, ex art. 669-ter c.p.c., al giudice competente per la controversia di merito.

Se invece la domanda è proposta in corso di causa va formulata al giudice assegnatario della stessa.

Contenuto del ricorso ante litem

Sebbene i provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. rientrino tra quelli c.d. a strumentalità attenuata, nel senso che l'efficacia degli stessi non è subordinata alla instaurazione del giudizio di merito, è costante in giurisprudenza il principio in forza del quale nel ricorso proposto ante causam devono essere adeguatamente evidenziati il petitum e la causa petendi dell'eventuale controversia di merito che sarà eventualmente incardinata dopo la fase cautelare.

Proposizione di eccezioni petitorie

In tema di azioni a tutela della proprietà, le difese di carattere petitorio opposte, in via di eccezione o con domande riconvenzionali, ad un'azione di rilascio o consegna non comportano — in ossequio al principio di disponibilità della domanda e di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato — una mutatio od emendatio libelli, ossia la trasformazione in reale della domanda proposta e mantenuta ferma dell'attore come personale per la restituzione del bene in precedenza volontariamente trasmesso al convenuto, né, in ogni caso, implicano che l'attore sia tenuto a soddisfare il correlato gravoso onere probatorio inerente le azioni reali (cd. probatio diabolica), la cui prova, idonea a paralizzare la pretesa dell'attore, incombe solo sul convenuto in dipendenza delle proprie difese (Cass., S.U., n. 7305/2014).

Onere della prova

In conformità alle regole generali espresse dall'art. 2697 c.c. è il ricorrente a dover dimostrare la sussistenza dei presupposti per la concessione del provvedimento cautelare, ossia il fumus boni juris ed il periculum in mora.

Sotto il primo profilo, viene in rilievo il pacifico assunto per il quale colui che assume il titolo precario del godimento altrui di un bene, ha soltanto l'onere di dimostrare la consegna ed il rifiuto di restituzione, mentre spetta al convenuto dimostrare un titolo diverso per il suo godimento (ex multis, Trib. Torino, VIII, n. 871/2019).

Il provvedimento:

a) effetti

Le ordinanze emesse ai sensi dell'art. 700 c.p.c. restano efficaci, se pronunciate a seguito di un ricorso proposto ante litem, a prescindere dall'instaurazione del giudizio di merito.

Il provvedimento, tuttavia, non è idoneo a fare stato, con efficacia di giudicato, sul rapporto controverso che, salvo l'operare dei cc.dd. stabilizzatori di diritto sostanziale (prescrizione, decadenza) potrà essere messo in discussione in un successivo giudizio a cognizione piena;

b) regime

L'ordinanza, sia di diniego che di concessione della misura cautelare è assoggettata, ex art. 669-terdecies c.p.c., a reclamo proponibile entro il termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Il reclamo, per le misure emesse come avviene di regola dal giudice monocratico del tribunale, si propone al collegio (del quale non può far parte il giudice che ha deciso sul ricorso). Il procedimento di reclamo si svolge nelle forme camerali ed è deciso con ordinanza.

Il provvedimento emanato a fronte del reclamo cautelare non è ulteriormente impugnabile. La Corte di cassazione ha infatti costantemente affermato che è inammissibile il ricorso straordinario ex art. 111, comma 7, Cost. per difetto del requisito di decisorietà.

4. Conclusioni

A fronte dell'occupazione sine titulo di un immobile da parte di un terzo, il proprietario o il detentore cum titulo può richiederne la restituzione con provvedimento d'urgenza, tutte le volte che il risarcimento dei danni ottenuto al termine del giudizio di merito non surrogherebbe la tutela in forma specifica per particolari situazioni correlate alla situazione del ricorrente.

Anche nel procedimento cautelare opera, pur nell'ambito di un accertamento di carattere sommario, il principio per il quale colui che assume il titolo precario del godimento altrui di un bene, ha soltanto l'onere di dimostrare la consegna ed il rifiuto di restituzione, mentre spetta al convenuto dimostrare un titolo diverso per il suo godimento (ex multis, Trib. Torino, VIII, n. 871/2019).

Né gli oneri istruttori del proprietario (o titolare di altro diritto reale con facoltà analoghe di godimento come l'usufruttuario) divengono più onerosi se l'occupante solleva, in via di eccezione o domanda riconvenzionale, difese di carattere petitorio (con le quali di solito assume di aver acquistato la proprietà del bene per effetto di usucapione), poiché le stesse, in ossequio al principio di disponibilità della domanda e di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, una mutatio od emendatio libelli, ossia la trasformazione in reale della domanda proposta e mantenuta ferma dell'attore come personale per la restituzione del bene in precedenza volontariamente trasmesso al convenuto, né, in ogni caso, implicano che l'attore sia tenuto a soddisfare il correlato gravoso onere probatorio inerente le azioni reali (cd. probatio diabolica), la cui prova, idonea a paralizzare la pretesa dell'attore, incombe solo sul convenuto in dipendenza delle proprie difese (Cass., S.U., n. 7305/2014).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario