La nuova condizione di procedibilità della confisca introdotta dalla c.d. riforma Cartabia

Ferdinando Brizzi
15 Dicembre 2022

La questione di legittimità costituzionale sollevata con il ricorso in esame è stata formulata in relazione all'art. 2, ultimo comma, c.p., nella parte in cui non prevede l'immediata applicabilità delle disposizioni della legge delega, indipendentemente dalla successiva emanazione o mancanza del decreto legislativo di attuazione.
Massima

È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, ultimo comma, c.p. formulata in relazione all'art. 1, comma 14, della legge delega n. 134/2021, nella parte in cui non prevede che, per i fatti commessi anteriormente alla sua promulgazione, indipendentemente dalla successiva emanazione o mancanza del decreto legislativo di attuazione, debba essere inviato un avviso al soggetto nei confronti del quale è disposta la confisca per equivalente (nella specie relativa al profitto del reato tributario di cui all'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000) prima di procedere all'esecuzione del provvedimento ablatorio, in difetto di precedente sequestro, perché lo stesso ha ad oggetto una disposizione ad effetti tipicamente processuali, come tale applicabile secondo il principio tempus regit actum, senza immediate ricadute “dirette” sulla quantità e qualità di pena applicabile al condannato agli effetti dell'art. 25, comma 2, Cost.

Il caso

Con ordinanza emessa in data 26 aprile 2022, e depositata il 27 aprile 2022, il Tribunale di Frosinone, pronunciando quale Giudice dell'esecuzione, respingeva, a seguito di udienza camerale, le richieste del prevenuto di revocare la confisca per equivalente disposta con sentenza divenuta irrevocabile in relazione al reato di cui all'art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000 per la somma di 569.777,00 euro, ed eseguita dalla Guardia di Finanza in data 2 febbraio 2022, previo provvedimento del Pubblico Ministero del 22 dicembre 2021, ovvero, in subordine, di limitare detta confisca alla somma di 427.775,86 euro, per l'avvenuto pagamento della somma di 142.001,14 euro.

La richiesta di revoca della confisca per equivalente è stata avanzata perché difetterebbe la condizione di procedibilità, asseritamente introdotta dall'art. 1, comma 14, legge delega n. 134 del 2021, della notifica dell'avviso di pagamento, da effettuarsi, in caso di difetto di previo sequestro, prima di eseguire l'ablazione.

La richiesta di limitazione della confisca, invece, è stata formulata in ragione dell'avvenuto pignoramento di 118.629,40 euro nell'ambito di procedura esecutiva esperita da Equitalia e dell'effettuazione di due pagamenti, uno per 9.663,38 euro, l'altro per 13.708,36 euro.

Il Tribunale ha rigettato la prima richiesta perché ha escluso l'immediata applicabilità dell'art. 1, comma 14, legge delega n. 134/2021 in mancanza del decreto legislativo delegato, e la seconda richiesta perché ha ritenuto i documenti prodotti inidonei a riferire il pignoramento e i pagamenti precedentemente specificati al debito erariale per il quale è stata disposta la confisca.

La questione

Rileva in questa sede la prima questione: il prevenuto, per il tramite dei suoi difensori, ha presentato ricorso per cassazione avverso l'ordinanza, articolando tre motivi, preceduti dalla prospettazione di una questione di legittimità costituzionale.

La questione di legittimità costituzionale è stata formulata in relazione all'art. 2, ultimo comma, c.p., nella parte in cui non prevede l'immediata applicabilità delle disposizioni della legge delega, indipendentemente dalla successiva emanazione o mancanza del decreto legislativo di attuazione, per contrasto con gli artt. 3 e 25, secondo comma, Cost., nonché in relazione all'art. 1, comma 14, legge delega n. 134/2021, nella parte in cui non prevede che, per i fatti commessi anteriormente alla sua promulgazione, debba essere inviato un avviso al soggetto nei confronti del quale è disposta la confisca per equivalente prima di eseguire il provvedimento ablatorio, in difetto di precedente sequestro, per contrasto con l'art. 25, comma 2, Cost.

È stata dedotto, quanto alla prospettata illegittimità costituzionale dell'art. 2, ultimo comma, c.p., che la mancata previsione dell'immediata applicabilità delle disposizioni della legge delega, indipendentemente dalla successiva emanazione o mancanza del decreto legislativo di attuazione, si pone in contrasto con la previsione, invece, dell'immediata applicabilità delle disposizioni di un decreto-legge, pur se non convertito. Si è sottolineata la manifesta irragionevolezza del riconoscere efficacia immediata ad un atto dell'esecutivo, qual è il decreto-legge, e non ad un atto del legislativo già entrato in vigore, qual è la legge delega. Si è precisato, inoltre, che la disciplina dell'art. 1, comma 14, legge delega n. 134 del 2021, prevede una differente modalità esecutiva della pena più favorevole al reo, la quale, quindi, in applicazione dei principi generali dell'ordinamento, è da ritenersi immediatamente applicabile.

Con il primo motivo, poi, è stata denunciata violazione di legge, in riferimento agli artt. 1, comma 14, legge n. 134 del 2021, e 212 d.P.R. n. 115/2002, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., avendo riguardo alla mancata applicazione della disciplina prevista per le modalità di esecuzione delle pene pecuniarie, e, quindi, al difetto di notifica, in via preliminare, dell'invito al pagamento.

Si è premesso che l'art. 1, comma 14, lett. a), legge n. 134/2021, dispone di «prevedere che l'esecuzione della confisca per equivalente, quando non ha a oggetto beni mobili o immobili già sottoposti a sequestro, avvenga con le modalità di esecuzione delle pene pecuniarie [...]», e che l'art. 212 d.P.R. n. 115/2002, contempla, dopo il passaggio in giudicato del provvedimento da cui sorge l'obbligo, la notificazione dell'invito al pagamento dell'importo dovuto, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, in caso di mancato pagamento nel termine di un mese. Si rappresenta, poi, che nessun invito al pagamento è stato notificato al ricorrente, e che, però, secondo la giurisprudenza di legittimità, la notificazione dell'invito al pagamento costituisce condizione di procedibilità per l'esecuzione delle pene pecuniarie (si cita Cass. pen., sez. I, n. 25355/2014).

Si è precisato, quindi, che la legge delega è immediatamente applicabile, perché:

  • gerarchicamente sovraordinata rispetto al decreto legislativo di attuazione;
  • fonte direttamente produttiva di norma giuridiche, secondo l'insegnamento di Corte cost., n. 224/1990;
  • nella specie, è anche «palesemente chiara nel voler indicare l'avviso di pagamento come condizione di procedibilità per procedere alla confisca».

Con il terzo motivo, è stata denunciata violazione di legge, a norma dell'art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p., avendo riguardo alla esecuzione della confisca, siccome avvenuta in difetto di previo avviso. Si è dedotto che l'ordinanza impugnata, nel respingere la richiesta di revoca della confisca, ha violato norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza, perché la mancata notifica dell'avviso prima di procedere all'ablazione, in caso di mancanza di preliminare sequestro, costituisce necessaria condizione di procedibilità.

I difensori del prevenuto hanno presentato due memorie insistendo per l'accoglimento delle censure formulate nel ricorso e rappresentando, in particolare, che, nelle more, è intervenuto il decreto delegato, il quale è perfettamente in linea con la legge delega. È stato segnalato, per la precisione, che il decreto delegato ha inserito nell'art. 86 disp. att. c.p.p., il comma 1-bis, il quale recita: «1-bis. Qualora sia stata disposta una confisca per equivalente di beni non sottoposti a sequestro o, comunque, non specificamente individuati nel provvedimento che dispone la confisca, l'esecuzione si svolge con le modalità previste per l'esecuzione delle pene pecuniarie [...]».

Le soluzioni giuridiche

Il ricorso è stato ritenuto dai giudici di legittimità, nel complesso, infondato.

Manifestamente infondata, per due autonomi ordini di ragioni, è stata valutata la questione di legittimità costituzionale formulata in relazione all'art. 2, ultimo comma, c.p., nella parte in cui non prevede l'immediata applicabilità delle disposizioni della legge delega, indipendentemente dalla successiva emanazione o mancanza del decreto legislativo di attuazione, per contrasto con gli artt. 3 e 25, comma 2, Cost., nonché in relazione all'art. 1, comma 14, legge delega n. 134/2021, nella parte in cui non prevede che, per i fatti commessi anteriormente alla sua promulgazione, debba essere inviato un avviso al soggetto nei confronti del quale è disposta la confisca per equivalente prima di procedere all'esecuzione del provvedimento ablatorio, in difetto di precedente sequestro, per contrasto con l'art. 25, comma 2, Cost.

Sotto un primo profilo, di carattere generale e sistematico, è stata giudicata manifestamente infondata la questione dell'applicabilità della disciplina di cui all'art. 2, ultimo comma, c.p. anche con riguardo alle disposizioni recate da una legge di delegazione legislativa, perché quest'ultima produce effetti diversi dal decreto-legge e non è immediatamente applicabile ai "rapporti della vita" senza l'esercizio della delega da parte del Governo.

L'art. 2, ultimo comma, c.p., prevede: «Le disposizioni di questo articolo [relativo alla successione di leggi penali nel tempo ed alla prevalenza della disciplina più favorevole per il reo o per l'imputato] si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto legge e nei casi di un decreto legge convertito in legge con emendamenti». Questo comma, peraltro, è stato dichiarato costituzionalmente illegittima dalla Corte cost., n. 51/1985, nella parte in cui rende applicabili alle ipotesi da esso previste le disposizioni contenute nel secondo e nel terzo, ora quarto, comma dell'art. 2 c.p.: precisamente, per effetto della sentenza appena citata, la disciplina della retroattività della legge sopravvenuta più favorevole al reo o all'imputato non si applica nel caso di decadenza e di mancata ratifica di un decreto-legge, anche solo nella parte recante la disciplina di favore.

L'art. 77 Cost., che regola l'istituto del decreto-legge, attribuisce inequivocabilmente la forza di legge a tale provvedimento sin dal momento in cui lo stesso è adottato, e a condizione della sua tempestiva presentazione alle Camere e della sua successiva conversione in legge ad opera di queste. In particolare, l'art. 77, ultimo comma, Cost., dispone: «I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti».

L'art. 76 Cost., che contempla l'istituto della delega legislativa, invece, prefigura un sistema complesso, nel quale la funzione normativa è "cogestita" dal Parlamento e dal Governo. Lo stesso, precisamente, dispone: «L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti».

Secondo l'orientamento generalmente condiviso nella giurisprudenza di legittimità, penale e civile, deve escludersi che le disposizioni contenute in una legge di delegazione legislativa al Governo abbiano efficacia immediata, e deve invece ritenersi necessaria, ai fini dell'operatività della nuova disciplina, l'emanazione dei decreti delegati.

In particolare, nella giurisprudenza penale, si è osservato che le disposizioni inserite nella legge 28 aprile 2014, n. 67, che prevedono la delega al Governo per la depenalizzazione di una serie di reati ivi elencati, non hanno effetti immediatamente abrogativi, i quali, invece, sono subordinati all'emanazione dei decreti delegati, avendo la legge delega natura di atto normativo strumentale alla futura produzione legislativa, cui spetta anche la previsione di meccanismi compensatori, quali adeguate sanzioni civili (cfr., tra le tantissime: Cass. pen., sez. II, n. 26216/2015, Mercurio, Rv. 264398-01, con riferimento alle fattispecie di cui gli artt. 633 e 635 c.p.; Cass. pen., sez. III, n. 20547/2015, Carnazza, Rv. 263632-01, relativamente alla fattispecie di cui all'art. 2, comma 1-bis, d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638; Cass. pen., sez. III, n. 23944/2015, Casartelli, Rv. 263647-01; Cass. pen., sez. I, n. 44977/2014, Ndiaye, Rv. 261124-01).

Identico principio, del resto, era stato già enunciato con riferimento a precedenti leggi di delegazione legislativa. Ad esempio, una decisione ha affermato: «Il legislatore, con la legge valutaria 26 novembre 1986 n. 599, non ha inteso procedere ad una immediata abrogazione della precedente normativa valutaria (né, tanto meno, riconoscere l'irrilevanza penale di tutti i fatti comunque attinenti a tale materia), ma si è unicamente limitato a concedere delega al governo per l'emanazione di future, nuove disposizioni sul punto, specificando i relativi criteri e principi da seguire in tale elaborazione. Ne deriva, pertanto, che, fino a che il governo non avrà provveduto ad emanare tale nuova disciplina, tutte le operazioni in materia valutaria non potranno che essere regolate dalle vecchie norme, ancora pienamente operative ed in vigore, e, quindi, che ancora oggi la esportazione di valuta all'estero o la Costituzione di capitali o di attività all'estero continuano ad essere assoggettate alla disciplina della previa autorizzazione amministrativa» (così Cass. pen., sez. III, n. 3619/1987, Lichtenstein, Rv. 175426-01).

Né i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, in tema di non immediata applicabilità delle disposizioni della legge delega ai "rapporti della vita" prima dell'entrata in vigore dei decreti delegati, risultano in contrasto con quelli affermati dalla giurisprudenza costituzionale.

Innanzitutto, il Giudice delle Leggi rappresenta che la delega legislativa non esclude ogni discrezionalità del legislatore delegato, la quale può essere più o meno ampia, in relazione al grado di specificità dei criteri fissati nella legge delega (cfr., da ultimo, Corte cost. n. 231/2021).

Inoltre, la giurisprudenza costituzionale ammette sì l'impugnazione della legge di delega davanti alla Corte costituzionale prima ancora dell'adozione dei decreti legislativi delegati, ma si riferisce al giudizio di legittimità "in via principale", promosso cioè dal Governo o dalle Regioni, in caso di disposizioni dettagliate, per l'esigenza di evitare l'elusione del termine perentorio stabilito per tale tipologia di questioni, oggi pari a sessanta giorni a norma dell'art. 127, comma 2, Cost., nel testo sostituito dall'art. 8 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. E le pronunce espressive di tale orientamento hanno comunque contestualmente precisato che la legge delega «ha ad oggetto la futura regolamentazione (con il decreto delegato)» (così Corte cost., n. 261/2017, § 6.2.4.), e che, nei giudizi di legittimità "in via principale", è irrilevante l'assenza di concreta efficacia delle disposizioni della legge delega «nei rapporti della vita» (cfr. Corte cost., n. 224/1990). In particolare, Corte cost., n. 224 del 1990, osserva: «In realtà, diversamente da quanto accade nei giudizi di legittimità sui provvedimenti amministrativi o nei conflitti di attribuzione aventi per oggetto i medesimi, l'attualità dell'interesse a ricorrere nei giudizi di legittimità costituzionale sulle leggi dev'esser valutata, non già in relazione alla effettiva producibilità di effetti delle singole disposizioni e, tantomeno, alla concreta applicabilità delle stesse nei rapporti della vita, ma, piuttosto, in relazione all'esistenza giuridica delle disposizioni impugnate nell'ordinamento giuridico. Ed è perciò che l'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 (Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d'indipendenza della Corte), e l'art. 32, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte), fanno decorrere il termine per la promozione dell'azione di legittimità costituzionale "dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente forza di legge", e non già dal momento in cui le disposizioni in esse contenute diventano concretamente efficaci nei rapporti della vita (v. in tal senso, in relazione alla legge delega, sentt. nn. 75 del 1957, 37 del 1966, 242 del 1989, nonché, a contrario, sent. n. 39 del 1971)».

Posta la non immediata applicabilità delle disposizioni contenute in una legge delega ai "rapporti della vita" prima dell'entrata in vigore dei decreti legislativi delegati, la Terza Sezione penale della Cassazione, nella sentenza in commento, ha escluso l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, ultimo comma, c.p., nella parte in cui non prevede l'immediata applicabilità delle disposizioni della legge delega, indipendentemente dalla successiva emanazione o mancanza del decreto legislativo di attuazione, per contrasto con gli artt. 3 e 25, comma 2, Cost.

In primo luogo, infatti, l'art. 2, ultimo comma, c.p., laddove non prevede la immediata applicabilità delle disposizioni della legge delega, non si pone in contrasto con i principi di cui all'art. 3 Cost., per disparità di trattamento rispetto al decreto-legge o per manifesta irragionevolezza. Invero, il decreto legge, indicato nel ricorso del prevenuto come termine di riferimento per comparazione e lo scrutinio della disparità di trattamento, ha, come si è evidenziato in precedenza, un'efficacia del tutto eterogenea rispetto a quella della legge di delegazione: per un verso, il decreto legge è immediatamente applicabile ai "rapporti della vita" sin dal momento della sua adozione, mentre la legge di delegazione legislativa non lo è, fino all'entrata in vigore dei decreti legislativi delegati; per altro verso, l'emanazione di decreto legge, nel caso di decadenza o di mancata conversione in legge, ha un'efficacia limitata anche a norma dell'art. 2, ultimo comma, c.p., perché, per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale pronunciata da Corte cost., n. 51/1985, non può comunque determinare l'applicazione della disciplina della retroattività della legge sopravvenuta più favorevole al reo o all'imputato. Inoltre, non può nemmeno ritenersi manifestamente irragionevole la mancata applicazione della disciplina di cui all'art. 2, ultimo comma, c.p. con riguardo alle disposizioni di una legge di delegazione, in quanto tale atto normativo non solo non è immediatamente operativo nei "rapporti di vita", ma conferisce una delega che potrebbe essere anche non esercitata, o che potrebbe essere revocata o modificata prima dell'entrata in vigore dei decreti legislativi delegati.

In secondo luogo, l'art. 2, ultimo comma, c.p., laddove non prevede la immediata applicabilità delle disposizioni della legge delega, non si pone in contrasto neppure con i principi di cui all'art. 25, comma 2, Cost., il quale sancisce il principio del divieto di retroattività della legge penale sfavorevole. In effetti, anche a voler interpretare la disposizione di cui all'art. 25, comma 2, Cost. come espressiva dell'ulteriore principio della retroattività favorevole, occorre comunque tenere presente che la legge di delegazione non è immediatamente efficace nei "rapporti di vita", perché la delega, come già evidenziato, potrebbe essere anche non esercitata, ovvero revocata o modificata prima dell'entrata in vigore dei decreti legislativi delegati.

Anche sotto altro profilo, è stata giudicata manifestamente la questione di legittimità costituzionale formulata in relazione all'art. 1, comma 14, legge delega n. 134/2021, nella parte in cui non prevede che, per i fatti commessi anteriormente alla sua promulgazione, debba essere inviato un avviso al soggetto nei confronti del quale è disposta la confisca per equivalente prima di procedere all'esecuzione del provvedimento ablatorio, in difetto di precedente sequestro, perché lo stesso ha ad oggetto una disposizione ad effetti tipicamente processuali, come tale applicabile secondo il principio tempus regit actum.

È stato innanzitutto rilevato che, secondo la giurisprudenza costituzionale, in materia di successione di leggi processuali, pure se inerenti al settore penale, vige il principio tempus regit actum, salvo il caso di disposizioni incidenti sul diritto penale sostanziale o sulla natura della pena.

Anche le più recenti decisioni, infatti, hanno ribadito che per le norme processuali penali, in linea generale, «trova applicazione, di per sé, in quanto regola del processo, il [.. ] canone del tempus regit actum» (così ad esempio, Corte cost., n. 149/2021, la quale ha individuato l'eccezione, con conseguente operatività del divieto di retroattività, in relazione ad una disciplina processuale idonea ad allungare la durata del termine di prescrizione, e, quindi, ad incidere in malam partem su un istituto di diritto penale sostanziale). Hanno anzi espressamente indicato anche quali sono le deroghe all'applicazione dell'indicato principio, precisando che, «[s]e, in materia di successione di leggi processuali, vige, in via generale, il principio tempus regit actum – in forza del quale ciascun "atto" processuale è regolato dalla legge in vigore al momento dell'atto, e non da quella in vigore al momento in cui è stato commesso il fatto di reato per cui si procede – tuttavia una deroga a tale principio è giustificata con riferimento a tutte le norme processuali o penitenziarie che incidano direttamente sulla qualità e quantità della pena in concreto applicabile al condannato» (esattamente in termini Corte cost., n. 260/2020).

Inoltre, proprio in materia di esecuzione delle sanzioni penali, ed in occasione della dichiarazione di illegittimità costituzionale di una disposizione con efficacia retroattiva, si è comunque ribadita la generale applicabilità del principio tempus regit actum.

In particolare, Corte cost., n. 32/2020, ha precisato: «[...] non v'è dubbio che vi siano ragioni assai solide a fondamento della soluzione, sinora consacrata dal diritto vivente, secondo la quale le pene devono essere eseguite – di regola – in base alla legge in vigore al momento dell'esecuzione, e non in base a quella in vigore al tempo della commissione del reato», procedendo anche ad una elencazione delle stesse. Quindi, ha chiarito che il divieto di applicazione retroattiva di qualsiasi modifica relativa all'esecuzione della pena deve «soffrire un'eccezione allorché la normativa sopravvenuta non comporti mere modifiche delle modalità esecutive della pena prevista dalla legge al momento del reato, bensì una trasformazione della natura della pena, e della sua concreta incidenza sulla libertà personale del condannato; questo perché nelle ipotesi appena indicate, «la successione normativa determina, a ogni effetto pratico, l'applicazione di una pena che è sostanzialmente un aliud rispetto a quella stabilita al momento del fatto».

Successivamente, in linea con queste indicazioni, il Giudice delle Leggi ha anche affermato che è sottratta al divieto di applicazione retroattiva una disciplina che rendepiù gravosa la posizione del condannato in materia di «meri» benefici penitenziari, come i permessi premio (v. Corte cost., n. 20/2022).

Non sembra dubbio, poi, ai giudici di legittimità, che la previsione di cui all'art. 1, comma 14, legge delega n. 134/2021, nella parte in cui prevede (indirettamente) la necessità, prima di procedere all'esecuzione del provvedimento ablatorio, dell'invio di un avviso al soggetto nei confronti del quale, in difetto di precedente sequestro, è disposta la confisca per equivalente, abbia natura ed effetti esclusivamente processuali.

La disposizione appena citata, per quanto di specifico interesse in questa sede, recita: «Nell'esercizio della delega di cui al comma 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in materia di amministrazione dei beni sottoposti a sequestro e di esecuzione della confisca, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) prevedere che l'esecuzione della confisca per equivalente, quando non ha a oggetto beni mobili o immobili già sottoposti a sequestro, avvenga con le modalità di esecuzione delle pene pecuniarie [...]». Il significato dell'art. 1, comma 14, lett. a), legge n. 134/2021 è completato con il riferimento all'art. 212 d.P.R. n. 115/2002, relativo all'esecuzione delle pene pecuniarie, il quale prevede, dopo il passaggio in giudicato del provvedimento da cui sorge l'obbligo, la notificazione dell'invito al pagamento dell'importo dovuto, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, in caso di mancato pagamento nel termine di un mese.

Come è immediatamente rilevabile, per la Cassazione, le disposizioni di cui si chiede l'applicazione nel ricorso attengono alle modalità di esecuzione di una confisca già disposta, e disciplinano esclusivamente le forme attraverso cui deve svolgersi il procedimento di attuazione dell'ordine giudiziale.

E del resto, nel ricorso, laddove si invoca l'immediata applicabilità della disposizione di cui all'art. 1, comma 14, legge n. 134/2021, si mette in luce proprio la prospettiva "procedimentale" della tutela richiesta perché l'immediata applicabilità della previsione della legge delega è chiesta in funzione dell'operatività del principio giurisprudenziale secondo cui la notificazione dell'invito al pagamento costituisce condizione di procedibilità per l'esecuzione delle pene pecuniarie.

Si è così concluso che la mancata previsione, nell'art. 1, comma 14, legge n. 134/2021, della necessità di inviare un preventivo avviso al soggetto nei confronti del quale è disposta la confisca per equivalente, ove questa non sia stata preceduta da sequestro, anche per i fatti commessi anteriormente alla sua promulgazione, non si pone in contrasto con l'art. 25, comma 2, Cost.

Invero, la disposizione di cui all'art. 1, comma 14, legge n. 134/2021, nella parte in cui prevede l'invio di un preventivo avviso al soggetto nei confronti del quale è disposta la confisca per equivalente, se questa non sia stata preceduta da sequestro, è norma processuale che incide esclusivamente sulle modalità di esecuzione del provvedimento ablatorio, ma non anche, almeno «direttamente», come richiede Corte cost., n. 32/2020, sulla qualità e quantità della pena in concreto applicabile al condannato. La disposizione in questione, pertanto, quand'anche la si volesse ritenere immediatamente efficace nei "rapporti della vita", è estranea alla sfera di operatività del divieto di irretroattività di cui all'art. 25, comma 2, Cost., nonché, a fortiori, del principio di retroattività favorevole al reo e all'imputato desunto dalla medesima previsione costituzionale. Di conseguenza, la sua applicazione ai fatti commessi anteriormente alla sua promulgazione non può ritenersi costituzionalmente necessaria.

Infondate sono state poi ritenute le censure esposte nel primo motivo, che contestano la mancata applicazione della disciplina prevista per le modalità di esecuzione delle pene pecuniarie dall'art. 1, comma 14, legge n. 134/2021, e, quindi, il difetto di notifica, in via preliminare, dell'invito al pagamento.

Dopo aver ricordato che le disposizioni di una legge delega non sono immediatamente applicabili ai "rapporti della vita", fino alla entrata in vigore dei decreti legislativi delegati, si aggiunge che una puntuale conferma è desumibile anche dalla legge n. 134/2021, la quale prevede che la modifica delle disposizioni (anche) del codice di procedura penale e di quelle ad esse collegate è determinata dai decreti legislativi delegati. Segnatamente, l'art. 1, comma 1, legge cit. statuisce: «Il Governo è delegato ad adottare, nel termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la modifica del codice di procedura penale, delle norme di attuazione del codice di procedura penale, del codice penale e della collegata legislazione speciale nonché delle disposizioni dell'ordinamento giudiziario in materia di progetti organizzativi delle procure della Repubblica, per la revisione del regime sanzionatorio dei reati e per l'introduzione di una disciplina organica della giustizia riparativa e di una disciplina organica dell'ufficio per il processo penale, con finalità di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo penale, nel rispetto delle garanzie difensive e secondo i principi e criteri direttivi previsti dal presente articolo».

È stato infine precisato nella sentenza in commento che la disciplina applicabile non muterebbe nemmeno in caso di entrata in vigore, dopo l'esecuzione della confisca, del decreto o dei decreti legislativi delegati in attuazione della legge n. 134/2021, che prevedessero necessità di inviare un preventivo avviso al soggetto nei confronti del quale è disposta la confisca per equivalente, ove questa non sia stata preceduta da sequestro: una disciplina del contenuto indicato non può ritenersi necessariamente applicabile ai fatti commessi anteriormente alla sua promulgazione in forza dei principi costituzionali, ma anzi soggiace, salvo diverse e specifiche previsioni di legge, al principio generale del tempus regit actum.

E, nella specie, la confisca è già stata eseguita dalla Guardia di Finanza in data 2 febbraio 2022, sulla base di provvedimento del Pubblico Ministero del 22 dicembre 2021, mentre il decreto legislativo delegato di attuazione della legge n. 134/2021, il d.lgs. n. 150/2022, non solo è stato approvato successivamente, in data 10 ottobre 2022, ma non è ancora entrato in vigore alla data della decisione che si commenta (nelle more della redazione della presente motivazione, anzi, la sua efficacia è stata rinviata al 30 dicembre 2022, secondo quanto stabilito con decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162).

Osservazioni

La sentenza in commento consente di svolgere alcune considerazioni sulla nuova condizione di procedibilità della confisca introdotta dalla cd. “riforma Cartabia”.

Secondo taluni commentatori (Pestelli), dire – come fa il nuovo comma 1-bis dell'art. 86 c.p.p. – che nel caso in cui sia disposta una confisca per equivalente di beni non preceduta da sequestro o comunque non individuati, l'esecuzione si debba svolgere con le modalità previste per l'esecuzione delle pene pecuniarie, ossia – segnatamente – attraverso la previa intimazione al pagamento del condannato, mettendolo sul “chi va là” in merito all'intenzione del P.M. di procedere alla confisca di alcuni suoi cespiti, con in più le dilazioni temporali e l'attesa del decorso delle tempistiche normativamente previste, significa di fatto svuotare di efficacia tale strumento (e le sue residue chances di successo). In tal senso si evidenzia come l'anodina disposizione introdotta nell'art. 86, comma 1-bis, disp. att. c.p.p. presenti grosse criticità logiche e, soprattutto, gravi problematiche operative, che impongono con urgenza un intervento di correzione del disposto normativo.

Altri commentatori (Menditto) rilevano come l'esecuzione con le forme previste per le pene pecuniarie sia stata già adottata in una ipotesi analoga dall'art. 735-bis c.p.p., in cui manca il previo sequestro, per l'esecuzione di provvedimenti resi da Autorità straniere che abbiano ad oggetto una «confisca consistente nella imposizione del pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore del prezzo, del prodotto o del profitto del reato». La scelta di regolamentare nel dettaglio l'esecuzione della confisca per equivalente, quando non abbia ad oggetto beni mobili o immobili già sottoposti a sequestro, con la modalità propria dell'esecuzione delle pene pecuniarie appare, a Menditto, congrua in quanto la confisca per equivalente, come per le condanne a pena pecuniaria, comporta, per il destinatario l'obbligo di corrispondere un importo pecuniario, e per lo Stato consiste in un titolo esecutivo per quel medesimo importo. Questo stesso Autore mostra di apprezzare la volontà del legislatore delegante di disciplinare l'esecuzione della confisca per equivalente in ogni ipotesi in cui manchi un previo sequestro di qualunque bene (mobile, mobile registrato, immobile, quote sociali, azienda) idoneo a soddisfare, anche solo parzialmente, il quantum della confisca e ritiene opportuno l'inciso finale della nuova disposizione per cui è «ferma la possibilità per il pubblico ministero di dare esecuzione al provvedimento su beni individuati successivamente al provvedimento di confisca». Di tal guisa, si conferma lo specifico ruolo del pubblico ministero che ha l'onere di svolgere le indagini dirette a individuare beni nella disponibilità indiretta del condannato, in precedenza non sequestrati, su cui eseguire la confisca per equivalente divenuta definitiva. La disposizione è ritenuta in linea con la ratio della confisca per equivalente, diretta a riequilibrare gli effetti del delitto recuperando quanto illecitamente sottratto e impone un procedimento che consenta di raggiungere questa finalità, evitando le frequenti operazioni elusive dirette a conservare il vantaggio illecitamente conseguito.

Il differimento dell'entrata in vigore della c.d. riforma Cartabia al 30 dicembre 2022, confermato dal Disegno di legge A.S. 274 approvato dal Senato il 13.12.2022 di conversione, con emendamenti, del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, ha impedito, per ora, alla Corte di legittimità di ulteriormente approfondire il dibattito rispetto alla nuova condizione di procedibilità della confisca. Resta solo da segnalare che il Disegno di legge A.S. 274, pur avendo inserito alcune norme transitorie di particolare rilievo per la prassi, non ha apportato quell'intervento di correzione del disposto normativo al nuovo comma 1-bis dell'art. 86 c.p.p. auspicato da Pestelli.

Riferimenti
  • Francesco Menditto, La riforma penale (L. n. 134/2021): le disposizioni in materia di sequestro e confisca dello schema di decreto delegato presentato dal governo, Sistema Penale 9/2022;
  • Giacomo Pestelli, Brevi note critiche sull'esecuzione della confisca per equivalente non preceduta da sequestro preventivo nel nuovo decreto delegato di riforma del processo penale, Sistema Penale 21 ottobre 2022.

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