Compensi di avvocato per prestazioni in sede civile: in caso di contestazione del cliente qual è la data di decorrenza degli interessi?

Michele Liguori
14 Dicembre 2022

Da quando iniziano a decorrere gli interessi dell'avvocato sulla parcella per le prestazioni giudiziali eseguite in sede civile? Due sono gli orientamenti giurisprudenziali in tema di decorrenza degli interessi legali.

L'avvocato, al fine di ottenere il pagamento della parcella per prestazioni giudiziali espletate in sede civile, può utilmente e validamente esperire nei confronti del cliente due azioni:

  • il procedimento di ingiunzione o monitorio, di cui agli artt. 633 ss c.p.c.;
  • il procedimento sommario speciale a trattazione collegiale, di cui agli artt. 702-bis ss c.p.c. e 14 D.lgs. 1° settembre 2011 n. 150 (che ha sostituito il precedente procedimento camerale sommario, di cui agli artt. 28 ss L. 13 giugno 1942 n. 794).

Il cliente può contestare il credito professionale dell'avvocato per prestazioni giudiziali:

  • in caso di procedimento di ingiunzione, mediante opposizione a decreto ingiuntivo che va proposta con il ricorso ex art. 702-bis c.p.c., in luogo della citazione ex art. 645 c.p.c. (Sez. Un. 23 settembre 2013 n. 21675) e segue il rito sommario speciale a trattazione collegiale (Sez. Un. 23 febbraio 2018, n. 4485);
  • in caso di procedimento sommario speciale, mediante la semplice contestazione della domanda nel relativo procedimento.

In caso di contestazione da parte del cliente del credito dell'avvocato due sono gli orientamenti giurisprudenziali in tema di decorrenza degli interessi legali.

Il primo orientamento più vetusto ritiene che una volta avvenuta la messa in mora del cliente-debitore, l'insorgere di contestazioni sull'an o sul quantum della pretesa dell'avvocato e il conseguente accertamento giudiziale non modificano la decorrenza degli interessi di mora che, pertanto, decorrono sulla somma accertata e liquidata dal giudice con decorrenza dalla data di costituzione in mora.

Tale orientamento si fonda sul principio secondo cui la liquidità del credito non è condizione necessaria della costituzione in mora con la conseguenza che, in caso di contestazione dell'entità del credito, l'atto di costituzione in mora produce i suoi effetti tipici, con riguardo agli interessi moratori, limitatamente alla parte del credito riconosciuta (Cass. 18 maggio 2016 n. 10282; Cass. 30 aprile 2014 n. 9510; Cass. 20 novembre 1998 n. 11736; Cass. 27 giugno 1997 n. 5772; Cass. 30 ottobre 1996 n. 9514; Cass. 28 novembre 1987 n. 8865; Cass. 10 luglio 1980 n. 4413; Cass. 21 novembre 1979 n. 6064; Cass. 1813/1976; Cass. 1105/1959).

Il secondo orientamento più recente, invece, fa un distinguo a seconda dell'azione intrapresa dall'avvocato:

  • in caso di procedimento di ingiunzione ritiene che gli interessi decorrano dalla data di notifica del decreto ingiuntivo;
  • in caso di procedimento sommario speciale ritiene che gli interessi decorrano dalla data di liquidazione delle somme da parte del giudice con l'ordinanza che conclude il procedimento (Cass. 5 luglio 2018 n. 17655; Cass. 16 febbraio 2016 n. 2954; Cass. 2 febbraio 2011 n. 2431; Cass. 7 giugno 2005 n. 11777; Cass. 29 maggio 1999 n. 5240; Cass. 17 dicembre 1991 n. 13586; Cass. 11 giugno 1988 n. 3995).

Tale orientamento si fonda sull'assunto che la redazione e l'invio della parcella al cliente non sono idonei a far decorrere gli interessi di mora in quanto - sebbene nel nostro ordinamento non è stato recepito il principio, tipico del diritto romano, in illiquidis non fit mora” - a tal fine è pur sempre necessario, affinché sia configurabile il colpevole ritardo nel pagamento del debito, che sussista una sufficiente certezza del suo ammontare o perché determinato dalle parti o perché facilmente determinabile in base a criteri convenzionalmente o normativamente previsti.

Ne consegue che quando la determinazione dell'esatto valore dell'obbligazione pecuniaria del cliente sia rimessa al giudice, il cliente non può essere ritenuto in mora prima della determinazione del suo debito mediante la liquidazione dell'importo dovuto all'avvocato sicché è soltanto da tale data, ed entro i limiti dell'importo riconosciuto dal giudice, che decorrono gli interessi (Cass. 17 dicembre 2021 n. 40633; Cass. 4 giugno 2015 n. 11587; conf., in tema di contratto di appalto, Cass. 16 maggio 2017 n. 12064; Cass. 13 luglio 1996 n. 6356; Cass. 17 aprile 1993 n. 4561; Cass. 11 giugno 1988 n. 3995, che rappresenta il leading case).

Pertanto:

  • nel caso di procedimento di ingiunzione, il decreto ingiuntivo contiene già una liquidazione del credito all'esito della delibazione - che seppur provvisoria è tendenzialmente idonea a divenire definitiva in caso di mancanza di opposizione - della documentazione offerta dai ricorrenti, con la conseguenza che la notifica del decreto stesso riveste la funzione di domanda giudiziale e costituisce il primo atto di rituale messa in mora da cui decorrono gli interessi legali;
  • nel caso, invece, di procedimento sommario speciale, è demandato al giudice di valutare la rilevanza della materia controversa al fine di determinare lo "scaglione" tariffario applicabile e, nell'ambito di un minimo e un massimo, dare rilevanza, con provvedimento discrezionale, a elementi non obiettivamente ponderabili al momento della spedizione della parcella quali l'importanza dei risultati conseguiti, il pregio dell'opera professionale e le difficoltà incontrate nell'espletamento dell'incarico e, pertanto, la mora decorre solo dalla liquidazione.

Il contrasto è stato di recente risolto dalla Suprema Corte di Cassazione nel 2022 che con ben sette decisioni (contate al momento di effettiva redazione del presente contributo) ha aderito apertamente al primo e più vetusto orientamento e ha ritenuto che anche per i crediti professionali derivanti dallo svolgimento dell'attività di avvocato gli interessi legali di cui all'art. 1224 c.c. debbano essere fatti decorrere dalla messa in mora (coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento) e ciò anche nel caso in cui alla liquidazione si pervenga all'esito del procedimento sommario speciale, di cui agli artt. 702-bis ss c.p.c. e 14 D.lgs. 1° settembre 2011 n. 150 (Cass. 9 novembre 2022 n. 32929; Cass. 10 ottobre 2022 n. 29351; Cass. 19 agosto 2022 n. 24973; Cass. 9 agosto 2022 n. 24482; Cass. 9 agosto 2022 n. 24481; Cass. 26 maggio 2022 n. 17122; Cass. 16 marzo 2022 n. 8611).

Tale soluzione del contrasto è certamente condivisibile.

Queste le ragioni.

L'art. 1219, comma 1, c.c. dispone: “Il debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto”.

L'atto di costituzione in mora - che è pacificamente un atto giuridico in senso stretto avente natura unilaterale recettizia (poiché, in conformità con l'art. 1334 c.c., produce effetto dal momento in cui perviene a conoscenza della persona alla quale è destinato) e, come tale, privo di natura negoziale - a tal fine:

  • deve essere perfezionato mediante la forma scritta;
  • deve essere idoneo a determinare la responsabilità del debitore da tardivo adempimento, con conseguente obbligo di corresponsione degli interessi moratori;
  • deve, quindi, contenere:

(-) la chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo);

(-) l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto nei confronti del soggetto indicato (elemento oggettivo) (Cass. 19 ottobre 2022 n. 30783; Cass. 31 maggio 2021 n. 15140; Cass. 7 settembre 2020 n. 18546; Cass. 23 maggio 2019 n. 14106; Cass. 14 giugno 2018 n. 15714; Cass. 12 febbraio 2010 n. 3371; Cass. 30 novembre 2006 n. 25500; Cass. 2 agosto 2001 n. 10608).

L'art. 1224, comma 1, c.c. a sua volta dispone: “Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura”.

Tale norma, pertanto, prevede che nelle obbligazioni pecuniarie, che hanno sin dall'origine ad oggetto il pagamento di una somma di denaro, in conseguenza della mora del debitore sono dovuti gli interessi moratori che decorreranno dall'intimazione o richiesta scritta.

Il credito del professionista, in generale e dell'avvocato, in particolare, per il pagamento dei compensi professionali costituisce un credito di valuta che, ovviamente, non si trasforma in credito di valore per effetto del mero inadempimento del cliente-debitore e, pertanto, soggiace al principio nominalistico di cui all'art. 1277 c.c. (Cass. 14 settembre 22 n. 27067; Cass. 25 febbraio 2022 n. 6322; Cass. 8 febbraio 2022 n. 3895; Cass. 7 febbraio 2022 n. 3702; Cass. 7 febbraio 2022 n. 3701; Cass. 11 giugno 2021 n. 16548; Cass. 16 dicembre 2020 n. 28832; Cass. 16 dicembre 2020 n.28831; Cass. 16 dicembre 2020 n. 28830; Cass. 30 luglio 2019 n. 20548; Cass. 30 luglio 2019 n. 20547; Cass. 23 maggio 2019 n. 14106; Cass. 4 giugno 2015 n. 11587; Cass. 22 maggio 2007 n. 11821; Cass. 15 febbraio 1999 n. 1266; Cass. 15 febbraio 1986 n. 910).

Il credito del professionista, pertanto - analogamente a qualsiasi altro credito pecuniario - produce dal giorno della mora interessi in misura legale o, se ne era stata predeterminata la misura, convenzionale (art. 1224, comma 1, c.c.).

Né vi sono validi motivi per distaccarsi dai principi generali in tema di obbligazioni pecuniarie e mora del debitore e differenziare il diritto di credito dell'avvocato da quello degli altri creditori.

In base ai principi generali la mora debendi presuppone la colpa del debitore.

La colpa del debitore, che è presunta ex art. 1218 c.c.:

  • sussiste allorché il mancato o ritardato pagamento sia conseguente alla sua condotta ingiustificatamente dilatoria e, in genere, a fatto doloso o colposo, come, ad esempio, nel caso in cui la contestazione giudiziale del credito sia radicale ovvero riguardi elementi essenziali del rapporto ancorché le prove confortino la loro sussistenza
  • non sussiste, di contro, quando il creditore non gli abbia permesso di comprendere in maniera assoluta le ragioni in base alle quali il pagamento gli è stato richiesto.

La mora del debitore di un'obbligazione pecuniaria, pertanto, non è esclusa:

  • dalla illiquidità del credito;
  • dalla difficoltà di determinare l'esatto ammontare del credito;
  • dalla contestazione della misura del credito da parte del debitore.

L'illiquidità del credito, infatti, non esclude gli effetti della mora in quanto nel ns. ordinamento non vige il principio romanistico “in illiquidis non fit mora”, come si desume tra gli altri dall'art. 1219, comma 2, n. 1, c.c. che espressamente include tra le ipotesi di mora ex re quella del debitore del risarcimento del danno da fatto illecito (Cass. 24 ottobre 2022 n. 31345; Cass. 14 ottobre 2022 n. 30309; Cass. 22 aprile 2021 n. 10599; Cass. 8 novembre 2019 n. 28811; Cass. 16 maggio 2017 n. 12064; Cass. 9 agosto 2016 n. 16797; Cass. 3 aprile 2014 n. 9510; Cass. 20 novembre 1998 n. 11736; Cass. 19 luglio 1997 n. 6662; Cass. 14 maggio 1994 n. 4712; Cass. 17 aprile 1993 n. 4561; Cass. 20 novembre 1979 n. 6056; Cass. 15 aprile 1959 n. 1105).

Gli interessi moratori previsti dal richiamato art. 1224 c.c., pertanto, sono senz'altro dovuti a partire dal ritardo per i crediti dovuti ed esigibili, sia quelli liquidi che quelli illiquidi, a differenza degli interessi non moratori, previsti dall'art. 1282 c.c., che per quanto riguarda i crediti di somme di danaro richiedono espressamente la liquidità e l'esigibilità del credito.

L'oggettiva difficoltà di determinazione dell'esatto ammontare del credito, analogamente, non esclude gli effetti della mora.

La mora, infatti, è esclusa solo dall'impossibilità di adempiere derivante da una causa non imputabile ex art. 1218 c.c.

La mora, pertanto, nel caso di obbligazioni pecuniarie, può essere esclusa soltanto nell'ipotesi in cui il debitore sia impossibilitato in maniera assoluta, alla stregua dell'ordinaria diligenza vuoi del buon padre di famiglia ex art. 1176, comma 1, c.c., vuoi, in presenza dei relativi requisiti soggettivi, del debitore qualificato ex art. 1176, comma 2, c.c., a quantificare la prestazione dovuta ma non anche nel diverso caso in cui, pur a fronte di un credito ancora illiquido, sia data al debitore la possibilità di compierne una stima anche sulla scorta, nel caso di crediti professionali, dei parametri professionali e in relazione ad attività certe nell'avvenuto espletamento e nella qualificazione.

La contestazione dell'ammontare del credito da parte del debitore, analogamente, non esclude gli effetti della mora.

Il debitore, infatti, che contesti l'eccessività della pretesa creditoria, per sottrarsi agli effetti della mora e, in particolare, al pagamento degli interessi, ha il doppio onere di liberarsi della somma che ritiene effettivamente dovuta e metterla a disposizione del creditore.

Ciò può fare in vari modi e, in particolare (senza alcuna presunzione di completezza o esaustività) mediante:

- offerta formale ex art. 1208 c.c.;

- offerta reale ex art. 1209 c.c.;

- deposito ex art. 1210 c.c.;

- offerta non formale o secondo gli usi ex art. 1214 c.c.;

- richiesta di sequestro liberatorio ex art. 687 c.p.c.;

- (nelle ipotesi disciplinate dal Codice delle Assicurazioni private) deposito liberatorio ex artt. 140 e 291 D.lgs. 7 settembre 2005 n. 209.

In mancanza, l'atto di costituzione in mora di un credito illiquido produrrà sempre i suoi effetti, sia pure limitatamente alla parte del credito che, all'esito del giudizio di accertamento, risulterà in concreto dovuta.

Deve ritenersi, pertanto, per tutto quanto fin qui esposto che in caso di mora, vuoi del cliente-debitore, vuoi di qualsiasi altro debitore di un'obbligazione pecuniaria, gli interessi moratori decorrono:

  • dalla data dell'interpellatio, nel caso in cui la stessa permetta al debitore di comprendere le ragioni in base alle quali il pagamento gli viene richiesto;
  • ovvero, in caso di richiesta inidonea vuoi per mancanza dell'elemento soggettivo, vuoi per mancanza dell'elemento oggettivo o di mancanza della stessa, dalla data della domanda giudiziale.

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