Le relazioni del coordinatore genitoriale come prova atipica

15 Dicembre 2022

Quale valore è possibile attribuire alle relazioni del coordinatore genitoriale nel corso di un procedimento di affidamento dei figli minori?
Massima

È legittima la valorizzazione delle relazioni del coordinatore genitoriale equiparandola alle risultanze della CTU nel procedimento di affidamento dei figli. L'ordinamento ammette il ricorso alle prove atipiche, dal momento che manca una norma che imponga la tassatività dei mezzi di prova.

Il caso

Il ricorrente proponeva ricorso per Cassazione avverso la decisione della Corte d'Appello di Milano di conferma della pronuncia del Tribunale di Milano. Oggetto della decisione era ai sensi del 337-bis c.c. la regolamentazione dei rapporti tra i due contendenti con i figli nati durante la loro convivenza. La pronuncia impugnata aveva confermato l'affido esclusivo dei figli in capo alla madre, stante l'incapacità del padre di esercitare le proprie funzioni genitoriali poiché con i propri comportamenti aveva reso estremamente difficoltosa la gestione condivisa della quotidianità dei figli. La Corte d'Appello confermava altresì il contributo, a carico del padre, del mantenimento dei figli alla luce dell'elevato tenore di vita di cui i minori avevano goduto nel corso della convivenza dei genitori, in ragione del consistente patrimonio paterno e della rilevante disparità reddituale tra i due partner.

Il padre proponeva ricorso per Cassazione. Tra i vari motivi dedotti, centrale per la trattazione de qua è la contestazione della valutazione delle relazioni del coordinatore genitoriale da parte della Corte d'Appello come mezzo di prova alla base della decisione del giudice. La Corte d'Appello, infatti, alla luce di tale relazione, lette congiuntamente alle risultanze della CTU, negava l'idoneità genitoriale del padre, non ravvisando la necessità di integrare la consulenza tecnica, aggiornandola al giudizio di secondo grado. Il ricorrente, perciò, lamentava in particolare la violazione o la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.

La questione

Quale valore è possibile attribuire alle relazioni del coordinatore genitoriale nel corso di un procedimento di affidamento dei figli minori?

Le soluzioni giuridiche

Anzitutto i giudici chiariscono il perimetro per il ricorso in cassazione per dedurre la violazione dell'art. 115 e 116 c.p.c. Nel primo caso, occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli. Tuttavia, secondo i giudici di legittimità, occorre considerare inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre. Nel secondo caso, invece, occorre dedurre che il giudice nella risultanza probatoria non abbia operato, in assenza di una diversa indicazione normativa, secondo la regola del “prudente apprezzamento”, ma gli abbia attribuito un diverso valore (ad esempio il valore di prova legale). La Corte specifica invece che nel caso in cui si deduca che il giudice abbia esercitato male il proprio prudente apprezzamento, tale sindacato sui vizi di legittimità da parte della Corte è ammissibile solo all'interno di rigorosi limiti previsti dall'art. 360 co. 1, n. 5 c.p.c. (così Cass. SS. UU., 30 settembre 2020, n. 20867).

In questo quadro normativo e interpretativo, i giudici ricordano che in materia di affidamento dei figli minori, il giudice debba attenersi al criterio fondamentale dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole. In quest'ottica, in caso di contrasto tra i genitori in merito alla collocazione dei figli, deve essere preferito quel genitore che appaia il più idoneo nell'esercitare le proprie funzioni, nel ridurre il possibile pregiudizio che deriva dalla disgregazione del nucleo familiare e nell'assicurare il miglior sviluppo della personalità del minore. A tal fine, il giudice opera secondo un giudizio prognostico sulla capacità del padre o della madre di crescere e educare il figlio, giudizio che può fondarsi sulle modalità con cui il genitore ha svolto in passato il proprio ruolo. La decisione dell'affidamento della prole è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice, il quale esprime un apprezzamento di fatto non suscettibile in sede di legittimità (Cass. 4 novembre 2019, n. 28244; Cass. 27 giugno 2006, n. 14840).

Per tali motivi, devono essere respinte le doglianze del ricorrente laddove miravano non a denunciare i vizi di cui sopra, ma a spingere a una revisione dei fatti operata dal giudice di merito e preclusa al giudice di legittimità.

Lo scostamento, poi, da parte del giudice di merito rispetto alle indicazioni fornite dalla CTU non può essere censurato alla luce degli artt. 115 e 116 c.p.c. così come sopra interpretati. La Corte, richiamando la propria giurisprudenza, infatti ricorda che le valutazioni espresse dal consulente tecnico d'ufficio non hanno efficacia vincolante per il giudice. Egli può disattenderle attraverso una valutazione critica, purché questa sia ancorata alle risultanze processuali e risulti congruamente e logicamente motivata (Cass. 3 marzo 2011, n. 5148; Cass. 26 febbraio 1998, n. 2145).

Anche l'equiparazione della relazione del coordinatore genitoriale alla CTU nel valore di prova non può essere censurata, dal momento che il giudice ha posto alla base della propria decisione una prova atipica. Ciò gli è permesso dalla mancanza dell'ordinamento di una norma che prescrive la tassatività delle tipologie delle prove (su questo punto Cass. 18 maggio 2018, n. 12179; Cass. 20 gennaio 2017, n. 1593; Cass. 1° settembre 2015, n. 17392). La Corte d'Appello ha dunque legittimamente posto alla base del proprio convincimento le relazioni del coordinatore genitoriale ponendo in critica relazione con le risultanze della CTU.

La Corte ugualmente rigetta la censura mossa dal ricorrente della mancata integrazione della CTU in relazione alla verifica dell'attualità dell'idoneità genitoriale. La Corte di Appello, a giudizio della Cassazione, ha correttamente considerato sia la valutazione operata durante il giudizio di primo grado, sia gli esiti derivanti dal percorso di coordinamento genitoriale protrattosi fino al 2020, tale per cui la valutazione dei comportamenti dei genitori non risultavano risalenti nel tempo. La Suprema Corte precisa altresì, a fondamento della propria decisione, che rientra nella facoltà del giudice la valutazione dell'opportunità di disporre o meno indagini suppletive o integrative.

Per tutti questi motivi, la Corte di Cassazione non accoglie i motivi di ricorso.

Osservazioni

La sentenza in oggetto rappresenta una prima interpretazione delle relazioni del coordinatore genitoriale come possibili mezzi di prova atipica. Tuttavia, il ragionamento operato dalla Corte desta alcune preoccupazioni.

La coordinazione genitoriale è una forma alternativa di risoluzione delle controversie, attualmente non riconosciuta a livello normativo, nonostante i diversi disegni di legge depositati nelle ultime legislature. Il coordinatore genitoriale è un esperto, in ambito giuridico, psicologico o neuropsichiatrico, che ha il compito di sostenere i genitori con un alto grado di conflittualità nell'attuazione del piano genitoriale elaborato dai genitori stessi o dal Tribunale. La sua funzione, pertanto, non si pone a monte di un eventuale conflitto in ordine all'affidamento e al mantenimento dei figli in seguito alla crisi della coppia, quanto piuttosto in un momento successivo in cui sia già presente una regolamentazione dei rapporti. Il coordinatore genitoriale svolge dunque una funzione di sostegno e di mediazione nelle coppie (altamente) conflittuali che non riescono a rispettare gli impegni presi. Invalsa ormai è la prassi nei tribunali italiani, pur in assenza di una disciplina legislativa, il ricorso a tale figura professionale. Emerge da questa breve descrizione, come lo scopo ultimo della coordinazione genitoriale sia quello di sostenere i genitori nell'esercizio dei propri doveri nel pieno rispetto del principio della bigenitorialità, aiutandoli a mettere in atto tutte quelle strategie volte a disinnescare il conflitto e ad assicurare il benessere dei figli.

Alla luce di quanto appena scritto, non si può non muovere alcune obiezioni, dunque, alla sentenza in commento. Fermo restando il valore della prova atipica del nostro ordinamento, così come riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità, e del libero e prudente apprezzamento del giudice dei mezzi di prova, non si può non sottolineare come il coordinamento genitoriale non fornisca alcuna valutazione in merito all'idoneità genitoriale. Il coordinatore genitoriale, infatti, non opera alcuna valutazione delle risorse genitoriali, né ha il compito di formulare interpretazioni o fornire opinioni (così M. Florio, La coordinazione genitoriale. eterogeneità della prassi applicative: limite o risorsa del metodo?, in questa Rivista).

Nella pronuncia della Cassazione, non è stato perciò sufficientemente valorizzato quanto sostenuto dal ricorrente il quale, nel terzo motivo di doglianza, asseriva come la figura del coordinatore genitoriale fosse stata proposta non già come condizione sine qua non per l'affidamento condiviso, ma come strumento di facilitazione della transizione dalla situazione di coabitazione dei figli con entrambi i genitori a quella di permanenza alternata e separata dei ragazzi insieme al padre o alla madre. La parificazione delle relazioni del coordinatore genitoriale alle risultanze della CTU ha dunque operato un'indebita equiparazione tra due funzioni che però presentano finalità e presupposti differenti.

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