La carenza di legittimazione ad agire dei privati cittadini in materia di gestione del servizio idrico integrato

Redazione Scientifica
09 Dicembre 2022

Il ricorso proposto da cittadini residenti, in qualità di intestatari di contratti di servizio idrico e in rappresentanza dell'intera collettività, è inammissibile, per carenza di legittimazione ad agire, qualora i ricorrenti agiscano al fine di ottenere la tutela giurisdizionale di un interesse privo di specifica qualificazione e differenziazione.

I ricorrenti – cittadini residenti, in rappresentanza dei cittadini del proprio Comune – impugnavano i provvedimenti dell'amministrazione comunale relativi all'affidamento del servizio idrico in favore del gestore unico, al fine di ottenere il riconoscimento della salvaguardia della gestione del servizio idrico integrato, ai sensi dell'art. 147 del d.lgs. n.152/2006.

Il Collegio, ravvisando i presupposti per la definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm., esaminava in via preliminare l'eccezione sollevata dalla difesa del Comune, di difetto di legittimazione attiva in capo ai ricorrenti, giudicando la stessa fondata, così dichiarando l'inammissibilità del ricorso.

La sentenza, nel richiamare la consolidata posizione giurisprudenziale sul tema, sottolinea che il sistema di tutela giurisdizionale amministrativa ha il carattere di giurisdizione soggettiva e non di difesa dell'oggettiva legittimità dell'azione amministrativa, alla stregua di un'azione popolare, non ammettendo, pertanto, un ampliamento della legittimazione attiva al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge. Di conseguenza, nel processo amministrativo, fatta eccezione per ipotesi specifiche in cui è ammessa l'azione popolare (ad esempio il giudizio elettorale), non è consentito adire il relativo giudice unicamente al fine di conseguire la legalità e la legittimità dell'azione amministrativa, ove ciò non si traduca anche in uno specifico beneficio in favore di chi la propone, il quale, a sua volta, deve trovarsi in una situazione differenziata rispetto al resto della collettività e non sia un quisque de populo.

In base a tale ricostruzione, il Collegio ritiene che i ricorrenti tentano una sorta di azione popolare, non prevista dall'ordinamento se non in casi eccezionali, facendo valere un interesse di cui essi non sono titolari.

Infatti, i ricorrenti, che agiscono in qualità di cittadini residenti “in rappresentanza dei cittadini tutti del Comune”, e quali intestatari di contratti di servizio idrico, sono privi di legittimazione a ricorrere avverso la deliberazione impugnata in quanto le richiamate qualità non connotano, in termini di specifica qualificazione e differenziazione, la posizione giuridica dei ricorrenti rispetto a quella di altri cittadini residenti nel medesimo Comune. Essi piuttosto vantano un interesse di mero fatto alla migliore gestione del servizio pubblico, la cui cura è demandata esclusivamente ai soggetti pubblici che degli stessi sono enti esponenziali.

Sotto tale profilo, sebbene la giurisprudenza abbia riconosciuto ipotesi di legitimatio ad causam a soggetti collettivi che rappresentano interessi “diffusi” di “categorie” ben individuate (professionisti, imprenditori, consumatori, ecc.) – casi nei quali la personalità dell'interesse coincide con quello riferibile ad una determinata collettività di soggetti, che l'ente esponenziale rappresenta e si propone di tutelare – tale speciale legittimazione, collegata ad una finalità di tutela collettiva, deve trovare uno specifico fondamento normativo (Cons. Stato, sez. VI, 21 luglio 2016, n. 3303) e deve presentare ulteriori criteri di collegamento con l'interesse di volta in volta azionato in giudizio.

Nel caso di specie all'evidenza non ricorre alcuna di tali ipotesi, in quanto ciascuno dei ricorrenti agisce in sostanza per il perseguimento di un interesse individuale, senza alcuna dimensione di tutela di interessi collettivi a cui l'ordinamento riconosce la speciale legittimazione ad agire appena accennata.

Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di legittimazione ad agire.

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